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La conferenza di servizi ed i vizi della Autorizzazione Unica.


L’autorizzazione unica all’esito di una conferenza di servizi vizi ed impugnabilità

L’esito della conferenza di servizi può essere impugnato da una amministrazione dissenziente?

Il diniego al riesame della vicenda collegata alla conferenza di sevizi é impugnabile?

L’autorizzazione unica ambientale AuA

La conferenza di servizi è un modulo organizzativo pensato per semplificare, coordinando le varie pubbliche amministrazioni interessate, la complessa attività amministrativa che sfocia nell’adozione di una determinazione rispettosa delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza (art. 14, comma 7, l. n. 241 del 1990).


La conferenza di servizi garantisce un dialogo tra amministrazioni e rientra, insieme al silenzio assenso e alla s.c.i.a., ai sensi dell’art. 29, comma 2, l. n. 241 del 1990, tra gli istituti che sono volti a garantire il livello essenziale delle prestazioni di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.


La conferenza di servizi e l’autorizzazione unica i vizi ed i rimedi della procedura a cura dell’avvocato amministrativista Aldo Lucarelli
La conferenza di sevizi e l’autorizzazione unica

Ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 14 bis, comma 3, deve, entro un termine perentorio, previsto dal comma 2, lett. c), rendere la propria determinazione, relative alla decisione oggetto della conferenza. Il comma 4 specifica che la mancata comunicazione della determinazione entro il termine di cui al comma 2, lettera c), ovvero la comunicazione di una determinazione priva dei requisiti previsti dal comma 3, equivalgono ad assenso senza condizioni.


L’art. 2, comma 8 bis,, dispone che le determinazioni adottate dopo la scadenza del predetto termine sono inefficaci, con ciò riconoscendo al termine a provvedere natura perentoria.


L’art. 14 quater specifica che


“La determinazione motivata di conclusione della conferenza, adottata dall'amministrazione procedente all'esito della stessa, sostituisce a ogni effetto tutti gli atti di assenso, comunque denominati, di competenza delle amministrazioni e dei gestori di beni o servizi pubblici interessati”.


Il comma 2 della norma appena richiamata detta le condizioni affinché un’autorità amministrativa possa contestare l’esito della conferenza di servizi.


In particolare, è specificato che le amministrazioni, i cui atti sono sostituiti dalla determinazione motivata di conclusione della conferenza, possono sollecitare con congrua motivazione l'amministrazione procedente ad assumere, previa indizione di una nuova conferenza, determinazioni in via di autotutela ai sensi dell'articolo 21-nonies.


Autorizzazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili ne é un esempio Autorizzazione Unica (AU) che è il provvedimento introdotto dall'articolo 12 del D.Lgs. 387/2003 per l'autorizzazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da FER, al di sopra di prefissate soglie di potenza.


Solo per le amministrazioni dissenzienti preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute e della pubblica incolumità dei cittadini, che abbiano espresso in modo inequivoco il proprio motivato dissenso prima della conclusione dei lavori della conferenza, è previsto un potere di contestazione della determinazione finale, attraverso l’opposizione (art. 14 quinques).


Da tale ordito normativo emerge che le amministrazioni coinvolte nella conferenza di servizi, non rientranti tra le amministrazioni dissenzienti portatrici di interessi sensibili, che vogliano contestarne gli esiti hanno a disposizione esclusivamente un potere sollecitatorio nei confronti dell’amministrazione procedente che può, nell’ambito della sua discrezionalità, decidere di ritirare il provvedimento in attuazione del potere di autotutela previsto dall’art. 21 nonies l. n. 241 del 1990.


Riconoscere, a fianco di tale potere sollecitatorio, anche il potere di impugnare la determinazione finale, significherebbe frustrare la ratio della conferenza di servizi e lo stesso meccanismo organizzativo ad essa sotteso.

In particolare, se fosse riconosciuto ad un’amministrazione partecipante alla conferenza di servizi di contestare l’esito finale della stessa, attraverso la proposizione di un autonomo ricorso, sarebbe sostanzialmente superfluo, se non del tutto inutile, l’art. 14 quater, comma 2, prima visto, che, nel limitare le contestazioni delle autorità amministrative coinvolte nella conferenza di servizi al solo potere sollecitatorio, predilige un modello semplificato e agile che possa consentire l’emanazione del provvedimento finale nel minor tempo possibile, senza permettere contestazioni al di fuori di quanto consentito dalla legge che ritarderebbero la procedura.



Principio di buona fede e non contraddizione si oppongono, dunque, all’ammissibilità di un’autonoma impugnazione della determinazione finale da parte dell’autorità amministrativa che ha scelto di non partecipare alla conferenza di servizi, accettando consapevolmente la formazione del silenzio assenso.


Né tale limitazione può essere vista in contrasto con la Costituzione ai sensi della sentenza n. 45 del 2019.


Da quanto, dunque, esposto si deve desumere che l’attuale quadro normativo non consente ragionevolmente all’autorità amministrativa, che ha consapevolmente scelto di non partecipare alla conferenza di servizi, restando inerte, di impugnare in sede giurisdizionale il provvedimento conclusivo della conferenza di servizi.


Nel caso il Comune non abbia partecipato alla conferenza di servizi, pur essendo stato regolarmente convocato, e, quindi, in applicazione dell’art. 14 quater, comma 4, l. n. 241 del 1990 si è formato il silenzio assenso.


Ne consegue la sola ammissibilità sel meccanismo procedimentale previsto dall’art. 14 quater comma 2, l. n. 241 del 1990.


Se il comune non può impugnare l’esito della Conferenza dei Servizi cosa dire invece del provvedimento successivo all’esito di una Istanza di riesame?

Ove il Comune abbia presentato una Istanza di autotutela si avrà una autonoma determinazione dell’amministrazione procedente ed ecco quindi che


Il diniego di ritirare il provvedimento originariamente emanato può, invece, essere contestato in sede giurisdizionale non emergendo elementi preclusivi dal decritto quadro normativo. TAR Campania 2407/2024.


Avv Aldo Lucarelli

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