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I Farmaci Biologici contro i Farmaci Chimici, differenze e conseguenze.


Life Sciences e diritto farmaceutico, gestione rapporti con AIFA, autorizzazioni rilascio, mantenimento e tutela del commercio del farmaco, rapporti con enti e SSN.


Quale è la differenza tra un farmaco biologico ed un farmaco chimico? E' possibile avere un equivalente generico di un farmaco biologico?


Per rispondere a tale quesito riprendiamo la ricostruzione operata dalla Giurisprudenza.


I “farmaci biologici”, ivi inclusi i farmaci biotecnologici, cioè ottenuti con biotecnologie, sono farmaci il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza prodotta o estratta da un sistema biologico, oppure derivata da una sorgente biologica attraverso procedimenti di biotecnologia. La produzione di farmaci biologici è sicuramente più complessa di un farmaco di derivazione chimica, essendo svariati i fattori che incidono sul processo stesso di produzione.

Come ha rilevato il Consiglio di Stato, i farmaci biotecnologici, proprio per la complessità e la natura dei processi di produzione, non sono mai pienamente identici, ancorché si basino su un medesimo principio attivo ed abbiano le stesse indicazioni terapeutiche. Infatti nel loro caso non si usa il termine “equivalente” (o “generico”), bensì “similare” o “biosimilare”.


Si distinguono dai farmaci chimici dove “ogni prodotto è pienamente equivalente all’altro (“originator” o meno) sempreché sia accertata l’identità del composto chimico (molecola). In effetti in questi casi si parla correntemente di farmaci “equivalenti” o “generici”; e com’è noto il servizio sanitario pubblico si rivolge naturalmente al prodotto di minor prezzo, lasciando ai pazienti (e per essi ai medici curanti) la libertà di sceglierne altri, purché assumano a proprio carico la differenza di prezzo”. (Cons. Stato, sez. III, 13 giugno 2011, n. 3572).

Per farmaco biosimilare si intende, invece, “un medicinale simile ad un prodotto biologico/biotecnologico c.d. di riferimento,

la cui messa in commercio sia già stata autorizzata. Secondo una definizione fornita dall’EMA nel 2012, in particolare, “per farmaco biosimilare si intende un medicinale sviluppato in modo da risultare simile ad un prodotto biologico che sia già stato autorizzato – appunto, il c.d. medicinale di riferimento o originator” (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 9 giugno 2016, n. 818).


Tuttavia “i vari prodotti biotecnologici (originator e similari) basati sullo stesso principio attivo, benché in qualche misura differenti tra loro, per la complessità dei processi produttivi (e dunque non “equivalenti” in senso stretto), possono tuttavia essere usati come se fossero equivalenti nella generalità dei casi e salvo eccezioni, sempreché si osservi la cautela, una volta iniziato il trattamento con un prodotto di proseguirlo (salvo eccezioni) con lo stesso prodotto…”.


Il riconoscimento delle peculiari “specialità” dei farmaci biologici, cui si correla il principio della non automatica sostituibilità tra gli stessi, neppure tra l’originator (farmaco biologico già autorizzato e immesso sul mercato) e i suoi biosimilari, farmaci biologici similari a quello di riferimento, ha comportato, sul piano normativo, la definizione di un regime differenziato da quello dei farmaci a sintesi chimica.

E, infatti, il legislatore:

- mentre in via generale prevede la sostituibilità automatica da parte del farmacista, sulla scorta di un criterio di economicità, tra farmaci equivalenti (art. 7 del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito in legge n. 405 del 2001), al contrario per i farmaci biologici stabilisce che “non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari” (art. 15, comma 11-quater, del decreto-legge n. 95 del 2012, comma introdotto dalla legge n. 232 del 2016);

- prescrive per l’acquisto dei farmaci biologici lo strumento ordinario dell’accordo quadro, stabilendo che “i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell'accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa”, ma aggiungendo altresì che “il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti” (art. 15, comma 11-quater cit.).


Conclusione, la risposta al quesito appare negativa per le ragioni su esposte.





CdS 8158/2021.


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