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Società la bancarotta ed il concorso dei revisori dei conti

Quale è l'apporto dei revisori dei conti in caso di bancarotta?
Possono ritenersi responsabili i revisori dei conti nella causazione della bancarotta?
I revisori dei conti quali "estranei" alla gestione possono essere coinvolti a titolo di concorso?

Cerchiamo senza presunzione di completezza di rispondere a tali quesiti tramite la recente giurisprudenza sul tema di diritto societario penale.


Secondo il recente orientamento della giurisprudenza nel reato di bancarotta la condotta dei revisori dei conti “si sostanzia nella fattispecie del falso nelle relazioni dei revisori non ha attinenza né con l’art. 2621 c.c. né con l’art. 223 c.2 n. 1 legge fall. e, per tale ragione, non può ex se rappresentare una modalità di concorso nei reati propri, pena la torsione dei principi di legalità e di tipicità“.

Quindi “nel delineare le fattispecie di bancarotta impropria il legislatore ha inteso rafforzare l’imposizione di particolari doveri, correlati a penetranti poteri, posti dalla normativa civilistica a carico di determinati soggetti per la tutela dell’impresa individuale o della società, dei soci e dei creditori sociali“. In tale ottica, “ha tenuto conto della somma dei poteri che si concentrano nell’organo interno di gestione (che governa i meccanismi societari, è informato delle notizie più riservate, ha accesso alle fonti di finanziamento, domina le attività patrimoniali, effettua le scelte operative, ecc.) e in quello, sempre interno, di controllo (eletto dalla stessa maggioranza assembleare che esprime gli amministratori, vale a dire i soggetti la cui attività è assoggettata al controllo). A tutto ciò il revisore, figura esterna agli organi societari, rimane estraneo (soprattutto nel sistema precedente alla riforma del 2010)“.


Società la bancarotta ed il concorso dei revisori dei conti


Quindi “ciò non esclude che il revisore possa fornire il proprio apporto all’autore qualificato nella commissione del reato di falso in bilancio (ad esempio assicurando allo stesso una relazione positiva) e, conseguentemente, di quello di bancarotta societaria“. Tuttavia, “si tratta di concorso che passa attraverso le ordinarie forme di cui all’art. 110 cod. pen. (e relativi oneri probatori) e non attraverso una non consentita combinazione di altre norme incriminatrici, foriera di inammissibili scorciatoie probatorie“.





Ecco quindi che nel caso di concorrente moraleil contributo causale può manifestarsi attraverso forme differenziate e atipiche della condotta criminosa (istigazione o determinazione all’esecuzione del delitto, agevolazione alla sua preparazione o consumazione, rafforzamento del proposito criminoso di altro concorrente, mera adesione o autorizzazione o approvazione per rimuovere ogni ostacolo alla realizzazione di esso), che impongono al giudice un obbligo di motivar sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione nella fase ideativa o preparatoria del reato e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti, non potendosi confondere l’atipicità della condotta criminosa concorsuale, pur prevista dall’art. 110 c.p., con l’indifferenza probatoria circa le forme concrete del suo manifestarsi nella realtà“.



Ecco quindi alla luce di quanto sopra esposto che sarà necessario evitare sillogismi semplicisti visto che la valutazione probatoria a carico del revisore ed il concetto di concorso nel reato avrà una sua necessaria ed approfondita istruttoria con onere motivazionale in sentenza.








Cass. Penale 47900/2023.

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