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  • Tutela dell’Eredità quando si può agire senza conoscere la propria quota

    Eredità e successioni: la Lesione della quota legittima ed il valore dell’asse ereditario da dividere Nel presente post affrontiamo il tipico caso in cui un familiare si sente leso dalle attività distrattive poste in essere dal defunto prima di morire che hanno impoverito l’asse ereditario. Ricostruiamo quindi un caso studio per comprendere quali siano i passaggi legali da affrontare in sede di successione ereditaria. Un farmacista (chiamiamolo nel nostro esempio Mario) ha due figli, un maschio (Paolo) e una femmina (Anna). In vita, Mario compie due atti che, dopo la sua morte, potrebbero aver leso la quota legittima del figlio Paolo e precisamente: L’aver donato un appartamento alla figlia Anna. L’aver donato il 30% delle quote della S.r.l. della farmacia al proprio fratello, zio di Paolo. Alla morte di Mario, quindi il figlio Paolo si accorge che il patrimonio ereditario del Padre defunto è composto solo da una piccola somma di denaro in banca e nota che le donazioni fatte in vita dal padre hanno ridotto drasticamente la sua parte di eredità, che per legge dovrebbe essere tutelata. Per far valere il suo diritto, Paolo decide quindi di agire in giudizio con l'azione di riduzione , chiedendo al Tribunale che le donazioni fatte dal padre siano ricalcolate nellasse ereditario e quindi “ridotte” in modo da ricostituire la sua quota legittima. In esecuzione del principio stabilito dalla recente sentenza della Cassazione n. 20954 del 2025, Paolo non dovrà preoccuparsi, nella fase iniziale della causa, di produrre una perizia dettagliata che quantifichi esattamente il valore dell'appartamento e delle quote della S.r.l. al momento delle donazioni. Il problema infatti é sempre stato quello di dover assolvere all’onere di provare sin da subito la lesione della quota e l’individuazione della esatta quota. É questa la grande novità in tema di azioni a difesa della legittima Secondo il principio stabilito dalla Cassazione, a Paolo sarà sufficiente: Rendere verosimile la lesione : Nella sua domanda giudiziale, Paolo dovrà semplicemente allegare che le due donazioni del padre degli defunto (l'appartamento alla sorella Anna e la donazione delle quote della farmacia allo zio) hanno ecceduto la quota disponibile del padre, danneggiando la sua quota legittima di erede. Non deve allegare un calcolo matematico preciso, ma semplicemente dimostrare che le donazioni sono state effettuate e che, in linea di principio, potrebbero aver causato il danno. leggi pure in tema di eredità: Testamento successivo e quote di legittima La successione ereditaria della farmacia Dimostrare il quantum in corso di causa: Sarà poi nel corso del processo che il giudice, anche avvalendosi di consulenze tecniche d'ufficio (CTU), stabilirà il valore esatto dell'appartamento e delle quote della S.r.l. al momento delle donazioni. Leggi pure Famiglia divorzio ed eredità In questo modo, verrà calcolata la " riunione fittizia" dell'intero patrimonio del defunto, e solo allora si potrà determinare con esattezza l'entità della lesione e, di conseguenza, la misura della riduzione necessaria per reintegrare la quota di Paolo. In conclusione , la sentenza del luglio 2025 in tema di successione e lesione della quota di legittima della Cassazione agevola l’erede che ritiene di essere stato leso consentendogli di avviare il processo senza dover sostenere subito i costi e la complessità di una perizia tecnica, che diventerà invece uno strumento probatorio fondamentale nelle fasi successive del giudizio. Tutela dell’Eredità quando si può agire senza conoscere la propria quota Secondo questa decisione, nel caso in cui le disposizioni testamentarie o le donazioni lesive della quota di legittima ( la parte di eredità che spetta per legge agli eredi più stretti) vengano contestate in sede giudiziale, l'erede legittimario non ha (più) l'onere di quantificare con precisione l'entità della lesione fin dall'inizio. Patrimonio del defunto al momento della morte e ricostituzione fittizia ai fini del calcolo delle quote Prima di chiudere una precisazione, l’azione si riduzione opera sul patrimonio virtuale del defunto che viene fittiziamente ricalcolato. Ed infatti per determinare l'ammontare della quota di cui il defunto poteva disporre al momento della morte e quindi per calcolare le quote , si forma una massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte detraendone i debiti. Si riuniscono quindi fittiziamente i beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione e sull'asse così formato si calcola la quota di cui il defunto poteva disporre. Leggi i post dedicati al l’argomento se non trovi il tuo caso contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Risoluzione della concessione e indennizzo il caso farmacie comunali

    Nel presente post affrontiamo il tema della risoluzione di una concessione di servizio , sia esso Comunale Provinciale o Regionale, (si pensi ad una concessione di farmacia comunale) nel corso della quale l'Ente decida di risolvere il contratto. Quale è il meccanismo per calcolare l'indennità dovuta al privato concessionario che si è visto risolvere la concessione? Il tema è di preminente interesse per quelle attività in cui la concessione sia valida ed efficace, non invece per quelle che sono scadute e che continuano ad operare . Sul tema infatti già il Tar Bologna n. 904 del 2025 in tema di concessione della farmacia comunale ha escluso l'applicabilità dell'indennizzo in quanto trattavasi di concessione scaduta. assistenza legale per Comuni ed Enti pubblici e Farmacisti e Concessianori privati Sovente accade che i rapporti concessoria rimandino ad arbitrati, il ché tuttavia non muta il thema decidendum come accaduto nel leading case Cassazione n. 13406 del 2019 in cui il lodo arbitrale è stato impugnato dinanzi alla Corte di Appello per violazione della normativa di cui all'art. 24 del rd. 2578/1925. Risoluzione della concessione e indennizzo il caso farmacie comunali Giova premettere in diritto che i Comuni, quando decidono di assumere, nei modi ivi stabiliti l'impianto e l'esercizio diretto di uno dei pubblici servizi indicati, (risolvendo la concessione in corso) procedendo al riscatto, debbono pagare ai concessionari privati "... un'equa indennità , nella quale si tenga conto dei seguenti termini: a) valore industriale dell'impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso.. b) Le anticipazioni o sussidi dati dai comuni.. c) Il profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto Nello specifico e sintetizzando il DPR 902 del 1986 art. 13 prevede: Il valore degli impianti, è determinato sulla base.. del costo che dovrebbe essere sostenuto alla data di scadenza del preavviso per la ricostituzione dell'impianto stesso , deducendo dall'importo risultante: a) il valore del degrado fisico b) il valore degli impianti divenuti obsoleti La ratio della legge che, per la finalità di assicurare al concessionario il ristoro delle spese sostenute dovendo necessariamente coordinarsi quanto meno con i principi generali secondo i quali non vi può essere indennizzo rispetto a spese non sostenute ricorrendo in caso contrario un arricchimento senza causa. Leggi pure: "La risoluzione della concessione della farmacia comunale" Ma cosa accade nel caso in cui il privato si sia giovato di contributi a fondo perduto? Soggiunge la Cassazione, che non sono ripetibili affermando "Nè a diverse conclusioni può condurre la circostanza che la convenzione avesse previsto che il contributo dell'utente era a fondo perduto.. (Cass. 13406/2019). " Tutto ciò risulta in linea con le sentenze del Consiglio di Stato (n. 4905 del 3 settembre 2003) e dei Tribunali amministrativi regionali (TAR dell'Emilia Romagna, n. 638 dell'11/8/2001; TAR della Lombardia - sez. Brescia, n. 1528 del 4 agosto 2009) e secondo il principio di diritto espresso dalla Cassazione del 2019 secondo cui: "In tema di concessioni e di riscatto da parte dell'amministrazione concedente che decide di assumere l'impianto di erogazione del servizio dato in concessione finalizzato all'esercizio diretto, l'equa indennità prevista dall' art. 24 rd 2578 del 1925, secondo i criteri di stima del valore industriale residuo degli impianti (previsto dal DPR 902 del 1986 art. 13) deve essere calcolata senza computare quella parte dell'impianto che è stata realizzata per mezzo di costi sostenuti dai privati per i singoli allacciamenti". segui la pagina sui social in tal modo viene garantito da una parte un equo indennizzo al privato e dall'altro un ingiustificato arricchimento per spese non sostenute. Leggi il blog e trova il tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • La riserva militare nei concorsi pubblici

    La riserva militare nei concorsi pubblici, inclusa la sua applicazione in caso di scorrimento di graduatoria, è un argomento che necessita di sintetizzare le questioni dell’ordinamento Militare con le regole concorsuali delle pubbliche amministrazioni e quindi con i bandi, cerchiamo di focalizzare i punti salienti della procedura. Leggi il blog e segui la pagina on Line La riserva per i militari volontari in congedo è prevista dalla legge , in particolare dagli articoli 1014 e 678 del Codice dell'Ordinamento Militare (D.Lgs. 66/2010). Questa riserva è obbligatoria e si applica a tutti i concorsi pubblici per il personale non dirigente. In generale, la percentuale di posti riservati è del 30%. È importante sapere che questa riserva opera anche se non è esplicitamente menzionata nel bando di concorso. Calcolo della riserva e scorrimento della graduatoria La riserva si applica inizialmente sui posti messi a concorso . Leggi pure Il riproporzionato dei posti riservati nei concorsi pubblici Ove il bando preveda 10 posti, ad esempio, 3 (il 30%) sono teoricamente riservati ai candidati che hanno prestato servizio come volontari nelle Forze Armate. Il passo preliminare é lo studio del bando concorsuale La questione si fa più delicata quando si parla di scorrimento di graduatoria, cioè quando l'amministrazione decide di assumere un numero di candidati superiore a quello inizialmente previsto dal bando, attingendo dalla lista degli idonei. La riserva per i volontari delle Forze Armate si applica anche in caso di scorrimento della graduatoria. Ciò significa che ove un'amministrazione decidesse di assumere altri 5 candidati oltre ai 10 inizialmente previsti, anche su questi nuovi 5 posti dovrà essere applicata la percentuale di riserva. Fasi applicative della riserva in un concorso * Valutazione e graduatoria : Tutti i candidati, riservisti e non, partecipano alle prove e vengono inseriti in un'unica graduatoria finale in base al punteggio ottenuto. * Applicazione della riserva sui posti a concorso: Sulla base dei posti messi a bando, si individua il numero di posti riservati (es. 30%). L'amministrazione procederà quindi a scorrere la graduatoria, assumendo i candidati che rientrano in queste posizioni riservate , purché abbiano superato tutte le prove e possiedano i requisiti. * Scorrimento della graduatoria Ove l'amministrazione decida di assumere ulteriori idonei, per ogni nuovo blocco di assunzioni (ad esempio, di 5 candidati) verrà nuovamente applicata la riserva . Di conseguenza, su questi 5 nuovi posti, un certo numero (calcolato sempre sulla percentuale del 30%) dovrà essere assegnato a candidati riservisti idonei, che hanno diritto di precedenza rispetto ai non riservisti, anche se questi ultimi hanno un punteggio leggermente superiore. Capitolo a se é quello relativo alle frazioni di posto Se il calcolo della riserva dà luogo a frazioni di posto (ad esempio, il 30% di 5 posti è 1,5), la frazione di posto (0,5 in questo caso) non viene persa, ma si cumula (dovrebbe) con le riserve relative ai successivi concorsi banditi dalla stessa amministrazione. Possiamo quindi concludere precisando che * La riserva per i militari volontari è obbligatoria e vale il 30% per la maggior parte dei concorsi. * Si applica sia sui posti inizialmente previsti dal bando sia sulle successive assunzioni tramite scorrimento di graduatoria. * I candidati riservisti idonei hanno una precedenza sui candidati non riservisti, anche a parità (o in alcuni casi, con un leggero svantaggio) di punteggio, quando si tratta di coprire i posti riservati. * Le frazioni di posto derivanti dal calcolo della riserva si cumulano per i concorsi successivi. Questi principi vanno calati nel contesto del singolo concorso ecco quindi che lo studio del bando e delle regole concorsuali é importante per individuare il criterio applicato il tutto coadiuvato anche mediante Istanze di chiarimenti alla commissione pre partecipazione per eventuali chiarimenti applicativi. Hai un tema da approfondire? Leggi il blog se non trovi il tuo caso contattaci senza Impegno Studio Legale Angelini Lucarelli Normativa ed Assistenza per Concorsi

  • Il riproporzionamento dei posti riservati nei concorsi pubblici

    Nel post dedicato (leggi qui) abbiamo affrontato il delicato tema delle "riserve" di posti nei concorsi pubblici imposte dalla legge. Hai un quesito? contattaci per una risposta oppure Leggi il blog o seguici on line Nel presente post affrontiamo un altro aspetto non meno importante, ovvero il limite di legge per i posti riservati e la problematica della presenza di piu' tipi di riserve di posti, con il conseguente problema del calcolo dei posti disponibili. Chiaramente ove venissero lese le quote sarebbe sempre possibile adire il Tribunale Amministrativo per una verifica concreta. Leggi qui. La riserva per i volontari delle Forze Armate (VFP1, VFP4, etc.) Come abbiamo visto, questa riserva è obbligatoria e pari al 30% dei posti disponibili. È un diritto di precedenza che spetta a coloro che hanno svolto un servizio militare volontario senza demerito. Esistono però altre categorie di riserva Oltre ai militari, le principali riserve previste dalla legge sono: Categorie protette (Legge 68/1999):  Questa legge riserva una quota dei posti a persone con disabilità e ad altre categorie (come orfani, coniugi superstiti, etc.). Le percentuali variano in base al numero di dipendenti dell'amministrazione (ad esempio, il 7% per le amministrazioni con più di 50 dipendenti). Volontari del Servizio Civile Universale:  Anche a questa categoria è riservata una quota di posti, in genere pari al 15% . La legge prevede un blocco del 50% dei posti disponibili per le riserve, per tutelare anche i soggetti privi di riserve. Sì, esiste un limite. La normativa (in particolare l'articolo 5 del DPR 487/1994, modificato dal DPR 82/2023) stabilisce che la somma delle quote di riserva non può superare il 50% dei posti messi a concorso . Ciò significa che se la somma delle percentuali di riserva (ad esempio, 30% per i militari e 15% per il Servizio Civile) supera il 50%, le quote devono essere ridotte in maniera proporzionale in modo da non superare tale soglia. Ed ecco il primo dubbio ma come si calcola la riserva nella pratica del concorso? Il processo è il seguente (in via teorica non ci sostituiamo alle commissioni): Calcolo iniziale:  Si calcolano le singole riserve in base alle percentuali previste. Esempio: 10 posti a concorso. Riserva militari (30%): 10×0.30=3 posti. Riserva servizio civile (15%): 10×0.15=1.5 posti. Riserva categorie protette (es. 7%): 10×0.07=0.7 posti. Verifica del blocco del 50%:  Si sommano le percentuali. Nell'esempio precedente, 30%+15%+7%=52%. Poiché 52% supera il 50%, le quote devono essere riproporzionate. Riprogrammazione proporzionale:  Le quote vengono ridotte in modo che la loro somma non superi il 50%. Il calcolo esatto può variare, ma in sostanza si distribuiscono i 5 posti riservati (il 50% di 10) tra le diverse categorie in base alla loro quota iniziale. Criterio di precedenza:  Dopo aver stabilito il numero di posti riservati per ciascuna categoria, l'amministrazione scorre la graduatoria unica e, per i posti riservati, assegna la posizione al candidato idoneo che ne ha diritto, a prescindere dal punteggio, purché abbia superato le prove. Se non ci sono candidati idonei per una specifica riserva, il posto viene assegnato al candidato successivo in graduatoria, senza che si proceda all'ulteriore scorrimento tra le altre riserve. Frazioni di posto:  Come già detto, le frazioni di posto (nell'esempio il 0.5 per il servizio civile e il 0.7 per le categorie protette) non si perdono, ma si sommano con le riserve dei successivi concorsi banditi dalla stessa amministrazione. Esempio pratico con 10 posti: 10 posti totali. Numero massimo di posti riservabili (50%): 5 posti. Riserva militare (30%): 3 posti. Riserva servizio civile (15%): 1 posto (arrotondamento per difetto). Totale posti riservati: 4 posti, che è inferiore al limite del 50%. In questo caso, non c'è bisogno di riproporzionamento. L'amministrazione assumerà i 4 riservisti idonei che rientrano nelle categorie, anche se hanno un punteggio inferiore ai non riservisti. Gli altri 6 posti verranno assegnati ai candidati migliori in graduatoria. Questo schema garantisce un equilibrio tra il diritto di accesso al pubblico impiego per tutti e le tutele previste per alcune specifiche categorie di cittadini. Continua a seguirci per aggiornamenti Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Quando possibile istituire dispensari in zone già servite dalla farmacia?

    Per rispondere a tale quesito riprendiamo le recentissime pronunce dei TAR che non da ultimo hanno evidenziato alcuni importanti principi in tema di distribuzione dei farmaci. Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani Il punto di partenza sta nel concetto che NON sussiste interferenza tra i dispensari farmaceutici con i principi inerenti il numero chiuso e l'esclusiva territoriale in ambito farmaceutico... e cio' in quanto permane nel nostro sistema una capacità di "reazione" da parte delle amministrazioni locali, dinanzi a carenze di distribuzione che si concretizzano a livello locale, anche se tali zone sono formalmente fornite della propria farmacia. https://www.farmadiritto.com/post/sas-farmacia-e-le-incompatibilità Abbiamo infatti già visto che il concetto di perimetro e di zona di pertinenza si sta sciogliendo dinanzi a nuove forme di territorialità collegate alla efficiente distribuzione dei farmaci, e sempre meno connesse con il rapporto con la popolazione. Il punto dirimente infatti sta nella considerazione che il dispensario non può essere assimilato alla farmacia. Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non è riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante. Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l'acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione. È quindi assodato, in giurisprudenza, che, nell'organizzazione generale del servizio farmaceutico, il dispensario costituisce un rimedio suppletivo da cio' deriva l'inconferenza del dispensario sul numero chiuso delle farmacie. Resta ferma quindi la competenza legislativa statale, art. 1 L. 221/1968 spesso emendata ed specificata - ma non contraddetta - da normativa regionale come quella Toscana, Laziale o Campana, (il caso tipico dell'art. 54 della L.R. Campania n. 35) che hanno spostato l'ago della competenza a livello piu' prossimo, ovvero verso il Comune. Ecco quindi che l’a normativa in tema di " liberalizzazione delle farmacie " (art. 11, del d.l. 1/2012) ha poi coniugato due importanti finalità: da un lato, la razionalizzazione della rete distributiva dei farmaci, dall'altro la salvaguardia della redditività. (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2990/2013; n. 3681/2014). In un'ottica di equilibrato componimento di interessi, sussistono quindi due orientamenti condivisi nel 2022 dal Tar Campania, ovvero a) la prima ipotesi è quella in cui, ricorrendo entrambi i presupposti previsti dalla norma (sede prevista in pianta organica e farmacia non ancora aperta), le Regioni sono vincolate (dall'uso dell'indicativo: "istituiscono") ad aprire dispensari, al fine di garantire l'effettiva copertura dell'intero territorio comunale: b) una seconda e più restrittiva ipotesi è quella in cui, al di fuori del caso predetto, le Regioni avrebbero la semplice facoltà di aprire dispensari (non essendovi una preclusione espressa in tal senso nel testo della norma) - a fronte di una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in loco e di un'oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica viciniore ubicata in altra località. Nel primo caso il dispensario assume una funzione, "suppletiva" o "succedanea", di presidio temporaneo cui fare ricorso nelle more dell'apertura della farmacia prevista in pianta organica; nel secondo, una funzione "accessoria" o "ancillare" a quella del servizio farmaceutico ordinario. La concomitanza di dispensario e farmacia si pone come fattispecie atipica ed eccezionale rispetto ad un'ottimale articolazione del servizio, che dovrebbe realizzarsi pianificando le sedi farmaceutiche in modo tale che a ciascuna di esse venga assegnato un presidio in grado di soddisfare tutte le esigenze del territorio di pertinenza. D'altra parte, occorre anche evitare un utilizzo abusivo del ricorso allo strumento del dispensario. #farmacia Quando possibile istituire dispensari in zone già servite dalla farmacia? Quando possibile istituire dispensari in zone già servite dalla farmacia? Dunque, l'interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario, proprio perché atipico ed eccezionale nel sistema sin qui descritto, va valutato dall'Amministrazione, nell'esercizio del suo potere discrezionale , ma con un onere motivazionale aggravato dalla considerazione che la presenza di una farmacia attiva può non ostare all'istituzione del dispensario solo in casi del tutto marginali, caratterizzati da una residua particolare difficoltà di distribuzione del farmaco. Secondo la giurisprudenza consolidata è da ritenere che, finanche a fronte dell'istituzione di una nuova farmacia , la sopravvivenza del dispensario può essere giustificata in ipotesi in cui sussista una particolare difficoltà di distribuzione del farmaco. In altri termini, la questione si risolve a prescindere da qualsiasi automatismo (sia nel senso della soppressione che della permanenza nel caso di sopravvenuta istituzione di una sede farmaceutica), ma, in considerazione della persistenza dell'interesse pubblico (alla corretta, equa e completa distribuzione della rete farmaceutica, nel rispetto del principio di "territorialità" ed "esclusività"), attraverso una scelta ponderata, valutata e adottata dall'Amministrazione nell'esercizio del suo potere discrezionale, censurabile dal giudice amministrativo soltanto nell'ipotesi di evidente illogicità. L'applicazione di siffatta disposizione non comporta alcun pericolo di elusione del numero chiuso delle sedi farmaceutiche o della perimetrazione territoriale, posto che il dispensario non ha una autonoma gestione, essendo parte di una farmacia già esistente, formando un'unica azienda, e ne condivide la stessa zona al solo fine di migliorarne il servizio Segui la pagina dedicata Farma&Diritto Ecco quindi per Concludere che le sorti del dispensario non sono affatto segnate dallo sviluppo della rete di farmacie, in quanto sussiste ancora una conclamata competenza residuale delle amministrazioni locali che puo' giustificare sia la permanenza di dispensari precedentemente istituiti, sia addirittura l'instaurazione di dispensari in zone provviste di sede ordinaria, ma tali da necessitare di un "supplemento" ove tale rete non garantisce - a giudizio dell'amministrazione locale - un corretto e capillare servizio farmaceutico, l'ultima parola passa ai TAR chiamati a verificare la non arbitrarietà delle decisioni amministrative. Ci siamo occupati spesso di questo spinoso tema, che continua a fornire spunti interessanti, se hai un quesito, consulta gli articoli gratuiti nel sito, oppure Contattaci Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Il dispensario farmaceutico dopo il concorso farmacie

    Il dispensario farmaceutico chiude quando arriva la nuova farmacia se non ci sono motivi eccezionali Queste sono le conclusioni della recente giurisprudenza del Consiglio di Stato del 31 luglio 2025 con cui il Tribunale Amministrativo ha ribadito alcuni principi di giurisprudenza sul tema del diritto farmaceutico Premette anzitutto il Collegio che l’art. 1, comma 3, l. n. 221 del 1968 stabilisce che: “ Nei comuni, frazioni, o centri abitati di cui alla lett. b) del primo comma, ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella Pianta Organica delle Farmacie si istituiscono Dispensari Ordinari ”. Ti può anche interessare: Quando é possibile istituire un dispensario farmaceutico Il successivo comma 4 stabilisce le modalità per l’affidamento della gestione (preferibilmente al titolare della sede più vicina) e la tipologia di specialità di medicinali di cui questi ultimi esercizi sono dotati. Hai un tema specifico? Contattaci senza impegno A livello regionale, l’art. 6 della L.R. Campania  n. 8 del 2002 ha confermato i soli dispensari ordinari istituiti in forza dell'articolo 1, commi 3, 4 e 5, della Legge 8 marzo 1968, n. 221, fino alla definizione della pianta organica delle farmacie. Successivamente, con L.R. n. 5 del 6 maggio 2013 il legislatore campano, nell’ottica di garantire e migliorare il servizio territoriale nelle zone turistiche erurali, ha demandato alle amministrazioni locali la competenza, dapprima regionale, in ordine al rilascio delle necessarie autorizzazioni per l’istituzione, apertura e chiusura di dispensari. Leggi il blog in diritto farmaceutico L’intervenuta L.R. n. 35 del 3 agosto 2020, interpretativa della precedente, ha chiarito le condizioni e le modalità cui devono tener conto le amministrazioni locali nel prevedere l’istituzione di tali esercizi, disponendo che i Comuni adottino i provvedimenti di chiusura dei dispensari farmaceutici che, anche se istituiti prima dell'entrata in vigore della disposizione, risultano operare senza che ricorra alcuna delle ipotesi previste, ovverosia sede istituita in pianta organica. Segui la pagina social   Così definita la normativa di riferimento, occorre ora indagarne la portata pratica applicativa al caso di specie. Sul punto, rileva il Consiglio di Stato che, per condivisa giurisprudenza l’interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario deve ritenersi atipico ed eccezionale, possibili soltanto al fine di: “ dotare il sistema della capacità di fronteggiare anche situazioni del tutto peculiari in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite dal presidio di zona ”, essendo comunque necessario “ evitare un utilizzo abusivo del ricorso allo strumento del dispensario che miri alla creazione di multi presidi farmaceutici, in rete tra di loro e riconducibili ad un unico farmacista imprenditore, tali da determinare una ipercopertura delle aree commercialmente più redditizie e possibili interferenze fra bacini e flussi di utenza di sedi farmaceutiche confinanti o territorialmente prossime ” (C.d.S, IV, 27.2.2018, n. 1205). Leggi il blog e rimani informato L’interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario, proprio perché atipico ed eccezionale nel sistema, “ va valutato dall’Amministrazione, nell’esercizio del suo potere discrezionale, ma con un onere motivazionale aggravato dallaconsiderazione che la presenza di una farmacia attiva può non ostare all’istituzione del dispensario solo in casi del tutto marginali, caratterizzati da una residua particolare difficoltà di distribuzione del farmaco ” (C.d.S, sent. n. 1205/18 cit.). Il dispensario farmaceutico dopo il concorso farmacie Pertanto, la compresenza tra farmacia attiva e dispensario ordinario deve di massima ritenersi esclusa, in quanto contraddice la natura essenzialmente suppletiva ed emergenziale del dispensario, risultando la stessa altresì confliggente con la pianificazione territoriale del servizio farmaceutico, che deve rispondere ai principi ispiratori della normativa statale, e segnatamente quello di assicurare la capillarità e l’adeguata distribuzione dell’assistenza farmaceutica, non tralasciando zone scoperte. (CdS n. 6799/2025) Cerca il tuo caso nel blog in diritto farmaceutico altrimenti contattaci senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli   Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia dei Servizi Vs Ambulatori Specialistici

    Si possono sovrapporre i servizi dell’ambulatorio specialistico a quelli previsti dalla farmacia dei servizi? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Sono assimilabili gli #ambulatori specialistici alla #farmacie nell’ottica della farmacia dei servizi? Al contrario, come si vedrà, numerose sono le differenze tra le farmacie e gli ambulatori specialistici avuto riguardo: 1) alla peculiare posizione giuridica delle prime nel nostro ordinamento, come a più riprese evidenziato dalla giurisprudenza (cfr. C. Cost., sentenze nn. 171 del 2022 e 66 del 2017; Cons. Stato, Ad. Plen. 14 aprile 2022, n. 5; Cons. Stato, Comm. Spec. ad. 22 dicembre 2017, par. 3 gennaio 2018, n. 69/2018; Cass. civ., Sez. Un., 14 dicembre 2023, n. 35092); 2) alle prestazioni che vengono rese nell’ambito della c.d. farmacia dei servizi (in forza della legge 18 giugno 2009 n. 69 e dal successivo d.lgs. n. 153 del 2009) le quali non possono essere assimilate alle attività svolte all’interno delle strutture sanitarie convenzionate, considerato che le farmacie rendono “servizi a forte valenza socio-sanitaria” (ai sensi dell’art. 11, l. 18 giugno 2009, n. 69) e le strutture ambulatoriali sono abilitate, invece, all’esercizio di “attività sanitarie” (ai sensi dell’art. 8 bis, d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502). Seguici on Line Con riferimento al primo profilo, va osservato che le farmacie sono direttamente e stabilmente legate al SSN in forza della Convenzione nazionale alla quale devono necessariamente aderire per poter svolgere la loro attività. Leggi pure: indennità ex art 110 al farmacista uscente La Corte costituzionale ha chiarito che le farmacie “erogano l’assistenza farmaceutica (art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del servizio sanitario nazionale»), oggi ricompresa tra i livelli essenziali di assistenza ai sensi del d.P.C.m. 12 gennaio 2017 […], e svolgono, dunque, un «servizio di pubblico interesse» (sentenza n. 312 del 1983; Leggi pure I locali separati della farmacia dei servizi Anche il Consiglio di Stato, ha sottolineato, da un lato, che le farmacie sono parte integrante del SSN, anche in considerazione della loro capillarità, e, dall’altro, che l’assistenza farmaceutica è compresa tra i livelli essenziali di assistenza: “All’indomani dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale nel 1978 le farmacie […] ne sono divenute parte integrante e costituiscono lo strumento attraverso il quale è erogata l’assistenza farmaceutica alla popolazione […], in ragione della loro capillarità e del loro obbligo di erogare i farmaci agli assistiti ed a chiunque intenda acquistarli e di non interrompere lo svolgimento del servizio soggetto ad ampi poteri di vigilanza e di controllo dell’amministrazione (Corte cost., n. 87 del 2006; Cons. St., Ad. plen., n. 1 del 2000 e n. 5 del 2002)” (nello stesso senso, in precedenza, ex multis, Cons. Stato, Comm. Spec. ad. 22 dicembre 2017, par. 3 gennaio 2018, n. 69/2018: “la farmacia è qualificata come luogo a primaria vocazione pubblicistica a tutela della salute. Invero, le farmacie […] integrano un’organizzazione strumentale di cui il servizio Sanitario […] si avvale per l’esercizio del compito di servizio pubblico loro assegnato dal legislatore”). Hai un quesito in diritto farmaceutico? Leggi il blog e contattaci La stessa Corte di Cassazione ha definito la farmacia “segmento di diretta articolazione del Servizio sanitario nazionale” (Cass. SS.UU. 14 dicembre 2023 n. 35092), cui peraltro corrispondono anche una serie di oneri, che gravano sul suo assetto organizzativo e condizionano direttamente la qualità e l’affidabilità del relativo servizio (a titolo esemplificativo v. artt. (art. 119 ess. del T.U.L.S. approvato con r. d. n. 1265 del 1934). Nel far ciò la Cassazione ha richiamato “plurime decisioni della Corte Costituzionale (sentenze nn. 155 del 2013, 231 del 2012, 150 del 2011, 295 del 2009, 448 e 87 del 2006, 275 e 27 del 2003, nonché la sentenza n. 66 del 2017 - occupatasi anche della nuova figura della farmacia dei servizi, la quale (dato rilevante per una interpretazione che correttamente tenga in conto pure l'orientamento evolutivo del sistema) ha ulteriormente ampliato il ruolo d'interesse pubblico attribuito nella tutela della salute alle farmacie, in forza dell'articolo 1, comma 2, lettera e), del d.lgs. 3 ottobre 2009 n. 153 – e soprattutto la sentenza n. 216 del 2014: quest'ultima, nel raffronto con le c.d. parafarmacie, ha ribadito che le farmacie sono assoggettate ad una serie di obblighi derivanti dalle esigenze di tutela della salute, al riguardo non rivestendo incidenza alcuna né l'articolo 41 Cost. né il principio di tutela della concorrenza, proprio perché "il regime delle farmacie va ricondotto nella materia della "tutela della salute", anche se questa collocazione non esclude che alcune delle relative attività possano essere sottoposte alla concorrenza” (Cass. SS.UU. del 20/11/2020 n. 26496). Giova inoltre rammentare che, con specifico riferimento alla farmacia di servizi, se dopo l’approvazione del d.lgs. n. 153 del 2009, essa ha avuto un limitato sviluppo, con la l. n. 205 del 2017, è diventata un perno centrale della complessiva assistenza sanitaria erogata dal SSN. La Corte costituzionale ha evidenziato che “Con questa riforma, l’attività svolta dalle farmacie non è più ristretta alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi. Per la concreta operatività della cosiddetta «farmacia dei servizi» è stata, poi, prevista l’emanazione di decreti ministeriali da adottare previa intesa o sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome” (Corte Costituzionale, sentenza n. 66 del 2017). Farmacia dei Servizi Vs Ambulatori Specialistici Farmacia dei Servizi Vs Ambulatori Specialistici Anche il Consiglio di Stato ha evidenziato l’importanza della farmacia dei servizi: “È evidente come, per effetto del delineato quadro normativo [la l. 18 giugno 2009, n. 69 e il d.lgs. 3 ottobre 2009, n. 153], si sia consumata una profonda transizione del ruolo della farmacia da una (più tradizionale) attività di mera distribuzione di prodotti (lato sensu) farmaceutici, verso un ruolo di erogazione di prestazioni e servizi, comunque teleologicamente preordinati ad assicurare la somministrazione di interventi connessi con la tutela della salute (ma, rispetto alla precedente conformazione, «delocalizzati» ed insediati anche in ambiente farmaceutico)” (Cons. Stato, Sez. II, 4 gennaio 2021, n. 111). La Corte costituzionale, nella richiamata sentenza n. 171 del 2022, ha sottolineato il profondo e significativo collegamento fra la capillarità della presenza delle farmacie e la c.d. farmacia dei servizi. «l’attività svolta dalle farmacie non è più ristretta alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi» (sentenza n. 66 del 2017), la cui determinazione avviene nell’ambito dei princìpi fondamentali, stabiliti dal legislatore statale, in materia di «tutela della salute», perché «finalizzati a garantire che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualità dei [relativi] servizi in tutto il territorio» (sentenza n. 66 del 2017)”. Tali servizi comprendono una tipologia di prestazioni non coincidenti con quelle che possono essere effettuate presso i centri ambulatoriali. Ciò che si può effettuare nella farmacia è essenzialmente un test diagnostico o un prelievo di autocontrollo, cosa ben diversa dalle analisi di laboratorio, le visite, le diagnosi e le prescrizioni mediche che, invece, possono esser fatte solo in una struttura medica autorizzata e accreditata. Analoghe considerazioni valgono per le mere prestazioni fisioterapiche su prescrizione medica, da un lato, e le analisi di laboratorio, le visite fisiatriche, le diagnosi, e le prescrizioni mediche, dall’altro, che possono esser fatte solo in una struttura medica autorizzata e accreditata. Tale diversità di prestazioni è stata colta anche dalla giurisprudenza la quale - in sede di impugnativa del citato decreto del D.M. del 16 dicembre del 2010 - ha avuto modo di rilevare come l’introduzione della farmacia dei servizi non contrasta con i servizi e le competenze specifiche resi da professionisti sanitari. Ed invero, in seguito alle novità legislative introdotte dalla normativa sopra richiamata, alcune società di analisi cliniche e relative associazioni rappresentative avevano lamentato che: a) in attuazione della nuova normativa, le farmacie avrebbero di fatto assunto le caratteristiche proprie dell’ambulatorio medico, senza tuttavia soggiacere alle autorizzazioni e ai controlli necessari per tali strutture; b) la possibilità per le farmacie di erogare i menzionati servizi era fonte di danno alla salute per l’intera collettività, attesa l’assenza di un medico all’interno della farmacia e la difficoltà nell’effettuare una corretta lettura dei risultati dei test autodiagnostici da parte del paziente. Ebbene il TAR Lazio ha precisato che “nessuna competenza specifica ed esclusiva dei laboratori di analisi e dei chimici è stata ad essi sottratta ed affidata alle farmacie (e per esse agli infermieri), avendo la normativa primaria e secondaria solo offerto al paziente la possibilità di scelta tra provvedere da solo o rivolgersi in farmacia, e quindi presso una struttura generalmente vicina alla propria abitazione (è sufficiente sul punto ricordare che le farmacie sono distribuite sul territorio, secondo la relativa pianta organica, che a ciascuna di esse assegna una zona geografica, perché possano provvedere alle esigenze dei relativi abitanti, senza particolari difficoltà per gli stessi, in modo da servire senza eccessiva difficoltà tutti gli interessati. In altri termini, la normativa ha inciso su prestazioni che già non erano di appannaggio esclusivo dei laboratori, essendo i test di autodiagnosi da tempo diffusi e in uso dalla popolazione” (cfr. TAR Lazio, Sez. III quater, 22 febbraio 2012, n. 1814). Inoltre è stato rilevato che la diversa tipologia di prestazioni svolte presso le farmacie rende giustificabili “i diversi titoli di autorizzazione all’esercizio delle relative attività” rispetto a quanto previsto per gli ambulatori medici (cfr. TAR Lazio, Sez. III quater, 20 febbraio 2012, n. 1701). Il Ministero della Salute ha quindi confermato detta interpretazione affermando che in base al D.M. 16.12.2010, il farmacista ha il compito di mettere a disposizione degli utenti i dispositivi, fornendo le indicazioni necessarie all’utilizzo e specificando che gli esiti degli stessi dovranno poi essere mostrati al medico; in ogni caso, il supporto del farmacista ha carattere esclusivamente materiale, dal momento che i risultati dei dispositivi autodiagnostici giungono automaticamente e senza alcun intervento umano. Tale orientamento è stato confermato anche di recente dal TAR Campania, Napoli, il quale ha precisato che l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue capillare da parte dei farmacisti (ad esempio, emoglobina glicata e quadro lipidico) è un’attività ausiliaria ai compiti del SSN e non costituisce un’invasione delle competenze dei laboratori di analisi, poiché non implica diagnosi o prescrizioni; (cfr. TAR Campania, Napoli, Sez. I, 14 novembre 2024, n. 6225). Seguici on Line leggi il blog o sottoponici un tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Il ricorso avverso le sanzioni di diritto del lavoro

    Il ricorso avverso le sanzioni amministrative dell'Ispettorato del Lavoro è un procedimento che consente di contestare i verbali di accertamento e le successive ordinanze-ingiunzioni emesse a seguito di violazioni in materia di lavoro emesse dagli Ispettori a seguito di ispezioni e controlli. Capita che i controlli possano durare per più mesi ed abbiano più verbali di constatazione che si concludono in una unica ingiunzione al termine del periodo di verifica che può durare anche mesi. avverso le sanzioni amministrative é possibile proporre un ricorso amministrativo direttamente al Direttore della sede territoriale dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro senza passare per il giudice Il ricorso deve essere presentato entro 30 giorni dalla notifica del verbale ed il Comitato ha 90 giorni di tempo per decidere sul ricorso; decorso inutilmente tale termine, il ricorso si intende respinto (silenzio-rigetto) e si apre la strada alla Opposizione giudiziale all'ordinanza-ingiunzione . Il ricorso avverso le sanzioni di diritto del lavoro Il ricorso avverso le sanzioni di diritto del lavoro Avverso l’ordinanza-ingiunzione è possibile proporre opposizione davanti all'autorità giudiziaria ordinaria. Per le sanzioni in materia di lavoro, la competenza è spesso del Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro e il ricorso è regolato dal rito del lavoro. Scopri il blog e trova il tuo caso con il motore e si ricerca tra quelli risolti dallo Studio altrimenti contattaci Il ricorso deve essere proposto, a pena di inammissibilità, entro 30 giorni dalla notificazione dell'ordinanza e se non richiesto specificatamente NON sospende la validità della ingiunzione che quindi rimarrà esecutiva. Hai un quesito? Contattaci senza impegno questa é una fase cruciale della procedura, proporre un ricorso senza richiesta di sospensione o non ottenere una sospensione pure se richiesto può essere determinante nella vita di una azienda a fronte di sanzioni anche di decine di mila euro , ecco quindi che la programmazione delle fasi iniziali della impugnazione sono determinati per il buon esito della pratica. Segui la pagina sui social una volta discussa la sospensione si apre la fase di merito nella quale si procederà con i punti di diritto avverso l’ingiunzione fino ad arrivare alla sentenza di merito che decide la controversia. l’assistenza legale per le impugnazioni delle ingiunzioni assume rilevanza determinante nella vita aziendale poiché le fasi iniziali della procedura determinano il buon esito della pratica. Contattaci per il tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Renata Angelini Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia e Dispensario Stagionale, Estate tempo di nuovi servizi

    Arriva l'estate, sale il turismo, si crea l'opportunità e la necessità di un dispensario stagionale. Segui la pagina per la farmacia sui social con articoli gratuiti quotidiani Ma dove ? nelle stazioni di soggiorno, di cura e di turismo, nonché nelle altre località climatiche, balneari o termali o comunque di interesse turistico…con popolazione non superiore a 12.500 abitanti, le regioni … possono autorizzare, in aggiunta alle farmacie esistenti … l’apertura stagionale di dispensari farmaceutici …” . Leggi pure "il dispensario farmaceutico sopravvive al concorso" La competenza è del Comune nella persona del Sindaco, che quale soggetto più vicino al territorio, previa ricognizione delle strutture ricettive atte a dimostrare l'incremento di popolazione e l'individuazione della zona "sfornita" dal servizio farmaceutico, potrà richiedere alla Regione l'istituzione stagionale. Leggi pure "dispensario e nuova farmacia cosa fare?" La valutazione quindi è di carattere discrezionale almeno nella prima parte della procedura, al fine di individurne i requisiti e le necessita terriforiali. Leggi pure "Le Associazioni di Farmacisti a concorso" Chiaramente ove si trattasse di necessità non stagionali si potrebbe aprire la strada per una soluzione radicale e non provvisoria quale che sia la farmacia ex art 104 di carattere straordinaria istituita con il sistema topografico. ( Viabilita, poca accessibilità da parte della popolazione, distanza minima di 3km, anche se il Tar Abruzzo ha sottolineato di recente che la distanza non è un requisito tassativo) Tale richiesta deve riferirsi specificatamente ad una località di rilevanza turistica riconosciuta anche solo di fatto e deve riportare l’identificazione della popolazione ivi residente (non più di 12.500 abitanti) deve inoltre riportare l’esistenza di strutture alberghiere, camping, alloggi privati ecc. che determinano l’incremento del flusso turistico. segui la pagina on line   cerca il tuo caso nel blog di diritto farmaceutico  se non trovi quello che fa per te contattaci senza impegno Il Sindaco ricevuta l’autorizzazione all’istituzione del dispensario da parte della Regione , adotterà il relativo decreto autorizzativo alla gestione del dispensario. Il dispensario verrà affidato in gestione al titolare più vicino in zona di pertinenza (inteso come ambito territoriale e non locale). E se il farmacista più vicino non è concorde? Nel caso di rinuncia del farmacista più vicino alla zona turistica, l’affidamento alla gestione del relativo esercizio, potrà essere affidata dal Sindaco con ricorso ad avviso pubblico aperto a tutti i farmacisti limitrofi alla località interessata. Hai un quesito? Contattaci Consulta il Blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • incompatibilità nella professione di agente immobiliare

    Ci occupiamo di un caso specifico relativo alla presunta incompatibilità tra la professione di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio Segui la pagina sui social e rimani aggiornato l'incompatibilità tra la professione di agente immobiliare e quella di amministratore di condominio Il Consiglio di Stato (n.1925/2025) chiamato a risolvere una delicata questione circa la presunta incompatibilità nel concreto tra l'attività di mediatore e quella di amministratore di condominio ha evidenziato, che quando un agente immobiliare svolge contemporaneamente l’attività di amministratore di condominio può nascere il rischio che le unità immobiliari amministrate siano indebitamente “favorite” rispetto alla platea di quelle disponibili, con la conseguenza che l’imparzialità propria del mediatore venga meno. In sostanza un professionista che gestisce numerosi condomini potrebbe essere indotto ad orientare i potenziali acquirenti verso i locali inseriti negli immobili da lui gestiti, trascurando, di conseguenza, altre opportunità abitative ugualmente interessanti. incompatibilità nella professione di agente immobiliare Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Per altro verso, dal punto di vista del consumatore, forse sarebbe più efficace, ed economicamente vantaggioso, avere un’unica figura professionale che segue l’acquirente sia nel momento dell’acquisto, che nella successiva fase di gestione dell’immobile, visto che, in fatto, i sistemi per aggirare le incompatibilità possono essere molteplici (rapporti di parentela, ecc.), con il risultato del raddoppio delle figure professioni e quindi dei costi a carico dell’utente finale. segui la pagina on line   cerca il tuo caso nel blog  se non trovi quello che fa per te contattaci senza impegno La sesta sezione del Consiglio di Stato ha altresì rilevato che la nuova disciplina contenuta nell’art. 5, comma 3, della L. 39/1989 garantisce (proprio nell’ottica della proporzionalità) la tutela del consumatore attraverso la previsione di una clausola che eviti ogni conflitto attuale di interessi tra il mediatore e l’oggetto della mediazione stessa. L’incompatibilità diviene infatti relativa e vieta di essere al contempo mediatore (che per definizione del codice civile è soggetto equidistante tra le parti) e parte (in senso sostanziale, in quanto produttore o commerciante di beni o servizi oggetto dell'attività di mediazione o in senso formale, in quanto agente o rappresentante dei detti beni). In ogni caso l’incompatibilità è limitata alle attività imprenditoriali e non più, come nella norma oggetto di procedura di infrazione, comunque svolta anche a titolo professionale e addirittura di lavoro dipendente. La sesta sezione ha altresì precisato che “ il Collegio, nel mentre esclude la ricorrenza dei presupposti per procedere alla diretta disapplicazione della normativa nazionale contestata, in quanto le ragioni dell’eventuale contrasto con il diritto dell’Unione non sono né immediate né sufficientemente chiare, precise ed incondizionate, ravvisa la sussistenza di una questione interpretativa relativa all’esatto ambito interpretativo da riconoscere ad atti normativi dell’Unione e, conseguentemente, alla compatibilità con essi di un provvedimento legislativo nazionale ”. Alla luce delle considerazioni svolte la Sezione ha sollevato questione di pregiudizialità, invitando la Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 267 TFUE, a pronunciarsi sui seguenti quesiti: A) Se l’art. 5, comma 3, della L. 39/1989, come riformulato a seguito della procedura di infrazione n. 2018/2175, deve intendersi oggi pienamente conforme al diritto comunitario specie in ragione dell’avvenuta archiviazione della procedura di infrazione che ha interessato tale questione. B) Se i principi e gli scopi dell’articolo 59, paragrafo 3, della Direttiva 2005/36/CE (come modificata dalla Direttiva 2013/55/CE), nonché dell’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE e più in generale dell'articolo 49 T.F.U.E. ostano ad una normativa come quella italiana di cui all’art. 5, comma 3, della L. 39/1989 che sancisce in via preventiva e generale l’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini sul presupposto del mero esercizio congiunto delle due attività e senza, quindi, la necessità per le Camere di Commercio di svolgere alcuna verifica a posteriori riferita in concreto all’oggetto delle mediazioni svolte e senza che ciò risulti motivato da un “motivo imperativo di interesse generale” specificatamente individuato e comprovato o comunque senza la dimostrazione della proporzionalità della prevista incompatibilità generale rispetto allo scopo perseguito. C) Se l’agente immobiliare può comunque svolgere anche l’attività di amministratore di condominio salvo il caso in cui non cerchi di vendere/acquistare, il fabbricato che amministra, visto che in questo caso si paleserebbe un conflitto di interessi. Leggi il blog e trova il tuo caso Con la sentenza del 4.10.2024, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha statuito che: 1) L’articolo 258 TFUE deve essere interpretato nel senso che: l’archiviazione, da parte della Commissione europea, di una procedura d’infrazione contro uno Stato membro non comporta la conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale che era stata oggetto di tale procedura. 2) L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente. Se non trovi la risposta contattaci, avrai un preventivo specifico per il Tuo caso Alla luce di tale pronuncia, il Consiglio di Stato ritiene di concludere che la Corte di Giustizia ha sancito che un’incompatibilità stabilita a priori dell’esercizio congiunto delle attività di amministratore di condomini ed agente immobiliare è contraria ai principi ed al diritto dell’Unione europea; ne discende l’illegittimità dei provvedimenti che sanciscano aprioristicamente l'incompatibilità tenuto anche conto del fatto che, per quel che consta, che è necessario valutare nel caso pratico se il soggetto intermedi gli immobili che, contemporaneamente, gestisce, sicché non sussiste alcuna ragione per vietare a priori l’esercizio contestuale delle due attività. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Il decentramento della farmacia e le nuove sedi

    1) La pianta organica della farmacia La pianta organica è lo strumento di pianificazione territoriale delle Farmacie che compete ai Comuni come Enti piu' prossimi al cittadino al fine di localizzare le sedi di farmacie nel territorio dell'ente. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato il rapporto farmacie - abitanti è stato modificato dalla riforma del 2012 che ha previsto l'istituzione di una sede di farmacia ogni 3.300 abitanti, detto metodo si definisce "demografico" in quanto il rapporto farmacie abitanti è legato al numero degli abitanti. Cerchiamo però di fare un po’ di chiarezza tra revisione della pianta organica, perimetro, trasferimento e decentramento della farmacia ai sensi dell’art 2 della legge 475/1968 ogni comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall'articolo 1, secondo cui Il numero delle autorizzazioni è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.300 abitanti.  La  popolazione eccedente, rispetto al parametro di cui al secondo comma, consente l'apertura di una ulteriore farmacia, qualora sia superiore al 50 per cento del parametro stesso. segui la pagina on line   cerca il tuo caso nel blog di diritto farmaceutico  se non trovi quello che fa per te contattaci senza impegno Ciò implica che la seconda sede scatta al raggiungimento di 4950 abitanti e non di 6.600. Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l'azienda sanitaria e l'Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l'accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate. La pianta organica ed i pareri obbligatori I punti di riferimento sono quindi da una parte i pareri obbligatori ma non vincolanti dell'ordine dei farmacisti e delle aziende sanitarie locali, (leggi qui in tema di pareri per la revisione della pianta organica)  e dall'altro l'individuazione delle esigenze della popolazione volte a garantire l'accessibilità al servizio farmaceutico. Revisione del numero di farmacie e controllo del rapporto abitanti/farmacie Leggi pure: I locali distaccati della farmacia il numero di farmacie spettanti a ciascun comune è sottoposto a revisione entro il mese di dicembre di ogni anno pari, in base alle rilevazioni della popolazione residente nel comune, pubblicate dall'Istituto nazionale di statistica. La revisione è un obbligo comunale - sicché in caso di inerzia - il farmacista interessato potrà sollecitare l'avvio del procedimento e ricorrere al TAR con il meccanismo dell'art. 117 cpa in caso di inerzia. Leggi pure: La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti Attenzione, il Comune è vincolato all'avvio del procedimento e non al merito del procedimento, il cui contenuto rimane di discrezionalità amministrativa. Il decentramento della farmacia e l'istituzione delle nuove sedi 2) il trasferimento della farmacia all’interno della propria sede prevista in pianta organica Quanto al tema del trasferimento l'art. 1 comma 2 della legge 475 del 1968 prevede che Chi intende trasferire una farmacia in un altro locale nell'ambito della sede per la quale fu concessa l'autorizzazione deve farne domanda all'autorità sanitaria competente per territorio. Tale locale, indicato nell'ambito della stessa sede ricompresa nel territorio comunale, deve essere situato ad una distanza dagli altri esercizi non inferiore a 200 metri. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie. La domanda di cui al quarto comma deve essere pubblicata per quindici giorni consecutivi nell'albo dell'unità sanitaria locale ed in quello del comune ove ha sede la farmacia. Il provvedimento di trasferimento indica il nuovo locale in cui sarà ubicato l'esercizio farmaceutico. Ogni nuovo esercizio di farmacia deve essere situato ad una distanza dagli altri non inferiore a 200 metri e comunque in modo da soddisfare le esigenze degli abitanti della zona. La distanza è misurata per la via pedonale più breve tra soglia e soglia delle farmacie. 3) il decentramento della farmacia in luoghi di nuova istituzione al di fuori della sede assegnata in pianta organica Da non confondere con il trasferimento della farmacia è il decentramento della farmacia ai sensi dell'art. 5 della legge 362 del 1991 Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentiti il comune e l'unità sanitaria locale competente per territorio, in sede di revisione della pianta organica delle farmacie, quando risultino intervenuti mutamenti nella distribuzione della popolazione del comune o dell'area metropolitana anche senza sostanziali variazioni del numero complessivo degli abitanti, provvedono alla nuova determinazione della circoscrizione delle sedi farmaceutiche. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare,  sentiti il comune, l'unità sanitaria locale e l'ordine provinciale dei farmacisti,  competenti per territorio, su domanda del titolare della farmacia, il trasferimento della farmacia, nell'ambito del comune o dell'area metropolitana, in una zona di nuovo insediamento abitativo,  tenuto conto delle esigenze dell'assistenza farmaceutica determinata dallo spostamento della popolazione, rimanendo immutato il numero delle farmacie in rapporto alla popolazione ai sensi dell' articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475 , come modificato dall'articolo 1 della presente legge. Hai un quesito? consulta il blog gratuito 4) l’istituzione della farmacia con il criterio topografico in deroga al numero di abitanti Istituzione di farmacie con metodo Topografico o speciale articolo 104 rd. 1265 del 1934 L' articolo 104 del testo unico delle leggi sanitarie , approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 , e successive modificazioni, è sostituito dal seguente: Leggi pure: Farmacie e calo demografico Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, quando particolari esigenze dell'assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità lo richiedono, possono stabilire, in deroga al criterio della popolazione di cui all' articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475 , e successive modificazioni, sentiti l'unità sanitaria locale e l'ordine provinciale dei farmacisti, competenti per territorio, un limite di distanza per il quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metri dalle farmacie esistenti anche se ubicate in comuni diversi. Tale disposizione si applica ai comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e con il limite di una farmacia per comune. In sede di revisione delle piante organiche successiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, le farmacie già aperte in base al solo criterio della distanza sono riassorbite nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base al parametro della popolazione e, qualora eccedenti i limiti ed i requisiti di cui all' articolo 1 della legge 2 aprile 1968, n. 475 , e successive modificazioni, sono considerate in soprannumero. Leggi pure: "Farmacie e le deroghe ai principi di perimetrazione per i flussi quodiani" Si tratta di farmacie che non seguono il rapporto sede/abitanti ma la topografica del territorio che giusticica l'istituzione di una sede di farmacia anche li dove il rapporto demografico non è sufficiente. E' il caso di centri abitanti dislocati su un vasto territorio con centri abitati a valle ed a monte, oppure in frazioni che sono difficilmente raggiungibili. Leggi: Farmacie e l'istituzione con medoto topografico Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli

  • La liquidazione ed i criteri di calcolo dell'indennità di avviamento Farmacie ex art. 110

    Come si determina l'indennità di avviamento ex art. 110 del R.D. 1265 del 1934 per le farmacie? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Esistono metodi univoci per la determinazione dell'indennità di avviamento farmacie? Quanto alle modalità di computo del valore aziendale - in ambito schiettamente commerciale - deve riconoscersi l'esistenza di metodi diversi di quantificazione del valore aziendale, sotto il profilo dell'avviamento commerciale. La differenza basilare è quella tra metodi definiti #patrimoniali, #reddituali, #misti e #finanziari. Nei metodi patrimoniali, ovviamente, si attribuisce valore al patrimonio dell'azienda ceduta, mentre nei metodi reddituali, ci si concentra sulla valorizzazione dei flussi reddituali attesi. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Nel primo caso, il valore dell'azienda viene assunto come funzione del patrimonio, mentre nell'altro, come funzione del flusso di reddito, come avviene per il rendiconto finanziario delle società di capitali, ai sensi dell' art. 2525-ter c.c. (Rendiconto finanziario). Nel metodo patrimoniale complesso si prende in considerazione l'eventualità di integrare il valore economico del capitale o del patrimonio dell'azienda, risultante dal metodo semplice, con la stima del plusvalore derivante da beni immateriali. segui la pagina on line   cerca il tuo caso nel blog di diritto farmaceutico  se non trovi quello che fa per te contattaci senza impegno Ciò in quanto una parte degli investimenti è stata nel tempo destinata a conservare o ad accrescere la dotazione di beni di medio e lungo periodo, come pure il know how aziendale (Cass., sez. V, 6 maggio 2015, n. 9075). La liquidazione ed i criteri di calcolo dell'indennità di avviamento Farmacie ex art. 110 La liquidazione ed i criteri di calcolo dell'indennità di avviamento Farmacie ex art. 110 Si è sul punto rilevato che la molteplicità dei criteri che sul piano pratico vengono proposti per la determinazione del valore di avviamento, non obbliga il giudice del merito a chiarire le ragioni della scelta dell'uno piuttosto che dell'altro, procedendo ad una preventiva e astratta comparazione fra i diversi metodi, perché, versandosi in materia di apprezzamenti eminentemente discrezionali, sottratti per loro natura al sindacato di legittimità in quanto non inficiati da vizi logici e giuridici, egli assolve al dovere giuridico di una sufficiente motivazione solo che fondi l'anzidetto giudizio su considerazioni atte a dimostrare che il metodo di indagine tecnica concretamente seguito ha condotto a risultati convincenti ed accettabili (Cass., sez. V, 6 maggio 2015, n. 9075; Cass., sez. I, 23 luglio 1969, n. 2772). Leggi pure: "calcolo di indennità farmacie per gestioni farmacie di breve durata" Inoltre, per la Cassazione ai fini della determinazione del valore di avviamento, la predeterminazione della durata della società può giustificare la scelta del principio della temporaneità della capitalizzazione del reddito futuro solo quando detta predeterminazione risulti giustificata dalla stessa peculiarità dell'oggetto sociale (Cass., sez. I, n. 2772 del 1969, cit.). Ma tali criteri commerciali puri sono sempre applicabili al caso delle Farmacie e dei farmacisti in tema di quella indennità ex art. 110 Tuls che ha connotati pubblicistici? La risposta è negativa. Un primo datato orientamento reputava, infatti, che tale tipologia di avviamento commerciale, in realtà, fosse già in re ipsa ricompreso nella cessione della farmacia, derivando ex lege, come una sorta di cristallizzazione di tale tipologia di posta nel bilancio aziendale. Si è, infatti, affermato che "pure se non può condividersi il rilievo secondo cui l'obbligazione relativa al pagamento dell'indennità di avviamento abbia natura di debito di valore, trattandosi di obbligazione ex lege rivolta a compensare non già una perdita di avviamento... ma , unicamente, il fatto della sopravvenuta disponibilità dell'esercizio con il passaggio ad altri della sua titolarità" . (Cass., sez. I, 8 settembre 1995, n. 9477; Cass., 17 ottobre 1986, n. 6099; Cass., n. 424 del 1977; n. 3492 del 1975; n. 2945 del 1971; di recente in giurisprudenza di merito cfr. Trib. Cagliari, 21 aprile 2021). Più recentemente, la Corte, nell'ambito del subentro dell'attività farmaceutica a seguito di successione ereditaria, ha ritenuto che tale attività non può non risentire del fatto che si tratta di un bene inerente ad un'azienda in cui, accanto ai profili privatistici, convergono spiccati caratteri pubblicistici. Tali vincoli influenzano inevitabilmente il margine di profitto conseguibile dall'esercente e "non consentono di equiparare l'iniziativa economica di un farmacista a quella di un qualunque altro imprenditore" (Cass., sez. n. 2, 22 ottobre 2015, n. 21523). Tuttavia, in questa fattispecie la questione atteneva soprattutto alla determinazione del quantum delle indennità di avviamento, affermandosi che "l'avviamento di una farmacia non può essere calcolato in base ai criteri di valutazione dei beni il libero commercio"; quindi con i criteri restrittivi di cui all'art. 110 TULS. Alla prima tesi, se n'è contrapposta un'altra che ha invece fatto riferimento espresso all'avviamento commerciale, proprio delle società e dell'impresa (Cass., sez. I, 23 maggio 1978, n. 2561). Si è dunque sostenuto (Cass., sez. I, 26 giugno 1995, n. 7220; di recente nella giurisprudenza di merito cfr. C. App., Venezia, 18 luglio 2022, n. 1638) che, anche in base all'interpretazione letterale dell'art. 110 TULS, per ""reddito... imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'Irpef..." non può che intendersi che il reddito imponibile prodotto dall'impresa farmacia". Di conseguenza, "per "reddito accertato agli effetti dell'Irpef e non può intendersi il reddito della farmacia decurtato del tutto quanto sia consentito detrarre allo specifico contribuente che effettua la dichiarazione, ma soltanto il reddito della farmacia decurtato di quanto è stato necessario spendere per la sua produzione" (Cass., n. 7220 del 1995). Tale necessarietà va intesa "quale strumentalità obiettiva per la produzione del reddito, nel senso che la spesa deve costituire il mezzo necessitato per detta produzione e non il mezzo che il gestore ha usato discrezionalmente, e cioè soggettivamente, per la produzione stessa" (Cass., n. 7220 del 1995). In quella fattispecie la Corte ha ritenuto che "allorché il gestore si faccia coadiuvare da altri che prestino la loro mera attività nella gestione della farmacia, mentre costituisce spesa detraibile - al fine della determinazione del reddito imponibile de quo - il compenso da corrispondersi al coadiutore secondo la normativa vigente o secondo il mercato specifico ambientale, non può concretare tale spesa l'utile che il gestore, in virtù di un contratto di associazione in partecipazione, corrisponda l'associato" (Cass. n. 7220 del 1995). Tale ultima interpretazione ha ricevuto un autorevole avallo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 333 del 1988, già citata, per la quale l'indennità di avviamento "consiste nell'incremento o addirittura nella creazione del bene fondamentale dell'avviamento". Una sintesi coerente delle due interpretazioni e avvenuta da parte della Corte di Cassazione con la sentenza n. 13891 del 19 settembre 2003. Si è rammentato che, in realtà, nell'ordinamento vigente prima del RD n. 1265 del 1934 non era previsto l'avviamento, in quanto "la disciplina dell'esercizio della farmacia era informata dal principio della personalità della gestione, subordinata al rilascio di autorizzazioni". La precedente disciplina era improntata al canone "della libera trasferibilità e (all'apertura) della farmacia previo inoltro alla PA di una mera comunicazione". Solo con la legge n. 468 del 1913 si è stabilito a carico del concessionario subentrante una farmacia, non di nuova istituzione, "l'obbligo di rilevare dal precedente titolare, o dei suoi eredi, gli arredi, le provviste e le dotazioni inerenti all'esercizio", senza però prevedere nulla in ordine all'avviamento "sia in considerazione del carattere personale della autorizzazione, sia dell'impossibilità di conformare la disciplina secondo i criteri propri "della libera concorrenza commerciale senza danno della pubblica incolumità"" (Cass., n. 13891 del 2003). Con l'art. 110 TULS del RD n. 1265 del 1934 "il contenuto dell'obbligo è stato esteso all'avviamento, mediante la previsione dell'indennità" (Cass. n. 13891 del 2003). Con l'importante precisazione per cui tale disposizione "costituisce una significativa espressione dell'acquisizione da parte del legislatore della consapevolezza sia della convergenza nella gestione della farmacia di interessi pubblici ed interessi privati, sia della peculiarità dell'attività svolta rispetto a quella espletata da tutti gli altri professionisti del settore della sanità". Ciò perché il farmacista "anche quando spedisce la ricetta medica, utilizza sostanze spesso del valore rilevante che egli cede al cliente, contro il pagamento di un prezzo nel quale è compreso anche il compenso per la prestatore professionale" (Cass. n. 13891 del 2003). Leggi pure: indennità di avviamento farmacie tra principio pubblicistico e privatistico Con l'importante precisazione per cui tale disposizione "costituisce una significativa espressione dell'acquisizione da parte del legislatore della consapevolezza sia della convergenza nella gestione della farmacia di interessi pubblici ed interessi privati, sia della peculiarità dell'attività svolta rispetto a quella espletata da tutti gli altri professionisti del settore della sanità". Leggi pure per il tuo interesse: "No ad indennità ex art. 110 per farmacia chiusa da tempo" "Farmacia successione, divisione ed indennità" Ciò perché il farmacista "anche quando spedisce la ricetta medica, utilizza sostanze spesso del valore rilevante che egli cede al cliente, contro il pagamento di un prezzo nel quale è compreso anche il compenso per la prestatore professionale" (Cass. n. 13891 del 2003). Successivamente, con l'evoluzione della scienza, ha assunto marcata prevalenza la vendita del prodotto confezionato, divenuto assorbente dell'interattività. Per tale ragione "si è imposta la rilevanza nella farmacia del profitto dell'esercizio dell'impresa commerciale, in quanto attività svolta attraverso un complesso di beni strumentali a questo scopo (azienda), non avente una funzione meramente ancillare, che ne ha perciò giustificato l'assoggettamento alla disciplina civilistica". E tuttavia, pure nell'ambito di questa evoluzione, "sono rimasti fermi alcuni dei caratteri salienti derivanti dal coinvolgimento nell'attività di interessi pubblici, nonché dalla sua strumentalità necessaria con l'assistenza sanitaria e con la cura della salute pubblica, i quali hanno giustificato la perdurante previsione di un regime pubblicistico". Una volta richiamati i due orientamenti giurisprudenziali sopra menzionati, questa Corte ha ritenuto che gli stessi "non sono affatto in contrasto tra loro, e comunque devono essere apprezzati alla luce dell'esigenza di bilanciamento, imposta dalla ratio della norma e dal contesto di riferimento nel quale sorte va applicata, tra il principio pubblicistico della personalità e della intrasmissibilità dell'esercizio correlata alla peculiarità di un'attività regolamentata in quanto coinvolge interessi pubblici con il diritto all'avviamento che si giova di questa disciplina pubblicistica, in quanto influenzata da fattori obiettivi, legati alla limitazione numerica degli esercizi ed alla ubicazione della sede ed alla conformazione del bacino di utenza". È stata nel tempo acquisita piena consapevolezza "in ordine alla peculiarità dell'attività, della rilevanza nel suo svolgimento dell'azienda e delle imprescindibilità di apprezzare appieno quei caratteri tipici dell'impresa commerciale che la connotano". Si è sottolineato che l'attività di esercizio della farmacia pone in rilievo l'azienda e la riferibilità d'essa "di alcuni caratteri tipici dell'esercizio dell'impresa commerciale, sia del fatto che, tradizionalmente, è stato consentito l'abbinamento all'impresa farmaceutica di attività connesse, in armonia con l'evoluzione conosciuta da questa attività". È stata dunque valorizzata la circostanza che nell'ambito dell'attività di farmacia possono essere vendute tipologie di prodotti diversi dei farmaci, sì che nel reddito della farmacia va ricompreso "quello derivante dalla vendita di tutti questi prodotti che il farmacista è legittimato a vendere che concorrono evidentemente a costituire l'avviamento del quale si avvantaggi farmacista subentrante". Questa Corte, poi, ha ritenuto che la quantificazione del reddito va effettuata sulla scorta delle dichiarazione dei redditi, nell'ipotesi in cui la gestione abbia avuto durata almeno pari a un quadriennio (Cass., n. 13891 del 2003). Ove la durata sia inferiore, si lascia un margine di apprezzamento al giudice di merito, con la possibilità di individuare altri elementi - diversi dalle dichiarazioni dei redditi - per il computo dell'avviamento. Risulta maggiormente condivisibile la tesi giurisprudenziale da ultimo richiamata che è in grado di contemperare gli interessi privatistici, relativi allo svolgimento di un'impresa commerciale, con gli interessi pubblicistici, strettamente connessi alla tutela della salute pubblica, e che giustificano l'esistenza di una disciplina vincolistica, perlomeno per taluni aspetti. Leggi pure: "Farmacia e società mista l'indennità è dovuta al gestore uscente?" In questa sede non è in discussione la modalità di quantificazione dell'indennità di avviamento, in quanto costituisce risultato pacifico dell'interpretazione giurisprudenziale di legittimità quello per cui, nel caso in cui l'esercizio della farmacia abbia avuto una durata almeno quinquennale, è sufficiente, ai fini del computo dell'indennità di avviamento, il riferimento alle dichiarazioni dei redditi presentate dal precedente gestore della farmacia, mentre in caso di non raggiungimento del termine quinquennale, è possibile fare uso di ulteriori elementi, al di fuori dei limiti di cui all'art. 110 TULS. Cass. 3374/2025. Seguici on line o contattaci Prima di chiudere una precisazione di carattere piu' tecnico in tema di avviamento. La valutazione dell' avviamento  è particolarmente critico in quanto viene definito come un asset intangibile ed a vita utile indefinita e non ammortizzabile (secondo i criteri IFRS/OIC con test di impairment), la sua corretta valutazione e il costante monitoraggio della sua recuperabilità sono fondamentali. L'obiettivo principale del test di impairment è quello di garantire che gli asset intangibili come nel nostro caso l'avviamento aziendale, non siano iscritti in bilancio per un valore superiore a quanto la farmacia potrà effettivamente recuperare attraverso il suo utilizzo e/o la loro vendita. Va infatti rilevato che una svalutazione dell'avviamento non genera un'uscita di cassa, ma riduce il patrimonio netto, peggiorando gli indici patrimoniali e finanziari. I test di “impairment” deve essere condotto con criteri oggettivi affinché le assunzioni sottostanti (come i flussi di cassa attesi, il relativo tasso di crescita negli anni, ed il tasso di attualizzazione) siano giusti e ragionevoli e sopratutto supportate da evidenze riscontrabili. Errori o omissioni in questo test possono mascherare una perdita di valore dell'azienda o ad una alterazione del valore dell'avviamento e quindi di tutta la farmacia. A tal proposito è necessario monitorare i c.d. “driver” di valore, quindi quei fattori che generano l'avviamento e sono sintomatici, quali ad esempio 1) numero di ricette, 2) le ricette ricorrenti 3) la fedeltà clienti per gli acquisti non ricorrenti, 4) la reputazione della farmacia con particolare riguardo ai servizi extra ad esempio della “farmacia dei servizi”, 5) l'efficienza operativa dei fattori aziendali, quali ad esempio l'efficacia del robot di dispensazione farmaci in relazione al costo/tempo che si sarebbe speso con un magazziniere fisico, il tutto per capire il valore aziendale ed il valore implicito dell'avviamento e sopratutto se tale valore si stia erodendo nel tempo. Tali valutazioni – utili secondo il sottoscritto – sono determinanti sopratutto per le farmacie storiche che hanno attraversato decenni di attività, per le quali è necessario monitorare nel tempo l'andamento aziendale ed i valori in campo. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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