Risoluzione della concessione e indennizzo il caso farmacie comunali
- Avv Aldo Lucarelli
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Nel presente post affrontiamo il tema della risoluzione di una concessione di servizio, sia esso Comunale Provinciale o Regionale, (si pensi ad una concessione di farmacia comunale) nel corso della quale l'Ente decida di risolvere il contratto.
Quale è il meccanismo per calcolare l'indennità dovuta al privato concessionario che si è visto risolvere la concessione?
Il tema è di preminente interesse per quelle attività in cui la concessione sia valida ed efficace, non invece per quelle che sono scadute e che continuano ad operare. Sul tema infatti già il Tar Bologna n. 904 del 2025 in tema di concessione della farmacia comunale ha escluso l'applicabilità dell'indennizzo in quanto trattavasi di concessione scaduta.
Sovente accade che i rapporti concessoria rimandino ad arbitrati, il ché tuttavia non muta il thema decidendum come accaduto nel leading case Cassazione n. 13406 del 2019 in cui il lodo arbitrale è stato impugnato dinanzi alla Corte di Appello per violazione della normativa di cui all'art. 24 del rd. 2578/1925.

Giova premettere in diritto che i Comuni, quando decidono di assumere, nei modi ivi stabiliti l'impianto e l'esercizio diretto di uno dei pubblici servizi indicati, (risolvendo la concessione in corso) procedendo al riscatto, debbono pagare ai concessionari privati "... un'equa indennità, nella quale si tenga conto dei seguenti termini:
a) valore industriale dell'impianto e del relativo materiale mobile ed immobile, tenuto conto del tempo trascorso..
b) Le anticipazioni o sussidi dati dai comuni..
c) Il profitto che al concessionario viene a mancare a causa del riscatto
Nello specifico e sintetizzando il DPR 902 del 1986 art. 13 prevede:
Il valore degli impianti, è determinato sulla base.. del costo che dovrebbe essere sostenuto alla data di scadenza del preavviso per la ricostituzione dell'impianto stesso, deducendo dall'importo risultante:
a) il valore del degrado fisico
b) il valore degli impianti divenuti obsoleti
La ratio della legge che, per la finalità di assicurare al concessionario il ristoro delle spese sostenute dovendo necessariamente coordinarsi quanto meno con i principi generali secondo i quali non vi può essere indennizzo rispetto a spese non sostenute ricorrendo in caso contrario un arricchimento senza causa.
Leggi pure:
Ma cosa accade nel caso in cui il privato si sia giovato di contributi a fondo perduto?
Soggiunge la Cassazione, che non sono ripetibili affermando
"Nè a diverse conclusioni può condurre la circostanza che la convenzione avesse previsto che il contributo dell'utente era a fondo perduto.. (Cass. 13406/2019). "
Tutto ciò risulta in linea con le sentenze del Consiglio di Stato (n. 4905 del 3 settembre 2003) e dei Tribunali amministrativi regionali (TAR dell'Emilia Romagna, n. 638 dell'11/8/2001; TAR della Lombardia - sez. Brescia, n. 1528 del 4 agosto 2009) e secondo il principio di diritto espresso dalla Cassazione del 2019 secondo cui:
"In tema di concessioni e di riscatto da parte dell'amministrazione concedente che decide di assumere l'impianto di erogazione del servizio dato in concessione finalizzato all'esercizio diretto, l'equa indennità prevista dall' art. 24 rd 2578 del 1925, secondo i criteri di stima del valore industriale residuo degli impianti (previsto dal DPR 902 del 1986 art. 13) deve essere calcolata senza computare quella parte dell'impianto che è stata realizzata per mezzo di costi sostenuti dai privati per i singoli allacciamenti".
in tal modo viene garantito da una parte un equo indennizzo al privato e dall'altro un ingiustificato arricchimento per spese non sostenute.
Avv. Aldo Lucarelli
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