Divisione della Farmacia in successione ereditaria
- Avv Aldo Lucarelli
- 2 ore fa
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Ci occupiamo del caso spinoso della divisione della Farmacia caduta nella successione ereditaria, li dove la stessa sia gestita medio tempore da uno solo degli eredi.
Quali diritti vantano gli altri eredi non facenti parte della gestione della farmacia caduta in successione ereditaria?
E' legittima la richiesta di partecipare agli utili ed alle perdite della gestione?
In materia di gestione di farmacie, si deve considerare del tutto evidente la circostanza che la suddetta gestione possa essere curata esclusivamente da un soggetto in possesso del relativo diploma di laurea e della iscrizione al relativo albo, trovando ciò conferma anche nella L. n. 475 del 1968, art. 12 il quale espressamente stabilisce, nell'ipotesi di successione, la possibilità, per gli eredi, nel caso di morte del titolare, di effettuare entro un anno il trasferimento della titolarità della farmacia a favore di un farmacista che sia iscritto nell'albo professionale, che abbia conseguito la titolarità o sia risultato idoneo in un precedente concorso, avendo diritto, durante tale periodo, gli eredi, a continuare l'esercizio della farmacia in via provvisoria sotto la responsabilità di un direttore (Cons. Stato Sez. V, 08 maggio 2007, n. 2118).
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Nel medesimo ordine di idee, questa Corte ha precisato che "la titolarità di una farmacia deve comprendere inscindibilmente sia il servizio farmaceutico, sia la gestione diretta e personale dell'azienda; ne consegue che, in caso di successione "mortis causa", ove la comproprietà dell'azienda farmaceutica spetti a più coeredi, dei quali solo uno sia stato autorizzato all'esercizio del servizio farmaceutico, quest'ultimo non acquista automaticamente la proprietà esclusiva dell'azienda, in assenza di divisione dell'asse ereditario di cui la farmacia faceva parte" Cass. n. 12346/2009).
Senza che sia minimamente necessario approfondire oltre il tema del passaggio generazionale delle farmacie, ai fini che rilevano nel presente giudizio, è sufficiente fermarsi alla seguente duplice considerazione: a) la farmacia rimane di proprietà comune dei coeredi fino alla divisione; b) il debito dell'assegnatario di essa è un debito da conguaglio, che rappresenta l'eccedenza del valore del bene rispetto alla quota dell'assegnatario.
In rapporto ai principi sopra indicati, si comprende come nella divisione giudiziale di una farmacia compresa in una successione possa insorgere l'esigenza di distinguere la comproprietà del bene, che compete agli eredi secondo le norme sulla successione e che permane fino allo scioglimento della comunione, dalla gestione del bene stesso che compete, manente communione, a colui il quale sia in possesso dei requisiti previsti dalla legge. Tale separazione a sua volta impone tener conto, nella stima dei bene ai fini della divisione, dell'"apporto", riferibile al solo coerede farmacista. Secondo la sentenza di legittimita', il problema deve trovare coerente soluzione nell'adozione del criterio temporale di stima della farmacia. Precisamente si deve avere riguardo al valore di essa "alla data di apertura della successione (salvo ovviamente la rivalutazione per il periodo successivo, trattandosi appunto di debito di valore: cfr. tra le ultime, Cass. n. 6931/16); (...).le spese, gli incrementi o i decrementi aziendali successivi a tale data, essendo ascrivibili all'attività imprenditoriale del solo M.A., non possono essere considerati comuni".
A un attento esame la finalità che ha spinto la Suprema Corte verso questa soluzione (escludere il carattere comune degli utili e delle perdite della farmacia gestita da uno solo) potrebbe essere raggiunto con metodi diversi, purchè in linea con i principi della divisione che non tollerano criteri di stima diversi da quelli che hanno come punto di riferimento il momento in cui si pone fine alla comunione: ad esempio, si poteva considerare l'azienda nella consistenza che aveva al tempo di apertura della successione e stimarla ai valori attuali; si poteva stimare l'azienda nella consistenza attuale e dedurre, dal valore di stima, i miglioramenti dovuti al farmacista. Il punto, però, è oramai indiscutibile: la farmacia deve essere stimata secondo il valore al tempo di apertura della successione.
In questa prospettiva, mentre è corretta la rivalutazione del conguaglio, e' una contraddizione dei termini riconoscere interessi sul conguaglio a partire da un momento precedente alla sua liquidazione.
E' stato chiarito che l'espressione debito di valore, talvolta usata in giurisprudenza in relazione al conguaglio dovuto dall'assegnatario del bene indivisibile (art. 720 c.c.), il quale conguaglio deve essere aggiornato anche d'ufficio con riferimento al momento della decisione della causa (Cass. n. 3083/2006; n. 4369/1996), è impropria, trattandosi piuttosto di determinare il valore della cosa al momento della divisione, in applicazione dell'art. 726 c.c. Debito di valore in senso proprio si avrebbe se la stima dovesse far capo al prezzo del bene al momento dell'apertura della successione o al momento della domanda di divisione, da ragguagliare poi alla corrispondente espressione monetaria al momento della pronunzia di divisione. La regola applicabile, come chiarito, è invece diversa. Il condividente, assolvendo i relativi oneri di allegazione sull'intervenuto mutamento di valore, può solo pretendere che la stima risalente nel tempo sia aggiornata al momento della decisione. Egli non ha diritto a una maggiorazione automatica dipendente dalla rivalutazione monetaria del conguaglio (Cass. n. 28138/2022 in motivazione).
In altre parole, la nozione di debito di valore non prelude, in questa materia, al riconoscimento degli interessi per il tempo intermedio.

Divisione della Farmacia in successione ereditaria
La Corte di Cassazione ha più volte precisato che "In materia di divisione giudiziale, la somma dovuta a conguaglio dal condividente assegnatario a quello non assegnatario ha natura di debito di valore, che sorge all'atto dello scioglimento della comunione e dell'assegnazione a uno soltanto dell'intero bene non comodamente divisibile; da tale momento, sulla somma relativa, che deve rappresentare il valore effettivo del bene al momento della divisione, sono dovuti gli interessi corrispettivi; per il periodo precedente di indivisione deve farsi riferimento rapporto dei comunisti coi beni oggetto della comunione: se il possesso degli stessi e il godimento dei frutti è stato comune, non sono dovuti interessi compensativi sulla somma a conguaglio; se il solo condividente poi assegnatario ha avuto il possesso dei beni e il godimento dei frutti, sorgerà a favore del non assegnatario il diritto al rendiconto con riferimento ai frutti ed eventualmente il diritto agli interessi corrispettivi sulle somme dovute a tale titolo, in ogni caso non essendo dovuti interessi compensativi sul valore del capitale" (Cass. n. 9659/2000; conf, n. 5606/2001; n. 12702/2007).
In conclusione, tirando le fila del discorso, i coeredi, privi dei requisiti per subentrare nella gestione della farmacia, non hanno la giuridica possibilità di concorrere agli utili oltre il limite temporale stabilito per legge alla durata dell'esercizio provvisorio, che potrebbe pur non esserci, laddove il trapasso della gestione sia immediato.
Diritto Farmaceutico
Aldo Lucarelli
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