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L'arbitrato, tra tradizione ed innovazione.





La velocità dei traffici, delle vendite on line, ed in generale l'esecuzione dei contratti di vendita, oggi richiede sempre più di frequente modalità "alternative" di risoluzione delle controversie, al fine di non attendere più le lungaggini della giustizia tradizionale.

Come spesso accade a chi si è imbattuto in problematiche con le vendite on line, nazionali o internazionali, si veda ad esempio la modalità di risoluzione delle controversie di Ebay o Amazon, per citare i più rilevanti, la strada porta a forme alternative di "dispute resolution", che nel nostro codice sono codificate nella parte dedicata all'arbitrato da tempo usato in abito societario commerciale.


Oggi nella pratica assumono nuove denominazioni, ad esempio "Piattaforma per la Risoluzione online delle controversie (ODR)" oppure "Programma per la protezione dell'acquirente" o altro, ma ad avviso di chi scrive, si tratta sempre di modalità differenti di risoluzione della controversia, con il preciso scopo di evitare le lungaggini della giustizia ordinaria, per intenderci quella del Tribunale.


La comunità europea ha individuato una serie di soggetti abilitati alla risoluzione delle controversie, divisi per materia e per stato, si tratta di organismi riconosciuti, ciascuno con propri regolamenti.


L'Arbitrato quindi oggi deve essere inteso, a mio avviso, quale strada alternativa al Giudice tradizionale, ed in una ottica di efficienza, proprio per giungere ad un risultato accettabile ed in un tempo ragionevolmente delimitato.


L'arbitrato quindi sta diventando il fulcro per la risoluzione delle nuove controversie, sia in chiave "virtuale" che in chiave tradizionale, giusto per citare il più noto in ambito bancario o societario, settori quest'ultimi ove viene utilizzato frequentemente da tempo, ma sempre con l'ausilio di un legale che valuti la vicenda.


E quindi ecco che la problematica si sposta su quale sia il potere che la legge, o le parti della disputa, (venditore/compratore) attribuiscono agli arbitri, e quale sia la tempistica che questi possano adottare. Un arbitrato troppo lungo perderebbe di senso, così' come un arbitrato senza termine, "sine die" sarebbe non efficiente.


Per il codice civile italiano il termine massimo è di 240 giorni, ai sensi dell'articolo 820 del codice, ma cosa accade se gli arbitri non lo rispettano?


A questa domanda ha risposto la recente pronuncia della Cassazione nella vicenda trattata da questo Studio Legale che ha analizzato l'ampiezza dei poteri dell'arbitro in chiave temporale, ovvero se l'arbitro dopo il mancato rispetto del termini massimo di durata dell'arbitrato, possa ancora ritenersi legittimato alla decisione.

Si pensi infatti alla inutilità della decisione nell'eventualità di un arbitrato "senza fine" o senza una data di scadenza!


Così si è pronunciata la Suprema Corte:


"in tema di arbitrato, questa Corte ha avuto infatti modo di ribadire più volte che, ai sensi dell'art. 829, primo comma, n. 6 cod. proc. civ., il mero decorso del termine per la pronuncia del lodo non è di per sé sufficiente a determinarne la nullità, costituendone il mero sostrato di natura fattua-le, cui deve fare riscontro, ai sensi dell'art. 821 cod. proc. civ., una manifestazione della volontà di far valere la decadenza, la quale costituisce oggetto di un vero e proprio onere posto a carico della parte interessata, il cui adempimento non si risolve in una mera eccezione da proporsi nell'ambito del procedimento arbitrale, trattandosi invece di un atto di disposizione in merito alla nullità, in difetto del quale quest'ultima non può essere fatta valere (cfr. Cass., Sez. I, 23/01/2012, n. 889; 26/03/2004, n. 6069; 15/11/ 1984, n. 5771);che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, l'onere di notificare alle altre parti un atto recante un'apposita manifestazione di volontà, posto a carico della parte che intenda avvalersi della decadenza, non comporta un eccessivo aggravamento della posizione processuale di questa ultima, risultando anzi coerente con la valorizzazione del fondamento volontaristico dell'arbitrato, emergente dalle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006; che tale interpretazione dell'art. 821 cod. proc. civ. non comporta neppure l'attribuzione agli arbitri del potere di rinviare sine die il deposito del lodo, in quanto, consentendo alla parte interessata di far valere in qualsiasi momento l'intervenuta scadenza del termine e di provocare in tal modo l'estinzione del procedimento arbitrale, si traduce anzi in una specifica limitazione del predetto potere, il cui esercizio risulterebbe altrimenti censurabile, in caso di scadenza del termine dopo il decorso di quello per il deposito dello ultimo atto difensivo previsto, soltanto in sede d'impugnazione del lodo per nullità;


Conclusioni:


La Cassazione ha ribadito un tema ben presente all'interno del nostro codice, ovvero gli arbitri hanno libertà di pronunciare il lodo anche "oltre" i termini massimi di durata dell'arbitrato, a patto che nessuna delle parti abbia manifestato il proprio dissenso durante il perdurare del tempo necessario alla pronuncia.

E' solo il caso di precisare che nelle modalità di risoluzione delle controversie alternative citate solo a titolo esemplificativo in questo articolo, la durata massima è prestabilita dal regolamento adottato ed accettato dalle parti, ove presente.


In assenza di un giudice quindi da quì l'esigenza di un legale specializzato che saprà indirizzare il cliente verso la modalità alternativa di risoluzione della controversia più adatta all'esigenza, e comprenderne i tempi e gli effetti.







cass 27364-20
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