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  • Il Turbamento di funzioni religiose durante la processione.. è reato!

    E' un reato turbare le funzioni religione. Lo stabilisce l'articolo 405 del codice penale, secondo cui chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni. La legge 24 febbraio 2006, n. 85 ha sostituito la precedente locuzione "del culto cattolico", così da unificare nella tutela apprestata da tale disposizione tutte le confessioni religiose, eliminando quindi la disparità di trattamento tra la religione cattolica e le altre. Contattaci Recentemente la Cassazione (20.01.2022) ha anche tenuto a precisare che in tema di delitti contro il sentimento religioso, integra il reato di “turbatio sacrorum”, di cui all’art. 405 cod. pen., la condotta di colui che interferisca con l’ordinato svolgimento di una processione religiosa alla presenza di un ministro del culto ordinando, in qualità di “capo vara”, ai portatori del fercolo soste ingiustificate del corteo dinanzi all’abitazione della famiglia di un capo-mafia. Seguici sui Social La pronuncia segue i vari episodi registrati nel recente passo durante le feste patronali di alcuni paesi a forte infiltrazione mafiosa, con pratiche di "rispetto" nei confronti dei capi mafia. Torna alla Home Legale Oggi

  • Appalti, avvalimento: Nessun limite alla sostituzione dell'impresa ausiliaria irregolare.

    Contattaci per ogni esigenza L’amministrazione appaltante è legittimata in corso di gara alle necessarie sostituzioni dell’ausiliaria per comprovati motivi documentati, senza che possa rilevare in materia alcun autovincolo alla possibilità di plurime o successive sostituzioni dell’ausiliaria, in conformità ai principi del favor partecipationis. Questo il principio ricavabile dalle recenti pronunce amministrative. Anche ad ammettere l’irregolarità contributiva dell’ausiliaria non è comunque vietata la pluralità delle sostituzioni, in quanto tale norma non prevede alcun limite alla sostituzione dell’ausiliaria: tanto risponde alla ratio dell’istituto dell’avvalimento, finalizzato ad assicurare la massima partecipazione alle gare a tutela della concorrenza tra le imprese. E ciò anche ove vi fosse precisazione dell'esistenza di tale "insostituibilità" da parte della stazione appaltante, avendo tali note una "mera portata sollecitatoria", ma non certamente impeditiva di un effetto (quello sostitutivo appunto) derivante in via obbligata dalla legge. In sintesi solo la legge potrebbe stabilire tale limite, ma così non è, infatti silenzio normativo sul punto, la relativa fissazione da parte della stazione appaltante di un termine entro cui effettuare la sostituzione dell'ausiliario è ragionevolmente legittima, come ha ritenuto la giurisprudenza, senza che tuttavia ciò comporti la sostanziale limitazione delle sostituzioni. Tale meccanismo, ovvero l'ammissibilità delle plurime sostituzioni dell'impresa ausiliaria priva dei requisiti di partecipazione ad una gara, è volto alla tutela dell'impresa ausiliata, la quale non può rispondere - nel meccanismo dell'avvalimento - per circostanze riconducibili solo alla sfera dell’impresa ausiliaria, delle quali però la prima non sia responsabile neppure a titolo di colpa. Contattaci (cfr. in analoghe fattispecie le decisioni del Consiglio di Stato hanno ritenuto non operante l’obbligo della stazione appaltante di escludere dalla procedura l’operatore e di revocare l’aggiudicazione eventualmente effettuata, senza procedere al previo invito alla regolarizzazione, nel caso di irregolarità della sola impresa ausiliaria della quale la concorrente intende avvalersi: Cons. St, sez. V, 26 aprile 2018 n. 2527; Id., sez V, 21 febbraio 2018 n. 1101). In definitiva, l'operatore ausiliato non può legittimamente subire le conseguenze pregiudizievoli dell'eventuale non veridicità delle dichiarazioni dell'ausiliaria rispetto alle quali è privo di poteri di verifica, conseguendo l’esclusione dalla gara del concorrente soltanto alle dichiarazioni mendaci provenienti da quest’ultimo. Torna alla Home Legale Oggi - Appalti #appalto #società #avvalimento #srl #spa #esclusione Avvalimento, il codice degli appalti non pone limite normativo alla sostituzione delle imprese ausiliarie ai sensi dell'art. 89.

  • Cessione di Credito tra Banche, la pubblicazione in gazzetta puo' non bastare, Quale è la prova?

    L'argomento è di grande interesse perché può costituire difesa per il debitore nella eterna lotta avverso le azioni di recupero crediti avviate da Banche ed intermediari finanziari, in caso di "omessa documentazione". Come è noto l'articolo 58 del testo unico bancario regolamenta la cessione dei rapporti giuridici ad una Banca, siano crediti, o aziende, e impone il rispetto delle istruzioni, o anche autorizzazioni di Banca d'Italia. Tale meccanismo è utilizzato da tutte le grandi Banche per cedere linee di credito e rapporti giuridici che poi sono gestiti da società di recupero crediti appositamente costituite. La banca acquirente quindi dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità. Tuttavia come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza dei Tribunali nell'anno 2020 “la pubblicazione nella Gazzetta può costituire, al più, elemento indicativo dell'esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo - in termini generici, se non proprio promiscui - ad "aziende, rami di azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco" (art. 58, co. 1, TUB), non essendo sufficiente – in questa sua "minima" struttura informativa – a fornire gli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi”. “E' per contro principio ricevuto della giurisprudenza di questa Corte che colui, che "si afferma successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria" ai sensi dell'art. 58 TUB, ha l'onere puntuale di "fornire la prova documentale della propria legittimazione", con documenti idonei a "dimostrare l'incorporazione e l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco" (cfr. Cass., sent. n. 4116/2016, e, nello stesso senso, più di recente Cass. civ. sent. n. 2780/2020). Seguici sui Social Ecco quindi che la Banca acquirente, deve fornire la prova documentale, non essendo di per sé sufficiente il generico e promiscuo modo della pubblicazione in gazzetta, dove per l'appunto dei molteplici rapporti ceduti non vi è alcuna indicazione specifica, trattandosi di operazioni avvenute in “blocco”. Ebbene, nel caso qui specificamente in esame, va evidenziato che secondo la prospettazione maggioritaria l’avviso di cessione deve considerarsi sufficiente a fornire la prova della titolarità del credito sebbene lo stesso non contenga l’indicazione/enumerazione specifica dei rapporti oggetto di cessione. Ma allora la pubblicazione in gazzetta è sufficiente? Non sempre infatti, è onere onere della Banca acquirente quindi produrre nel giudizio instaurato a seguito di opposizione, l'indicazione della sofferenza per la quale si agisce, delle linee di credito cedute, così fornendo ai sensi e per gli effetti dell’art. 2697 c.c. (cfr. Cass., sent. n. 4116/2016, e, nello stesso senso, più di recente Cass. civ. sent. n. 2780/2020), l’evidenza della legittimazione attiva della Banca acquirente. Contattaci Ecco quindi che il meccanismo dell'art. 58 del Testo Unico Bancario per la giurisprudenza recente deve essere corroborato da una produzione documentale che dia indicazioni della posizione a sofferenza per cui la Banca agisce e della singola linea di credito/contratto ceduto, non essendo sufficiente la generica pubblicazione in gazzetta disposta dalla norma richiamata. Torna alla Home Legale Oggi

  • Soci e Consorzio, quale valore ha la clausola arbitrale dopo la fine del rapporto?

    Ci occupiamo di un quesito in tema di #Società, #Consorzio ed #Arbitrato. La clausola arbitrale, con cui quindi le questioni vengono demandate ad un arbitrato, ha valore anche dopo la fine del rapporto? Hai un caso? Contattaci In primo luogo va evidenziato che secondo la giurisprudenza dominate la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione agli arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, comprende anche la controversia riguardante il recesso del socio del pari, quanto alla competenza del tribunale per le imprese con riguardo ai rapporti sociali, e, più in generale, tutti i casi in cui pure l'associato non sia più tale sin da un momento anteriore alla notificazione dell'atto introduttivo, come per l'esclusione del socio o dell'associato. Varie sono le pronunce sul tema, tra le tante citiamo Cass., sez. un., 6 luglio 2016, n. 13722; Cass. 2 marzo 2009, n. 5019). In sostanza, restano situazioni afferenti la vita sociale o associativa, ai fini dell'efficacia della clausola compromissoria statutaria, quelle così intese in senso ampio, con riguardo, quindi, non solo alle vicende di governo interno, ma anche alla persona del singolo socio, nei suoi rapporti, sia pure "non più" o "non ancora" in corso, con l'ente, con gli organi di questo o con gli altri soci. Seguici Pertanto per rispondere al quesito, va detto che la clausola compromissoria, contenuta nello statuto, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto, si applica anche alle pretese avanzate dal consociato con riguardo al rapporto intercorso con l'ente collettivo, sebbene egli non prenda più parte della compagine associativa, in quanto tale pretesa continua a trovare causa nell'ambito del sodalizio d'impresa, nonostante l'avvenuto scioglimento limitatamente al singolo rapporto. Torna alla Home Tale aspetto è applicabile anche in caso di società consorziata verso l'ente collettivo, ove lo statuto deferisca la controversia ad un collegio arbitrale o ad un singolo arbitro. #consorzio #appalto #società #fallimento #socio Legale Oggi A cura dell'Avvocato Aldo Lucarelli

  • Cosa accade in caso di fallimento di un socio ove vi sia una controversia deferita ad arbitri?

    #fallimento #arbitrato #società Contattaci Sul punto risponde l'articolo 83 della legge fallimentare secondo cui Va ancora osservato come a conclusioni opposte non si possa giungere sulla base dell'art. 83-bis 1. fall. Prevede la norma, inserita dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5: «Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento #arbitrale pendente non può essere proseguito». Essa — alla stregua della sua lettera — dispone l'improcedibilità dell'arbitrato pendente, una volta sciolto il contratto contenente la clausola compromissoria in virtù delle regole sugli effetti del fallimento con riguardo ai rapporti giuridici preesistenti, di cui agli artt. 72 ss. 1. fall. (Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10800). La norma ha inserito ex novo la disciplina degli effetti del #fallimento in materia di clausola arbitrale, stabilendo che il procedimento arbitrale pendente alla data della declaratoria fallimentare non possa essere proseguito, nell'ipotesi in cui il contratto contenente la clausola arbitrale venga sciolto dal #curatore; la Relazione accompagnatrice al d.lgs. n. 5 del 2006 espressamente menziona la ratio di evitare che ad un mutato regolamento di interessi sopravviva la clausola arbitrale. La questione si pone, certamente, solo in presenza di una controversia relativa a diritti di #credito del fallito, dato che per i crediti di contro vantati verso il fallito vale necessariamente il procedimento di accertamento del passivo. Dunque, l'art. 83- bis 1. fall., nell'escludere la prosecuzione dei procedimenti arbitrali pendenti in caso di fallimento di una delle parti del contratto comprendente la clausola compromissoria, circoscrive tale effetto alle ipotesi in cui lo scioglimento del contratto abbia luogo a norma delle disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare — scioglimento del contratto ex lege o per volontà del curatore — ma non si applica quando lo scioglimento del rapporto sociale si verifichi per effetto della norma statutaria che prevede l'esclusione dal consorzio in caso di fallimento della consorziata (cfr. Cass. 23 ottobre 2017, n. 25054). Rimani aggiornato seguici sui social Ma non tutti i casi ricadono nella norma, infatti puo' capitare che la controversia non sia collegata al fallimento ma sia GIA' inerente la posizione del socio e/o della società in relazione ad esempio nella vita di un consorzio, e quindi sia relativa alla partecipazione in detto ente. In tali casi quindi la controversia è da annoverare tra quelle relative a diritti inerenti al rapporto associativo, perché inscindibilmente correlata alla partecipazione, non ad una posizione autonomamente attribuita al fallimento, ma già inerente la posizione della consorziata in bonis, quale diritto patrimoniale ricollegato alla partecipazione all'ente #collettivo. Hai un quesito sul tema? Contattaci. In tema di arbitrato quindi l'articolo 83 della legge fallimentare non si applica ove il rapporto tra società e consorzio si sia sciolto per previsione statutaria e non a seguito della #procedura fallimentare, secondo il principio dell'art. 72 della legge fallimentare. Torna alla Home Legale Oggi

  • Traffico di influenze, ma quando è penalmente rilevante la mediazione?

    Non tutte le mediazioni opache possono concretizzarsi nel reato ex art. 346 bis c.p., è necessario che la mediazione sia finalizzata alla commissione di un reato, idoneo a produrre vantaggio per il committente (privato). Questa la sintesi della ricostruzione della fattispecie del reato di traffico di influenze operata dalla recentissima pronuncia Cassazione del novembre 2021. Il problema sta infatti nella individuazione di quale sia la mediazione illecita, ovvero interferenza illecita, visto che la norma non tipizza o elenca quale siano le condotte ritenute interferenze lecite con la pubblica amministrazione, né quale siano quelle ritenute illecite, con l'evidente rischio di attrarre nella fattispecie penale tutte quelle condotte connotate da scarsa trasparenza, ma non per questo di per sé illecite. Ecco i passi della sentenza piu' significativi. In definitiva le parti devono avere di mira un'interferenza illecita, resa possibile grazie allo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente. Il legislatore ha inteso punire con l'art. 346 bis cp in via preventiva e anticipata il fenomeno della corruzione sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte in precedenza irrilevanti prodromiche rispetto ai reati di corruzione consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell'altro (il privato interessato all'atto) dietro compenso (per sé o altri o per remunerare il pubblico agente) La lettura della norma consente di individuare il nucleo dell'antigiuridicità della condotta penalmente sanzionata non nel mero sfruttamento (vero o vantato) di relazioni con il pubblico agente (che costituisce piuttosto il mezzo attraverso il quale il soggetto agente riesce ad ottenere dal privato la dazione indebita, anche solo come promessa) bensì in tutte quelle forme di intermediazione che abbiano come finalità l'influenza illecita sulla attività della pubblica amministrazione. Infatti la norma pone sullo stesso piano (anche sanzionatorio) la intermediazione finalizzata alla corruzione del pubblico agente e la mediazione “illecita” così chiarendo che anche per quest'ultima forma di traffico l'antigiuridicità della condotta debba postarsi necessariamente sull'elemento finalistico. La norma peraltro non chiarisce quale sia l'influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non è possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti ed alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (la c.d. Lobbying) attualmente non ancora regolamentata. Il contenuto indeterminato della norma rischia di attrarre nella sfera penale a discapito del principio di legalità, le piu' svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel sottobosco di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all'interesse perseguito. E' necessario quindi ancorare la fattispecie ad un elemento certo che connoti tipizzandola la mediazione illecita e che costituisca una guida sicura per gli operatori e per l'interprete della norma. A tal fine il Collegio ritiene che l'unica lettura della norma che soddisfi il principio di legalità sia quella che fa leva sulla particolare finalità perseguita attraverso la mediazione: la mediazione è illecita quando è finalizzata alla commissione di un “fatto reato” idoneo a produrre vantaggi per il privato committente. Cass. Pen.40518/2021 6a sez.

  • Reati Informatici.. accesso abusivo, alterazione dei sistemi e carte di credito.. Scopriamoli.

    Scopri anche il posto criptovalute & fisco. 1) Accesso abusivo al sistema informatico. Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informaticoo telematico protetto da misure di sicurezza Ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni. (accesso abusivo al sistema informatico art. 615 ter c.p) 2) Alterazione del sistema #informatico; Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032... Trattasi quindi di #frode informatica che necessita però di manomissione o alterazione di funzionamento sistema informatico con ingiusto profitto, previsto dall'art. 640 ter cp. 3) Uso indebito delle carte di #credito/di debito o solo dei codici. Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa #pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi... Trattasi di uso indebito di carte di credito/debito/pagamento, come previsto dall'493 ter cp, ma attenzione, per cadere in tale reato basta il possesso dei codici, o della #carta, anche se clonata. Tre #reati informatici ma con profili differenti. Tralasciamo l'analisi dell'accesso abusivo a sistema informatico, che non desta particolari perplessità in quanto costituisce reato l'introduzione nell'account di un terzo senza averne diritto, scopo della norma infatti tutelare lo “spazio #virtuale” del titolare e la riservatezza informatica. Qualche perplessità in piu' desta invece il confine tra l'uso indebito delle carte di credito/pagamento, o anche la sola detenzione dei #codici, e il reato di truffa informatica. La truffa informatica tuttavia necessità di un vero e propria alterazione di funzionamento del sistema informatico e del raggiro. Infatti l’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di una carta di credito integra il reato 493 ter cp e non il reato di truffa, che resta assorbito in quanto l’adozione di artifici o raggiri è uno dei possibili modi in cui si estrinseca l’uso #indebito di una carta di credito (Sez. 2, n. 48044 del 09/09/2015, Rv. 265363). Difatti il delitto di frode informatica richiede necessariamente che si penetri abusivamente nel sistema #informatico bancario e si effettui illecite operazioni sullo stesso al fine di trarne profitto per sé o per altri. Appare pertanto evidente che per consumare il suddetto delitto non è indispensabile il materiale possesso della carta di credito o di pagamento essendo anche solo sufficiente il possesso dei codici della stessa carta e dei codici personali utilizzati a fini di profitto personale od anche a vantaggio di terzi; Viceversa la #frode informatica ex art. 640 ter c.p. sanziona la condotta di colui il quale, "alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno" e richiede quindi quale elemento differenziale e specifico l’accesso al sistema e non anche il semplice utilizzo di dati personali comunque illecitamente acquisiti. Pertanto la condotta di chi effettui operazioni di pagamento mediante una carta di credito o di #pagamento di cui non risulti titolare anche senza il materiale possesso della carta stessa ma utilizzando il numero ed i codici personali della medesima carta di cui è venuto illegittimamente in possesso integra il delitto ex art. 493 ter cp ovvero quello di Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Criptovalute & Fisco

  • Le spese della coppia nella ex famiglia...

    Cerchiamo di fare chiarezza su nodo ricorrente di litigio in caso di #separazione e #divorzio, il regime delle spese in relazione all'assegno di mantenimento. Prima di scendere nel dettaglio è importante evidenziare che in caso di affido condiviso tra #coniugi, entrambi avranno eguali diritti ed obblighi in relazione la figlio minore, quindi attenzione a non affrontare "spese" decise autonomamente senza il consenso dell'altro EX coniuge, in tal caso infatti sarà pressoché impossibile aver diritto alla restituzione della quota virtuale a carico del ex coniuge non informato preventivamente. In ogni caso sebbene non sussista un obbligo di ripartizione obbligatoria per spese voluttuarie non approvate, non sussiste nemmeno un vero e proprio diritto di "blocco" di tali spese. Sarà quindi onere del coniuge che riterrà tale spesa imprescindibile, affrontarla con il rischio di non vedersi riconosciuta la metà. Passando al regime delle spese, utilizzando le parole della giurisprudenza considereremo spese #straordinarie e quindi escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento, quelle relative ad eventi eccezionali ed imprevedibili nella vita del figlio minore, oppure episodiche. Sono invece spese #ordinarie – e dunque incluse nell’assegno di mantenimento, le spese che ricorrono frequentemente, quotidianamente e sono quindi cicliche ed imprescindibili per la normali esigenze di vita della prole. Home #famiglia #separazione #divorzio #mantenimento Legale Oggi

  • Il contratto di ormeggio, tra contenuto minimo ed essenziale.

    Il contratto d’ormeggio rientra nei contratti atipico ma con una base tipizzazione secondo cui si sostanzia in un accordo per la messa a disposizione e l’utilizzazione di strutture portuali ma può ben includere anche altre prestazioni accessorie quali la custodia del natante e/o delle cose in esso custodite. Eventuali ulteriori elementi renderanno necessaria la prova da parte di chi voglia farli valere. Video Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Peraltro, il suo contenuto può del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell’oggetto e del contenuto. Il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità. Home Concludiamo la disamina evidenziando che manca nel nostro ordinamento una norma primaria che autorizzi l'obbligatorietà del servizio di ormeggio e nè il Ministro dei Trasporti e della Navigazione nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza e controllo o di intervento diretto in materia tariffaria ed altro, nè l'Autorità marittima, nè l'Autorità portuale possono introdurre con atto amministrativo alcuna riserva od esclusiva di fatto o di diritto in materia di ormeggio. Legale Oggi

  • Banca: Il conto corrente ed il valore del piano di rientro.

    I contratti bancari devono essere redatti per iscritto, come previsto dall'art. 117 del Testo Unico #Bancario, a pena di nullità. Tale prescrizione comporta che le eventuali prescrizioni tra #Banca e Cliente, ove non abbiano una base scritta non potranno costituire autonoma fonte di obbligazioni, e cio' nemmeno nell'ipotesi in cui vi sia stato un piano di rientro, il quale avrà quindi un valore meramente ricognitivo, e non novativo di nuovi obblighi, né comporterà preclusioni inerenti i rapporti in essere. Questo il principio che si ricava nella recente giurisprudenza della Suprema Corte in tema di conto corrente bancario. Seguici sui Social Infatti secondo la giurisprudenza della Cassazione in tema di conto #corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del #debito, non ne determina l'estinzione, nè lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicchè resta valida ed efficace la successiva contestazione della #nullità delle clausole negoziali preesistenti (Cass. 19 settembre 2014, n. 19792). Consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, la ricognizione di debito non può poi supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il detto rapporto. Il principio è stato affermato in più occasioni con riguardo al tema degli #interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell'obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad substantiam e che perciò è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo (Cass. 20 ottobre 2003, n. 15643; Cass. 14 gennaio 1997, n. 280; Cass. 16 marzo 1987, n. 2690). Home Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle altre pattuizioni, regolanti le condizioni praticate al cliente, contenute nei #contratti bancari: i quali, a norma dell'art. 117 t.u.b., devono essere redatti per iscritto (comma 1), a pena di nullità (comma 3). Legale Oggi

  • Società a Responsabilità Limitata e pagamento della quota al Socio receduto, quale termine?

    La vicenda ricade nel disposto dell'art. 2289 c.c. secondo cui il pagamento della quota spettante al #socio che ha effettuato il recesso deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto nella #srl Ma che valore ha tale #termine? Tale termine deve intendersi a beneficio del debitore ovvero della società tenuta al pagamento, infatti il fatto che la società sia tenuta ad adempiere entro sei mesi dalla data indicata implica che essa abbia la facoltà di eseguire la prestazione fino alla scadenza del termine e che il socio non possa pretendere il pagamento prima di allora; e infatti la #Cassazione ha avuto modo di precisare che per la prestazione in questione il debitore è costituito in mora alla data della scadenza del termine entro il quale ne è imposto l'adempimento, ai sensi dell'ultimo comma cit. art. 2289 c.c., e cioè entro sei mesi dal giorno in cui si é verificato lo scioglimento del rapporto di società (Cass. 17 maggio 1974, n. 1427): Ciò sull'evidente presupposto che l'obbligazione divenga esigibile al decorso del semestre e che il diritto di credito del #socio receduto maturi alla scadenza del semestre è affermato, del resto anche da Cass. 27 aprile 2011, n. 9397. Home Ora, la prescrizione inizia il suo corso da quando la prestazione dovuta al creditore è esigibile e ciò, nel senso che, ove il termine per l'adempimento sia a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il #creditore non può esigere la prestazione dovuta. Da quanto sopra ne deriva che : "In tema di liquidazione della quota del socio uscente, l'art. 2289 c.c. prevede, a beneficio del debitore, che il pagamento sia esigibile dal socio creditore decorsi sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto; pertanto la prescrizione del relativo diritto di credito inizia a decorrere dalla scadenza di detto termine semestrale." Legale Oggi

  • Si può sospendere l'approvazione di un Bilancio nella Srl?

    Per rispondere alla domanda è opportuna una premessa. L’approvazione del Bilancio spetta all’assemblea dei soci nelle Società a responsabilità limitata (Srl). Tuttavia, tale approvazione non può avvenire liberamente. La normativa, infatti prevede un preciso iter di formazione e approvazione del bilancio annuale. Tale procedura può essere così schematizzata: Redazione di un progetto di bilancio da parte dell’organo amministrativo; Presentazione del bilancio agli organi preposti al controllo; Deposito del bilancio presso la sede sociale; Approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci; Deposito del bilancio presso il Registro Imprese. E bene le deliberazioni sociali dell'assemblea, così' come la deliberazione di approvazione del bilancio nella Srl così come nella Spa, sono soggette alla procedura "cautelare" che prevede per l'appunto la sospensione dell'efficacia. Infatti gioca ricordare che nel procedimento cautelare volto ad ottenere la sospensione dell’esecuzione delle delibere assembleari, il termine “esecuzione” a cui fa riferimento l’art. 2378 comma III c.c. in materia di S.p.A. – applicabile anche alle S.r.l. in forza del richiamo contenuto nell’art. 2479ter comma IV c.c. – non si rivolge soltanto ad una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, ma ad una più ampia condizione di efficacia della deliberazione, rispetto alla quale l’esecuzione è un momento puramente eventuale, atteso che una diversa interpretazione finirebbe per restringere immotivatamente l’ambito della tutela cautelare. Ne consegue che pure le delibere tecnicamente prive di esecuzione aventi mera efficacia dichiarativa, cioè idonee a produrre effetti giuridici anche in assenza di una specifica attività esecutiva, quali sono quelle di approvazione del bilancio, possono essere sospese ai sensi dell’art. 2378 comma III c.c. (cfr. Trib. Palermo, 12.3.2018; Trib. Milano, 31.5.2017; Trib. Torino, 15.11.2013). Invero l’ammissibilità della tutela cautelare anche in tema di impugnazione di delibere di approvazione di bilancio è ricavabile dal riferimento testuale all'efficacia della deliberazione assembleare, operato dall’art. 35, comma V, d.lgs. n. 5 del 2003, sui poteri cautelari degli arbitri in materia di delibere. Un analogo potere in punto di sospensione degli effetti delle delibere deve riconoscersi anche nell’ambito della giurisdizione ordinaria, pena la violazione del principio costituzionale di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost. Da ciò discende che ogni volta che una decisione dei soci sia produttiva, nell’assetto organizzativo della società, di effetti perduranti nel tempo, non può astrattamente negarsi al socio che ne lamenti la contrarietà a legge o a statuto, sussistendone tutti gli altri presupposti di legge, il potere non solo di eliminarla dall’ordinamento, ma di neutralizzarne gli effetti in corso di causa (cfr. Trib. Milano, 31.5.2017). Sul punto è opportuno segnalare la sussistenza di una tesi opposta da parte della giurisprudenza recente del Tribunale di Roma - sezione imprese, stante, ad avviso di siffatta corrente, di una natura "meramente dichiarativa" della delibera di approvazione del bilancio. Trib. Roma 12.05.2015. In punto di diritto, giova rammentare che l’art. 2377, comma VIII c.c. enuncia un principio generale che consente di sostituire la delibera annullabile o nulla, prevedendo un effetto di sanatoria ex tunc (c.d. rinnovazione sanante), idoneo a far salve le situazioni di fatto e i diritti acquisiti medio tempore in forza della delibera sostituita, a condizione che la delibera sostitutiva risulti conforme alla legge e allo statuto (cfr. Trib. Milano, Sez. XV, 02.07.2019, n. 6430; Trib. Roma, Sez. III, 28.11.2017, n. 22268). Ammessa quindi l'impugnabilità e quindi la sospendibilità, occorre precisare che la norma invocata (art. 2378 cc) richiede la valutazione della sussistenza di un nesso causale fra l’esecuzione (ovvero la protrazione dell’efficacia) della deliberazione impugnata ed il pregiudizio temuto e implica l’apprezzamento comparativo della gravità delle conseguenze derivanti, sia al socio impugnante sia alla società, dalla esecuzione e dalla successiva rimozione della deliberazione impugnata. Così, il provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia della delibera potrà essere concesso soltanto ove si ritenga prevalente, rispetto al corrispondente pregiudizio che potrebbe derivare alla società per l’arresto subito alla sua azione, il pregiudizio lamentato dal socio (cfr. Trib. Roma, Sez. XVI, 22.04.2018; Trib. Bologna, 22.05.2017; Trib. Firenze, 23.02.2017; Trib. Napoli, 24.02.2016). Torna alla Home Legale Oggi

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