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  • Azienda ed Impresa: La Concorrenza Sleale e le figure collegate.

    Soffermiamoci sul patto di non concorrenza del lavoratore e la differenza con il divieto di storno della clientela o dei dipendenti in relazione poi al concetto di concorrenza sleale. Non hai tempo di leggere? CONTATTACI Prima di scendere nel dettaglio precisiamo che il patto di non concorrenza è quell'accordo con il quale si limita lo svolgimento dell'attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, esso è nullo se non risulta da atto scritto e se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro ed inoltre se il vincolo di non concorrenza non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo. Il patto quindi è un preciso accordo che impone un sacrificio al prestatore di lavoro. Mentre il divieto di storno è una specifica clausola contrattuale afferente per l'appunto il divieto imposto all'altra parte di sviare la clientela o i dipendenti della società o altre risorse indipendentemente dalla concorrenza. Va poi considerato che lo sviamento di clientela in sé e per sé considerato, anche ove non specificamente pattuito potrebbe rientrare nei ranghi del patto di non concorrenza, ove vengano rispettati i requisiti imposti dalla definizione data dalla Cassazione, mentre al contrario potrà ritenersi operante come imposizione autonoma ove specificatamente pattuito. Al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza disciplinato dall'art. 2125 del codice civile, la Cassazione (22247/21) di recente ha affermato che occorre osservare i seguenti criteri: a) il patto non deve necessariamente limitarsi alle mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto, ma può riguardare qualsiasi prestazione lavorativa che possa competere con le attività economiche volte da datore di lavoro, da identificarsi in relazione a ciascun mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergano domande e offerte di beni o servizi identici o comunque parimenti idonei a soddisfare le esigenze della clientela del medesimo mercato; b) non deve essere di ampiezza tale da comprimere la esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in termini che ne compromettano ogni potenzialità reddituale; c) quanto al corrispettivo dovuto, il patto non deve prevedere compensi simbolici o manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue capacità di guadagno, indipendentemente dall'utilità che il comportamento richiesto rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato. (Cass. n. 9790 del 2020); d) il corrispettivo del patto di non concorrenza può essere erogato anche in corso del rapporto di lavoro Non può, quindi, estendersi il regime normativo del patto di non concorrenza anche alla previsione contrattuale (quindi inserita specificatamente nel contratto quale clausola autonoma) del divieto di storno di clienti perché il patto di non concorrenza, e la clausola contrattuale contenente il divieto di storno di clientela vietano due condotte differenti: la prima, infatti, proibisce lo svolgimento di attività lavorativa in concorrenza con la società datrice, anche al termine del rapporto di lavoro ed ha durata limitata, (art. 2125 comma 2); la seconda, invece, impedisce il compimento di atti e comportamenti funzionali a sviarla clientela storica verso un'altra impresa datrice, sfruttando il rapporto di fiducia instaurato e consolidato durante il periodo di dipendenza con la prima società. Il divieto di storno di clientela mira, poi, a garantire la tutela dell'avviamento della società stipulante, dal momento che esso concorre al mantenimento e alla consolidazione dei buoni rapporti con il portafoglio di clienti acquisiti nel corso del tempo. Infine la differenza e l'autonomia tra queste due clausole può desumersi indirettamente anche dal diverso termine di efficacia previsto per l'una e per l'altra nel contratto. Il quadro sopra delineato deve infine essere integrato con le previsioni dell'art. 2598 in tema di concorrenza sleale, ovvero allorquando il responsabile assume una delle seguenti condotte 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda, mediante il malizioso ed artificioso squilibrio delle condizioni di mercato. Sarà quindi opera del Legale e poi del Giudice inquadrare la vicenda nei contorni delineati dalla normativa di riferimento. Fonte delle citazioni utilizzate Cassazione Civile Lavoro n. 22247/2021; Cass. 9790/2020; Cass. 9790/2018. Se ti interessa il tema, oppure hai un Tuo caso da sottoporci CONTATTACI saremo lieti di risponderti. Puoi consultare il nostro archivio di studi e pareri, Clicca Qui. Avv. Aldo Lucarelli

  • Superbonus e Sismabonus Chiarimenti Bonus da Agenzia delle Entrate, termini e detrazioni.

    Superbonus - Sismabonus, quesiti ed ipotesi di risposte. Riportiamo qui di seguito i quesiti rivolti all’agenzia delle entrate e la risposta dell’ente sul tema caldo delle detrazioni Superbonus e Sismabonus e le eventuali vicende in relazione ai termini. L'Istante rappresenta di voler acquistare da un'impresa di costruzione una o più unità immobiliari derivanti da un intervento di demolizione e ricostruzione di due edifici preesistenti, uno avente destinazione residenziale, l'altro industriale. Gli interventi posti in essere dall'impresa prevedono la conclusione dei lavori entro il 31 dicembre 2021. Inoltre, entro la stessa data l'istante dichiara presumibilmente di riuscire anche a rogitare le unità immobiliari di suo interesse. Ma nel caso in cui non dovesse riuscire a perfezionare l'acquisto delle unità immobiliari entro il 31 dicembre 2021, l'Istante sottoscriverà un preliminare di compravendita con versamento di acconti prezzo entro la data del 31 dicembre 2021 e il saldo al rogito, da effettuare nel 2022 e comunque entro 18 mesi dal termine dei lavori da parte dell'impresa. Per quanto riguarda la detrazione, l'Istante fa presente di non aver ancora deciso se chiedere lo sconto in fattura all'impresa di costruzione o cedere il credito a banche o alla stessa impresa di costruzione. Ciò considerato, l'Istante chiede di conoscere: 1. quale sia la misura dell'agevolazione spettante per il Sismabonus 2. se siano detraibili solo gli acconti versati nel 2021 o anche il saldo corrisposto al rogito nel 2022, 3. se nell'ipotesi di un prezzo di acquisto dell'immobile pari a euro 200.000,00, per il quale ha diritto ad una detrazione, calcolata su un ammontare massimo di spesa di 96.000 euro, pari a euro 105.600,00, sia possibile trasferire al venditore/costruttore l'intero credito corrispondente a tale detrazione, anche a fronte di uno sconto in fattura inferiore a 96.000,00 euro (ad esempio euro 90.000,00). 4. se la circostanza che l'impresa richieda, per il medesimo intervento di demolizione e ricostruzione degli edifici ma per voci di spesa diverse, l'agevolazione di cui all'ecobonus, possa compromettere la successiva agevolazione in capo all'acquirente delle unità immobiliari; 5. quali asseverazioni debbano essere predisposte nel caso di Sismabonus acquisti, di cui al comma 4 dell'articolo 119 del decreto Rilancio. PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE (556) Le nuove disposizioni Superbonus si affiancano a quelle già vigenti (c.d. "ecobonus") nonché (cd. "sismabonus"), Quesito consultabili sul sito istituzionale dell'Agenzia delle Entrate: Sismabonus « qualora gli interventi di cui al comma 1-quater siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 ai sensi dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3519 del 28 aprile 2006 [...] mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che provvedano, entro diciotto mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile, le detrazioni dall'imposta di cui al primo e al secondo periodo del medesimo comma 1-quater spettano all'acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75 per cento e dell'85 per cento del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell'atto pubblico di compravendita e comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare. I soggetti beneficiari di cui al periodo precedente possono optare, in luogo della detrazione, per la cessione del corrispondente credito alle imprese che hanno effettuato gli interventi ovvero ad altri soggetti privati, con la facoltà di successiva cessione del credito. Rimane esclusa la cessione a istituti di credito e intermediari finanziari». La disposizione, pertanto, si applica anche nell'ipotesi in cui la demolizione e ricostruzione dell'edificio abbia determinato un aumento volumetrico rispetto a quello preesistente, sempreché le disposizioni normative urbanistiche in vigore permettano tale variazione (cfr. circolare n. 19/E dell'8 luglio 2020). Le tipologie di immobili per le quali è prevista tale agevolazione fiscale sono sia gli immobili residenziali sia quelli non residenziali. Come sopra accennato, i beneficiari dell'agevolazione sono gli acquirenti delle nuove unità immobiliari, alienate dalle stesse imprese di costruzione entro il termine di 18 mesi dalla data di conclusione dei lavori, e la detrazione è calcolata sul prezzo di acquisto di ciascuna unità, nella misura del 75 per cento oppure dell'85 per cento, a seconda che l'intervento di demolizione e ricostruzione determini il passaggio ad una o a due classi di rischio sismico inferiore, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro. Per quanto attiene all'ambito temporale di applicazione della misura, per effetto del richiamo, contenuto nel comma 1-septies dell'articolo 16 del decreto legge n. 63 del 2013, al comma 1-quater del medesimo articolo, che a sua volta richiama gli articoli 1-bis e 1-ter, l'agevolazione è in vigore dal 1°gennaio 2017 al 31 dicembre 2021. Si fa presente, inoltre, che l'articolo 119, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto "decreto Rilancio"), convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 77 del 17 luglio 2020), ha introdotto nuove disposizioni che disciplinano la detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (per effetto delle modifiche introdotte dalla legge 30 dicembre 2020, n. 178, articolo 1, comma 66), a fronte di specifici interventi finalizzati sia alla efficienza energetica, che al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici (cd. "Superbonus"), per i quali l'aliquota delle detrazioni spettanti è elevata al 110 per cento per le spese sostenute. Risposta ai quesiti: Con riferimento al quesito n. 1, l'Istante chiede se le detrazioni ex articolo 16 comma 1-septies del decreto legge n. 63 del 2013, spettino nella misura del 110% del prezzo di acquisto, fino a 96.000,00 euro, all'acquirente persona fisica, per ogni singola unità immobiliare a prescindere dalla tipologia dell'unità immobiliare acquistata (residenziale e non). Sulla base di quanto sopra rappresentato, si evidenzia che il Superbonus possa trovare applicazione solo con riferimento all'acquisto di unità immobiliari ad uso abitativo (cfr. circolare 24/E del 2020, paragrafo 2). La tipologia dell'unità immobiliare acquistata sia essa residenziale o produttiva è irrilevante per quanto riguarda il Sismabonus acquisti previsto dal comma 1-septies, articolo 16, decreto legge 63 del 2013. Per quanto riguarda il quesito n. 2, concernente la detraibilità degli acconti, preliminarmente si osserva che, in relazione alle modalità di fruizione del cd. Sismabonus acquisti, con la circolare n. 30/E del 2020 è stato chiarito che, affinché gli acquirenti persone fisiche delle unità immobiliari possano beneficiare del Superbonus per l'acquisto di case antisismiche, è necessario che i requisiti sussistano nel periodo di vigenza della norma. Conseguentemente, è necessario che l'atto di acquisto relativo agli immobili oggetto dei lavori sia stipulato entro il 30 giugno 2022. Inoltre gli acquirenti delle case antisismiche potranno fruire del Superbonus anche per gli acconti pagati dal 1° luglio 2020 (in quanto l'agevolazione a tale data è vigente), in applicazione del principio di cassa, a condizione tuttavia che il preliminare di acquisto sia registrato e che il rogito sia stipulato entro il medesimo termine del 30 giugno 2022. Quanto appena illustrato è valido per l'acquisto di unità immobiliari a destinazione abitativa. Diversamente, per godere delle detrazioni di cui al comma 1- septies, articolo 16, decreto legge n. 63 del 2013 per gli immobili che alla fine dell'intervento di demolizione e ricostruzione non risulteranno a destinazione abitativa, bisognerà perfezionare l'acquisto entro il 31 dicembre 2021. Con riferimento al quesito n. 3 si osserva che, come sopra precisato, il citato articolo 121 riconosce la possibilità di optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione, per un contributo anticipato dal fornitore sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto (cd. "sconto in fattura"). Come precisato, al riguardo, nella citata circolare n. 24/E del 2020, il contributo sotto forma di sconto non può in ogni caso essere superiore al corrispettivo dovuto. A fronte dello sconto praticato, al fornitore è riconosciuto un credito d'imposta pari alla detrazione spettante, calcolata tenendo conto delle spese complessivamente sostenute nel periodo d'imposta, comprensive dell'importo non corrisposto al fornitore per effetto dello sconto praticato. In sostanza, dunque, nel caso di specie, l'acquirente può ottenere dall'impresa venditrice uno sconto in fattura non superiore al corrispettivo dovuto a fronte del quale l'impresa stessa matura un credito d'imposta corrispondente alla detrazione spettante all'acquirente. esempio: Pertanto, come nell'esempio prospettato, nell'ipotesi di un prezzo di acquisto dell'immobile pari a euro 200.000,00, l'acquirente ha diritto ad una detrazione, pari al 110 per cento, calcolata su un ammontare massimo di spesa di 96.000 euro, pari a euro 105.600,00. In tale caso, l'impresa venditrice che riconosce uno sconto pari a 96.000 euro maturerà un credito di imposta pari a euro 105.600,00. Nel caso in cui, invece, lo sconto sia "parziale", il credito d'imposta corrispondente alla detrazione spettante nella misura del 110 per cento, sarà calcolato in funzione dell'ammontare dello sconto praticato. Nella ipotesi prospettata, se l'impresa applica uno sconto pari a 90.000 euro maturerà un credito d'imposta pari a 99.000 euro. In alternativa allo sconto in fattura, l'acquirente può optare per la cessione del credito corrispondente alla detrazione spettante ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successive cessioni. Come chiarito nella citata circolare n. 24/E del 2020, la cessione può essere disposta in favore: − dei fornitori dei beni e dei servizi necessari alla realizzazione degli interventi; − di altri soggetti (persone fisiche, anche esercenti attività di lavoro autonomo o d'impresa, società ed enti); − di istituti di credito e intermediari finanziari. L'importo della detrazione cedibile sotto forma di credito d'imposta è calcolato tenendo conto anche delle spese sostenute nel periodo d'imposta mediante cessione del medesimo credito ai fornitori Pertanto, nel caso prospettato in cui il prezzo di acquisto dell'immobile è pari a euro 200.000,00, l'acquirente può optare per la cessione, anche parziale, dell'importo corrispondente alla detrazione di euro 105.600,00 (calcolata su un ammontare massimo di spesa di 96.000 euro), a favore dell'impresa costruttrice che potrà scomputarlo dal prezzo di acquisto medesimo. Per quanto riguarda il quesito n. 4, concernente la possibilità di riconoscere nell'ambito di un unico progetto di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione le detrazioni relative all'Ecobonus in capo all'impresa e "Sismabonus acquisti" in capo agli acquirenti delle unità immobiliari, si fa presente che laddove l'impresa di costruzione possa identificare le spese riferibili esclusivamente agli interventi di ecobonus disciplinati dall'articolo 14 del medesimo decreto legge n. 63 del 2013, la predetta detrazione non è incompatibile con la detrazione spettante all'Istante ( Sismabonus acquisti) all'atto dell'acquisto delle unità immobiliari. Con riferimento al quesito n. 5 si fa presente che l'agevolazione è commisurata al prezzo della singola unità immobiliare risultante nell'atto pubblico di compravendita e non alle spese sostenute dall'impresa in relazione agli interventi agevolati. Pertanto, nel caso di specie, non deve essere attestata ai fini del Superbonus, nonché dell'opzione di cui al citato articolo 121 la «corrispondente congruità delle spese sostenute in relazione agli interventi agevolati». estratto da fonte Agenzia delle Entrate Legale Oggi

  • Offesa su Facebook? Lavoratore licenziato per insubordinazione!

    Questo in sintesi, il pensiero della Cassazione nella sentenza del 13 Ottobre 2021. L'esigenza di tutela della libertà e segretezza dei messaggi scambiati in una chat privata, in quanto diretti unicamente agli iscritti ad un determinato gruppo e non ad una moltitudine indistinta di persone, pertanto da considerare come la corrispondenza privata, chiusa e inviolabile non sussiste ove il commento offensivo nei confronti della società datrice di lavoro sia diffuso su Facebook e quindi ad un gruppo indeterminato di persone. Il mezzo utilizzato è, infatti, idoneo a determinare la circolazione del messaggio tra un gruppo indeterminato di persone tale condotta integrare gli estremi della diffamazione e costituire giusta causa di recesso del datore e quindi licenziamento, siccome idonea a ledere il vincolo fiduciario nel rapporto lavorativo. Inoltre l'offesa è ritenuta "insubordinazione" in senso ampio e ciò in quanto nell'ambito del rapporto di lavoro subordinato l'insubordinazione non può essere limitata al rifiuto del lavoratore di adempiere alle disposizioni dei superiori ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l'esecuzione ed il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale. In particolare, la nozione di insubordinazione non può essere limitata al rifiuto di adempiere alle disposizioni impartite dai superiori, ma si estende a qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicarne l'esecuzione nel quadro dell'organizzazione aziendale sicché, la critica rivolta ai superiori con modalità esorbitanti dall'obbligo di correttezza formale dei toni e dei contenuti, oltre a contravvenire alle esigenze di tutela della persona umana riconosciute dall'art. 2 Cost., può essere di per sé suscettibile di arrecare pregiudizio all'organizzazione aziendale, dal momento che l'efficienza di quest'ultima riposa sull'autorevolezza di cui godono i suoi dirigenti e quadri intermedi ed essa risente un indubbio pregiudizio allorché il lavoratore, con toni ingiuriosi, attribuisca loro qualità manifestamente disonorevoli. E' anche se detta condotta si sia materializzata fuori dall'orario di lavoro, ad esempio nella pausa caffè! Tale insubordinazione configura già in sé e per sé il nocumento giustificativo del licenziamento. Cass. Civile n. 27939/2021. Legale Oggi

  • Law: Corporate Guarantee in Italy

    How to manage Italian law issues from abroad If you have not time to read, contact us for yours specific topic.. 1) ​A corporate guarantee is an official letter where a guarantor becomes responsible for handling debt payments or takes overall responsibility for debt repayment in case the debtor (tenant) defaults on the execution of a contracts or a lease agreement. 2) ​The parent corporate guarante (pcg) represents the guarantee released by the parent company in favour of third parties to guarantee the commitments of a subsidiary, and It is a legal agreement between a borrower/debtor, lender/guaranteed, and guarantor (parent company), whereby a corporation (e.g., parent company) takes responsibility for the debt repayment of the borrower/debtor provided it faced bankruptcy or doesn't comply with the main agreement terms. 3) ​The following parties are involved in a corporate guarantee: ▪ Lessor: who has to be guaranteed for the execution of the contract by the other entity; ▪ Tenant: debtor or who has the obligation to pay monthly. ▪ Guarantor: the parent company who agrees to be liable for the repayment if the Tenant fails to pay. 4)​ Corporate guaranteed became parent company guaranteed when the guarantor ​is the parent company pursuant to article 2359 of italian civil code. As ​above mentioned, there is a legal presumption (unless proved otherwise) that ​the direction and coordination of companies is exercised, inter alia, by those ​companies which control them pursuant to Article 2359 CC. It is therefore ​important to briefly describe the contents of this and its related provisions. 5) ​Article 2359 CC contains a definition of controlled companies, which are: (i) those ​companies where another company has the majority of the votes exercisable in ​the ordinary shareholders' meeting; (ii) those companies where another company ​has votes sufficient to exercise a dominant influence in the ordinary shareholders' ​meeting; (iii) those companies which are under a dominant influence of another ​company due to particular contractual links with the same. For purposes of items ​(i) and (ii) above, the votes exercisable by controlled companies, fiduciary ​companies and intermediaries are also computed, while votes exercised on ​behalf of third parties are not. 6)​ For the guaranteed the following data should be clearly stated in a corporate ​guarantee: 1. The debtor’s name. 2. Details of the guarantor (e.g., name, contact info, address, etc.) 3. The lessor’s information (e.g., name, address) 4. Statement of any limits to the guarantee (e.g., a maximum amount of being repaid by the guarantor) 5. Time-Duration; 6. Statement: at first call and without exception. ​It is important to always check the legal names of the guarantor, the lessor, and ​the tenant in the document. ​7) ​Types of Corporate Guarantees: Corporate guarantees can be limited and ​unlimited. A limited guarantee means that a guarantor will be liable for the debt ​of the ​debtor only to a certain extent. ​In Italy in accordance with article 1938 of the civil code only limited guarantee are ​legal. ​Unlimited guarantee, where the guarantor is not limited by a particular ​amount, are not permitted by Italian law. ​For such reason it's important to focus: 1. type of obligations to be guaranteed 2. total amount of such obligations 3. time of the obligations, monthly/yearly. 4. documents. ​8)​ We can identified many kind of Guarantee, but we focus on: ​A) Performance Guarantee (Performance Bond) – Requested by the creditor, in ​lieu of a cash deposit, to promptly retaliate in the event of a declaration of default ​of the ​contractual obligations of the supplier of goods or services ​B) Payment guarantee (Payment guarantee) – It has the function of guaranteeing ​the execution of a payment, to be executed directly in favour of the creditor. ​9) ​It's also very important to specify if the parental guaranteed will be for the “same ​obligation” of the part of the contract or will be for the amount without reference to ​the original contract obligations. In few words, The parent company will guarantee the obligation arising from the main contract or only the money value. ​10) ​In order to have the above mentioned effect, it's important to specify in the ​guarantee text that article 1945 and 1957 Italian civil code will have or not effect. ​11)​ Time and effectiveness: ​In order to put in action the guaranteed it's important to carry out a injunction in ​Tribunal. Such actions, ruled by article 633 and 634 of the Italian procedural civil ​code, normally require 15/30 days but could be opposed the guarantor that will not ​be in accordance with the request. ​Normally the creditor – if use the rights documents such as invoices and contract ​documents in which is clearly focus the tenant/debtor's obligations – will have the ​declar​ation of inforceability in accordance with the article 648 of the procedural ​civil code within two weeks. ​The tribunal will be indicated in the text of the guaranteed, normally it's his city ​tribunal ( city in Italy). —————— Have you a specific topic about Italian Law? Don’t hesitate to contact us, you will receive shortly a feedback about your topic, also by our Facebook page. Aldo Lucarelli Lawyer

  • Farmacia e società di capitali.

    La legge 124 del 4 Agosto 2017 come ben noto ha modificato in modo rilevante le regole sulla titolarità delle farmacie private, consentendo l’ingresso nel settore da parte di investitori, indipendentemente dal possesso di un’abilitazione. Ad oggi è in cantiere il disegno di legge che renderà la laurea in farmacia direttamente abilitante e ciò creerà sicuramente ulteriori criticità tra gestione e titolarità. Fortunatamente dopo intervento normativo del 2017 è arrivata la sentenza della Corte Costituzionale n. 11 del 5 febbraio 2020 a chiarire i nuovi limiti della normativa in tema di partecipazioni societarie ed incompatibilità, ed i limiti delle società speziali. Per la Corte Costituzionale 11 febbraio 2020 la causa d’incompatibilità di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 8 della legge 362/1991 non è riferibile ai soci di società di capitali titolari di farmacie, che si limitino ad acquisirne quote, senza essere ad alcun titolo coinvolti nella gestione della farmacia.. trattasi quindi di soci di investimento. In sintesi la Corte precisa che “l’incompatibilità con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato, se era coerente con il precedente modello organizzativo - che, allo scopo di assicurare che la farmacia fosse comunque gestita e diretta da un farmacista, ne consentiva l’esercizio esclusivamente a società di persone composte da soci farmacisti abilitati, a garanzia dell’assoluta prevalenza dell’elemento professionale su quello imprenditoriale e commerciale -, coerente (quella incompatibilità) non lo è più nel contesto del nuovo quadro normativo di riferimento che emerge dalla citata legge n. 124 del 2017, che segna il definitivo passaggio da una impostazione professionale-tecnica della titolarità e gestione delle farmacie ad una impostazione economico-commerciale, ecco quindi i soci di investimento. Innovazione, quest’ultima, che si riflette appunto nel riconoscimento della possibilità che la titolarità nell’esercizio delle farmacie private sia acquisita, oltre che da persone fisiche, società di persone e società cooperative a responsabilità limitata, anche da società di capitali; e alla quale si raccorda la previsione che la partecipazione alla compagine sociale non sia più ora limitata ai soli farmacisti iscritti all’albo e in possesso dei requisiti di idoneità. Ragion per cui non è neppure più ora indispensabile una siffatta idoneità per la partecipazione al capitale della società, ma è piuttosto richiesta la qualità di farmacista per la sola direzione della farmacia: direzione che può, peraltro, essere rimessa anche ad un soggetto che non sia socio”. Prosegue quindi la Corte che “essendo consentita, nell’attuale nuovo assetto normativo, la titolarità di farmacie (private) in capo anche a società di capitali, di cui possono far parte anche soci non farmacisti, nè in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società, è conseguente che a tali soggetti, unicamente titolari di quote del capitale sociale (e non altrimenti vincolati alla gestione diretta da normative speciali), non sia pertanto più riferibile l’incompatibilità “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico privato”, di cui alla lettera c) del comma 1 dell’art. 8 della legge n. 362 del 1991”. La partecipazione alle società speziali è incompatibile con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica. Il medico non può essere socio di farmacia, né avere una partecipazione agli utili, anche se non esercita la professione, ma è solo iscritto all’albo. La legge 124 del 2017 ha imposto il limite massimo al controllo diretto o indiretto di non più del 20% delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma, superando il vecchio sistema di quattro farmacie nella medesima provincia. Legale Oggi

  • L'uso delle parti comuni nel Condominio.

    Può un condomino fare lavori nel condominio sulle parti comuni senza il consenso degli altri? Si in quanto ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e piu' intensa MA purché non leda il diritto di pari uso, pure solo in via potenziale, degli altri. A tale conclusione giunge l'applicazione dell'articolo 1102 del codice civile secondo un orientamento consolidato della Cassazione, confermato nel 2021. Ora, la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l'art. 1102 c.c., seppur non vada intesa nel senso di uso identico e contemporaneo (dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione), implica, tuttavia, la condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà, il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Infatti in materia di uso della cosa comune ex art. 1102 c.c., è stato ampiamente ribadito dalla giurisprudenza della Cassazione che ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune una utilità maggiore e più intensa di quella che ne viene tratta dagli altri comproprietari, purché non venga alterata la destinazione del bene o compromesso il diritto al pari uso da parte di quest'ultimi. In particolare, per stabilire se l'uso più intenso da parte del singolo sia da ritenere consentito ai sensi dell'art. 1102 c.c., non deve aversi riguardo all'uso concreto fatto della cosa dagli altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Del resto, la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell'art. 1102 c.c., non va intesa nei termini di assoluta identità dell'utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l'identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell'oggetto della comunione Cassazione Civile 15717 Anno 2021; Ed infatti, il proprietario di vani terra di un edificio in condominio NON può, perciò, eseguire modificazioni della pavimentazione e dell'arredo del marciapiede condominiale in corrispondenza dell'accesso al proprio locale per consentirne l'attraversamento con autovetture, ove da tale utilizzazione della cosa comune risulti alterata la destinazione e sia impedito agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. Cassazione Civile 11870 Anno 2021; In conclusione lavori e le modifiche sulle parti comuni da parte del condomino sarebbero possibili solo se: Non ledano i diritti, anche solo in via potenziale degli altri condomini; Siano urgenti e necessarie, si pensi ad ipotesi di infiltrazioni di acqua e/o guasti; Non impediscono il normale uso dell'immobile agli altri condomini; Il soggetto chiamato a verificare tali requisiti è il Giudice, anche mediante perizie e/o foto. Legale Oggi Condominio uso delle parti comuni Articolo 1102 c.c. Condomino atti arbitrari sulle parti comuni

  • La rinuncia all’eredità può danneggiare i creditori?

    Si, la rinuncia all‘eredità può essere fonte di danno per i creditori del chiamato all’eredità che abbia deciso di rinunciare proprio in virtù dei propri debiti, ma esiste un rimedio, ed è quello previsto dall’art 524 cpc. Il chiamato all'eredità infatti può rinunciare alla stessa ai sensi dell' art. 521 del codice civile, e viene considerato come se non fosse MAI stato chiamato, così come potrà tornare su i suoi passi ed accettare successivamente a meno che non sia stata già acquistata da altro dei chiamati. (art. 525 c.c.) Ed i creditori? I creditori possono farsi autorizzare ad accettare l'eredità in nome e luogo del rinunziante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti. Il diritto dei creditori però si prescrive in cinque anni dalla rinunzia. Ma cosa accade se invece della rinuncia il chiamato all’eredità non la accetti nei termini? In questo caso viene in soccorso l’articolo 481 c.c. che prevede la possibilità di esperire l’azione interrogatoria, ovvero la richiesta formale rivolta dai creditori all’erede di accettare l’eredità entro un certo termine. Per le recenti pronunce della Cassazione, i creditori potranno ricorrere contro l’erede ”furbetto” sia in caso di rinuncia espressa che in caso di decadenza dalla accettazione, purché ci sia una “variazione quantitativa” o “solo qualitativa” del patrimonio che renda o possa rendere nel concreto più complessa la realizzazione del credito. Va infine evidenziato che esiste la possibilità per il rinunciante stesso, per i suoi eredi, ed ancora per i creditori, di impugnare la rinuncia se la stessa è l'effetto di violenza o dolo, quindi allorquando la rinuncia non sia stata una libera scelta ma sia stata "indotta" da qualcuno con mezzi come la violenza morale, o un raggiro volto a deviare la volontà del chiamato all'eredità. E' invece esclusa la possibilità di impugnare la rinuncia effettuata per errore e ciò in quanto l'errore vizio è tutelato tramite il meccanismo dell'accettazione dell'eredità con beneficio di inventario. In tale ipotesi infatti il chiamato all'eredità potrà prima valutare la consistenza del patrimonio da ereditare e dei debiti gravanti e poi decidere liberamente se accettare o meno. L'inventario dovrà essere svolto entro tre mesi e l'accettazione nei 40 giorni susseguenti. Per effettuare l'accettazione con beneficio di inventario sarà necessario l'intervento del cancellerie della volontaria giurisdizione del Tribunale dell'ultimo domicilio del defunto oppure di un notaio. Hai un quesito in tema di Successione ed Eredità? Redazione Studio Legale Angelini Lucarelli La rinuncia all'eredità può danneggiare i creditori? Si ma i creditori potranno impugnarla davanti al Tribunale ai sensi dell'art. 524 c.c. ed essere autorizzati ad accettare l'eredità in nome del rinunciante.

  • L'anatocismo nel conto corrente può essere sollevato anche dal Garante?

    Per la Cassazione la risposta è affermativa ma vediamo il perché. Va preliminarmente osservato che nel nostro ordinamento esiste un consolidato principio di diritto secondo cui il garante non può opporre al creditore, ad esempio una Banca, la nullità del patto relativo al rapporto fondamentale garantito, salvo che essa dipenda da contrarietà a norme imperative o dall'illiceità della causa. Fatta tale premessa bisogna però considerare che nel contratto autonomo di garanzia il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative, con la conseguenza che può essere sollevata anche da costui, nei confronti della banca, l'eccezione di nullità della clausola anatocistica, atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l'ordinamento vieta (vedi Cass. n. 371 del 10/01/2018; Cass. S.U. 3947/2010). Il garante è legittimato a sollevare nei confronti della banca l'eccezione di nullità della clausola anatocistica atteso che, ove non ricorrano le particolare/ condizioni legittimanti previste dall'art. 1283 cod. civ. (Cass. S.U. n. 21095/2004), la capitalizzazione, fondandosi su un uso negoziale, anziché normativo (il solo che ammette la deroga dell'art. 1283 cod.), deve ritenersi vietata per violazione di una norma cogente, dettata a tutela di un interesse pubblico. Quindi l'anatocismo non è generalmente vietato ma lo diventa ove non vengano rispettate le regole imposte dagli articoli 1283 e 1284 e per l'attività bancaria dall'art. 120 T.U.B., alle condizioni previste dall'art. 2 comma 2° delibera CICR 9 febbraio 2000 (medesima periodicità nella capitalizzazione degli interessi debitori e creditori). Occorre, infatti, esaminare, in concreto, nel testo contrattuale se siano stati o meno pattuiti dalle parti interessi anatocistici in violazione di quanto previsto dagli artt. 1283 cod. civ. e 120 T.U.B, essendo indubitabile, in caso affermativo, la contrarietà di tale clausola ad una norma imperativa. Da quanto sopra ne consegue che ove il cliente correntista alleghi l'applicazione di interessi anatocistici in virtù di clausole inserite nel contratto di conto corrente in violazione dell'art. 1283 cod. civ. (o dell'art. 120 TUB), venendo in considerazione fattispecie di applicazione di interessi in contrasto con norme imperative, la nullità si comunica al rapporto di garanzia autonoma e la relativa eccezione può essere fatta valere quindi anche dal garante. In conclusione quindi anche il garante potrà eccepire alla Banca la violazione delle norme in tema di anatocismo. Legale Oggi L'anatocismo nel conto corrente può essere sollevato anche dal Garante? Si poiché la nullità si comunica al rapporto di garanzia autonoma e la relativa eccezione può essere fatta valere quindi anche dal garante.

  • Il diritto di veduta e le distanze tra confinanti.

    Il diritto di veduta è un diritto “automatico” che deriva dalla proprietà oppure un diritto a sé da ottenere per essere tutelato? A questa domanda ha avuto modo di rispondere più volte la Corte di Cassazione. Infatti "La titolarità del diritto reale di veduta costituisce una condizione dell'azione al fine di esigere l'osservanza da parte del vicino delle distanze di cui all'art. 907 cod. civ. e, come tale va accertata anche di ufficio dal giudice, salvo che da parte del convenuto non vi sia stata ammissione, esplicita o implicita, purché inequivoca, della relativa sussistenza.” Fondamentale quindi è l'atteggiamento – di ammissione implicita o esplicita dell'esistenza del diritto – da parte del vicino, a nulla rilevando il principio di prevenzione. A mente dell'articolo 907 del codice civile infatti quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri.. Quindi in materia di vedute l'obbligo di osservare la distanza dalle vedute prescritta dall'art. 907 cod. civ. presuppone che colui che ha costruito per primo abbia acquistato, ad es. per usucapione o per convenzione, il diritto ad avere vedute verso il fondo vicino (Cass.Ss.Uu.11489/2002 e Cass.3859/88 e di recente Cass. 11956/2009)”. Infine, l’art. 907 c.c. presuppone che l’acquisto del diritto alla veduta sul fondo del vicino venga logicamente prima dell’esercizio della facoltà di costruire. Sussistendo il possesso della veduta, le opere realizzate in dispregio delle distanze legali integrano una molestia in quanto pregiudicano l’esercizio della modalità di veduta come in precedenza goduta ed esercitata dal possessore costituendo una ingerenza nell’altrui sfera di godimento. Ti interessa l'argomento? Legale Oggi. Come tutelare la veduta? l'azione legale presuppone la titolarità del diritto ai sensi dell'art. 907 c.c.

  • La nuova convivenza non comporta la perdita dell'assegno di divorzio.

    Diritto di Famiglia: Con la sentenza n. 32198 pubblicata in data 5 novembre 2021, a risoluzione di un contrasto, le Sezioni Unite della Corte sono intervenute a definire la sorte dell’assegno di divorzio in favore del coniuge economicamente più debole, qualora questo instauri una stabile convivenza con un nuovo compagno. Esse hanno affermato in primo luogo che, allo stato attuale, l’instaurazione della nuova convivenza non comporta la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno. La scelta di intraprendere un nuovo percorso di vita insieme ad un’altra persona non è però irrilevante: le Sezioni Unite affermano che l’ex coniuge, in virtù del suo nuovo progetto di vita e del principio di autoresponsabilità, non può continuare a pretendere la corresponsione della componente assistenziale dell’assegno. Tuttavia, non perde il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno, che verrà quantificata tenendo anche in conto la durata del matrimonio, purché provi il suo apporto alla realizzazione del patrimonio familiare, o del patrimonio personale dell’ex coniuge, nonché le eventuali rinunce concordate ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio. La Corte segnala come modalità più idonee di liquidazione dell’assegno limitato alla componente compensativa l’erogazione di esso per un periodo circoscritto di tempo, o la sua capitalizzazione, allo stato attuale possibili soltanto previo accordo delle parti, e valorizza l’importanza dell’attività propositiva e collaborativa del giudice, degli avvocati e dei mediatori familiari per raggiungere la soluzione più rispondente agli interessi delle persone. Legale Oggi

  • Assicurazione: L'indennizzo diretto in caso di piu' veicoli.

    E' ammesso ma attenzione alla presenza di altri responsabili, vediamo il perché. In tema di risarcimento danni da circolazione di veicoli, la procedura di indennizzo diretto, ex art. 149 del d.lgs. n. 209 del 2005, è applicabile anche al caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, salva l'ipotesi in cui, oltre al veicolo dell'istante ed a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli (i conducenti siano) responsabili del danno. Questo è il principio consolidato in tema di indennizzo diretto, ma scopriamo di piu'. "La procedura di indennizzo diretto prevista dall'art. 149 del codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209) è ammissibile anche in caso di collisione che abbia riguardato più di due veicoli, con esclusione della sola ipotesi in cui, oltre al veicolo dell'istante e a quello nei cui confronti questi rivolge le proprie pretese, siano coinvolti ulteriori veicoli (i cui conducenti siano) responsabili del danno. Quale è la fonte di tale principio? Ciò emerge chiaramente dalla lettera dall'art. 1, comma 1, lettera d), del regolamento emanate ai sensi dell'art. 150 del codice delle assicurazioni private, che contiene la disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale (D.P.R. 18 luglio 2006 n. 254), e che prevede die la suddetta procedura sia applicabile in caso di "collisione avvenuta nel territorio della Repubblica tra due veicoli a motore identificati assicurati per la responsabilità civile obbligatoria dalla quale siano derivati danni ai veicoli o lesioni di lieve entità ai loro conducenti, senza coinvolgimento di altri veicoli responsabili". La conclusione è coerente del resto con la ratio della disposizione di cui all'art. 149 del codice delle assicurazioni private, che ha introdotto la speciale procedura dell'indennizzo diretto per semplificare gli adempimenti ai fini della liquidazione del risarcimento in caso di sinistri stradali di cui si siano verificati esclusivamente danni a cose e/o danni lievi alle persone, prevedendo che i danneggiati possano rivolgersi alla propria compagnia di assicurazione, la quale gestisce la pratica per conto della compagnia del soggetto responsabile, per poi regolare i rapporti con quest'ultima attraverso una stanza di compensazione. Il meccanismo di rappresentanza e di compensazione tra le due compagnie di assicurazione interessate risulta articolato in modo tale da poter operare non solo in caso di sinistro con unico responsabile, ma anche laddove sussista la corresponsabilità del danneggiato istante, indipendentemente dall'esistenza di altri danneggiati, mentre resta escluso nel caso in cui, essendovi ulteriori soggetti responsabili, si avrebbe il coinvolgimento di una ulteriore compagnia di assicurazione". Legale Oggi Assicurazione: L'indennizzo diretto in caso di piu' veicoli ai sensi dell'art. 149 decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209.

  • Parto Anonimo, il diritto all'anonimato e le informazioni sanitarie.

    Il diritto a conoscere l’identità della madre è distinto da quello di accedere alle sue informazioni sanitarie. In tema di diritto del nato da parto anonimo ad acquisire informazioni relative alle proprie origini, la Prima Sezione da un lato ha ribadito, in linea con la sentenza delle Sezioni Unite n. 1946 del 2017, che il diritto a conoscere l’identità della madre deve essere contemperato con la persistenza della volontà di questa di rimanere anonima e deve essere esercitato secondo modalità che ne proteggano la dignità, tenendo dunque in considerazione la salute della donna e la sua condizione personale e familiare (nella fattispecie, è stata così confermata la sentenza di merito che aveva escluso il diritto del figlio a conoscere l’identità della propria madre, in quanto la donna era in età molto avanzata e versava in gravi condizioni di salute anche psichica); dall’altro lato, ha precisato che tale diritto va tenuto distinto da quello ad accedere alle informazioni sanitarie sulla salute della madre, al fine di accertare la sussistenza di eventuali malattie ereditarie trasmissibili, che può essere esercitato indipendentemente dalla volontà della donna e anche prima della sua morte, purché ne sia garantito l’anonimato “erga omnes”, anche dunque nei confronti del figlio. Si rammenta che la Corte di Cassazione a Sezioni Unite già nel gennaio 2017 con la pronuncia su richiamata, la numero 1946, aveva statuito il principio secondo cui in tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini e di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione, e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l'anonimato non sia rimossa in séguito all'interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità. redazione Legale Oggi

Disclaimer: 

gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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