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  • Farmacia, Appalto comunale, la verifica di congruità nella concessione del servizio comunale.

    E' prassi quella dei Comuni che di indire un procedura aperta per la concessione del servizio di gestione della farmacia comunale, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa è ammesso dal codice degli appalti in determinati casi, ed in particolare per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato. Farmacia e Diritto Comunitario? Ecco quindi che nella gara secondo il principio del migliore prezzo assume rilievo la congruità dell'offerta, che deve essere valutata dalla stazione appaltante, mentre al TAR è rimesso un controllo esterno relativo alla congruità della stessa. Ma quale è l'ampiezza del sindacato del TAR? Ed ancora L’omessa verifica di congruità dell’offerta dell'offerente è criticabile in quanto superiore alla soglia di anomalia? L’omessa verifica del rispetto del costo della manodopera ai sensi dell’art. 95, comma 10 del codice dei contratti pubblici puo' essere motivo di ricorso? Per rispondere a tali quesiti è necessario precisare che la lex specialis, ovvero il bando di gara relativo all'affidamento in concessione di una Farmacia comunale deve prevedere una serie di prescrizioni specifiche atte a valuare la congruità dell'offerta. Non è possibile quindi far “proferire” al bando cio' che questo non prevede. Infatti è da rammentare che è ius receptum in giurisprudenza (ex plurimis, Cons. Stato, III, 6 marzo 2019, n. 1547) il principio, ancora di recente ribadito, a mente del quale dev’essere “privilegiata, a tutela dell'affidamento delle imprese, l’interpretazione letterale del testo della lex specialis, dalla quale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, atteso che è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale” (Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 2021, n. 2710). In relazione alla congruità dell'offerta, è necessario evidenziarare che a mente dell'art. 95 codice degli appalti “ I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. Le stazioni appaltanti verificano l’accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti. Va altresì rammentato che i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto. E che nel caso dell'aggiudicazione secondo il minor prezzo Le stazioni appaltanti che dispongono l’aggiudicazione ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta. In presenza di una pluralità non oggettiva di criteri le stazioni appaltanti possono stabilire anche l’ordine decrescente di importanza dei criteri. In sede di aggiudicazione tuttavia la scelta dovrà essere supportata da una adeguata ed analitica motivazione, e tale motivazioni sarà quindi l'oggetto dell'analisi in caso di ricorso al tar. È infatti pacifico, in giurisprudenza, che: “la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciutale; per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono il merito di valutazioni per loro natura opinabili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a.”(cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6818 del 4 novembre 2020, richiamata da ultimo da Cons. Stato, Sez. III, 12 ottobre 2021, n. 6841). Consulta i nostri articoli su Farmacia ed Appalti nel blog gratuiti La valutazione di congruità della giustizia amministrativa consiste in un giudizio avente natura, funzione e struttura del tutto differente da quello rimesso alla Commissione che involge l’offerta tecnica ed è invece analitico, puntuale e non ha di mira la complessiva sostenibilità economica ma la valutazione parcellizzata delle singole voci tecniche proposte dal concorrente. Quindi solo nel solco delle strade delineate quindi è possibile criticare l'operato della stazione appaltante partendo dal dato del Bando – nei limiti di quanto previsto – e del giudizio di congruità secondo l'iter logico giuridico delle motivazioni espresse in sede di aggiudicazione. Sarà improponibile – ad avviso di chi scrivi - invece una analisi di astratta critica non supportata dai dai del bando e dei criteri delineati dal codice degli appalti. Hai un quesito? Contattaci Seguici su Facebook Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Appalto comunale e la verifica di congruità

    E' prassi quella dei Comuni che di indire un procedura aperta per la concessione del servizio di gestione della farmacia comunale, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa è ammesso dal codice degli appalti in determinati casi, ed in particolare per i servizi e le forniture con caratteristiche standardizzate o le cui condizioni sono definite dal mercato. Speciale Appalti Ecco quindi che nella gara secondo il principio del migliore prezzo assume rilievo la congruità dell'offerta, che deve essere valutata dalla stazione appaltante, mentre al TAR è rimesso un controllo esterno relativo alla congruità della stessa. Ma quale è l'ampiezza del sindacato del TAR? Ed ancora L’omessa verifica di congruità dell’offerta dell'offerente è criticabile in quanto superiore alla soglia di anomalia? L’omessa verifica del rispetto del costo della manodopera ai sensi dell’art. 95, comma 10 del codice dei contratti pubblici puo' essere motivo di ricorso? Per rispondere a tali quesiti è necessario precisare che la lex specialis, ovvero il bando di gara relativo all'affidamento in concessione di una Farmacia comunale deve prevedere una serie di prescrizioni specifiche atte a valuare la congruità dell'offerta. Non è possibile quindi far “proferire” al bando cio' che questo non prevede. Infatti è da rammentare che è ius receptum in giurisprudenza (ex plurimis, Cons. Stato, III, 6 marzo 2019, n. 1547) il principio, ancora di recente ribadito, a mente del quale dev’essere “privilegiata, a tutela dell'affidamento delle imprese, l’interpretazione letterale del testo della lex specialis, dalla quale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza, atteso che è necessario evitare che il procedimento ermeneutico conduca all'integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale” (Cons. Stato, Sez. V, 31 marzo 2021, n. 2710). In relazione alla congruità dell'offerta, è necessario evidenziarare che a mente dell'art. 95 codice degli appalti “ I criteri di aggiudicazione non conferiscono alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata dell’offerta. Essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte. Le stazioni appaltanti verificano l’accuratezza delle informazioni e delle prove fornite dagli offerenti. Va altresì rammentato che i documenti di gara stabiliscono i criteri di aggiudicazione dell’offerta, pertinenti alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche del contratto. In particolare, l’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, è valutata sulla base di criteri oggettivi, quali gli aspetti qualitativi, ambientali o sociali, connessi all’oggetto dell’appalto. E che nel caso dell'aggiudicazione secondo il minor prezzo Le stazioni appaltanti che dispongono l’aggiudicazione ne danno adeguata motivazione e indicano nel bando di gara il criterio applicato per selezionare la migliore offerta. In presenza di una pluralità non oggettiva di criteri le stazioni appaltanti possono stabilire anche l’ordine decrescente di importanza dei criteri. In sede di aggiudicazione tuttavia la scelta dovrà essere supportata da una adeguata ed analitica motivazione, e tale motivazioni sarà quindi l'oggetto dell'analisi in caso di ricorso al tar. È infatti pacifico, in giurisprudenza, che: “la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciutale; per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono il merito di valutazioni per loro natura opinabili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a.”(cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6818 del 4 novembre 2020, richiamata da ultimo da Cons. Stato, Sez. III, 12 ottobre 2021, n. 6841). Consulta i nostri articoli su Farmacia ed Appalti nel blog gratuiti La valutazione di congruità della giustizia amministrativa consiste in un giudizio avente natura, funzione e struttura del tutto differente da quello rimesso alla Commissione che involge l’offerta tecnica ed è invece analitico, puntuale e non ha di mira la complessiva sostenibilità economica ma la valutazione parcellizzata delle singole voci tecniche proposte dal concorrente. Quindi solo nel solco delle strade delineate quindi è possibile criticare l'operato della stazione appaltante partendo dal dato del Bando – nei limiti di quanto previsto – e del giudizio di congruità secondo l'iter logico giuridico delle motivazioni espresse in sede di aggiudicazione. Sarà improponibile – ad avviso di chi scrivi - invece una analisi di astratta critica non supportata dai dai del bando e dei criteri delineati dal codice degli appalti. Hai un quesito? Contattaci Seguici su Facebook Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Appalto: quali sono i limiti del Soccorso Istruttorio ?

    Quale è il limite del ricorso al "soccorso istruttorio? Per rispondere al quesito possiamo precisare che il disciplinare di gara può prevedere delle forme integrative, ricadenti nel soccorso istruttorio, con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica. Il soccorso istruttorio è previsto dall'art. 83 del c.a. e prevede che le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio. In particolare, in caso di mancanza, incompletezza e di ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo con esclusione di quelle afferenti all'offerta economica e all'offerta tecnica, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Costituiscono irregolarità essenziali non sanabili le carenze della documentazione che non consentono l'individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa. Il disciplinare di gara potrebbe prevedere l'ammissibilità di una integrazione volta a sanare: “l’omessa o incompleta nonché irregolare presentazione delle dichiarazioni sul possesso dei requisiti di partecipazione e ogni altra mancanza, incompletezza o irregolarità del DGUE e della domanda e dei documenti, ivi compreso il difetto di sottoscrizione, sono sanabili, ad eccezione delle false dichiarazioni; - la mancata o l’incompleta produzione della dichiarazione di avvalimento o del contratto di avvalimento, può essere oggetto di soccorso istruttorio solo se i citati elementi erano preesistenti e comprovabili con documenti di data certa anteriore al termine di presentazione dell’offerta. - la mancata presentazione di elementi a corredo dell’offerta (es. garanzia provvisoria e impegno del fideiussore) ovvero di condizioni di partecipazione gara (es. mandato collettivo speciale o impegno a conferire mandato collettivo), entrambi aventi rilevanza in fase di gara, sono sanabili, solo se preesistenti e comprovabili con documenti di data certa, anteriore al termine di presentazione dell’offerta; - la mancata presentazione di dichiarazioni e/o elementi a corredo dell’offerta, che hanno rilevanza in fase esecutiva sono sanabili”. Ma attenzione non può venire accordato il soccorso istruttorio (art. 83, comma 9, Codice dei contratti pubblici) qualora l’applicazione di tale istituto venga a confliggere con il principio dell’auto responsabilità delle imprese partecipanti alla gara di appalto, in base al quale ogni concorrente sopporta le eventuali conseguenze causate da errori e/o omissioni commessi nella fase di presentazione della documentazione o per inadempimenti di carattere procedimentale comportanti ope legis l’esclusione dalla procedura di evidenza pubblica. Infatti, l’invito alla regolarizzazione e/o integrazione comporterebbe la palese violazione del principio della par condicio tra le imprese concorrenti. Questi i confini del soccorso istruttorio! Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Appalti - Amministrativo

  • Demolizione, partecipazione del privato ed agibilità.

    Il privato deve essere informato del procedimento demolitorio? L'agibilità blocca la demolizione del manufatto abusivo? La sanzione alternativa blocca la demolizione? Quale controllo è demandato al Giudice Amministrativo in caso di demolizione? Rispondiamo alle plurime domande con estratti di giurisprudenza. La partecipazione al procedimento è garantita attraverso la comunicazione dei motivi ostativi e l'esame delle controdeduzioni dell'interessato senza che gravi sull'amministrazione alcun obbligo di singola e specifica confutazione delle osservazioni; Ecco quindi che nessun obbligo di specifica confutazione delle analitiche deduzioni dell'interessato grava sull'Amministrazione se non quelli minimi necessari ad assicurare al privato anticipatamente la conoscenza delle ragioni poste a fondamento del provvedimento finale e di poter interloquire in contraddittorio e collaborare all'istruttori. Demolizione e Tempo dell'abuso. La giurisprudenza ha precisto che “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”. Demolizione ed Agibilità Il rilascio del certificato di abitabilità (o di agibilità) non preclude quindi agli uffici comunali la possibilità di contestare successivamente la presenza di difformità rispetto al titolo edilizio, né costituisce rinuncia implicita a esigere il pagamento dell'oblazione per il caso di sanatoria, in quanto il certificato svolge una diversa funzione, ossia garantisce che l'edificio sia idoneo ad essere utilizzato per le destinazioni ammissibili. Demolizione e Sanzioni le disposizioni dell'art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) devono essere interpretate nel senso che la possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria debba essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione: fase esecutiva, nella quale le parti possono dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità del fabbricato, presupposto per l'applicazione della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, con la conseguenza che tale valutazione non rileva ai fini della legittimità dell'originario ordine di demolizione. Al giudice amministrativo sarà demandato un controllo procedimentale e di legittimità delle fasi individuate ed un controllo di coerenza dell'agire della Pubblica Amministrazione. Hai un quesito? Contattaci Consulta il sito Studio Legale Angelini Lucarelli Dirittp degli Appalti

  • Edilizia ed Urbanistica, le osservazioni al piano regolatore

    Che valore hanno le osservazioni dei privati sul progetto del piano regolatore? Le osservazioni presentate in occasione dell'adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all'amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l'amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse. È possibile modificare il piano urbanistico in fase di approvazione? Si, secondo recente giurisprudenza le previsioni del piano urbanistico comunale (o di altro strumento urbanistico) possono subire, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano (o nello strumento) adottato; ciò rappresenta un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute. È necessario ripubblicare il piano regolatore dopo le modifiche? Si se le modifiche sono rilevanti e ciò non riguarda il piano regolatore ma ogni strumento urbanistico. L’eventuale necessità di ripubblicazione sorge allorchè, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una rielaborazione complessiva del piano stesso, e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione; Hai un quesito? Consulta il sito o contattaci mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche consistano in variazioni di dettaglio, che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l’impostazione di piano stesso. (CdS 6944/2020) Prima di chiudere però una precisazione infatti ai fini della ripubblicazione o meno del piano urbanistico, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni della pianificazione sovraordinata, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi), E modifiche “facoltative” al piano urbanistico (consistenti in innovazioni non sostanziali), e modifiche “concordate” (conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune). Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del comune; diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o dell’ente competente in materia) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale. Hai un quesito? Contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli La relazione tra l’esercizio dei poteri pianificatori paesaggistici ed ambientali, da un lato, nonchè la tutela delle aspettative edificatorie, dall’altro, è orientata dalle seguenti direttrici: -le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità; - anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni; - con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; - una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato. Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2422 e 30 gennaio 2020, n. 751; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2022 n. 3018.

  • Edilizia ed Urbanistica, quale è la tutela delle aspettative private?

    Come è possibile tutelare le aspettative dei privati in tema di urbanistica? In caso di modifiche ai piani urbanistici esiste un diritto pretensivo del privato? Rispondiamo a tali quesiti riportando recenti pronunce amministrative. Precisiamo sin da subito che esistono alcuni criteri, di seguito riportati e che non si può parlare di una pretesa del privato. Infatti la relazione tra l’esercizio dei poteri pianificatori paesaggistici ed ambientali, da un lato, nonchè la tutela delle aspettative edificatorie, dall’altro, è orientata dalle seguenti direttrici: -le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità; - anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni; Hai un quesito? Contattaci - con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, Può anche interessare "Il piano regolatore e i diritti del privato" la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; - una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato. Hai un quesito? Consulta il sito Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2422 e 30 gennaio 2020, n. 751; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2022 n. 3018.

  • Interessi paesaggistici, i vincoli imposti dal Comune.

    La destinazione a zona agricola di una porzione di territorio, in sede di pianificazione del territorio, assolve oltre che a esigenze prettamente agrarie ed urbanistiche, anche a quelle di tutela dell’ambiente, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici; Puo' anche interessarti "Borghi, i progetti sociali e culturali di rigenerazione del territorio" Ecco quindi che il Comune conserva, pertanto, la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, la competenza a introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici, a mente dell’art. 1, l. 19 novembre 1968, n. 1187, laddove ha esteso il contenuto del piano regolatore generale anche all’indicazione dei “vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale e paesistico”, ...legittimando l’autorità comunale a valutare autonomamente tali interessi e, nel rispetto dei vincoli già esistenti posti dalle amministrazioni competenti, a imporre nuove e ulteriori limitazioni, e ciò avviene quando il pregio del bene, pur se non sufficiente al fine di giustificare l'adozione di un provvedimento impositivo di vincolo paesaggistico in base alle caratteristiche del bene, viene valutato come elemento di particolare valore urbanistico. puo' anche interessarti: "Urbanistica, quali tutele per gli interessi del privato" Ecco quindi che ​​​​​​​la possibilità di introdurre vincoli in sede pianificatoria non viene esclusa dalla presenza di edifici, posto che la stessa non comporta il venir meno delle peculiarità ambientali, morfologiche, paesaggistiche che il comune intende preservare: anzi, proprio la diffusa edificazione, sviluppatasi nel tempo sulle aree agricole, ben può giustificare, sul piano della ragionevolezza, l’ampliamento del novero delle aree interessate dalla disciplina di tutela. (CdS 7478/2010) Hai un quesito? Seguici, o Contattaci Consulta le sezione "Urbanistica Studio Legale Angelini Lucarelli avv. Aldo Lucarelli

  • Farmacie, quando è ammessa la soppressione delle sedi?

    Quesito complesso a cui daremo una risposta non dimenticando né i vari concorsi, né i decrementi demografici né i ruoli dei Comuni che possono aver dato vita alla prelazione. Prelazione Comunale e vacanza delle sede. Quando la farmacia è prelazionata dal Comune si puo' parlare di sede vacante? No. Cosa accade alla farmacia prelazionata dal Comune ma non aperta, in caso di revisione della pianta organica? E' possibile ipotizzarne la soppressione? No. E’ bene premettere che, secondo la giurisprudenza (v. T.A.R. , Latina , sez. I , 30/05/2019 , n. 403;) l'obbligo di revisione biennale della pianta organica delle sedi farmaceutiche, in caso di diminuzione della popolazione residente, non comporta un vero e proprio obbligo di soppressione delle stesse, che risulterebbero in esubero, in quanto, comunque, il Comune in materia esercita un'attività discrezionale, e non vincolata, volta al perseguimento dell'interesse generale alla fruizione di un adeguato servizio farmaceutico nell'intero ambito territoriale comunale. In tal senso, l'obbligo di soppressione delle sedi farmaceutiche quale conseguenza di un decremento demografico che abbia condotto la popolazione al di sotto dei parametri dell'art. 2 della l. n. 475/1968 è da riferirsi alle sole sedi previste e che non siano ancora state “assegnate”. E’ evidente che, in tali casi, la revisione delle sedi integra un adeguamento solo “cartolare” dei programmi dell’Ente, che si sostanzia nella soppressione di una (mera) previsione che non ha comportato alcuna conseguenza in ordine all’organizzazione di impresa sottesa alla istituzione della sede farmaceutica, né ha comportato variazioni concrete in ordine alla qualità del servizio ed alla sua potenzialità, in termini di cura di interessi generali e territoriali dell’utenza. In altri termini, il riesame (da considerarsi alla stregua di un esercizio di attualizzazione delle originari statuizioni) non comporta alcun bilanciamento di contrapposti interessi ed il presupposto della popolazione, ovvero del decremento demografico, costituisce l’unico parametro che viene in esame. La stessa giurisprudenza offre ulteriori indicazioni, evidenziando che la revisione periodica delle farmacie non comporta, in caso di mutamenti demografici, l’obbligo di sopprimere le sedi farmaceutiche vacanti in due casi, ovvero quando per le stesse sia pendente il relativo concorso straordinario ex art. 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; e quando la Farmacia divenuta soprannumeraria per effetto del calo demografico non è vacante, nel qual caso il relativo titolare può chiedere il trasferimento presso altro Comune, alle condizioni ivi previste (art. 2, co. 2 bis, della L. 475/1968; v. in proposito, TAR Catania, IV, 17/05/2019, nr. 1162; A fronte di queste possibilità residua il caso intermedio in cui la sede farmaceutica, legittimamente prevista, sia divenuta soprannumeraria per decremento demografico nelle more della sua assegnazione: si tratta una “zona grigia” della disciplina. Si è osservato che se non è considerata “vacante” ai fini del mantenimento della sede farmaceutica in caso di decremento demografico, la sede in corso di copertura mediante il concorso straordinario (ove, per definizione, un titolare non sussiste ancora), è evidente che non può essere considerata vacante neppure la sede prelazionata dall’Ente locale, che ha istituito un soggetto pubblico per la sua gestione. Quando si considera esercitata la prelazione del Comune? L’art. 9 e l’art. 10 della l. Legge 2 aprile 1968, n. 475 disciplinano la prelazione in termini espliciti di assegnazione di titolarità il comma 10 dell’art. 11 del DL 1/2012, conv. in l. 27/2012, ancor più esplicitamente, prevede che le sedi ivi meglio indicate sono offerte in prelazione ai Comuni e se questi rinunciano alla prelazione la sede è dichiarata vacante (a conferma, quindi, che in pendenza di prelazione è considerata assegnata alla titolarità dell’Ente). Anche la giurisprudenza considera la prelazione come equivalente alla titolarità della sede in capo all’Ente, quando chiarisce che la prelazione del Comune sulle sedi farmaceutiche prevista dall' art. 9 l. n. 475/1968 non è un diritto potestativo o un privilegio aggiuntivo del Comune rispetto alle sue ordinarie facoltà, ma uno specifico, tassativo, potere che questo esercita nell'interesse pubblico al fine di soddisfare inderogabili esigenze connesse all'esercizio del diritto alla salute e, in particolare, alla soddisfacente dislocazione territoriale del servizio farmaceutico, “con l'assunzione diretta della titolarità della farmacia” Più precisamente, deve prevalere l’affidamento al mantenimento della sede farmaceutica quando l’indugio nel completamento delle relative procedure non è imputabile a colpa o negligenza dei soggetti responsabili (l’amministrazione prelazionaria o il soggetto titolare) e sia stata costituita o dispiegata una organizzazione aziendale, con impiego di strumenti, capitali e risorse che siano state impegnate sulla base della previsione della pianta organica; nonché persista ancora l’interesse generale all’ampliamento dell’offerta, in base alle particolari condizioni del contesto. Orbene, una volta esercitata la prelazione e costituita dall’Ente comunale una società pubblica avente lo scopo di gestire la farmacia, ancorchè non ancora avvenuta la prevista cessione a privati in procedura di evidenza pubblica di una quota delle azioni, non può predicarsi una vacanza di titolarità della sede. Sussiste poi una “zona grigia” costituita dal caso di farmacie legittimamente previste e per le quali sia intervenuto un decremento demografico nelle more della sua assegnazione (ovvero qualora esse siano “divenute soprannumerarie per gli andamenti demografici sopraggiunti prima della loro apertura a causa dell’imprevisto prolungarsi dei tempi concorsuali”). Cosa accade in tali ipotesi? In via preliminare si deve evidenziare che una parte della Giurisprudenza (CdS 4085) “la sede farmaceutica, anche soprannumeraria, non può comunque essere soppressa se vi è un titolare di farmacia che ne gestisca l’esercizio, in quanto, venendo meno la sede farmaceutica, verrebbe meno anche il diritto di esercizio dell’impresa nell’ambito territoriale in questione, con evidenti conseguenze ablative sul valore del relativo complesso aziendale, il cui diritto di esercizio costituisce il cespite principale” si rivela confermativo delle considerazioni che si sono già formulate in precedenza. In termini di legge invece si deve coordinare tale zona grigia con le previsioni della legge del 198 e quindi. Ai sensi dell’art. 2 della l. 475/1968 e dell’art. 104 del TULS come sostituito dall’art. 2, legge 8.11.1991 n. 362, l'obbligo di revisione della ''pianta organica" delle farmacie va interpretato alla luce delle complessive esigenze di coerenza del sistema, tenendo conto della tutela dell’utenza, dell’efficienza del servizio pubblico, delle legittime aspettative al mantenimento delle previsioni originarie, nel corretto bilanciamento con l’interesse oppositivo di farmacie già in esercizio interessate al mantenimento di maggiori quote di clientela. Possiamo quindi – corroborati dalla giurisprudenza del CdS del 2020 che in caso di decremento demografico oltre i minimi stabiliti dalla legge, andranno soppresse le sedi farmaceutiche non aperte e neppure assegnate; tra queste sono incluse quelle per le quali il Comune sia decaduto dalla prelazione a suo tempo esercitata (TAR Catania, IV, 906/2016) e quelle per le quali siano in corso procedimenti di assegnazione i cui termini di bando espressamente facciano salva tale possibilità, così prevenendo la formazione di legittime aspettative (Consiglio di Stato, sent. nr. 652/2017; mentre per altri casi, laddove il bando per la copertura della sede non rechi adeguate previsioni, dovranno esaminarsi caso per caso il grado ed i presupposti dell’aspettativa eventualmente ingeneratasi, le ragioni della mancata conclusione entro i termini previsti, l’eventuale sussistenza di beni e risorse già impegnate a tale scopo e così via). La sede farmaceutica dovrà invece essere mantenuta in presenza di una prelazione legittima esercitata dall’Ente locale e dalla intervenuta costituzione, da parte di quest’ultimo, di una società di gestione della Farmacia, che non consentono di ritenere la sede vacante, ancorchè, alla scadenza del termine per la suddetta revisione, non sia ancora intervenuta l’apertura del servizio al pubblico per ragioni non imputabili, secondo ragionevolezza e secondo la diligenza in concreto esigibile, a mera o inescusabile inerzia dell’Ente o del soggetto affidatario della gestione. Sperando di aver fatto chiarezza, vi invitiamo a seguirci o a porci il vostro problema! Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Farmacia Rurale, trasferimento e riassorbimento per calo demografico.

    Su richiesta di un lettore di occupiamo del caso della Farmacia Rurale, della possibilità di trasferimento della sede rurale e dei rapporti con la pianta organica e del rischio di riassorbimento nel caso di una sede con meno di 3000 abitanti. Al fine di sgombrare il campo da dubbi va subito precisato che «la giurisprudenza amministrativa ha ribadito che quanto previsto dall’art. 104 T.U.LL.SS. – come sostituito dall’art. 2 della l. n. 362 del 1991 – in tema di riassorbimento nella individuazione del numero delle farmacie stabilito in base alla popolazione, in sede di revisione delle piante organiche, trova esclusivamente applicazione per le farmacie urbane, aperte in base al mero criterio della distanza e non anche alle farmacie rurali, istituite in base al criterio topografico (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenze 22 maggio 2019, n. 3334, 9 aprile 2019, n. 2302, e 20 giugno 2018, n. 3807)». Tale ultimo limite, ha aggiunto il giudice, «“si spiega in ragione della distinzione tra farmacia urbane e farmacie rurali. In base all’art. 1, l. 8 marzo 1968, n. 221, il criterio discretivo, fissato per la distinzione delle due categorie di farmacie urbana e rurale, è quello topografico-demografico, per cui sono “rurali” le farmacie situate in “comuni”, “frazioni” o “centri abitativi” con meno di cinquemila abitanti, ovvero in “quartieri periferici” non congiunti, per continuità abitativa, alla città. Sono farmacie urbane quelle situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti (Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 15 maggio 2006, n. 2717). Dunque, la mancata previsione legislativa del riassorbimento delle farmacie rurali nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base alla popolazione trova la propria ratio nella considerazione che le farmacie rurali sono destinate a far fronte a particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica locale che prescinde dall’ordinario criterio della popolazione” (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 9 aprile 2019, n. 2302)». Chiarito tale passaggio è opportuno rammentare che la statuizione in parola è conforme alla giurisprudenza amministrativa recente che esclude l’applicazione del criterio demografico alle farmacie rurali, stante la loro natura di fondamentale presidio di assistenza farmaceutica per le zone disagiate e in ragione delle compensazioni economiche delle quali esse beneficiano, ai sensi dell’art. 1 della legge n. 221 del 1968 (oltre alle sentenze citate dal primo giudice, si veda, anche Consiglio di Stato, sentenza 14 gennaio 2021, n. 450). E quindi quali riflessi per il trasferimento della farmacia rurale? Deve essere quindi ribadito che «la farmacia rurale può essere autorizzata a trasferirsi, ma solo ed esclusivamente all’interno della medesima zonizzazione nel quale la stessa è stata originariamente ubicata onde non vanificare le ragioni di interesse pubblico alla base della sua istituzione» (Consiglio di Stato, sezione terza, 10 settembre 2018, n. 5312). E' escluso quindi che la farmacia rurale, proprio quale presidio di zona disagiata possa avvantaggiarsi del trasferimento per presidiare zone ritenute migliori a rischio infatti di snaturarne la tipologia. Consulta il blog in diritto farmaceutico E la Pianta Organica? Vale ricordare in proposito che la revisione della pianta organica costituisce atto generale di pianificazione, funzionale al miglior assetto delle farmacie sul territorio comunale. In tal caso quindi, visto che nel caso in esame si tratta di presidio di soli 3000 abitanti, non si applica alle farmacia rurali sussidiata. Contattaci per ogni esigenza. Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Famiglia, i pignoramenti e le ipoteche dalla ex moglie!

    È possibile che la ex moglie possa utilizzare il credito derivante dalle scadenze delle separazione o del divorzio per iscrivere una garanzia ipotecaria sui beni dell' ex marito? In sintesi la ex moglie può comportarsi come una banca in caso di mancato pagamento delle rate del mutuo? La risposta è affermativa, infatti la Cassazione in una prima pronuncia del 2023 ha statuito che ai sensi dell’art. 2818 c.c. ogni sentenza che comporta la condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni, da liquidarsi successivamente, è titolo per iscrivere ipoteca sui beni del debitore, pertanto, anche nel caso di sentenza di divorzio o separazione o di decreto di omologazione della separazione consensuale, a prescindere dall’espressa previsione in tal senso. Ciò premesso, quindi l’ex moglie può richiedere e ottenere l’iscrizione ipotecaria sui beni dell’ex marito quale garanzia per il versamento dell’assegno di mantenimento dei figli previa verifica da parte del giudice della sussistenza del pericolo di inadempimento. Invece cosa accade alle spese straordinarie? sebbene non sussista un obbligo di ripartizione obbligatoria per spese voluttuarie non approvate o straordinarie, non sussiste nemmeno un vero e proprio diritto di "blocco" di tali spese. Sarà quindi onere del coniuge che riterrà tale spesa imprescindibile, affrontarla con il rischio di non vedersi riconosciuta la metà. Passando al regime delle spese, utilizzando le parole della giurisprudenza considereremo spese #straordinarie e quindi escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento, quelle relative ad eventi eccezionali ed imprevedibili nella vita del figlio minore, oppure episodiche. Sono invece spese #ordinarie – e dunque incluse nell’assegno di mantenimento, le spese che ricorrono frequentemente, quotidianamente e sono quindi cicliche ed imprescindibili per la normali esigenze di vita della prole. Home #famiglia #separazione #divorzio #mantenimento Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Biomasse, produzione di energia ed agricoltura.

    L'impresa agricola oggi costituisce fonte primaria di ricchezza sia per le attività direttamente svolte dalla stessa che per quelle ad ella connesse, consequenziali e collagate. In tale ambito la produzione di energia, sia essa di fonte fotovoltaica che di origine agricola, biomasse, sta assumendo un ruolo predominante, tanto da aver attirato l'attenzione del fisco stante una nozione, quella di "prevalenza" che si presta a diverse interpretazione. Così se si è già avuto modo di precisare che nell'ambito della produzione dell'energia da impianto fotovoltaico questa è assimilabile al regime di favore dell'impresa agricola ove vi sia identità del soggetto proprietario del fondo e si rispetti una determinata soglia, oltre la quale vige un principio di fiscalità ordinaria. Imprenditore Agricolo, attività connesse ed Energia da biomasse Secondo l’orientamento dell’Agenzia delle entrate, la produzione di energia da biomasse sarebbe inquadrabile, ai fini tributari, nell’ambito delle attività agricole connesse dirette alla fornitura di beni e servizi, di cui alla seconda parte del comma 3, articolo 2135, cod. civ. e il reddito prodotto deve essere assoggettato alla disciplina di cui all’articolo 56-bis, comma 3 Tuir. Il requisito della prevalenza risulterebbe soddisfatto quando, in termini quantitativi, i prodotti utilizzati nello svolgimento delle attività connesse e ottenuti direttamente dall’attività agricola svolta nel fondo, risultano superiori, rispetto a quelli acquistati presso terzi. Laddove non sia possibile effettuare il confronto, in quanto i prodotti non sono suscettibili di valutazione (come, ad esempio, nel caso dei residui zootecnici), la prevalenza potrà essere riscontrata effettuando una comparazione “a valle” del processo produttivo dell’impresa, tra l’energia derivante da prodotti propri e quella dei prodotti acquistati da terzi. Ricordiamo infatti che l'applicazione della normativa dell'impresa agricola è di particolare favore essendo la stessa sottratta al fallimento dell'impresa, e soggetta ad un regime fiscale agevolato (art. 34 Tuir) in base alle risultanze catastali. Consulta il blog a tema Ai fini della nozione di impresa agricola desumibile dall'art. 2135 c.c., rilevante ai fini dell'esenzione dalla dichiarazione di fallimento, l'attività di produzione di energia mediante l'utilizzo di biomasse può essere inclusa tra le attività connesse ad attività agricola prevalente ex art 1, comma 423, della l. n. 266 del 2005, ove siano rispettati i limiti quantitativi dell'energia prodotta stabiliti dalla legge, dovendo comunque procedersi all'indagine sull'origine delle biomasse e sul rapporto tra produzione agricola e produzione di energia, dovendosi così interpretare il chiaro dato letterale dell'art. 14, comma 13 quater, del d. lgs. n. 99 del 2004, che espressamente si riferisce solo alla produzione delle biomasse e non alla produzione di energia mediante biomasse. Cass. 2023 n. 2162. Hai un quesito tecnico? Contattaci o Consulta il sito Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Appalto la tutela del segreto tecnico nella gara.

    Cosa è il segreto tecnico in un bando pubblico? Rispondiamo a questa domanda che ha una duplice valenza, dal punto di vista del controinteressato può avere valore "conoscere" gli aspetti tecnici del proprio concorrente, dal punto di vista del titolare, è necessario tutelare le proprie conoscenze tecniche, il proprio know how, (cioè il proprio sapere) e quindi il proprio "segreto tecnico". È possibile tutelare il segreto tecnico? Quel concetto di principi mezzi e regole che sono state presentate nella propria offerta? È un concetto ben noto nell'ambito del diritto dei farmaci, meno noto ma molto presente nel diritto farmaceutico relativo alle gare pubbliche tecniche, quelle che prevedono una offerta articolata su base tecnica. Cerchiamo di capire di più... In linea generale, va poi detto che la disposizione di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (c.d. Codice dei contratti pubblici), la quale si pone in termini di specialità o comunque di coerente sviluppo normativo rispetto all’art. 24 della l. n. 241 del 1990, prevede: a) al comma 5, in chiave di principio generale, che sono escluse dal diritto di accesso quelle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”; b) al comma 6, in termini di eccezione rispetto al predetto principio generale, che “è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”; Va confermato, al riguardo, il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 26 ottobre, n. 6463; V, 21 agosto 2020,; V, 1° luglio 2020, V, 28 febbraio 2020, n. 1451; V, 7 gennaio 2020,) secondo cui la ratio della norma consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al know how del singolo concorrente, vale a dire l’insieme del “saper fare” costit8uito, in particolare, dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento; Hai un questi? Contattaci Ma cosa occorre evitare in tema di accesso agli atti e uso emulativo? Quel che occorre evitare, in altre parole, è un “uso emulativo” del diritto di accesso finalizzato, ossia, unicamente a “giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri”. Ciò anche in considerazione del fatto che la partecipazione ai pubblici appalti non deve tramutarsi in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione di propri segreti di carattere industriale e commerciale; Leggi in blog Condizione di operatività di siffatta esclusione dall’accesso agli atti è data dalla “motivata e comprovata dichiarazione” da parte del concorrente interessato a far valere il suddetto segreto tecnico o commerciale; la stessa peraltro non opera laddove altro concorrente “dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi” (c.d. accesso difensivo); Leggi pure "Farmacie, quando è possibile sopprimere una sede" In quest’ultima direzione “è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti” quanto, piuttosto, la “stretta indispensabilità” della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di in uno specifico giudizio; Come si valuta la "stretta indispensabilità" nel codice degli appalti? La valutazione di “stretta indispensabilità”, in altre parole, costituisce il criterio che regola il rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale; Una simile valutazione va effettuata in concreto e verte, in particolare, “sull’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e le censure formulate”; Come poi affermato da Cons Stato, Ad. plenaria del 18 marzo 2021, in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, deve però escludersi che sia sufficiente fare generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto, E quindi in conclusione.. "dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare;" Trova quindi conferma la tesi di maggior rigore secondo cui deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa.: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intelligibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. E tanto, come evidenziato in diverse occasioni dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, IV, 14 maggio 2014,), attraverso una sia pur minima indicazione delle “deduzioni difensive potenzialmente esplicabili”; In questo quadro l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe – secondo il consueto criterio di riparto – su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l’accesso agli atti); Quindi in assenza di tale dimostrazione circa la “stretta indispensabilità” della richiesta documentazione, la domanda di accesso finisce per tradursi nel tentativo “meramente esplorativo” di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile.(CdS 873) Seguici Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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