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- Riconoscimento titoli professionali in Europa e prova attitudinale o tirocinio?
Occorre preliminarmente richiamare il consolidato orientamento espresso dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in tema di riconoscimento delle qualifiche professionali, costantemente diretto alla massima armonizzazione delle procedure di riconoscimento, al fine di dare piena e completa attuazione alle libertà assicurate dagli articoli 45 e 49 TFUE. Sulla base di tale orientamento il giudice nazionale e l’amministrazione sono tenuti a fornire un’interpretazione elastica delle norme nazionali, al fine di non ostacolare la piena e compiuta attuazione delle suddette libertà. La Corte di Lussemburgo ha chiarito, con la sentenza del 6 ottobre 2015, C-298/14, che la libera circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento delle libertà garantite dagli articoli 45 e 49 TFUE a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza. Questa considerazione si applica parimenti quando il cittadino di uno Stato membro ha ottenuto, in un altro Stato membro, una qualifica universitaria, della quale egli intenda avvalersi nello Stato membro di cui possiede la cittadinanza. Con la successiva sentenza dell’8 luglio 2021, C-166/20 la Corte ha poi precisato che le autorità di uno Stato membro - alle quali un cittadino dell’Unione abbia presentato domanda di autorizzazione all’esercizio di una professione il cui accesso, secondo la legislazione nazionale, è subordinato al possesso di un diploma o di una qualifica professionale, o anche a periodi di esperienza pratica - sono tenute a prendere in considerazione l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli, nonché l’esperienza pertinente dell’interessato, procedendo a un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale. Infine, con la sentenza del 3 marzo 2022, C-634/20 la CGUE ha fornito un metro interpretativo generalmente valido in tema di riconoscimento dei titoli, statuendo che le direttive relative al reciproco riconoscimento dei diplomi, e in particolare la Direttiva 2005/36, non possano avere come obiettivo o come effetto quello di rendere più difficile il riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli nelle situazioni da esse non contemplate. Leggi pure "Sanità e Mala Sanità l'errore medico" Venendo alla cornice normativa - dall’art. 14, par. 2, della Direttiva n. 2005/36/CE, secondo cui “ se lo Stato membro ospitante ricorre alla possibilità di cui al paragrafo 1, esso lascia al richiedente la scelta tra il tirocinio di adattamento e la prova attitudinale ”; - dall’art. 22 (“ Misure compensative ”) del D.lgs. n. 206/2007, che subordina il riconoscimento al compimento di un tirocinio di adattamento non superiore a tre anni o di una prova attitudinale, a scelta del richiedente; Leggi pure: "Sanitari no vax ed il conflitto con gli ordini professionali" - dall’art. 23 del medesimo D.Lgs., commi 2 e 2 bis , che disciplina lo svolgimento della prova attitudinale, precisando che “ In caso di esito sfavorevole o di mancata presentazione dell’interessato senza valida giustificazione, la prova attitudinale non può essere ripetuta prima di sei mesi ” e che “ le autorità competenti di cui all’articolo 5 possono stabilire il numero di ripetizioni cui ha diritto il richiedente, tenendo conto della prassi seguita per ciascuna professione a livello nazionale e nel rispetto del principio di non discriminazione ”. Ci si chiede quindi se un candidato non avendo superato la prova attitudinale per piu' volte possa modificare tale scelta in favore di un tirocini al fine di conseguire un grado di preparazione idoneo a consentirle lo svolgimento della professione in Italia. Leggi pure: "Massaggiatore e Capo bagnino degli Stabilimenti Professionali quale professione" Tale possibilità, inizialmente ritenuta ammissibile dal Ministero della Salute e posta in alternativa rispetto allo svolgimento della prova attitudinale, Leggi pure: "concorso farmacie, l'accesso agli atti ai fini del punteggio" A ben guardare, pertanto, lo svolgimento del tirocinio formativo rappresenta, in concreto, l’unica modalità rimasta a disposizione della parte che non abbia superato la prova attitudinale. Leggi pure: Riconoscimento titoli esteri la normativa per l'insegnante di sostegno A ciò deve anche aggiungersi un dovere per il Ministero di fornito indicazione in merito ad eventuali risoluzioni alternative della problematica, ai sensi del comma 2- bis dell’art. 23 cit., che pone in capo all’Autorità preposta il compito di individuare: “ il numero di ripetizioni cui ha diritto il richiedente, tenendo conto della prassi seguita per ciascuna professione a livello nazionale e nel rispetto del principio di non discriminazione ”. In mancanza di una prassi consolidata in tale senso, deve ritenersi ammissibile la possibilità di modifica della iniziale scelta dalla prova attitudinale al tirocinio formativo, anche all'esito di un risultato negativo della prova già espletata. (CdS 100/2025.) Leggi il blog e rimani aggiornato Leggi pure lo "Speciale Concorsi Pubblici" Studio Legale Angelini Lucarelli
- Cosa cambia per la PMA nel 2025 con le nuove Lea?
I trattamenti PMA diventano gratis per tutti in tutta Italia, Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Ma è davvero così? Articolo a cura dell’avvocato Ilaria Paletti A partire dal 01 gennaio 2025 le procedure di procreazione medicalmente assistita sono finalmente entrate nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). La conferenza Stato-Regioni, infatti, con l'approvazione nel nuovo “Decreto Tariffe”ha inserito detti trattamenti tra le prestazioni sanitarie che saranno completamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Su tutto il terrirorio nazionale, dunque, in maniera assolutamente uniforme e senza diseguaglianze regionali, sarà possibile accedere a dette prestazioni dietro il pagamento di un ticket che andrà da 100 a 300 euro in base ai trattamenti sanitari richiesti dalle coppie. Detto aggiornamento era atteso in Italia da circa 20 anni. Dalla Legge 40 del 2004, infatti, grazie alla quale sono state rese possibili diverse pratiche di fecondazione, l'ingresso della PMA nei nuovi LEA costituisce una svolta importantissima nella legittimazione delle cure ed al diritto della salute riproduttiva. Ma come funziona concretamente? -possono accedere a detti trattamenti le coppie fino all'età di 46 anni per un massimo di 6 tentativi; -le coppie pagheranno un ticket che andrà, in base al trattamento scelto, da 100 a 300 euro; -i rimborsi per le cliniche convenzionate sarà pari ad euro 2.700,00 per i trattamenti di omologa ed euro 3.000,00 per i trattamenti di eterologa; -tutte le regioni offriranno detti trattamenti allo stesso prezzo. Ma è davvero così nella realtà? Le strutture sanitarie, tuttavia, ritengono insufficienti i fondi stanziati a rimborso dallo Stato, pertanto si teme che alcuni trattamenti potrebbero rivelarsi non adeguati oppure aumentare notevolmente le liste d'attesa. Inoltre ricordiamo che le strutture pubbliche in Italia che effettuano trattamenti PMA sono soltanto 66 e solo 17 in Sicilia e Sardegna. Cosa cambia per la PMA nel 2025 con le nuove Lea? Cosa cambia per la PMA nel 2025 con le nuove Lea? Sicuramente l'aggiornamento LEA tende ad eliminare le differenze economiche che ostacolano l'accesso alle cure mediche (pensiamo che per un trattamento prima dei nuovi LEA le coppie spendevano in media 5.000,00 a ciclo) tuttavia la strada è ancora lunga per permettere alle coppie di poter usufruire di cure mediche con alti standard qualitativi in tempi brevi. Indubbiamente un grande passo è stato fatto. Avv Ilaria Paletti
- Il dispensario farmaceutico e le proposte migliorative
contratti pubblici e obbligazioni della pubblica amministrazione - Appalto di lavori - Miglioria - Variante Cosa é una offerta migliorativa in una gara pubblica? Come si distingue una offerta migliorativa rispetto ad una variante? É possibile configurare una offerta migliorativa anche in ambito sanitario farmaceutico? É possibile applicare il principio dell’offerta migliorativa al dispensario farmaceutico offerto da un Comune? Seguici on Line Per rispondere a tali domande riprendiamo i passi di una recente sentenza della giurisprudenza amministrativa (Tar Campania 506/25) secondo cui: La rivisitazione delle lavorazioni a base di gara attraverso l’offerta e la specificazione dei materiali utilizzati può costituire una prestazione migliorativa in chiave qualitativa la cui ammissibilità trova riscontro (oltre che, nel caso specifico, nella disciplina di gara) nella nozione stessa di “miglioria” per come elaborata in giurisprudenza in contrapposizione a quella di “variante”. Difatti, le prestazioni migliorative consistono in soluzioni tecniche che investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell'opera, configurandosi come integrazioni e precisazioni che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste. Leggi pure Il dispensario farmaceutico a chi tocca gestirlo? Segui il blog In motivazione la sezione ha precisato che il disciplinare di gara consentiva espressamente offerte migliorative consistenti in opere e attività complementari a quelle oggetto di appalto, nonché opere e forniture aggiuntive che, senza incidere sulla struttura e tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o aspetti tecnici dell’opera facendo espresso riferimento, nel prosieguo, alle “caratteristiche dei materiali e dei prodotti proposti dal concorrente”. É possibile applicare il principio dell’offerta migliorativa al dispensario farmaceutico offerto da un Comune? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Offerta migliorativa e dispensario farmaceutico Rispondere alla terza domanda a questo punto é direttamente conseguente, ed infatti é possibile avere una offerta migliorativa anche in ambito sanitario farmaceutico, si pensi al caso di una assegnazione di un dispensario farmaceutico offerto dal Comune a più farmacisti ugualmente vicini al presidio interessato, il farmacista offerente un servizio extra o un prolungamento di orario potrà, ad avviso di ciò scrive, essere considerato vincitore grazie al principio dell’o “offerta migliorativa” a meno che ciò non sia contrario all’avviso di gara pubblicato. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Conformi: Cons. Stato, sez. V, 15 novembre 2021, n. 7602; 5 febbraio 2021, n. 1080; 12 maggio 2020, n. 2969. Fonte giustizia amministrativa.
- La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti
Ci è stato posto un quesito da parte dei Farmacisti "storici" di un comune, i quali, raccolti in comitato hanno chiesto se il Comune è tenuto alla informazione dell'avvio del procedimento di revisione di una pianta organica, Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Quindi il quesito dovrebbe essere, Sussiste la violazione delle garanzie procedimentali, dovuto alla mancata comunicazione di avvio del procedimento di revisione della pianta organica? La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti Per chi non ha tempo di leggere anticipiamo la nostra risposta, "NO" non sussiste la violazione dell'obbligo procedimentale nella maggior parte dei casi, vediamo il perché. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Ed infatti il provvedimento di revisione della pianta organica è un atto generale di pianificazione, funzionale al miglior assetto delle farmacie sul territorio comunale al fine di garantire l'accessibilità dei cittadini al servizio farmaceutico (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 652). La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti Quindi trattandosi di atto di pianificazione, e dunque di atto programmatorio, finalizzato alla tutela dell'interesse pubblico alla corretta disciplina del servizio farmaceutico, non sussiste l'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ai singoli farmacisti in ragione dell'espressa esclusione di cui all'articolo 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990. Su tale punto abbiamo visto recenti pronunce del T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. IV, 29 luglio 2016,e del Consiglio di Stato, Sez. III, 24 novembre 2012). Infatti l'articolo 13, comma 1, della legge n. 241 del 1990, infatti, esclude l'applicazione delle disposizioni sulla partecipazione al procedimento amministrativo nei confronti dell'attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. E quindi, Nella revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti non è secondario ma Come possono i Farmacisti esistenti tutelare la propria posizione nei confronti della revisione della pianta organica? Il ruolo dell'ordine dei Farmacisti Va premesso che non sussiste una diretta posizione del singolo farmacista verso il Comune, almeno lì dove il Farmacista titolare non veda lesa la propria perimetrazione, mentre invece in generale la partecipazione dei singoli farmacisti, del resto, è garantita attraverso la previa acquisizione del parere dell'Ordine professionale, come previsto dalla normativa vigente. La revisione della pianta organica ed il ruolo dei farmacisti Prima di concludere una precisazione al riguardo, secondo la costante opinione giurisprudenziale però, una volta riconosciuta, la legittimità di una delibera modificativa della pianta organica delle sedi farmaceutiche, è legittimo il provvedimento di decentramento di una sede farmaceutica esistente che sia stato adottato in conformità all’operata revisione da parte dell'amministrazione (cfr.: Consiglio di Stato, sez. III, 06/08/2018), ecco che da questo singolo e particolare episodio rinasce l'interesse del singolo farmacista potenzialmente leso a partecipare al procedimento. Sperando di aver chiarito i termini della questione. Hai un quesito? Leggi i nostri articoli per la Farmacia e Farmacisti in Diritto della Farmacia. Prima di chiudere riportiamo anche una recentissima pronuncia del Consiglio di Stato 1144 del 12 febbraio 2025 secondo cui , la pianta organica delle farmacie presenti in un Comune deve essere formata sulla base di indagini approfondite, che tengano conto sia delle direttrici di frequenza quotidiana della popolazione, come della necessità di approvvigionamento urgente a vantaggio degli ammalati anche in ore notturne. Peraltro, la pianta organica non assegna a ciascuna farmacia una precisa ubicazione bensì una porzione di territorio (sede farmaceutica) più o meno ampia, ma delimitata e distinta da quella delle altre farmacie dello stesso Comune, salvo la presenza in via eccezionale e transitoria di sedi promiscue, ovvero farmacie allocate nella sede di altra farmacie. In particolare, la sede farmaceutica costituisce una speciale circoscrizione del territorio comunale e, come per le tutte le altre circoscrizioni, nessuna parte del territorio del Comune può essere sottratta alla ripartizione allorché si procede alla formazione della pianta organica per cui non sono ammesse zone cuscinetto tra le varie sedi, atteso che la divisione in sedi del territorio comunale ha una duplice funzione: in primo luogo per fissare, in conformità ai criteri dettata dalla relativa normativa, il numero degli esercizi farmaceutici ed in secondo luogo per delimitare la zona del Comune entro cui i locali delle singole farmacie debbono stabilirsi e possono spostarsi in modo da assicurare un'adeguata assistenza agli abitanti di tutti i rioni cittadini. Nel caso poi in cui i perimetri di sedi farmaceutiche vengano individuati con l'indicazione della via, si deve intendere attribuita a ciascuna delle sedi separate dalla via il lato di questa adiacente alla rispettiva sede, escludendosi che la via sia assegnata promiscuamente alle due sedi che trovano in essa il confine. È inoltre principio pacifico quello secondo cui il farmacista è tenuto ad aprire l'esercizio dentro e non fuori la zona territoriale di competenza, salvo eventuale revisione della pianta organica che comporti una modifica dei confini originari tale da consentirgli lo spostamento dell'esercizio farmaceutico nell'ambito della nuova sede assegnata. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli
- La vendita aziendale e l’ aggiustamento del prezzo
Parliamo della vendita aziendale ovvero del complesso dei beni dell’imprenditore o della sua famiglia. L’individuazione del prezzo di vendita é un momento chiave che spesso dipende da complessi meccanismi economici legali aziendali che richiedono particolare attenzione ‼️ in fase di trattativa. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Nel presente post parliamo delle clausole che possono modificare il prezzo di vendita o adeguarlo agli eventi che possono verificarsi tra la data di accordo e la data di vendita effettiva. Le clausole nei contratti di cessione/trasferimento di azienda Una clausola molto utilizzata é la clausola di aggiustamento del prezzo di vendita. Le clausole di aggiustamento del prezzo, o " price adjustment ", nei contratti di compravendita, specialmente in quelli di aziende o partecipazioni societarie, sono meccanismi contrattuali che consentono di modificare il prezzo di vendita dopo il perfezionamento della transazione (closing). L'obiettivo è allineare il prezzo finale al valore reale dell'azienda (es farmacia) al momento del closing, tenendo conto di eventuali variazioni intervenute nel periodo tra la firma del contratto e il #closing stesso. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Ecco come funzionano generalmente: * Periodo di riferimento: * Viene definito un periodo di tempo, di solito tra la data di firma del contratto e quella del closing, durante il quale l'attività aziendale continua ad essere gestita dal venditore. Variazioni patrimoniali: * Si considerano le variazioni del patrimonio netto, del capitale circolante o di altri indicatori finanziari rilevanti dell'azienda. Queste variazioni possono essere dovute a diversi fattori, come risultati operativi, debiti, crediti, variazioni delle scorte, ecc. Meccanismo di calcolo : * Il contratto stabilisce un meccanismo di calcolo per determinare l'aggiustamento del prezzo. Questo meccanismo si basa sulla differenza tra il valore dell'azienda alla data di riferimento (di solito una data antecedente al closing) e il valore al momento del closing. Aggiustamento : * L'aggiustamento può comportare un aumento o una diminuzione del prezzo, a seconda delle variazioni riscontrate . Se il valore dell'azienda è aumentato, l'acquirente potrebbe dover pagare un importo aggiuntivo; se è diminuito, il venditore potrebbe dover restituire una parte del prezzo già pagato. Controversie Per evitare controversie, è fondamentale che il contratto definisca in modo chiaro e dettagliato il meccanismo di aggiustamento, i criteri di valutazione e le procedure di risoluzione delle eventuali contestazioni. Finalità delle clausole di aggiustamento del prezzo sono così sintetizzabili: Equità : * Garantiscono che il prezzo finale rifletta il valore reale dell'azienda al momento del trasferimento, tutelando gli interessi sia del compratore che del venditore. Flessibilità : * Consentono di gestire l'incertezza legata alle variazioni che possono verificarsi nel periodo tra la firma del contratto e il closing . Accordi : Facilitano il raggiungimento di un accordo tra le parti, permettendo di superare eventuali divergenze sul valore dell'azienda. È importante avere un legale e un consulente finanziario per la redazione e/o la contrattazione di clausole di aggiustamento del prezzo chiare e precise, in grado di tutelare adeguatamente i propri interessi, se avete domande non esitate a contattarci . Vediamo ora nel dettaglio la normalizzazione del prezzo di vendita / acquisto La " clausola di normalizzazione del prezzo " è un meccanismo inserito nei contratti di compravendita, specialmente in quelli relativi a transazioni complesse come l'acquisizione di aziende (sedi industriali). Essa mira a garantire che il prezzo finale rifletta il valore effettivo dell'azienda alla data del closing, neutralizzando gli effetti di eventi o circostanze anche non ordinarie che potrebbero aver influenzato i risultati finanziari nel periodo interinale (il periodo tra la firma del contratto e il closing). Ecco alcuni aspetti chiave: Obiettivo: * L'obiettivo principale è "normalizzare" i risultati finanziari dell'azienda, eliminando distorsioni che potrebbero alterare la valutazione del suo valore intrinseco. Eventi straordinari : Questi eventi possono includere, ad esempio, cambiamenti significativi nella legislazione fiscale, eventi catastrofici, controversie legali di grande impatto, o altre situazioni che non rientrano nella normale attività operativa dell'azienda. Meccanismo di calcolo: La clausola specifica come questi eventi straordinari devono essere identificati e come il loro impatto finanziario deve essere calcolato e sottratto dai risultati finanziari del periodo interinale. La vendita aziendale e l’ aggiustamento del prezzo Esempio pratico per un’azienda industriale 🏭 che ha subito perdite a causa di eventi atmosferici (agricoltura) o per eventi straordinari (inondazione) Se un'azienda subisce una perdita significativa a causa di un evento naturale eccezionale, la clausola di normalizzazione può consentire di escludere questa perdita dal calcolo del prezzo di aggiustamento, in modo che l'acquirente non debba pagare un prezzo inferiore a causa di un evento non ricorrente. Clausola di Normalizzazione Differenze con le clausole di l'aggiustamento del prezzo : Mentre le clausole di aggiustamento del prezzo si concentrano sulle variazioni ordinarie del capitale circolante o di altri indicatori finanziari, la clausola di normalizzazione si focalizza spesso su eventi straordinari che potrebbero distorcere il quadro finanziario. In sintesi, la clausola di normalizzazione del prezzo aggiunge un livello di protezione sia per l'acquirente che per il venditore, assicurando che il prezzo finale sia basato su una valutazione più accurata e rappresentativa della reale performance dell'azienda. Hai un quesito o un caso pratico? Necessiti di assistenza? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli
- Le penali nella vendita della farmacia
Nel contratto di cessione di una farmacia , é possibile inserire penali per garantire l’ adempimento degli obblighi post-vendita, tra cui la produzione dei documenti contabili necessari per la determinazione del prezzo definitivo e per eventuali verifiche da parte dell’acquirente. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Le penali nella vendita della farmacia Le possibili Penali in cui ci si può imbattere nel Contratto di Cessione della Farmacia sono: 1. Penale per Ritardata o mancata consegna dei documenti contabili Il venditore si impegna a fornire entro un termine prestabilito (es. 30-60 giorni dal closing) la documentazione contabile completa, come: Bilanci Registri IVA Libro giornale Situazione aggiornata del magazzino Estratti conto bancari Penale possibile: una somma fissa per ogni giorno di ritardo (es. 100-500 al giorno, fino a un massimo di 5-10% del prezzo di vendita, oltre tale soglia scatta infatti l’ipotesi della risoluzione dell’accordo) Segui la pagina sui social e rimani aggiornato 2. Penale per Irregolarità o inesattezze nei documenti contabili Se i documenti forniti risultano incompleti, inesatti o falsati, con impatto sulla determinazione del prezzo, il contratto puó prevedere: Una riduzione automatica del prezzo proporzionale alla differenza tra dati dichiarati e reali. Una penale fissa (es. 2-5% del prezzo di vendita). Obbligo di risarcire eventuali danni (es. multe fiscali o perdite subite dall’acquirente). 3. Obbligo di assistenza post-vendita e accesso ai documenti Il venditore puó essere obbligato a fornire assistenza o collaborazione per un periodo (es. 3-6 mesi) per rispondere a richieste su contabilità , rapporti con ASL e fornitori. La mancata collaborazione puó prevedere una penale forfettaria (es.€ 10.000-20.000) da detrarre sul prezzo di acquisito stante la difficoltà per l’acquirente di gestire l’azienda nei primi mesi di attività post contratto. 4. Mancato rispetto del meccanismo di aggiustamento del prezzo ( vedi altro post al riguardo) Se il venditore non fornisce i dati necessari per il calcolo degli aggiustamento del prezzo (es. valore esatto delle scorte di magazzino), l’acquirente potrà: Applicare un valore minimo stimato a suo favore. Prevedere una penale per ogni mese di ritardo. Risolvere il contratto 5. Risoluzione del contratto in caso di inadempimento grave In caso di mancata consegna dei documenti essenziali o false dichiarazioni contabili, si potrà prevedere una clausola che consenta all’ acquirente di richiedere l’annullamento della vendita e/o il risarcimento del danno. Vediamo ora un esempio di Clausola Penale sulla Produzione dei Documenti Contabili “ Il Venditore si impegna a fornire all’Acquirente, entro e non oltre 30 giorni dalla data del closing, tutta la documentazione contabile e fiscale necessaria per il calcolo dell’aggiustamento del prezzo e per la gestione della farmacia, tra cui bilanci, registri IVA, situazione del magazzino e contratti con fornitori. In caso di ritardo nella consegna, il Venditore sarà tenuto a corrispondere all’Acquirente una penale di € 200, per ogni giorno di ritardo, fino a un massimo di € 10.000. ” Leggi pure: Il contratto di vendita della farmacia attenzione alle clausole nascoste In caso di mancata consegna oltre 60 giorni, l’Acquirente avrà diritto a trattenere dal prezzo di vendita un importo pari al valore stimato dei documenti mancanti, salvo il risarcimento di ulteriori danni. I casi sopra rappresentati sono frequenti tuttavia ogni contratto é a sé, per ogni esigenza specifiche, possiamo strutturare una clausola su misura per il tuo caso oppure analizzare quella che proposta dall’acquirente. Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Tutela contro la violazione del proprio nome commerciale, l'azione inibitoria
Nel caso in cui un'azienda o un imprenditore subisca la violazione dell'uso di un proprio marchio o del nome commerciale in una determinata zona, la tutela è rappresentata dall'azione inibitoria, ovvero una azione chiesta al Tribunale al fine di "bloccare" quindi inibire l'uso del marchio o della dizione commerciale #abusivamente perpetrata da un #concorrente. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La caratteristica dell'azione inibitoria risiede nel fatto che questa è una azione "tipica" prevista dall'art. 131 del codice della proprietà intellettuale il quale la prevede come azione provvisoria, quindi riferita ad un successivo giudizio che dopo la sua proposizione deve essere avviato nel merito per comprendere chi ha ragione e chi ha torto tra colui che ritiene di essere "violato" chi ha effettuato tale azione. Mentre il procedimento di "inibitoria" è quindi veloce e cautelare, quello di merito è un procedimento ben piu' complesso ed articolato. Sussiste quindi un annoso quesito, l'azione inibitoria come procedimento cautelare è sempre subordinato ad un successivo passaggio di merito? Per rispondere a tale domanda che porta con sé la durata della procedura , potenzialmente alla durata di anni è necessario scendere nel tecnico e differenziare tra le azioni previste nel codice della proprietà industriale, quindi tra le azioni tipiche e quelle invece generali anticipatorie di pronuncia, previste dall'art. 132 comma 4 del Codice della Proprietà Industriale. L’Inibitoria ed i procedimenti cautelari sono sempre vincolati ad un successivo giudizio di merito? In tema di diritto d’autore i procedimenti provvisori assumono un ruolo centrale per la tutela delle violazioni, si pensi alla richiesta di inibitoria così come gli altri procedimenti cautelari. Tali procedimenti però sono subordinati dopo una fase d’urgenza ad un vero e proprio processo di merito. Tale regola vale per la domanda di inibitoria ma vale anche per tutti i procedimenti anticipatori della disposizione richiesta? Il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto, ed in particolare può chiedere che siano disposti l'inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell'uso delle cose costituenti violazione del diritto, e l'ordine di ritiro dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprietario o ne abbia comunque la disponibilità, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari. L'inibitoria e l'ordine di ritiro dal commercio possono essere chiesti, sugli stessi presupposti, contro ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale ai sensi dell'art 131 cpi Il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto, ed in particolare può chiedere che siano disposti l'inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell'uso delle cose costituenti violazione del diritto, e l'ordine di ritiro dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprie-tario o ne abbia comunque la disponibilità, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari. L'inibitoria e l'ordine di ritiro dal commercio possono essere chiesti, sugli stessi presupposti, contro ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale. L’inibitoria nel diritto d’autore ed il problema del processo di merito Cosa accade al procedimento di inibitoria una volta conclusa la fase cautelare d'urgenza? Se il giudizio di merito non è iniziato nel termine indicato ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare di inibitoria perde la sua efficacia ai sensi dell'art 132 cpi Ma tale decadenza dell’efficacia vale anche per i tutti procedimenti urgenti non inibitori emessi ai ai sensi dell’art 700 cpc? Sembra di no in quanto le disposizioni di decadenza non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile ed agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito. In tali casi ciascuna parte può ma non deve iniziare il giudizio di merito, ai sensi dell'art 132 comma 4 del codice della proprietà industriale. Secondo il codice della proprietà intellettuale (artt. 131 e 132 D.lgs 30/2005) mentre i procedimenti inibitori hanno una efficienza provvisoria subordinata al successivo procedimento di merito, i procedimenti 700 cpc quali processi anticipatori sono già di per sé idonei ad anticipare la sentenza di merito, risultando quindi svincolati da un successivo giudizio di merito. (Corte App Roma 5748/2022). Di tale ricostruzione e della relativa compatibilità o violazione con il diritto dell’Unione Europea o (articolo 9 punto 5 direttiva 2004/48 CE) non né convinta la Cassazione che con l’ordinanza 3332/2025 ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europa. Possiamo quindi concludere affermando che l'inibitoria è la risposta alla domanda dell'imprenditore che si ritiene violato nel proprio diritto d'autore/proprietà intellettuale/industriale. Tale procedura tuttavia allo stato attuale appare sempre subordinata ad una successiva fase di "merito" che invece non sempre è prevista per tutti quei procedimenti atipici previsti dall'art. 132 comma 4 del codice della proprietà industriale e che quali provvedimenti "anticipatori" appaino già di per sé risolutivi, con vantaggi in termini di tempo e costi. La scelta del tipo di provvedimento da richiedere nelle procedure del diritto d'autore e tutela della proprietà industriale avrà un impatto dirimente almeno fintanto che la Corte di Cassazione abbia risolto il dubbio interpretativo sulla corretta applicazione della direttiva Europea 2004/48 articolo 9 in relazione al diritto interno Italiano. Seguici sui social se hai un quesito contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- La trasformazione recessiva della Farmacia da SRL a SNC
diritto farmaceutico a cura dell'avvocato Aldo Lucarelli Dopo l'ondata modaiola del concorso straordinario Farmacie che ha determinato il sorgere di Farmacie basate quasi esclusivamente sul modello “SRL” a seguito della riforma operata dal decreto 124 del 2017 è ora il tempo di assistere ad una inversione di tendenza che vede il ritorno a modelli di gestione piu' diretti economici e snelli come Snc e SaS anche a seguito di trasformazioni chiamate “recessive” per l'appunto da Farmacie SRL a SNC o SaS. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Ma perché tale passaggio recessivo dal modello della Farmacia SRL alla SNC? In via preliminare occorre evidenziare che il modello Srl è stato indicato all'epoca anche dal Consiglio di Stato per venire incontro alle esigenze paritetiche (proprietarie e gestionali) che il concorso Monti 2012 imponeva, non era una scelta di ottimizzazione bensì un obbligo organizzativo per coniugare proprietà e gestione dei candidati farmacisti, divenuti soci farmacisti. Segui la pagina per Farmacisti su Facebook con articoli quotidiani Abbiamo quindi assistito alla nascita di SRL con 3/5 soci divenuti ex lege parte di una SRL almeno per un triennio. Ora che il triennio da concorso è scaduto quasi ovunque (eccetto le ultime assegnazioni in corso di apertura vedi Abruzzo Campania etc) è tempo di prendere profitti con vendite infra soci SRL o con cessioni in blocco a volenterosi investitori, nelle note modalità del moltiplicatore su fatturato. Ti può anche interessare: La revisione della pianta organica delle farmacie Esiste però anche un altro fenomeno che è per l'appunto quello messo in atto con la trasformazione ex art. 2500 sexies del codice civile per il passaggio dalla strutturata forma di SRL alla piu' personale forma della Snc, vediamone i tratti salienti. Passo 1: passaggio dalla responsabilità limitata pro quota ad un responsabilità personale. La trasformazione recessiva da SRL a SNC, pur comportando un aumento della responsabilità personale dei soci, può offrire alcuni benefici, soprattutto in determinate situazioni 1. Semplificazione della gestione: Minori adempimenti amministrativi: La SNC ha una struttura più snella rispetto alla SRL, con meno obblighi contabili e amministrativi. Questo passaggio riduce i costi e il tempo dedicati alla gestione dell'azienda che diviene incentrata sulla persona socio e non sulla quota socio. Ricordiamo infatti che nella SNC tutti i soci sono anche amministratori e la fiscalità si applica sulla persona, con la possibilità di avere benefici in termini di detrazioni personali. Maggiore flessibilità decisionale: Le decisioni possono essere prese in modo più rapido e informale, senza la necessità di convocare assemblee o redigere verbali complessi soprattutto nel caso di SRL composte da un CdA 2. Aspetti fiscali: Trasparenza fiscale: Nella SNC, gli utili vengono tassati direttamente in capo ai soci, in proporzione alla loro quota di partecipazione. Questo può essere vantaggioso se i soci hanno aliquote fiscali inferiori a quelle applicate alle società di capitali. Gestione delle perdite: Le perdite della SNC possono essere compensate con altri redditi dei soci, riducendo il carico fiscale complessivo. Sempre in tema di aspetti fiscali (consultare il priorio commercialista) sono da tener presenti le disposizioni previste dall'art. 170 del TUIR secondo cui le riserve costituite prima della trasformazione, sono imputate ai soci: a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d'esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine; b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione. Le riserve sono assoggettate ad imposta secondo il regime applicabile alla distribuzione delle riserve, eccetto il caso di trasparenza fiscale che fosse stato adottato dalla Srl prima della trasformazione ex art. 115 tuir. 3. Rapporti con le banche e i fornitori: Maggiore fiducia: In alcuni casi, la responsabilità illimitata dei soci può essere vista come una garanzia maggiore da parte di banche e fornitori, facilitando l'accesso al credito e ai rapporti commerciali. E' tuttavia importante tener presente il concetto di “continuità” delineato dai principi della Cassazione che con sentenza n. 10598 del 7 maggio 2013 ha ribadito che la trasformazione è una vicenda evolutiva, ma non estintiva, del soggetto giuridico . Ciò significa che i rapporti giuridici preesistenti, sia attivi che passivi, permangono e che la trasformazione non può essere utilizzata per sottrarre l'impresa societaria alla soggezione alle procedure concorsuali tipo fallimento. (Cass. 4737/2020) Scopri il blog con articoli su casi pratici 4. Aspetti successori: Passaggio generazionale facilitato: La SNC può semplificare il passaggio dell'azienda ai successori, grazie alla sua struttura più semplice e alla maggiore flessibilità nella gestione delle quote sociali. 5. Adattamento alle dimensioni della Farmacia: Piccole imprese familiari: La SNC può essere una forma giuridica più adatta per piccole imprese a conduzione familiare, dove la responsabilità personale dei soci è già implicita e la semplificazione della gestione è prioritaria. In termini operativi poi si deve evidenziare che la deliberazione di trasformazione di società a responsabilità limitata in società di persone, quindi SNC o SaS deve essere adottata con le maggioranze previste per le modifiche del proprio statuto. È comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata . La trasformazione recessiva della Farmacia da SRL a SNC Gli amministratori, che ricordiamo essere tutti i soci nelle Srl da concorso straordinario, devono predisporre una relazione che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione. Ciascun socio ha diritto all'assegnazione di una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni. I soci dissenzienti mantengono comunque un diritto di recesso (art. 2473 cc) con liquidazione della propria quota, il ché potrà portare chiaramente ad una riduzione del capitale sociale. Leggi pure: Farmacia SNC e cessione quote e concorso I soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione. segui la pagina on line Conclusione: la trasformazione recessiva di una farmacia da SRL a Snc o SaS è una procedura adatta – ad avviso di chi scrive – per quelle farmacie nate dal concorso straordinario , che non siano destinate ad una cessione speculativa e che, nelle mani di soci familiari o soci che hanno un ottimo rapporto , siano destinate a durare nel tempo con modelli organizzativi piu' flessibili ed economici anche in vista di una successione generazionale. Contattaci per ogni esigenza o consulta il blog gratuito in diritto farmaceutico con centinaia di casi svolti Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Socio di Farmacie la pluripartecipazione
socio di piu' farmacie, il socio unico di piu' farmacie e la pluri proprietà di farmacie Che differenza c'è tra la pluri partecipazione in diverse società di Farmacia e lo svolgimento delle attività nelle #Farmacie? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato E' possibile avere la proprietà di piu' farmacie? Il quesito nasce da alcune segnalazioni a cui rispondiamo precisando che Possono essere titolare di farmacie le persone fisiche e le società di capitali (L. 124/2017). Segui la pagina sui social e rimani aggiornato I modelli societari prescelti sono quelli tipici del diritto civile, i piu noti ed usati sono la SNC (società in nome collettivo caratterizzata dalla presenza di due amministratori soci) e SaS (caratterizzata per la duplicità di soci persone fisiche, Accomandati ed Accomandatari) per le società di persone, e SRL e Spa meglio note come società di capitali ove il patrimonio - con personalità giuridica autonoma e distinta da quella dei soci è rappresentato da quote o azioni liberamente cedibili. Ti può anche interessare: "Farmacia quale modello societario" Se le società di persone sono meglio identificabili con i soggetti che le popolano - i soci - le società di capitali sono maggiormente impersonali, autonome e votate ad attività imprenditoriale data la facilità di trasferimento del titolo (quota o azione) che del governo societario, si pensi al Consiglio di Amministrazione. Ti può anche interessare: "Farmacia Srl ed i conflitti tra i soci" La scelta del modello societario NON è secondaria in quanto anche le "incompatibilità" si rifletteranno differentemente a seconda del modello societario si pensi alla differenze tra Snc e SaS o tra Srl e Sapa (società in accomandita per azioni). La partecipazione alle società titolari di farmacia (di cui all'articolo 7, legge 362/1991) è incompatibile: A) con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica. B con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; C) con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato. Farmacie soci anche non farmacisti L'apertura alle società di capitali, anche per le farmacie private, si è accompagnata inoltre, sempre nella riforma del 2017, al venir meno ovvero all'abolizione, per tutti i tipi societari, della previsione che in precedenza imponeva che i soci, delle società che gestiscono farmacie, dovessero essere a loro volta farmacisti, come anche alla rimozione del limite delle quattro licenze in capo ad una stessa società, limite sostituito dal divieto, meno pregnante, di controllare una quota superiore al 20 per cento delle farmacie della medesima regione o provincia autonoma ed il cui rispetto è sottoposto ai poteri di indagine, istruttoria e diffida dell'AGCM. E' importante a tal proposito sottolineare che i commi 158 e 159 della legge 124 del 2017 hanno precisato che (tutti) i soggetti che oggi possono essere titolari di farmacia ( le persone fisiche, in conformita' alle disposizioni vigenti, le societa' di persone, le societa' di capitali e le societa' cooperative a responsabilita' limitata) possono controllare, direttamente o indirettamente, ai sensi degli articoli 2359 e seguenti del codice civile, non piu' del 20 per cento delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma. Il controllo di tale pluri partecipazione è rimesso alla l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato che provvede ad assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al comma 158, quindi il limite del 20%, attraverso l'esercizio dei poteri di indagine, di istruttoria e di diffida ad essa attribuiti dalla legge. Tale legge - ovvero i commi 157 -158 e 159 L. 124/2017 - hanno ridefinito il perimetro tra "incompatibilità e partecipazioni" in quanto da una parte con il comma 157 è stato ridisegnato il perimetro dell'art. 7 della legge 362 del 1991 secondo cui dal 2017 " Sono titolari dell'esercizio della farmacia privata le persone, fisiche, in conformita' alle disposizioni vigenti, le societa' di persone, le societa' di capitali e le societa' cooperative a responsabilita' limitata.." Poi è stato inserita la precisazione che: «La partecipazione alle societa' di cui al comma 1 e' incompatibile con qualsiasi altra attivita' svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonche' con l'esercizio della professione medica... Alle societa' di cui al comma 1 si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 8" (quindi oltre alla informazione scientifica e ed attività medica anche b) la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; e c) qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato.." dall'altro è stato inserito il limite del 20 % quale tetto alla pluri proprietà su base regionale. Da questi incisi deriva che: se da un lato possono essere titolari all'esercizio della farmacia privata (tutti) i soggetti sopra descritti, dall'altro questi soggetti ai fini della titolarità (ovvero tutti quelli inidicati nell'art. 7 co. 1 L. 362/91 sia persone fisiche che società) sono incompatibili con 1) informazione scientifica ed attività medica (ivi inclusa case di cura ed rsa) 2) posizione di titolare/gestore provvisorio/collaboratore di altra farmacia, 3) rapporto di lavoro pubblico e privato (non prevalente diremmo oggi dopo le pronunce del 2020 Corte Cost. n. 11 e interpretazione del Tar Toscana sulla SaS per un mediatore n. 233/2020 come ripreso anche dal Tar Brescia). Da qui è pienamente condivisibile il contenuto del parere espresso dal Ministero della Salute del 2018 (7 marzo) secondo cui le incompatibilità si estendono a tutti ovvero sia a società che ai soci, soprattutto ove si paventi l'idea di una partecipazione di Farmacia in Farmacia sicuramente vietata dalla legge. Più farmacie una sola proprietà Socio di Farmacie la pluripartecipazione In tale senso sembra esprimersi anche il CdS del 2018 parere n. 5 punto secondo cui: "...Questi ultimi, del resto, risultano chiaramente concepiti per soci che, al momento della scrittura della norma, dovevano, necessariamente, essere farmacisti. In tal modo, portando alle estreme conseguenze questa tesi, si potrebbe affermare che il sistema sanzionatorio ivi previsto riguarderebbe esclusivamente coloro che, soci o direttori responsabili, siano farmacisti iscritti all'albo. A conferma di ciò si fa notare che la sospensione nella direzione della farmacia prevista dal comma 3 dell’art. 8 per il caso di violazione si riferisce a soggetti con tale qualifica. Per converso, il regime di incompatibilità di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, riguarderebbe qualsiasi socio" " ..In conclusione, l’incompatibilità di cui al citato art. 8, comma 1, lett. b) da parte del titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia deve essere estesa a qualsiasi forma di partecipazione alle società di farmacia, senza alcuna limitazione o esclusione." Ecco quindi che NON si può partecipare né direttamente né indirettamente alle società titolari di farmacie ove si ricada nelle previsioni descritte.. Ma.. E quindi la pluri partecipazione nelle Farmacie come funzionerebbe? A parere di chi scrive, la norma di riferimento è il comma 158 della legge 124/2017 dopo però la lettura orientata dei precedenti commi già descritti e quindi, "I soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, come sostituito dal comma 157, lettera a), del presente articolo, quindi (non i farmacisti, bensì persone fisiche, le società di persone, le società di capitali e le società cooperative a responsabilità limitata) possono controllare, direttamente o indirettamente, ai sensi degli articoli 2359 e seguenti del codice civile, non piu' del 20 per cento delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma." Quindi il controllo, sia esso diretto, oppure indiretto a norma dell'art. 2359 del c.c. è ammesso per tutti quei "SOGGETTI" indicati nell'art. 7 co. 1 della Legge 362/1991 dove per "Soggetto" si deve intendere un soggetto di diritto anche nella forma delle società non identificato con un farmacista. Chiara quindi la differenza tra "Soggetti" che possono essere "titolari di farmacie" i quali subiscono quindi le incompatibilità in relazione però alle altre farmacie e i Soggetti che possono controllare fino al 20 % delle sedi, non interferendo con altre farmacie dove però per altra farmacia, ad avviso di chi scrive, non andrà intesa l'unità locale, bensì l'azienda idenficata dalla paritata iva; da qui nasce il meccanismo della fusione per incorporazione come meccanismo principale di acquisizione, che fonderà la farmacia target nella stessa azienda della farmacia principale. Ed infatti a corollario di tali passaggi vi è anche differenza di chi è il controllore deputato a far rispettare la norma: se per le incompatibilità sussiste un controllo da parte delle ASL/ASP e delle Regioni con le modalità di seguito descritte; per le plurime partecipazioni con il tetto del 20% sussiste il controllo da parte della Autorità Garante della Concorrenza e Mercato (art. 1 comma 159 L. 124/2017). Prima di chiudere va precisato ancora che le Società titolari di farmacie devono avere un oggetto sociale esclusivo per la Farmacia, oggi codice Ateco 47.73.10, e che lo Statuto della società (art. 7 co. 1 Legge. 362/1992) deve anche essere comunicato (per il controllo) alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani nonché all'assessore alla sanità della competente regione o provincia autonoma, all'ordine provinciale dei farmacisti e all'azienda sanitaria locale competente per territorio, anche in ordine alla compagine sociale ed alle variazioni della stessa. Società di Farmacia - oggetto esclusivo - la Fusione per incorporazione - creazione di unità locali Le società titolari dell'esercizio di farmacie private devono avere questa attività come loro oggetto sociale esclusivo e, quand'anche i soci possano non essere farmacisti, è pur sempre necessario che la direzione della farmacia continui invece ad essere affidata ad un farmacista, anche non socio, che ne è responsabile. Ti può anche interessare: Le incompatibilità nel diritto farmaceutico Al fine di mantenere l'oggetto sociale esclusivo e contemperare l'esigenza di crescita societaria , non trattandosi di società di investimento, è ipotizzabile il meccanismo della " fusione per incorporazione" della società veicolo (farmacia da acquisire) da parte della farmacia madre, (farmacia principale) il tutto sotto la condizione sospensiva del via libera da parte della Autorità sanitaria in termini di autorizzazione sanitaria, anche nei casi in cui la società target sia una Farmacia Comunale ( ove ammesso dalla delibera consiliare). seguici sui social Possiamo quindi concludere che Titolarità - Gestione - Partecipazione e controllo sono termini che si intrecciano e si incontrano continuamente nel sistema del diritto farmaceutico Italiano. Leggi il Blog e trova il tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli rappresentazione senza valore di consulenza - opinioni personali di studio dell'autore - caso di studio ed esemplificazione
- La pubblicità dei farmaci OTC ed i controlli del Comitato Tecnico Sanitario
In questo articolo ci occupiamo della pubblicità dei farmaci senza obbligo di ricetta e l'uso di riferimenti commerciali come la dizione "più vantaggioso" abbinato al formato di vendita. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La normativa sulla pubblicità presso il pubblico per i medicinali senza obbligo di prescrizione medica (art. 115 d.lgs. 219 del 2006), è ammessa previa autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La disciplina concernente il rilascio dell’autorizzazione è dettata dai commi 2 e seguenti dell’art. 118 d.lgs. n. 219 del 2006, ove è previsto il previo parere del Comitato tecnico-sanitario di cui al D.P.R. 28 marzo 2013 n. 44 che ha sostituito la Commissione di esperti prevista dall'articolo 201 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. La richiesta di pubblicità va effettuata secondo le linee guida del Ministero della Salute (qui il link, ) La pubblicità dei farmaci OTC La pubblicità dei farmaci OTC ed i controlli del Comitato Tecnico Sanitario Con riferimento in generale alla pubblicità di un medicinale l’art. 114 del d.lgs. n. 219 del 2006 detta i seguenti principi: “1. E' vietata qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non è stata rilasciata un'AIC, conforme al presente decreto, al regolamento (CE) n. 726/2004 o ad altre disposizioni comunitarie vincolanti. 2. Tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto. La pubblicità di un medicinale: a) deve favorire l'uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà; b) non può essere ingannevole.” Inoltre a norma dell’art. 116 del d.lgs. n. 219 del 2006 “la pubblicità di un medicinale presso il pubblico: a) è realizzata in modo che la natura pubblicitaria del messaggio è evidente e il prodotto è chiaramente identificato come medicinale; b) comprende almeno: 1) la denominazione del medicinale e la denominazione comune della sostanza attiva; l'indicazione di quest'ultima non è obbligatoria se il medicinale è costituito da più sostanze attive; 2) le informazioni indispensabili per un uso corretto del medicinale; 3) un invito esplicito e chiaro a leggere attentamente le avvertenze figuranti, a seconda dei casi, nel foglio illustrativo o sull'imballaggio esterno; nella pubblicità scritta l'invito deve risultare facilmente leggibile dal normale punto d'osservazione; nella pubblicità sulla stampa quotidiana e periodica deve essere, comunque, scritto con caratteri di dimensioni non inferiori al corpo nove.” Inoltre ai sensi del successivo art. 117 “1. La pubblicità presso il pubblico di un medicinale non può contenere alcun elemento che: a) fa apparire superflui la consultazione di un medico o l'intervento chirurgico, in particolare offrendo una diagnosi o proponendo una cura per corrispondenza; b) induce a ritenere l'efficacia del medicinale priva di effetti indesiderati o superiore o pari ad un altro trattamento o ad un altro medicinale; c) induce a ritenere che il medicinale possa migliorare il normale stato di buona salute del soggetto; d) induce a ritenere che il mancato uso del medicinale possa avere effetti pregiudizievoli sul normale stato di buona salute del soggetto; tale divieto non si applica alle campagne di vaccinazione di cui all'articolo 115, comma 2; e) si rivolge esclusivamente o prevalentemente ai bambini ; f) comprende una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone largamente note al pubblico; g) assimila il medicinale ad un prodotto alimentare, ad un prodotto cosmetico o ad un altro prodotto di consumo; h) induce a ritenere che la sicurezza o l'efficacia del medicinale sia dovuta al fatto che si tratta di una sostanza «naturale»; i) può indurre ad una errata autodiagnosi; l) fa riferimento in modo improprio, impressionante o ingannevole a attestazioni di guarigione; m) utilizza in modo improprio, impressionante o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell'azione di un medicinale sul corpo umano o su una sua parte. parimenti, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 116, comma 1, lettera a), non è consentita la divulgazione di messaggi e di testi il cui intento pubblicitario è occultato dalla ridondanza di altre informazioni. Con decreto del Ministro della salute può essere stabilito che i messaggi pubblicitari autorizzati ai sensi dell'articolo 118 contengono il numero di AIC del medicinale.” Costituiscono dunque principi e canoni di riferimento per l’espressione del parere da parte del Comitato e della conseguente autorizzazione ministeriale le prescrizioni normative di cui ai richiamati articoli 114, 116 e 117 del d.lgs. n. 219 del 2006. Segui la pagina on line In un recente caso davanti alla giustizia amministrativa é stata ritenuta una ingerenza eccessiva e quindi illegittoma quella del Ministero che avrebbe vietato l'uso della definizione di "più vantaggioso" riferita ad una confezione di un farmaco da banco nella specie un farmaco di auto medicazione da banco. Tar Roma 5459/2025 Leggi il blog in diritto farmaceutico Studio Legale Angelelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli
- Eredità, la donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento
Affrontiamo un caso complesso di carattere ereditario nel quale il farmacista defunto aveva donato in vita la propria Farmacia come azienda ad una società costituita dai propri figli, con l'onere ( donazione modale) che questa Farmacia desse adeguate provviste alla ex coniuge ed effettuasse alcuni specifici investimenti. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Venuti a mancare sia il donante che la donataria, uno dei figli chiede della possibilità di agire contro la Farmacia Azienda responsabile a suo dire di non aver rispettato l'onere-modale imposto dal padre defunto al momento della donazione. Da qui il quesito, la donazione modale in favore di una Farmacia può essere impugnata da uno degli eredi? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La risoluzione della donazione modale è ammissibile in caso di una clausola prevista nel contratto notarile di donazione? Come noto ai sensi dell'art. 793 cc della domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere imposto sulla donazione può essere domandata dal donante ovvero dai suoi eredi. Quindi per il primo quesito trova risposta positivo nel testo della legge. In punto di diritto, è opportuno evidenziare che la donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. Tale contratto costa di elementi costitutivi, quali lo spirito di liberalità e l'incontro di volontà delle due parti, e di elementi accidentali. Con riferimento alla donazione modale la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso-onere al beneficiario purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio che non snatura l'essenza di atto di liberalità della donazione (cfr. Cass. 28 giugno 2005, n.13876). E' possibile quindi donare ad un soggetto – anche società – apponendo a tale donazione un peso, per l'appunto un onere che questi dovrà adempiere con le attività ricevute in donazone. In linea di diritto quindi è possibile donare la propria azienda ad una società ed imporre a questa l'adempimento di alcune volontà prestabilite dal donante. Il quesito che viene posto però è riferito alla possibilità di chiedere la risoluzione quindi lo scioglimento della donazione modale per l'inadempimento da parte del donatario ricevitore dei beni degli obblighi imposti in sede di costituzione della donazione. In sintesi cosa accade se la società che ha ricevuto l'azienda – farmacia non adempie ai propri obblighi dopo la morte del donante? E' possibile risolvere la donazione modale per inadempimento? La donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento La donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento Infatti, la donazione modale ( art. 793 cod. civ. ) non introduce elementi di corrispettività nella causa liberale del contratto, costituendo il modus solo una modalità del beneficio attribuito e, in senso proprio, una sua limitazione . In termini più precisi, è stato osservato che, sotto il profilo strutturale, il modus-onere integra un elemento accessorio della donazione volto al conseguimento di finalità diverse e ulteriori rispetto al fine liberale della donazione che non snatura la causa unitaria (liberale) della donazione e non dà vita ad un negozio autonomo con causa propria ovvero ad un negozio complesso nel quale coesistono rapporti a titolo gratuito e a titolo oneroso (cfr. Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679; v., ancora di recente, Cass., 17 gennaio 2019, n. 1039 che, sia pur in tema di comodato gratuito, ribadisce l'inapplicabilità al modus dell'istituto della risoluzione contrattuale in forza di clausola risolutiva espressa, "istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus""). Leggi pure: "L'impresa familiare e la trasformazione in srl" Peraltro, in mancanza di espliciti limiti codicistici, si deve ritenere che l'onere possa avere ad oggetto sia un dare, sia un fare, sia un non fare e che possa essere posto a vantaggio non solo del donante o di terzi, ma anche dell'onerato. Pertanto, l'onere imposto dovrà presentare i requisiti che l' art. 1174 c.c. quindi suscettibile di valutazione economica e corrispondente ad un interesse anche non patrimoniale del creditore. Deve, infatti, ritenersi che l'onere si concreta nella costituzione di un rapporto obbligatorio in senso tecnico e come tale giuridicamente coercibile con la conseguenza che il donatario è tenuto alla esecuzione della prestazione dedotta in contratto . Deve essere, inoltre, soggiunto che, nell'ambito della donazione modale, il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata perchè il modus non può impoverire in modo completo il vantaggio attribuito dalla donazione. Rapporto di valore tra donazione ricevute e valore dell'obbligo ricevuto. Infatti, in ordine al rapporto tra il valore della donazione e il valore del modus, la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nell'affermare che se il valore della donazione è inferiore a quello del modus, come si desume dall' art. 793, comma 2, c.c. , rimane comunque un atto liberale, avendo l'ordinamento solo stabilito i limiti dell'obbligo cui è tenuto il donatario affinché non venga snaturata la causa donativa e tramutata in causa di impoverimento. Se, invece, i due valori coincidano, si tratterà di un contratto a prestazioni corrispettive se non vi è un lasso apprezzabile di tempo tra le prestazioni e l'equivalenza è conosciuta dalle parti e di una donazione se l'adempimento dell'onere deve essere effettuato dopo qualche tempo, di modo che il donatario tragga vantaggio dal godimento della cosa donata in base al risultato finale ottenibile con lo sfruttamento del bene donato e il suo incremento patrimoniale una volta adempiuto l'onere. Trib. Avellino 1184/23 Leggi pure: "testamento successione e quote di legittima" La donazione modale, inoltre, si distingue per diversità della causa, della natura giuridica e degli effetti dal vitalizio oneroso che è un contratto dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e legate da un nesso di interdipendenza. La donazione, infatti, a cui acceda un onere comporta l'obbligo, giuridicamente coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata. In tal caso la disposizione modale costituisce un elemento accessorio dell'atto di liberalità in quanto con esso il disponente mira ad attuare un fine che si aggiunge a quello principale del negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di questo, senza, peraltro, condizionarne l'attuazione e senza che, anche quando la disposizione modale preveda a carico del donatario la prestazione di una rendita vitalizia a favore del disponente, resti modificata la natura e la causa della donazione. Il modo od onere, quindi, non rende incerta la liberalità, che viene fatta puramente e semplicemente, ma accede alla medesima, senza influire sul suo contenuto giuridico, sebbene l'adempimento del modo incida sugli effetti economici dell'attribuzione patrimoniale fatta a titolo gratuito nel senso che il valore dell'onere grava su quanto ricevuto dal donatario riducendone l'entità (cfr. Cass. 18 febbraio 1977 n. 739). Leggi pure: "La rinuncia all'eredità ed il danno per i creditori" Quanto all'onere della prova, deve essere ricordato che la parte che agisce per la risoluzione è tenuta a dimostrare l'esistenza di un titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute, nonchè il fatto d'inadempimento e la sua gravità ai sensi dell' art. 1455 c.c. incombendo, invece, sul donatario la dimostrazione che lo stesso è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Leggi pure: "Famiglia divorzio ed eredità" Con riferimento al requisito della gravità dell'inadempimento, infatti, secondo la giurisprudenza " In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell'onere non può avvenire "ipso iure", senza valutazione di gravità dell'inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus" (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 20 giugno 2014 n.14120). Con la sentenza in esame la Cassazione ha precisato che le norme in esame delineano "... l'istituto della clausola risolutiva espressa come proprio dei contratti sinallagmatici, per i quali soltanto la risoluzione è configurata come effetto automatico dell'inadempimento, quale che ne sia la gravità, mentre per il modus, che accede invece a un negozio a titolo gratuito, non è stabilita una analoga disciplina, sicché resta ferma la necessità che il suo inadempimento, per poter comportare la risoluzione, non abbia scarsa importanza : è significativo che l' art. 793 c.c. consente al donante o ai suoi eredi di "domandare" la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di liberalità, con terminologia analoga a quella utilizzata per l'azione costitutiva nell' art. 1453 c.c. , senza disporre in ordine alla risoluzione stabilita dall' come effetto "di diritto", oggetto quindi di sentenza di accoglimento di domanda di semplice accertamento..." con la conseguenza che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento del modus non può essere omessa dal giudicante in base all'erroneo presupposto dell'applicabilità nella specie dell' art. 1456 c.c. le cui disposizioni non si estendono all'ipotesi prevista dall' art. 793 c.c. Leggi pure: "La successione dell'impresa" Sempre in ordine al requisito dell'importanza dell'inadempimento devono essere richiamati i principi generali che impongono al giudice di tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale avuto riguardo all'operazione complessiva sulla base di un duplice criterio: quello oggettivo, volto alla verifica sul se l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto. La gravità, infatti, deve essere commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva alla regolare esecuzione e non alla convenienza della domanda di risoluzione rispetto a quella di adempimento (cfr. Cass. n. 8212/2020; Cass. n. 4022/2018). Infine, anche nel caso di inadempimento parziale, il giudizio sulla non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione (cfr. Cass. n. 3742/2006). Seguici on line "Mentre l'azione di adempimento dell'onere imposto dalla donazione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse (in quanto è la volontà del donante che viene protetta e si chiede che venga realizzata), la domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere anzidetto può essere esclusivamente proposta dal donante o dai suoi eredi e soltanto nel caso che essa sia stata espressamente prevista dall'atto di donazione , rimanendo esclusa la legittimazione di qualsiasi altro titolare del diritto... in quanto si è inteso attribuire la valutazione dell'opportunità di richiedere la risoluzione per l'inadempimento soltanto al donante e, dopo la sua morte, ai suoi eredi, considerati come continuatori della personalità del donante e, quindi, gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell'inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità da cui era animato il loro dante causa"(cfr. Cass. 1036/2000). Leggi il blog e trova il tuo caso Possiamo quindi concludere affermando che la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi e valutata dal giudice secondo i principi generali in tema di gravità. Diversamente invece sarà possibile esperire solo l'azione mentre per l'adempimento dell'onere può agire, oltre sia il donante in vita, sia qualsiasi interessato , anche durante la vita del donante stesso. Hai un quesito specifico? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento
Affrontiamo un caso complesso di carattere ereditario nel quale il #farmacista defunto aveva donato in vita la propria #Farmacia come azienda ad una #società costituita dai propri figli, con l'onere ( donazione modale) che la stessa #Farmacia desse adeguate provviste alla ex coniuge ed effettuasse alcuni specifici investimenti. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Venuti a mancare sia il donante che la donataria, uno dei figli chiede della possibilità di agire contro la Farmacia Azienda responsabile a suo dire di non aver rispettato l'onere-modale imposto dal padre defunto al momento della donazione. Da qui il quesito, la donazione modale in favore di una Farmacia può essere impugnata da uno degli eredi? La risoluzione della donazione modale è ammissibile in caso di una clausola prevista nel contratto notarile di donazione? Come noto ai sensi dell'art. 793 cc della domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere imposto sulla donazione può essere domandata dal donante ovvero dai suoi eredi. Quindi per il primo quesito trova risposta positivo nel testo della legge. In punto di diritto, è opportuno evidenziare che la donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. Tale contratto costa di elementi costitutivi, quali lo spirito di liberalità e l'incontro di volontà delle due parti, e di elementi accidentali. Con riferimento alla donazione modale la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso-onere al beneficiario purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio che non snatura l'essenza di atto di liberalità della donazione (cfr. Cass. 28 giugno 2005, n.13876). Leggi pure: "La farmacia nel testamento oggetto di contestazione" E' possibile quindi donare ad un soggetto – anche società – apponendo a tale donazione un peso, per l'appunto un onere che questi dovrà adempiere con le attività ricevute in donazione. In linea di diritto quindi è possibile donare la propria azienda ad una società ed imporre a questa l'adempimento di alcune volontà prestabilite dal donante. Hai un caso specifico? Contattaci Il quesito che viene posto però è riferito alla possibilità di chiedere la risoluzione quindi lo scioglimento della donazione modale per l'inadempimento da parte del donatario ricevitore dei beni degli obblighi imposti in sede di costituzione della donazione. Leggi pure: "La successione ereditaria della farmacia" In sintesi cosa accade se la società che ha ricevuto l'azienda – farmacia non adempie ai propri obblighi dopo la morte del donante? E' possibile risolvere la donazione modale per inadempimento? La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento Infatti, la donazione modale ( art. 793 cod. civ. ) non introduce elementi di corrispettività nella causa liberale del contratto, costituendo il modus solo una modalità del beneficio attribuito e, in senso proprio, una sua limitazione . In termini più precisi, è stato osservato che, sotto il profilo strutturale, il modus-onere integra un elemento accessorio della donazione volto al conseguimento di finalità diverse e ulteriori rispetto al fine liberale della donazione che non snatura la causa unitaria (liberale) della donazione e non dà vita ad un negozio autonomo con causa propria ovvero ad un negozio complesso nel quale coesistono rapporti a titolo gratuito e a titolo oneroso (cfr. Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679; v., ancora di recente, Cass., 17 gennaio 2019, n. 1039 che, sia pur in tema di comodato gratuito, ribadisce l'inapplicabilità al modus dell'istituto della risoluzione contrattuale in forza di clausola risolutiva espressa, "istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus""). Leggi pure: "L'impresa familiare e la trasformazione in srl" Peraltro, in mancanza di espliciti limiti codicistici, si deve ritenere che l'onere possa avere ad oggetto sia un dare, sia un fare, sia un non fare e che possa essere posto a vantaggio non solo del donante o di terzi, ma anche dell'onerato. Pertanto, l'onere imposto dovrà presentare i requisiti che l' art. 1174 c.c. quindi suscettibile di valutazione economica e corrispondente ad un interesse anche non patrimoniale del creditore. Deve, infatti, ritenersi che l'onere si concreta nella costituzione di un rapporto obbligatorio in senso tecnico e come tale giuridicamente coercibile con la conseguenza che il donatario è tenuto alla esecuzione della prestazione dedotta in contratto . Deve essere, inoltre, soggiunto che, nell'ambito della donazione modale, il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata perchè il modus non può impoverire in modo completo il vantaggio attribuito dalla donazione. Rapporto di valore tra donazione ricevute e valore dell'obbligo ricevuto. Infatti, in ordine al rapporto tra il valore della donazione e il valore del modus, la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nell'affermare che se il valore della donazione è inferiore a quello del modus, come si desume dall' art. 793, comma 2, c.c. , rimane comunque un atto liberale, avendo l'ordinamento solo stabilito i limiti dell'obbligo cui è tenuto il donatario affinché non venga snaturata la causa donativa e tramutata in causa di impoverimento. Se, invece, i due valori coincidano, si tratterà di un contratto a prestazioni corrispettive se non vi è un lasso apprezzabile di tempo tra le prestazioni e l'equivalenza è conosciuta dalle parti e di una donazione se l'adempimento dell'onere deve essere effettuato dopo qualche tempo, di modo che il donatario tragga vantaggio dal godimento della cosa donata in base al risultato finale ottenibile con lo sfruttamento del bene donato e il suo incremento patrimoniale una volta adempiuto l'onere. Trib. Avellino 1184/23 Leggi pure: "testamento successione e quote di legittima" La donazione modale, inoltre, si distingue per diversità della causa, della natura giuridica e degli effetti dal vitalizio oneroso che è un contratto dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e legate da un nesso di interdipendenza. La donazione, infatti, a cui acceda un onere comporta l'obbligo, giuridicamente coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata. Leggi pure: "La rinuncia all'eredità ed il danno per i creditori" Quanto all'onere della prova, deve essere ricordato che la parte che agisce per la risoluzione è tenuta a dimostrare l'esistenza di un titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute, nonchè il fatto d'inadempimento e la sua gravità ai sensi dell' art. 1455 c.c. incombendo, invece, sul donatario la dimostrazione che lo stesso è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Leggi pure: "Famiglia divorzio ed eredità" Con riferimento al requisito della gravità dell'inadempimento, infatti, secondo la giurisprudenza " In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell'onere non può avvenire "ipso iure", senza valutazione di gravità dell'inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus" (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 20 giugno 2014 n.14120). Con la sentenza in esame la Cassazione ha precisato che le norme in esame delineano "... l'istituto della clausola risolutiva espressa come proprio dei contratti sinallagmatici, per i quali soltanto la risoluzione è configurata come effetto automatico dell'inadempimento, quale che ne sia la gravità, mentre per il modus, che accede invece a un negozio a titolo gratuito, non è stabilita una analoga disciplina, sicché resta ferma la necessità che il suo inadempimento, per poter comportare la risoluzione, non abbia scarsa importanza : è significativo che l' art. 793 c.c. consente al donante o ai suoi eredi di "domandare" la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di liberalità, con terminologia analoga a quella utilizzata per l'azione costitutiva nell' art. 1453 c.c. , senza disporre in ordine alla risoluzione stabilita dall' come effetto "di diritto", oggetto quindi di sentenza di accoglimento di domanda di semplice accertamento..." con la conseguenza che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento del modus non può essere omessa dal giudicante in base all'erroneo presupposto dell'applicabilità nella specie dell' art. 1456 c.c. le cui disposizioni non si estendono all'ipotesi prevista dall' art. 793 c.c. Leggi pure: "La successione della farmacia" Sempre in ordine al requisito dell'importanza dell'inadempimento devono essere richiamati i principi generali che impongono al giudice di tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale avuto riguardo all'operazione complessiva sulla base di un duplice criterio: quello oggettivo, volto alla verifica sul se l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto. La gravità, infatti, deve essere commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva alla regolare esecuzione e non alla convenienza della domanda di risoluzione rispetto a quella di adempimento (cfr. Cass. n. 8212/2020; Cass. n. 4022/2018). Infine, anche nel caso di inadempimento parziale, il giudizio sulla non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione (cfr. Cass. n. 3742/2006). Seguici on line "Mentre l'azione di adempimento dell'onere imposto dalla donazione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse (in quanto è la volontà del donante che viene protetta e si chiede che venga realizzata), la domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere anzidetto può essere esclusivamente proposta dal donante o dai suoi eredi e soltanto nel caso che essa sia stata espressamente prevista dall'atto di donazione , rimanendo esclusa la legittimazione di qualsiasi altro titolare del diritto... in quanto si è inteso attribuire la valutazione dell'opportunità di richiedere la risoluzione per l'inadempimento soltanto al donante e, dopo la sua morte, ai suoi eredi, considerati come continuatori della personalità del donante e, quindi, gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell'inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità da cui era animato il loro dante causa"(cfr. Cass. 1036/2000). Leggi il blog e trova il tuo caso Possiamo quindi concludere affermando che la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi e valutata dal giudice secondo i principi generali in tema di gravità. Diversamente invece sarà possibile esperire solo l'azione mentre per l'adempimento dell'onere può agire, oltre sia il donante in vita, sia qualsiasi interessato , anche durante la vita del donante stesso. Hai un quesito specifico? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli























