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Appalto integrato e divieti


L’art. 24 comma 7 d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la


“(…) Progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici. (…)” ed è pertanto relativo alle gare per appalti di lavori, impedendo ai soggetti che hanno svolto la progettazione di lavori pubblici di partecipare al relativo appalto per l’esecuzione dei lavori progettati.


Tale disposto normativo è pertanto applicabile solo nel rapporto fra progettazione ed esecuzione dei lavori e non già nel rapporto fra diversi livelli di progettazione, (artt. 23, comma 12, e 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016)


Diversi livelli di progettazione: Ed invero l’art. 23 comma 12 prescrive che


Le progettazioni definitiva ed esecutiva sono, preferibilmente, svolte dal medesimo soggetto, onde garantire omogeneità e coerenza al procedimento. In caso di motivate ragioni di affidamento disgiunto, il nuovo progettista deve accettare l'attività progettuale svolta in precedenza.


In caso di affidamento esterno della progettazione che ricomprenda, entrambi i livelli di progettazione, l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti sulla progettazione definitiva.


L’appalto integrato tra divieti e restrizioni nel nuovo codice degli appalti
Appalto integrato e divieti

Appalto integrato e divieti


Detto disposto normativo esprime un principio generale di “continuità”, della progettazione che può riferirsi anche alla fase precedente del PFTE, laddove l’Amministrazione si sia avvalsa per la relativa predisposizione di un professionista esterno.


Ciò si evince anche dalla previsione del nuovo codice, approvato con d.lgs. n. 36 del 2023.


Appalto integrato e divieti: nel nuovo codice il principio di continuità della progettazione è ulteriormente valorizzato, essendo a fondamento della previsione contenuta nel comma 8 dell’art. 41 che prevede che alla redazione del progetto esecutivo provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica, per evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza.


L’affidamento disgiunto non è precluso, imponendosi, però, l’esplicitazione delle ragioni per le quali si rende necessario, nonché l’accettazione da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell’attività progettuale svolta in precedenza.


Il divieto di cumulo della qualità di progettista e di esecutore dei lavori per la stessa opera pubblica

ha per contro, secondo la costante giurisprudenza in materia, la duplice funzione di evitare, nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori, che sia «attenuata la valenza pubblicistica della progettazione» di opere pubbliche (così: Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n.3656), e cioè che gli interessi di carattere generale ad essa sottesi siano sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto da mettere a gara ritagliato “su misura” per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice, e che la competizione per aggiudicarsi i lavori sia perciò falsata a vantaggio dello stesso operatore (così testualmente Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2333).


Detta ratio è alla base anche della previsione del divieto di appalto integrato contenuto nell’art. 59, comma 1, del d.lgs. 50 del 2016, con salvezza delle eccezioni normativamente indicate.

Peraltro occorre rammentare che tale ultimo divieto è stato oggetto di sospensione fino al 30 giugno 2023 per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b) della l. n. 55 del 2019, come modificata dall'art. 8, comma 7 del d.l. n. 76 del 2020, convertito nella l. 120 del 2020, ed ancora, per effetto del differimento previsto dall’art. 52, comma 1, lett. a) della l. n. 108 del 2021; va, inoltre, considerato che proprio per gli appalti nell'ambito del PNRR/PNC l’affidamento di progettazione ed esecuzione è ammesso sulla base di quanto previsto dall’art. 48, comma 5 del d.l. n. 77 del 2021, convertito nella l. n. 108 del 2021.


Appalto integrato e divieti, nel nuovo codice, approvato con d.lgs n. 36 del 2023, il divieto di appalto integrato può dirsi superato

nella ricorrenza di presupposti indicati nell’art. 44, con cui si è affidato al legislatore delegato il compito di individuare le “ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, fermi restando il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché l'obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta” (art. 1, comma 2, lett. ee) della l. n. 78 del 2022).


Ciò posto, il divieto di cui all’art. 24 comma 7 del d.l.gs. n. 50 del 2016 si propone tra l’altro di assicurare le condizioni di indipendenza ed imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie anche affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione di direzione dei lavori e di coordinatore della sicurezza nella fase dell’esecuzione dell’appalto; anche sotto questo profilo pertanto lo stesso non è estensibile alla procedura di gara per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva.


Appalto integrato e divieti: Peraltro, secondo quanto già affermato in giurisprudenza (dal 2006), si tratta di disposizione che, ponendo una presunzione iuris tantum,


prevede un’ipotesi tipica di conflitto di interesse tale per cui i progettisti e i titolari di incarichi di supporto alla progettazione non possono di regola essere affidatari degli appalti di esecuzione di lavori,

a meno che non dimostrino che “l’esperienza acquisita” non sia (stata) tale da determinare “un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 dicembre 2023 n. 11024), per l’affermazione della presunzione di vantaggio goduta dal progettista, che impone la prova contraria, con “inversione normativa dell’onere della prova”, anche Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853).


Leggi pure:



La stazione appaltante perciò, quando sussiste una situazione di presunto conflitto di interessi ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, deve ammettere la concorrente alla prova contraria e deve valutare gli elementi addotti dalla medesima, prima di procedere all’esclusione o alla revoca dell’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2020, n. 2333, in riferimento all’analoga disciplina dell’art.90, comma 8 e 8 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006).



In sintesi, la predisposizione di un progetto di opera pubblica da parte di un professionista privato non comporta alcun automatismo escludente per il suo concorso all’affidamento dei relativi lavori, ma deve essergli consentito di dimostrare che dalla redazione del progetto a base di gara non gli è derivato alcun vantaggio competitivo, in conformità al principio di proporzionalità di matrice euro-unitaria (cui si deve l’inserimento della regola, che risale alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 3 marzo 2005, C-21/03 e 34/03, Fabricom SA; la sua positivizzazione nell’ordinamento giuridico nazionale, con legge 30 ottobre 2014, n. 161 - Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013-bis - è stata poi indotta dalla necessità di chiudere la procedura di infrazione comunitaria Eu Pilot 4860/13/MARKT avviata nei confronti dell’Italia).


In altri termini, se non vi è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all’avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista (Cons. Stato, Comm. spec., parere 3 novembre 2016, n. 2285), vi è nondimeno una presunzione normativa d’incompatibilità che l’interessato deve ribaltare (Cons. Stato, V, n. 5499/2022, cit.).


Leggi pure:



Può infine aggiungersi che, per le Linee guida Anac n. 1, approvate con delibera n. 973 del 14 settembre 2016, e aggiornate con le delibere n. 138 del 21 febbraio 2018 e n. 417 del 15 maggio 2019, secondo quanto previsto nel par. n. 2.2 ai fini della prova ex art. 24 comma 7 d.lgs. 50 del 2016, idonea a superare la predetta presunzione, è “almeno necessario”, in coerenza con quanto previsto per le consultazioni preliminari di mercato, che le stesse informazioni in possesso del progettista siano messe a disposizione di tutti gli altri candidati e offerenti, con la previsione di un termine per la ricezione delle loro offerte idoneo a consentire loro di elaborarle. Secondo quanto di recente precisato (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2023, n. 511), “La regola è stata condivisa da questa Sezione del Consiglio di Stato, che ha anche ritenuto a tale fine la congruità del termine di 35 giorni (n. 5499/2022)”.


Per contro non opera tale divieto (CdS 2012, n. 3656) ove si evidenzia come la ratio del divieto di legge consiste “nell’esigenza di garantire che


il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore-esecutore dei lavori”,

quindi nell’evitare che coincidano le posizioni di progettista e di appaltatore-esecutore dei lavori; rischio, quest’ultimo che non ricorre nei rapporti tra progettazione preliminare e livelli ulteriori di progettazione. CdS 3007/2024.





Avv Aldo Lucarelli

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