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Società, amministratore di fatto e fallimento.

La Corte di Cassazione in effetti, ha ritenuto che, ai fini della corretta individuazione della sussistenza della figura dell'amministratore di fatto, è sufficiente l'accertamento dell'avvenuto inserimento dello stesso nella gestione dell'impresa,

desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, anche in assenza di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita, da parte della società stessa (Cass. n. 2586 del 2014), purché le funzioni gestorie svolte in via di fatto abbiano carattere sistematico e non si esauriscano, quindi, nel compimento di alcuni atti di natura eterogenea e ed occasionale (Cass. n. 4028 del 2009, in motiv.; Cass. n. 4045 del 2016).


Non è sufficiente, quindi, il compimento episodico e frammentario di singoli atti gestori essendo, piuttosto, necessario che le funzioni gestori effettivamente svolte dall'estraneo si traducano in un'attività, vale a dire nel compimento stabile e sistematico, continuo e protratto per un periodo di tempo rilevante di una pluralità di atti tipici dell'amministratore (Cass. n. 21730 del 2020).

La responsabilità degli amministratori di società, infatti, pur se si tratti di chi abbia partecipato in via di mero fatto alla gestione amministrativa e contabile della stessa,


ha carattere solidale (art. 2392 e 2476 c.c.) ed, in quanto tale, consente al curatore del fallimento di agire in giudizio nei confronti di ciascuno dei responsabili per l'intero danno arrecato alla società ed ai suoi creditori (art. 146,comma 2°, I.fall.) avendo il diverso apporto causale di quanti vi abbiano concorso rilievo giuridico solo nei soli rapporti interni tra coobbligati,ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione di regresso,


e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell'illecito al danneggiato (società, creditori sociali), giusto il principio generale di solidarietà tra coobbligati di cui all'art. 2055, comma 1°, c.c., sancito espressamente in materia di responsabilità extracontrattuale,


ma applicabile, altresì, in tema di responsabilità contrattuale, che esclude, quindi, la legittimità di una commisurazione percentuale della responsabilità di ciascuno dei concorrenti all'entità del loro contributo nella causazione dell'evento dannoso. ( Cass. Civ.1516.2022).



Secondo la giurisprudenza della Corte,infatti il curatore fallimentare è legittimato, in sede civile, all'esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti, come nel caso in esame, in violazione della par condicio creditorum (Cass. SU n. 1641 del 2017): invero, integra il reato di bancarotta preferenziale la restituzione ai soci, effettuata in periodo di insolvenza, dei finanziamenti concessi dai medesimi alla società a titolo di mutuo (Cass. pen. n. 13318 del 2013).


Ecco quindi che la Cassazione Civile da ultimo ha delineato sia l'amministrazione di fatto che le conseguenze in caso di fallimento, che prevedono quindi l'estensione della responsabilità con l'amministratore di diritto in via solidale, ma attenzione non in proporzione, non essendo possibile una valutazione in tale senso.


Da ultimo tale responsabilità è stata ritenuta esistente anche in caso di fallimento, e quindi del reato di bancarotta preferenziale in caso di restituzioni di finanziamenti a favore solo di alcuno dei creditori.





Avv. Aldo Lucarelli





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