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  • Risarcimento Specializzandi, a che punto siamo.

    Facciamo il punto e l'evoluzione della vicenda dei risarcimenti per i medici ex specializzandi degli anni '80 a seguito della sentenza della Corte di Cassazione, e dell'evoluzione della giurisprudenza degli ultimi anni. In attesa di sapere cosa ne sarà dell'eventuale transazione, scopriamo i punti salienti della vicenda che abbiamo assistito da vicino. Esaminiamo, dopo aver commentato la sentenza della Corte di Cassazione 20278-2022 (in altro post clicca qui) che ha sancito anche nel nostro ordinamento il diritto al risarcimento del danno da inadempimento dello Stato per la mancata attuazione della direttiva comunitaria in tema di compensi ai medici specializzandi durante la scuola di specializzane, e cio' a prescindere dell'attività prestata, essendo a tal proposito sufficiente l'avvenuta iscrizione a detta scuola, già prima del dicembre 1982, purché completata successivamente al 1 gennaio 1983. E che i medici avessero diritto ad un risarcimento che andasse a coprire gli anni di studio/lavoro era già chiaro dal 1999 allorquando la prima legge (370) aveva cercato di porre un rimedio al ritardo con cui il nostro legislatore aveva trasposto nel diritto interno con il d.lgs 257 del 1991, il principio comunitario delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE. Torna alla Home E' stato necessario però un lungo cammino affinché le prime pronunce dei Tribunali potessero avviarsi verso un indennizzo che poi ha preso corpo in un risarcimento per gli anni spesi nella formazione medico specialistica. Si è così giunti alle prime sentenze della Corte di Cassazione, la piu' rilevante n. 18053 del 2019 per poi arrestarsi dinanzi al terribile dubbio di cosa potesse accadere per quei medici che alla data della direttiva fossero già iscritti e quindi fosse in corso la specializzazione. Tutti questi dubbi sono stati spazzati via dapprima dalla sentenza della Corte di Giustizia Europea con la nota sentenza 590 del marzo 2020, e poi oggi, con la decisione della Corte di Cassazione a sezioni unite che ha recepito tale indirizzo giurisprudenziale europeo, senza però definire la questione “quantum”. #medicina #specializzazioni #ricorso #risarcimento Va rilevato che Cass., Sez. Un., n. 20348 del 2018 (dopo un di poco anteriore precedente, di cui alla sentenza n. 19107 del 2018), provvedendo dopo la sentenza della CGUE, ha precisato che: “Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, sorto, conformemente ai principi più volte affermati dalla CGUE (sentenze 25 febbraio 1999 in C-131/97 e 3 ottobre 2000 in C371/97), in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1983 ed il 1991, spetta anche per l’anno accademico 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, in conformità con quanto affermato dalla CGUE nella sentenza del 24 gennaio 2018 (cause riunite C-616/16 e C-617/16); ne consegue che occorre commisurare il risarcimento per la mancata percezione di una retribuzione adeguata, non all’intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale di esso successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva (31 dicembre 1982), a partire dalla quale si è verificato l’inadempimento.”. Infatti la corte di Cassazione ha rimesso gli atti alla sezione lavoro della Corte di Appello di derivazione, per quantizzare la somma che andrà liquidata anche ai medici in corso di specializzazione alla data di esistenza della direttiva comunitaria del 1982. Rimane da comprendere se tale risarcimento sarà nella misura prevista dalla legge del 1991, ovvero 21.500.000 di lire, quindi € 11,103 euro oppure nella minor somma disposta dalla legge del 1999 che aveva previsto 13.000.000 milioni di lire come borse di studio per gli specializzandi dell'epoca, quindi poco piu' di 6.500 euro, il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria. Ecco, la rivalutazione monetaria, un tema che sarà caldo, perché non di poco conto, basti pensare che ove chiesta, la rivalutazione della somma potrebbe raddoppiare la somma, ma cio' solo ove si arrivasse al principio che la somma dovuta, una volta individuata sia una somma pagata dallo Stato Italiano quale debito di “valore”, sul punto però molte pronunce hanno analizzato i singoli anni di richiesta ed escluso la rivalutazione automatica per molteplici questioni che per questioni di spazio non sono esaminate nel presente articolo. E' il caso di precisare che l’azione di riconoscimento di indennizzo introdotta per inesatta o tardiva attuazione di direttive comunitarie sufficientemente precise ma non autoesecutive dai medici che abbiano conseguito la specializzazione successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 257/1991 e che abbiano già percepito la borsa di studio ivi prevista, è di natura risarcitoria e prescinde pertanto dall’accertamento di un rapporto di lavoro e secondo la maggiore giurisprudenza deve essere avviata davanti al Tribunale di Roma, quale luogo ove è responsabile lo Stato Italiano. (Cass. Civ. 13255/2011). Il diritto al risarcimento del danno da mancata adeguata remunerazione della frequenza della specializzazione degli specializzandi medici ammessi alle scuole negli anni 1983-1991 s’intende prescritto solo alla condizione che i medesimi non abbiano agito giudizialmente o non abbiano compiuto atti interruttivi del corso della prescrizione decennale entro il 27 ottobre 2009 (Trib. Roma 3046/2016), salvo gli atti interruttivi della prescrizione. Il diritto al risarcimento può essere riconosciuto soltanto ai medici che abbiano frequentato un corso menzionato dagli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/CEE, avente durata minima non inferiore a quella indicata dagli artt. 4 e 5 della direttiva 75/363/CEE. Nel caso di specializzazioni non ricomprese – al tempo della loro frequenza – negli elenchi allegati alle direttive, la domanda di indennizzo va rigettata, anche in assenza di contestazione, attenendo la mancata inclusione negli elenchi alla qualificazione giuridica dei fatti allegati e non alla loro esistenza (Cass. Civ. Sez. lav., 10.4.2013 n. 8764). L’inclusione della specializzazione negli elenchi in oggetto integra, dunque, un fatto costitutivo della pretesa risarcitoria e, in quanto tale, è anche rilevabile di ufficio. L’elencazione è tassativa, con conseguente esclusione del ricorso all’applicazione estensiva o analogica in favore di altre discipline sanitarie. (Trib. Roma 7238/2013). Hai un quesito? Contattaci Ecco quindi che con la sentenza della Corte di Cassazione 25278 del Giugno 2022 si dovrebbe essere quasi completato il quadro della articolata vicenda, attendiamo ora le determinazioni del rinvio per scrivere la parola fine per i risarcimenti degli ex giovani specializzandi, oggi medici affermati. Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Medici Specializzati, si alla remunerazione anche prima del 1983

    La Corte di Cassazione a sezioni unite 20278-22 ha affermato che il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive e n. 75/363/CEE, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal 1 gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della direttiva n. 75/362/CE. #dottore #specializzazione #medicina Con tale pronuncia quindi la Cassazione ha dato impulso alla Corte di Appello di quantificare la remunerazione dovuta ai medici specializzati che per quegli anni ovvero 1982/1983 avevano iniziato la specializzazione, e fino alla conclusione. Nella causa in questione la somma richiesta era di € 21.500.000 di vecchie lire per anno pari a circa 11.000 euro. La formazione specialistica per avere la remunerazione prescritta dalla Corte di Giustizia Europea (590-20) e recepita dalla Cassazione a Sezione Unite 2022, deve rispondere a precisi requisiti e quindi avrà diritto 1) se iniziata prima del 29 gennaio 1982 deve essere proseguita oltre il 01.01.1983, oppure 2) deve essere iniziata a partire dal 1 gennaio 1983, data di scadenza dell'obbligo di adeguamento comunitario. Il diritto attiene alle specializzazioni riconosciute negli Stati membri, o almeno in due di detti stati, secondo quanto previsto dalla direttiva 75/362/CE. Un precedente orientamento aveva escluso infatti i medici specializzandi ante 29 gennaio 1982, ad opera della Cassazione 5509/2019. E' opportuno rammentare che trattasi di un risarcimento del danno da mancata applicazione interna (Italia) in relazione alla direttiva 82/76/Cee a sua volta riassuntiva delle direttive n. 75/362 Cee e75/363 Cee. In tal modo quindi viene riconosciuto il diritto alla remunerazione di quegli specializzandi che alla data del 31 dicembre 1982 stava già frequentando il corso di specializzazione o si era comunque iscritto ad una delle scuole pur senza ancor aver iniziato la relativa attività didattica, atteso che la normativa europea di riferimento non prevede in alcun modo la non applicazione delle disposizioni a favore della remunerazione ai corsi già in essere. Seguici sui social e rimani aggiornato Tale remunerazione, oggi liquidata a titolo di risarcimento del danno quindi vale a partire dal 1983 anche per gli iscritti in anni precedenti e proseguita successivamente a tale data; Lo Stato Italiano con sommo ritardo aveva riconosciuto il diritto solo dall'anno accademico 1991/1992 per mezzo del D.Lgs. 257/1991, con buona pace di tutti coloro che si erano iscritti, ed avevano conseguito la specializzazione durante il decennio precedente. Già qualche anno fa, questo Studio Legale, aveva intentato una controversia dinanzi ad un noto Tribunale proprio nel solco di quanto delineato oggi dalla Corte di Giustizia Europea 590-20 ed oggi la Corte di Cassazione 20278/22. Hai un quesito? Contattaci Rimane il nodo “compenso”, il quale per ora potrà essere parametrato a quanto previsto dalla legge dell'epoca, ovvero 21.500.000 di lire come prescritto dalla normativa del 1991, ma è opportuno rammentare che la legge n.370 del 1999 aveva riconosciuto una borsa di studio per gli specializzandi dall'anno 1983/1984 di lire 13.000.000. Rimane da comprendere ora la quantizzazione, a cui però sarà demandata apposita causa in Corte di Appello sezione lavoro. Consulta il nostro archivio gratuito di Studi e Pareri Puo' anche interessarti: "Medico e Consenso Informato" Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Assegno di mantenimento ad ex coniuge.. ed al terzo!

    Le Sezioni Unite, pronunciando su questione di massima di particolare importanza, hanno affermato i seguenti principi di diritto sull'assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente piu' debole che abbia iniziato una nuova relazione. L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto, giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno. - Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa. A tal fine (però) il richiedente coniuge dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare all'epoca esistente. A titolo esemplificativo per avere diritto ancora all'assegno - di carattere compensativo - l'ex coniuge economicamente debole deve dare la prova della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza del matrimonio terminato, oppure dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. Seguici e Rimani aggiornato Tale assegno, anche temporaneo su accordo delle parti, non è ancorato al tenore di vita endomatrimoniale né alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge, ma deve essere quantificato alla luce dei principi suesposti per l'appunto di carattere "compensativo" per quanto operato in costanza di matrimonio e tenuto conto altresì della durata del matrimonio poi cessato. Contattaci Con tali principi la Cassazione celebra l'esistenza di un assegno di mantenimento svincolato dalla separazione in sé considerata, ed ancorato alle vicende della coppia durante l'esistenza del matrimonio poi terminato, ecco quindi la funzione "compensativa" della corresponsione, agganciata quindi a vicende della passata vita matrimoniale. cfr Cass. Sez. Un.32198/21 Torna alla Home Legale Oggi

  • APPALTI: Nuove linee Anac.

    Sono state emanate nuove linee guida da parte della #Autorità Nazionale Anti Corruzione, non si tratta di novità ma di un approfondimento ed esplicazione volta a dare chiarezza su alcuni campi come gli Illeciti Professionali su cui ci eravamo già sofferti in passato su questo Blog. Non soltanto una sentenza di condanna ma anche un rinvio a giudizio per fatti di grave rilevanza penale o un’ordinanza di custodia cautelare a carico dell’amministratore della società interessata possono incidere sulla moralità professionale di un’impresa e causarne l’esclusione da una #gara #pubblica. È quanto previsto dalle nuove linee guida approvate dall’Autorità Nazionale #Anticorruzione e sottoposte dal 18 gennaio al 28 febbraio alla consultazione pubblica online sul sito di Anac. L’atto è destinato alle #stazioni #appaltanti che devono verificare la sussistenza della causa ostativa prevista dall’articolo 80, comma 5, lettere c), c-bis), c-ter) e c-quater), del codice dei contratti pubblici e agli operatori economici che si trovino a rendere le dichiarazioni sostitutive in merito al possesso dei requisiti per partecipare alle gare. Hai un dubbio? Contattaci Il documento si prefigge di agevolare tutte queste attività, riducendo i casi di errore e favorendo la diffusione di best-practice anche per diminuire il contenzioso sulle esclusioni dalle gare da sempre molto elevato. Le linee guida stabiliscono che gli #illeciti professionali gravi possano essere causa di esclusione dalle #gare a prescindere dalla natura civile, penale o amministrativa dell’illecito. Si fa riferimento a provvedimenti di rinvio a giudizio, cautelari e di condanna, anche non definitiva, per reati commessi nell’esercizio della professione come ad esempio l’abusivo esercizio di una professione, i reati fallimentari, i #reati tributari, i reati societari, i delitti contro l’industria e il commercio, i reati #urbanistici, i reati di corruzione fermo restando che le condanne definitive costituiscono motivo di esclusione automatica dalla gara. La stazione appaltante valuta, ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente, anche le condanne dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per illeciti antitrust gravi, le sanzioni comminate dall’ Anac, le false informazioni rese dai concorrenti alle gare e le carenze nell’esecuzione di precedenti appalti. Seguici e Rimani Aggiornato L’esclusione dalla gara di appalto non è automatica ma comporta l’obbligo della stazione appaltante di procedere alle valutazioni di propria competenza. In caso di esclusione, la durata dell’interdizione dalle gare pubbliche è di tre anni. Gli illeciti vengono inseriti nel Casellario informatico da Anac su segnalazione delle stazioni appaltanti: nel 2021 le comunicazioni di esclusione iscritte nel Casellario informatico ammontano a circa 300 che rappresenta il 33 per cento del totale delle comunicazioni. Le nuove linee guida suggeriscono agli operatori economici misure di self-cleaning da mettere in atto per evitare l’esclusione dalle gare. Tale pubblicazione segue il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che vedrà una serie di interventi su tutto il territorio nazionale, in attuazione del quale il ruolo di controllo dell'ANAC sulle stazioni appaltanti e sulla qualificazione giuridica dell'articolo 80 avrà un impatto notevole. Torna alla Home Fonte Anac #appalto #impresa #codice Legale Oggi

  • Il Turbamento di funzioni religiose durante la processione.. è reato!

    E' un reato turbare le funzioni religione. Lo stabilisce l'articolo 405 del codice penale, secondo cui chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni. Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni. La legge 24 febbraio 2006, n. 85 ha sostituito la precedente locuzione "del culto cattolico", così da unificare nella tutela apprestata da tale disposizione tutte le confessioni religiose, eliminando quindi la disparità di trattamento tra la religione cattolica e le altre. Contattaci Recentemente la Cassazione (20.01.2022) ha anche tenuto a precisare che in tema di delitti contro il sentimento religioso, integra il reato di “turbatio sacrorum”, di cui all’art. 405 cod. pen., la condotta di colui che interferisca con l’ordinato svolgimento di una processione religiosa alla presenza di un ministro del culto ordinando, in qualità di “capo vara”, ai portatori del fercolo soste ingiustificate del corteo dinanzi all’abitazione della famiglia di un capo-mafia. Seguici sui Social La pronuncia segue i vari episodi registrati nel recente passo durante le feste patronali di alcuni paesi a forte infiltrazione mafiosa, con pratiche di "rispetto" nei confronti dei capi mafia. Torna alla Home Legale Oggi

  • Appalti, avvalimento: Nessun limite alla sostituzione dell'impresa ausiliaria irregolare.

    Contattaci per ogni esigenza L’amministrazione appaltante è legittimata in corso di gara alle necessarie sostituzioni dell’ausiliaria per comprovati motivi documentati, senza che possa rilevare in materia alcun autovincolo alla possibilità di plurime o successive sostituzioni dell’ausiliaria, in conformità ai principi del favor partecipationis. Questo il principio ricavabile dalle recenti pronunce amministrative. Anche ad ammettere l’irregolarità contributiva dell’ausiliaria non è comunque vietata la pluralità delle sostituzioni, in quanto tale norma non prevede alcun limite alla sostituzione dell’ausiliaria: tanto risponde alla ratio dell’istituto dell’avvalimento, finalizzato ad assicurare la massima partecipazione alle gare a tutela della concorrenza tra le imprese. E ciò anche ove vi fosse precisazione dell'esistenza di tale "insostituibilità" da parte della stazione appaltante, avendo tali note una "mera portata sollecitatoria", ma non certamente impeditiva di un effetto (quello sostitutivo appunto) derivante in via obbligata dalla legge. In sintesi solo la legge potrebbe stabilire tale limite, ma così non è, infatti silenzio normativo sul punto, la relativa fissazione da parte della stazione appaltante di un termine entro cui effettuare la sostituzione dell'ausiliario è ragionevolmente legittima, come ha ritenuto la giurisprudenza, senza che tuttavia ciò comporti la sostanziale limitazione delle sostituzioni. Tale meccanismo, ovvero l'ammissibilità delle plurime sostituzioni dell'impresa ausiliaria priva dei requisiti di partecipazione ad una gara, è volto alla tutela dell'impresa ausiliata, la quale non può rispondere - nel meccanismo dell'avvalimento - per circostanze riconducibili solo alla sfera dell’impresa ausiliaria, delle quali però la prima non sia responsabile neppure a titolo di colpa. Contattaci (cfr. in analoghe fattispecie le decisioni del Consiglio di Stato hanno ritenuto non operante l’obbligo della stazione appaltante di escludere dalla procedura l’operatore e di revocare l’aggiudicazione eventualmente effettuata, senza procedere al previo invito alla regolarizzazione, nel caso di irregolarità della sola impresa ausiliaria della quale la concorrente intende avvalersi: Cons. St, sez. V, 26 aprile 2018 n. 2527; Id., sez V, 21 febbraio 2018 n. 1101). In definitiva, l'operatore ausiliato non può legittimamente subire le conseguenze pregiudizievoli dell'eventuale non veridicità delle dichiarazioni dell'ausiliaria rispetto alle quali è privo di poteri di verifica, conseguendo l’esclusione dalla gara del concorrente soltanto alle dichiarazioni mendaci provenienti da quest’ultimo. Torna alla Home Legale Oggi - Appalti #appalto #società #avvalimento #srl #spa #esclusione Avvalimento, il codice degli appalti non pone limite normativo alla sostituzione delle imprese ausiliarie ai sensi dell'art. 89.

  • Cessione di Credito tra Banche, la pubblicazione in gazzetta puo' non bastare, Quale è la prova?

    L'argomento è di grande interesse perché può costituire difesa per il debitore nella eterna lotta avverso le azioni di recupero crediti avviate da Banche ed intermediari finanziari, in caso di "omessa documentazione". Come è noto l'articolo 58 del testo unico bancario regolamenta la cessione dei rapporti giuridici ad una Banca, siano crediti, o aziende, e impone il rispetto delle istruzioni, o anche autorizzazioni di Banca d'Italia. Tale meccanismo è utilizzato da tutte le grandi Banche per cedere linee di credito e rapporti giuridici che poi sono gestiti da società di recupero crediti appositamente costituite. La banca acquirente quindi dà notizia dell'avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d'Italia può stabilire forme integrative di pubblicità. Tuttavia come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza dei Tribunali nell'anno 2020 “la pubblicazione nella Gazzetta può costituire, al più, elemento indicativo dell'esistenza materiale di un fatto di cessione, come intervenuto tra due soggetti in un dato momento e relativo - in termini generici, se non proprio promiscui - ad "aziende, rami di azienda, beni e rapporti giuridici individuabili in blocco" (art. 58, co. 1, TUB), non essendo sufficiente – in questa sua "minima" struttura informativa – a fornire gli specifici e precisi contorni dei crediti che vi sono inclusi ovvero esclusi”. “E' per contro principio ricevuto della giurisprudenza di questa Corte che colui, che "si afferma successore (a titolo universale o particolare) della parte originaria" ai sensi dell'art. 58 TUB, ha l'onere puntuale di "fornire la prova documentale della propria legittimazione", con documenti idonei a "dimostrare l'incorporazione e l'inclusione del credito oggetto di causa nell'operazione di cessione in blocco" (cfr. Cass., sent. n. 4116/2016, e, nello stesso senso, più di recente Cass. civ. sent. n. 2780/2020). Seguici sui Social Ecco quindi che la Banca acquirente, deve fornire la prova documentale, non essendo di per sé sufficiente il generico e promiscuo modo della pubblicazione in gazzetta, dove per l'appunto dei molteplici rapporti ceduti non vi è alcuna indicazione specifica, trattandosi di operazioni avvenute in “blocco”. Ebbene, nel caso qui specificamente in esame, va evidenziato che secondo la prospettazione maggioritaria l’avviso di cessione deve considerarsi sufficiente a fornire la prova della titolarità del credito sebbene lo stesso non contenga l’indicazione/enumerazione specifica dei rapporti oggetto di cessione. Ma allora la pubblicazione in gazzetta è sufficiente? Non sempre infatti, è onere onere della Banca acquirente quindi produrre nel giudizio instaurato a seguito di opposizione, l'indicazione della sofferenza per la quale si agisce, delle linee di credito cedute, così fornendo ai sensi e per gli effetti dell’art. 2697 c.c. (cfr. Cass., sent. n. 4116/2016, e, nello stesso senso, più di recente Cass. civ. sent. n. 2780/2020), l’evidenza della legittimazione attiva della Banca acquirente. Contattaci Ecco quindi che il meccanismo dell'art. 58 del Testo Unico Bancario per la giurisprudenza recente deve essere corroborato da una produzione documentale che dia indicazioni della posizione a sofferenza per cui la Banca agisce e della singola linea di credito/contratto ceduto, non essendo sufficiente la generica pubblicazione in gazzetta disposta dalla norma richiamata. Torna alla Home Legale Oggi

  • Soci e Consorzio, quale valore ha la clausola arbitrale dopo la fine del rapporto?

    Ci occupiamo di un quesito in tema di #Società, #Consorzio ed #Arbitrato. La clausola arbitrale, con cui quindi le questioni vengono demandate ad un arbitrato, ha valore anche dopo la fine del rapporto? Hai un caso? Contattaci In primo luogo va evidenziato che secondo la giurisprudenza dominate la clausola compromissoria contenuta nello statuto di una società, la quale preveda la devoluzione agli arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, comprende anche la controversia riguardante il recesso del socio del pari, quanto alla competenza del tribunale per le imprese con riguardo ai rapporti sociali, e, più in generale, tutti i casi in cui pure l'associato non sia più tale sin da un momento anteriore alla notificazione dell'atto introduttivo, come per l'esclusione del socio o dell'associato. Varie sono le pronunce sul tema, tra le tante citiamo Cass., sez. un., 6 luglio 2016, n. 13722; Cass. 2 marzo 2009, n. 5019). In sostanza, restano situazioni afferenti la vita sociale o associativa, ai fini dell'efficacia della clausola compromissoria statutaria, quelle così intese in senso ampio, con riguardo, quindi, non solo alle vicende di governo interno, ma anche alla persona del singolo socio, nei suoi rapporti, sia pure "non più" o "non ancora" in corso, con l'ente, con gli organi di questo o con gli altri soci. Seguici Pertanto per rispondere al quesito, va detto che la clausola compromissoria, contenuta nello statuto, la quale preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto, si applica anche alle pretese avanzate dal consociato con riguardo al rapporto intercorso con l'ente collettivo, sebbene egli non prenda più parte della compagine associativa, in quanto tale pretesa continua a trovare causa nell'ambito del sodalizio d'impresa, nonostante l'avvenuto scioglimento limitatamente al singolo rapporto. Torna alla Home Tale aspetto è applicabile anche in caso di società consorziata verso l'ente collettivo, ove lo statuto deferisca la controversia ad un collegio arbitrale o ad un singolo arbitro. #consorzio #appalto #società #fallimento #socio Legale Oggi A cura dell'Avvocato Aldo Lucarelli

  • Cosa accade in caso di fallimento di un socio ove vi sia una controversia deferita ad arbitri?

    #fallimento #arbitrato #società Contattaci Sul punto risponde l'articolo 83 della legge fallimentare secondo cui Va ancora osservato come a conclusioni opposte non si possa giungere sulla base dell'art. 83-bis 1. fall. Prevede la norma, inserita dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5: «Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento #arbitrale pendente non può essere proseguito». Essa — alla stregua della sua lettera — dispone l'improcedibilità dell'arbitrato pendente, una volta sciolto il contratto contenente la clausola compromissoria in virtù delle regole sugli effetti del fallimento con riguardo ai rapporti giuridici preesistenti, di cui agli artt. 72 ss. 1. fall. (Cass., sez. un., 26 maggio 2015, n. 10800). La norma ha inserito ex novo la disciplina degli effetti del #fallimento in materia di clausola arbitrale, stabilendo che il procedimento arbitrale pendente alla data della declaratoria fallimentare non possa essere proseguito, nell'ipotesi in cui il contratto contenente la clausola arbitrale venga sciolto dal #curatore; la Relazione accompagnatrice al d.lgs. n. 5 del 2006 espressamente menziona la ratio di evitare che ad un mutato regolamento di interessi sopravviva la clausola arbitrale. La questione si pone, certamente, solo in presenza di una controversia relativa a diritti di #credito del fallito, dato che per i crediti di contro vantati verso il fallito vale necessariamente il procedimento di accertamento del passivo. Dunque, l'art. 83- bis 1. fall., nell'escludere la prosecuzione dei procedimenti arbitrali pendenti in caso di fallimento di una delle parti del contratto comprendente la clausola compromissoria, circoscrive tale effetto alle ipotesi in cui lo scioglimento del contratto abbia luogo a norma delle disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II della legge fallimentare — scioglimento del contratto ex lege o per volontà del curatore — ma non si applica quando lo scioglimento del rapporto sociale si verifichi per effetto della norma statutaria che prevede l'esclusione dal consorzio in caso di fallimento della consorziata (cfr. Cass. 23 ottobre 2017, n. 25054). Rimani aggiornato seguici sui social Ma non tutti i casi ricadono nella norma, infatti puo' capitare che la controversia non sia collegata al fallimento ma sia GIA' inerente la posizione del socio e/o della società in relazione ad esempio nella vita di un consorzio, e quindi sia relativa alla partecipazione in detto ente. In tali casi quindi la controversia è da annoverare tra quelle relative a diritti inerenti al rapporto associativo, perché inscindibilmente correlata alla partecipazione, non ad una posizione autonomamente attribuita al fallimento, ma già inerente la posizione della consorziata in bonis, quale diritto patrimoniale ricollegato alla partecipazione all'ente #collettivo. Hai un quesito sul tema? Contattaci. In tema di arbitrato quindi l'articolo 83 della legge fallimentare non si applica ove il rapporto tra società e consorzio si sia sciolto per previsione statutaria e non a seguito della #procedura fallimentare, secondo il principio dell'art. 72 della legge fallimentare. Torna alla Home Legale Oggi

  • Traffico di influenze, ma quando è penalmente rilevante la mediazione?

    Non tutte le mediazioni opache possono concretizzarsi nel reato ex art. 346 bis c.p., è necessario che la mediazione sia finalizzata alla commissione di un reato, idoneo a produrre vantaggio per il committente (privato). Questa la sintesi della ricostruzione della fattispecie del reato di traffico di influenze operata dalla recentissima pronuncia Cassazione del novembre 2021. Il problema sta infatti nella individuazione di quale sia la mediazione illecita, ovvero interferenza illecita, visto che la norma non tipizza o elenca quale siano le condotte ritenute interferenze lecite con la pubblica amministrazione, né quale siano quelle ritenute illecite, con l'evidente rischio di attrarre nella fattispecie penale tutte quelle condotte connotate da scarsa trasparenza, ma non per questo di per sé illecite. Ecco i passi della sentenza piu' significativi. In definitiva le parti devono avere di mira un'interferenza illecita, resa possibile grazie allo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente. Il legislatore ha inteso punire con l'art. 346 bis cp in via preventiva e anticipata il fenomeno della corruzione sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte in precedenza irrilevanti prodromiche rispetto ai reati di corruzione consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell'altro (il privato interessato all'atto) dietro compenso (per sé o altri o per remunerare il pubblico agente) La lettura della norma consente di individuare il nucleo dell'antigiuridicità della condotta penalmente sanzionata non nel mero sfruttamento (vero o vantato) di relazioni con il pubblico agente (che costituisce piuttosto il mezzo attraverso il quale il soggetto agente riesce ad ottenere dal privato la dazione indebita, anche solo come promessa) bensì in tutte quelle forme di intermediazione che abbiano come finalità l'influenza illecita sulla attività della pubblica amministrazione. Infatti la norma pone sullo stesso piano (anche sanzionatorio) la intermediazione finalizzata alla corruzione del pubblico agente e la mediazione “illecita” così chiarendo che anche per quest'ultima forma di traffico l'antigiuridicità della condotta debba postarsi necessariamente sull'elemento finalistico. La norma peraltro non chiarisce quale sia l'influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non è possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti ed alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (la c.d. Lobbying) attualmente non ancora regolamentata. Il contenuto indeterminato della norma rischia di attrarre nella sfera penale a discapito del principio di legalità, le piu' svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel sottobosco di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all'interesse perseguito. E' necessario quindi ancorare la fattispecie ad un elemento certo che connoti tipizzandola la mediazione illecita e che costituisca una guida sicura per gli operatori e per l'interprete della norma. A tal fine il Collegio ritiene che l'unica lettura della norma che soddisfi il principio di legalità sia quella che fa leva sulla particolare finalità perseguita attraverso la mediazione: la mediazione è illecita quando è finalizzata alla commissione di un “fatto reato” idoneo a produrre vantaggi per il privato committente. Cass. Pen.40518/2021 6a sez.

  • Reati Informatici.. accesso abusivo, alterazione dei sistemi e carte di credito.. Scopriamoli.

    Scopri anche il posto criptovalute & fisco. 1) Accesso abusivo al sistema informatico. Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informaticoo telematico protetto da misure di sicurezza Ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni. (accesso abusivo al sistema informatico art. 615 ter c.p) 2) Alterazione del sistema #informatico; Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032... Trattasi quindi di #frode informatica che necessita però di manomissione o alterazione di funzionamento sistema informatico con ingiusto profitto, previsto dall'art. 640 ter cp. 3) Uso indebito delle carte di #credito/di debito o solo dei codici. Chiunque al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa #pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sé o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi... Trattasi di uso indebito di carte di credito/debito/pagamento, come previsto dall'493 ter cp, ma attenzione, per cadere in tale reato basta il possesso dei codici, o della #carta, anche se clonata. Tre #reati informatici ma con profili differenti. Tralasciamo l'analisi dell'accesso abusivo a sistema informatico, che non desta particolari perplessità in quanto costituisce reato l'introduzione nell'account di un terzo senza averne diritto, scopo della norma infatti tutelare lo “spazio #virtuale” del titolare e la riservatezza informatica. Qualche perplessità in piu' desta invece il confine tra l'uso indebito delle carte di credito/pagamento, o anche la sola detenzione dei #codici, e il reato di truffa informatica. La truffa informatica tuttavia necessità di un vero e propria alterazione di funzionamento del sistema informatico e del raggiro. Infatti l’indebita utilizzazione, a fine di profitto proprio o altrui, da parte di chi non ne sia titolare, di una carta di credito integra il reato 493 ter cp e non il reato di truffa, che resta assorbito in quanto l’adozione di artifici o raggiri è uno dei possibili modi in cui si estrinseca l’uso #indebito di una carta di credito (Sez. 2, n. 48044 del 09/09/2015, Rv. 265363). Difatti il delitto di frode informatica richiede necessariamente che si penetri abusivamente nel sistema #informatico bancario e si effettui illecite operazioni sullo stesso al fine di trarne profitto per sé o per altri. Appare pertanto evidente che per consumare il suddetto delitto non è indispensabile il materiale possesso della carta di credito o di pagamento essendo anche solo sufficiente il possesso dei codici della stessa carta e dei codici personali utilizzati a fini di profitto personale od anche a vantaggio di terzi; Viceversa la #frode informatica ex art. 640 ter c.p. sanziona la condotta di colui il quale, "alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno" e richiede quindi quale elemento differenziale e specifico l’accesso al sistema e non anche il semplice utilizzo di dati personali comunque illecitamente acquisiti. Pertanto la condotta di chi effettui operazioni di pagamento mediante una carta di credito o di #pagamento di cui non risulti titolare anche senza il materiale possesso della carta stessa ma utilizzando il numero ed i codici personali della medesima carta di cui è venuto illegittimamente in possesso integra il delitto ex art. 493 ter cp ovvero quello di Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Criptovalute & Fisco

  • Le spese della coppia nella ex famiglia...

    Cerchiamo di fare chiarezza su nodo ricorrente di litigio in caso di #separazione e #divorzio, il regime delle spese in relazione all'assegno di mantenimento. Prima di scendere nel dettaglio è importante evidenziare che in caso di affido condiviso tra #coniugi, entrambi avranno eguali diritti ed obblighi in relazione la figlio minore, quindi attenzione a non affrontare "spese" decise autonomamente senza il consenso dell'altro EX coniuge, in tal caso infatti sarà pressoché impossibile aver diritto alla restituzione della quota virtuale a carico del ex coniuge non informato preventivamente. In ogni caso sebbene non sussista un obbligo di ripartizione obbligatoria per spese voluttuarie non approvate, non sussiste nemmeno un vero e proprio diritto di "blocco" di tali spese. Sarà quindi onere del coniuge che riterrà tale spesa imprescindibile, affrontarla con il rischio di non vedersi riconosciuta la metà. Passando al regime delle spese, utilizzando le parole della giurisprudenza considereremo spese #straordinarie e quindi escluse dall’importo dell’assegno di mantenimento, quelle relative ad eventi eccezionali ed imprevedibili nella vita del figlio minore, oppure episodiche. Sono invece spese #ordinarie – e dunque incluse nell’assegno di mantenimento, le spese che ricorrono frequentemente, quotidianamente e sono quindi cicliche ed imprescindibili per la normali esigenze di vita della prole. Home #famiglia #separazione #divorzio #mantenimento Legale Oggi

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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