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Società di persone, le condotte del socio che recede e le sorti della società che fallisce.


Nelle Società di persone, il Socio meno attivo che decida ad un certo punto della vita sociale di uscire dalla società tramite il recesso, puo' essere ritenuto responsabile in caso di fallimento?


E' il caso che delle società SNC ove a fronte di una amministrazione disgiunta, uno dei soci sia meno attivo e lasci l'effettiva gestione economica dell'impresa all'altro socio, che potrebbe essere realmente il solo responsabile del dissesto.


La risposta va contro corrente, infatti nelle società di persone ANCHE il socio meno attivo, che abbia i poteri gestori si troverà nei guai.






Al di là dell'esercizio disgiunto dei poteri gestori, gravano, infatti, indistintamente, su tutti i soci-amministratori obblighi di vigilanza - direttamente discendenti dalla posizione di garanzia delineata dagli artt. 2260 e 2267 cod. civ. -


che impongono loro di controllare di continuo l'andamento della gestione ed intervenire per evitare che condotte pericolose per la prosecuzione dell'attività sociale e per gli interessi dei creditori possano essere poste in essere.


Può, dunque, affermarsi che:


«Nella società di persone, il potere di amministrazione disgiunta spettante, di regola, a ciascun socio, non vale, di per sé, a esonerare il socio, che non si sia reso autore di condotte pregiudizievoli per la società ed i creditori, da responsabilità anche penale, a titolo di concorso in bancarotta fraudolenta patrimoniale, in caso di dichiarazione di fallimento, essendo egli onerato del potere-dovere di vigilare sulla complessiva gestione della società, salvo che non adduca specifiche e documentate ragioni atte a dar conto dell'inesigibilità del relativo esercizio. Cass. Civ. 17092/2022


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