Risultati di ricerca nel sito
701 risultati trovati con una ricerca vuota
- Scissione Farmacia debiti ed incompatibilità
Farmacie gestite da società, scissione della società e nascita di nuove entità, profili civili e fiscali dei debiti per fornitori e fisco Segui la pagina in diritto farmaceutico con articoli a tema gratuito Scissione totale o scissione parziale La scissione è un'operazione di carattere straordinario mediante la quale una società, definita scissa, estinguendosi (scioglimento senza liquidazione) o rimanendo in vita, trasferisce ad una società preesistente o di nuova costituzione, definita beneficiaria, l'intero suo patrimonio o una parte di esso attribuendo ai soci della scissa azioni o quote della beneficiaria in modo proporzionale ovvero non proporzionale rispetto alla percentuale di attribuzione sussistente presso la scissa ( artt. 2506 e 2506 quater c.c. ). Farmacie e scissione parziale Nella scissione parziale la società scissa prosegue la propria attività conservando la titolarità di determinati rapporti attivi e passivi, sia pure con un patrimonio ridotto. L'operazione, sotto il profilo della disciplina generale dei tributi e sulla riscossione degli stessi, è regolamentata dall' art. 173 T.U.I.R. e, per quanto in questa sede interessa, dai commi 11 , 12 e 13 ove è disposto, che " Ai fini delle imposte sui redditi, la decorrenza degli effetti della scissione è regolata secondo le disposizioni dell' art. 2506-quater c.c. , comma 1, ma la retrodatazione degli effetti, ai sensi dell' art. 2501-ter c.c. , nn. 5) e 6), opera limitatamente ai casi di scissione totale ed a condizione che vi sia coincidenza tra la chiusura dell'ultimo periodo di imposta della società scissa e delle beneficiarie e per la fase posteriore a tale periodo. Obblighi tributari nella scissione della farmacia Farmacia scissione debiti ed incompatibilità: Gli obblighi tributari della società scissa riferibili a periodi di imposta anteriori alla data dalla quale l'operazione ha effetto sono adempiuti in caso di scissione parziale dalla stessa società scissa o trasferiti, in caso di scissione totale, alla società beneficiaria appositamente designata nell'atto di scissione. Farmacie Scissione e controllo ed accertamenti I controlli , gli accertamenti e ogni altro procedimento relativo ai suddetti obblighi sono svolti nei confronti della società scissa o, nel caso di scissione totale, di quella appositamente designata, ferma restando la competenza dell'ufficio dell'Agenzia delle entrate della società scissa. Se la designazione è omessa, si considera designata la beneficiaria nominata per prima nell'atto di scissione. Le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie , gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge. Trova il tuo caso nel blog specialistico Le società coobbligate hanno facoltà di partecipare ai suddetti procedimenti e di prendere cognizione dei relativi atti, senza oneri di avvisi o di altri adempimenti per l'Amministrazione". Occorre distinguere gli obblighi tributari gravanti sulla società scissa da quelli gravanti sulla società beneficiaria. Leggi pure Farmacia società di gestione e divieti In caso di scissione parziale , ( leggi qui il post su Farmacie e scissione parziale) in forza della normativa speciale citata, prevalente sulle norme codicistiche civili ( art. 2506-quater c.c. , comma 3 ), gli obblighi tributari sono adempiuti dalla società scissa, mentre nel caso di scissione totale gli obblighi tributari sono integralmente trasferiti alla società beneficiaria. Il D.Lgs. n. 472 del 1997 , art. 15, comma 2 , afferma che, in caso di scissione parziale, ciascuna società è obbligata in solido al pagamento delle somme dovute per violazioni commesse anteriormente alla data dalla quale la scissione produce effetti; Lo stesso comma 12 art. 173 TUIR cit . prevede che "le altre società beneficiarie sono responsabili in solido per le imposte, le sanzioni pecuniarie , gli interessi e ogni altro debito e anche nei loro confronti possono essere adottati i provvedimenti cautelari previsti dalla legge". Farmacia scissione debiti ed incompatibilità Viene, quindi,estesa la solidarietà illimitata tra scissa e beneficiaria, anche in forza del principio della unitarietà dell'imposta, nel caso di debito di imposta derivante da violazioni connesse anteriormente alla scissione, dovendosi ritenere, anche con riferimento a tale normativa speciale, la prevalenza rispetto alla norma codicistica di cui al cit. art. 2506-quater c.c. , comma 3 , (cfr Cass. 24.6.2015 n. 13061). Da ultimo gennaio 2024 la cassazione nella ordinanza n. 739 ha precisato il principio secondo cui “ quando sia realizzata un'operazione di scissione parziale” – “la responsabilità per i debiti fiscali riguardanti gli anni di imposta ad essa antecedenti, prevista dall'art. 173, comma 13, d.P.R. n. 917 del 1986, e confermata, quanto alle somme dovute per violazioni tributarie, dall'art. 15, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, diverge da quella riguardante le obbligazioni civili, soggetta invece ai limiti di cui agli artt. 2506-bis, comma 2, e 2506-quater, comma 3, c.c., in quanto, fermi gli obblighi erariali in capo alla scissa e alla designata, si estende non solo solidalmente, ma anche illimitatamente a tutte le società partecipanti all'operazione, indipendentemente dalle quote di patrimonio assegnato con detta operazione, senza che tale differente trattamento sia costituzionalmente illegittimo, siccome rispondente all'esigenza di un'agevole riscossione dei tributi nel rispetto del principio costituzionale di pareggio del bilancio e a criteri di adeguatezza e di proporzionalità, come affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 90 del 2018” (Sez. 5, Sentenza n. 3233 del 10/02/2021) Scissione nuova società ed incompatibilità dei farmacisti e della società art. 7 ed 8 legge 362/1991 Prima di chiudere una precauzione in tema di incompatibilità di cui all’8 della legge 362/1991 ed infatti ricordiamo che anche in caso di scissione vale il principio secondo cui la partecipazione alle società (titolari di farmacia) é incompatibile con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; Chiaro che in caso di scissione un ruolo fondamentale lo avrà lo statuto (oggetto sociale esclusivo per farmacie) e compagine sociale dell nuova entità da comunicare alla Asl/Asp di competenza. Hai un quesito in diritto societario e commerciale per la tua farmacia o la tua impresa? Leggi il blog o contattaci senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Proroga del servizio pubblico ed affidamento
Ci viene chiesto se è possibile che un Ente, Comune o Regione possa prorogare un servizio affidato ad un vincitore di gara in una determinata gara, anche senza il consenso del privato che svolge il servizio e con particolare riguardo alle modalità e prezzi imposti. Il privato che svolge il servizio è obbligato a proseguire in caso di proroga unilaterale alle stese condizioni? Scopri il sito per Appalti Il quesito nasce dai casi - molto frequenti in questo periodo - in cui un servizio affidato durante l'emergenza Covid-19 a determinate condizioni oggi sia prorogato senza gara alle medesime condizioni che appaiono superate ed a volte anche anti-economiche. A tal domanda possiamo rispondere affermando che È illegittimo il provvedimento della Regione che imponga, in via unilaterale, la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico , in quanto la norma citata – nel consentire la proroga degli affidamenti in atto al 23 febbraio 2020 fino a dodici mesi successivi alla dichiarazione di conclusione dell’emergenza dovuta al virus Covid-19 – presuppone comunque necessariamente il consenso del privato, affidatario del servizio e destinatario della proroga stessa, non potendo tale norma essere interpretata nel senso di consentire all’amministrazione di imporre, in via unilaterale, una proroga al contratto contro la volontà dell’affidatario. Ed inoltre in tema di danno e responsabilità ed ultra vigenza dell'affidamento Ha natura di danno ingiusto e deve essere risarcito il pregiudizio patrimoniale subito dall’affidatario di un servizio pubblico che abbia continuato a svolgere il servizio alle medesime condizioni economiche nelle more dell’individuazione del nuovo affidatario anche oltre lo svolgimento di una prima procedura andata deserta, in quanto, anche in presenza di una clausola contrattuale che ciò preveda, essa deve essere interpretata secondo buona fede ex art. 1366 c.c., con la conseguenza che la ultra-vigenza del corrispettivo può estendersi temporalmente fino all’espletamento della prima gara, ma non anche per tutto il successivo periodo di tempo necessario per l’espletamento di ulteriori gare, qualora la prima gara sia andata deserta. (CGA 527/2024). Hai un quesito in tema di impresa ed appalti ? segui il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Subappalto e tutela del subappaltatore in caso di concordato
Nel presente testo affrontiamo il tema della tutela del subappaltore e la tutela nel vecchio come nel nuovo codice gli appalti in caso di mancato pagamento da parte dell'appaltatore. Esiste poi il caso non raro che il subappaltatore chieda la liquidazione delle proprie spettanze in pendenza della procedura di concordato in cui é incorsa l'impresa appaltatrice. Come si rende compatibile la tutela del subappaltatore con la procedura concordatoria dell'appaltatore? Cosa prevede il nuovo codice degli appalti in relazione alla tutela del subappaltatore? Per rispondere a tali quesiti precisiamo sin da subito che la tutela del subappaltatore prima prevista nell'articolo 105 del codice uscente oggi é prevista nell'articolo 119 d.lgs 36/23. Vediamo quindi l'applicazione pratica con le parole della giurisprudenza della tutela del subappaltatore. Ritiene il tribunale di Roma del 2022 che la tutela apprestata al subappaltatore dall'art. 105, comma 13, del d.lgs. 50/2016, a mente del quale: “La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore, al cottimista, al prestatore di servizi ed al fornitore di beni o lavori, l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: quando il subappaltatore o il cottimista è una microimpresa o piccola impresa ; in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore; su richiesta del subappaltatore e se la natura del contratto lo consente” si inquadra nella fattispecie nella delegazione di pagamento ex lege disciplinata dall'art. 1269 c.c. , anche a seguito della previsione introdotta dal citato art. 105 d.lgs. n. 50/2016, (oggi art 119 nuovo codice degli appalti) ritenendosi che tra appaltante e subappaltatore si instauri esclusivamente una delegazione di pagamento ex lege, sullo schema previsto dall'art. 1269 c.c., ossia senza necessità di una espressa delegazione (cfr Trib Bolzano, sent. n. 908/2019; Trib Bologna, sent. n. 2222/21), che, secondo la chiara distinzione espressa dalla Suprema Corte (cfr Cass. n. 676/2020) differisce dalla delegatio promittendi ex art. 1268 c.c., per effetto della quale “…il delegato è direttamente obbligato verso il delegatario e questi può agire direttamente verso il delegato, mentre nella "delegatio solvendi" ex art. 1269 c.c. è esclusa l'azione diretta del delegatario verso il delegato”. Precisa la Corte che “la delegazione di debito ha funzione creditoria (delegatio promittendi), aggiungendo un nuovo debitore con posizione di obbligato principale accanto al debitore originario sì da rafforzare la posizione del creditore delegatario, mentre la delegazione di pagamento ha funzione solutoria (delegatio solvendi), prevedendo che l'obbligazione sia adempiuta da un terzo anziché dal debitore, senza per ciò solo aumentare gli obbligati verso il creditore delegatario (Cass. 12 marzo 1973 n.676)”. Inquadrato l'obbligo di pagamento posto dall'art. 105 nell'ambito della delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c., deriva che la committente non si aggiunge al debitore principale con un'obbligazione autonoma, ma il suo intervento è previsto solo in funzione solutoria. Subappalto e Concordato Con riguardo al rapporto tra l'ammissione al concordato preventivo dell'appaltatrice e la speciale tutela di cui all'art. 105 del codice degli appalti, si ritiene che il pagamento da parte del delegato al delegatario inciderebbe sui principi fondanti la procedura concorsuale, violandone il fondamento: ed infatti, come condivisibilmente motivato da una recente sentenza della Corte di Appello di Milano “applicare l'art. 105 d.lgs. n. 50/2017 a casi come quello in esame, in cui il diritto di credito è sorto e divenuto esigibile prima del deposito della domanda di concordato, significherebbe mettere in discussione l'intero sistema della concorsualità, in quanto verrebbe aperta la strada ad imprevedibili iniziative dei singoli creditori dell'appaltatore, in grado di minare i presupposti di carattere economico e finanziario su cui la proposta di ristrutturazione - presentata in sede di concordatoè fondata. Una soddisfazione extra-concorsuale del fornitore, sia essa diretta o indiretta, si trasformerebbe inevitabilmente in un trattamento preferenziale del suo credito. Il pagamento della stazione appaltante eseguito a beneficio diretto del fornitore dopo la domanda di ammissione al concordato preventivo dell'appaltatore violerebbe infatti irrimediabilmente la par condicio creditorum: a fortiori se si tratta di crediti anteriori rispetto al momento in cui si è aperta la procedura concorsuale. Trib Roma 18327/22 Prima di chiudere é opportuno ricordare che il subappaltatore é tutelato nel nuovo codice degli appalti dall'art 119 d.lgs 36/2023 che ha ereditato quanto previsto dall'art 105 del d.lgs 50/2016 uscente a mente del quale La stazione appaltante corrisponde direttamente al subappaltatore ed ai titolari di sub-contratti non costituenti subappalto ai sensi del quinto periodo del comma 2 l'importo dovuto per le prestazioni dagli stessi eseguite nei seguenti casi: a) quando il subcontraente è una microimpresa o piccola impresa;b) in caso di inadempimento da parte dell'appaltatore;c) su richiesta del subcontraente e se la natura del contratto lo consente. Hai un quesito in tema di appalti e procedure amministrative? Leggi il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Le operazioni inesistenti ed i poteri del fisco
Quali sono le operazioni inesistenti che possono essere contestate dall'agenzia delle entrate? Cosa rischia il contribuente in caso di operazioni soggettivamente inesistenti? Quali sono le prove che l'agenzia delle entrate usa per definire una operazione inesistente ai fini iva? Quali sono le responsabilità del contribuente per le operazioni iva inesistenti? Su richiesta di un nostro lettore utilizzando la recente giurisprudenza rispondiamo ai quesiti frequenti per chi svolge attività di impresa. In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass. n. 9851 del 2018, Cass. n. 27555 del 2018, Cass. n. 15369 del 2020). Le operazioni inesistenti ed i poteri del fisco In caso di operazioni soggettivamente inesistenti l’Amministrazione deve provare, oltre l’alterità soggettiva dell'imputazione delle operazioni (il soggetto formale non è quello reale), che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l'uso dell'ordinaria diligenza, che il soggetto formalmente cedente, con l'emissione della relativa fattura, aveva evaso l'imposta o partecipato a una frode, e cioè che il contribuente disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale dubbio ovvero «a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente» (Corte di Giustizia 6 dicembre 2012, Bonik, C- 285/11; Corte di Giustizia, Ppuh, C-277/14, par. 50). Le operazioni inesistenti ed i poteri del fisco Questa prova può dirsi raggiunta qualora l'Amministrazione fornisca attendibili indizi, idonei ad integrare una presunzione semplice (v. Cass. n. 14237 del 2017; Cass. n. 20059 del 2014; Cass. n. 10414 del 2011; Corte Giust. Kittel, C-439/04; Corte Giust. Mahagèben e David, C-80/11 e C-142/11); è sufficiente che gli elementi forniti dall'Amministrazione si riferiscano anche solo ad alcune fatture o circostanze rilevanti per la qualificazione della società interposta come cartiera (quali ad es. la mancanza di sede, la mancanza di iscrizione, l'omesso versamento delle imposte, ...) ovvero a singole indicazioni significativamente riferibili alla sfera di conoscenza o conoscibilità dell'imprenditore, pur escludendo ogni automatismo probatorio o criterio generale predeterminato. L'onere dell'Amministrazione finanziaria sulla consapevolezza del cessionario va dunque ancorato al fatto che questi, in base ad elementi obbiettivi e specifici, che spetta all'Amministrazione individuare e contestare, conosceva o avrebbe dovuto conoscere che l'operazione si inseriva in una evasione all'Iva e che tale conoscibilità era esigibile, secondo i criteri dell'ordinaria diligenza ed alla luce della qualificata posizione professionale ricoperta, tenuto conto delle circostanze esistenti al momento della conclusione dell'affare ed afferenti alla sua sfera di azione. Va osservato, in particolare, che (come già sottolineato da Cass. n. 24490 del 2015), se al destinatario non compete, di norma, conoscere la struttura e le condizioni di operatività del proprio fornitore, sorge, tuttavia, un obbligo di verifica, nei limiti dell'esigibile, in presenza di indici personali od operativi anomali dell'operazione commerciale ovvero delle scelte dallo stesso effettuate, tali da evidenziare irregolarità e ingenerare dubbi di una potenziale evasione, la cui rilevanza è tanto più significativa dati il carattere strutturale e professionale della presenza dell'imprenditore nel settore di mercato in cui opera e l'aspettativa, fisiologica ed ordinaria, che i rapporti commerciali con gli altri operatori siano proficui e suscettibili di reiterazione nel tempo. Cass 26264/22 Raggiunta tale prova, è quindi onere del contribuente dimostrare - oltre all'effettività del suo interlocutore - la propria buona fede, ossia, mutuando i principi affermati dalle Sezioni Unite n. 21105 del 2017, che non disponeva di indizi idonei ad avvalorare un tale dubbio ovvero, come sopra osservato, a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente. Hai un quesito? Cerca nel blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli avv Aldo Lucarelli
- La sostituzione del progettista nell’appalto integrato
Varie norme nel tempo hanno disciplinato l’appalto integrato. In particolare: a) l’art. 59 bis d. lgs. n. 50/16 stabiliva che “le stazioni appaltanti possono ricorrere all’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice nei casi in cui l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell'appalto sia nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori. I requisiti minimi per lo svolgimento della progettazione oggetto del contratto sono previsti nei documenti di gara nel rispetto del presente codice e del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies; detti requisiti sono posseduti dalle imprese attestate per prestazioni di sola costruzione attraverso un progettista raggruppato o indicato in sede di offerta, in grado di dimostrarli, scelto tra i soggetti di cui all’articolo 46, comma 1”; b) l’art. 53 comma 3 d. lgs. n. 163/06 prevedeva che “quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell'offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”; c) nello stesso senso l’art. 92 comma 6 d.p.r. n. 207/10 prescriveva che “i requisiti per i progettisti previsti dal bando ai sensi dell’articolo 53, comma 3, del codice devono essere posseduti dalle imprese attestate per prestazioni di sola esecuzione, attraverso un progettista associato o indicato in sede di offerta in grado di dimostrarli, scelto tra i soggetti di cui all’articolo 90, comma 1, lettere d), e), f), f-bis, g) e h), del codice, e sono costituiti in rapporto all’ammontare delle spese di progettazione”. Ne deriva che la giurisprudenza formatasi in riferimento al testo delle disposizioni abrogate può essere utilmente richiamata anche in relazione al disposto del vigente art. 44 comma 3 d. lgs. n. 50/16. La sostituzione del progettista nell’appalto integrato In proposito, secondo l’Adunanza Plenaria, “il progettista indicato, nell'accezione e nella terminologia dell'articolo 53, comma, del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo. Pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico, nel significato attribuito dalla normativa interna e da quella dell'Unione europea” (A.P. n. 13/2020); L’Adunanza Plenaria ha enunciato il principio in esame per trarne la conseguenza per cui il progettista “indicato” “non può utilizzare l'istituto dell'avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all'operatore economico in senso tecnico e che l'avvalimento cosiddetto "a cascata" era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta” (così sempre A.P. n. 13/2020). La conclusione raggiunta dal Supremo Consesso, in punto di qualificazione del progettista “indicato” come professionista esterno che non assume la veste di concorrente, ha, poi, costituito il presupposto da cui ha mosso la giurisprudenza per ammettere la sostituzione del progettista stesso nell’ipotesi di carenza dei requisiti in capo a quest’ultimo, in tutti i casi (in questo senso, tra le altre, CGA n. 276/21, TAR Calabria – Catanzaro n. 1004/23, TAR Lombardia – Milano n. 252/21) o, secondo altro più restrittivo orientamento, nelle sole ipotesi in cui ciò non comporti una modifica sostanziale dell’offerta (Cons. Stato n. 9923/22, TAR Lombardia – Milano n. 703/23). Il Tar Lazio 2024 pur condividendo l’opzione ermeneutica che ammette l’astratta sostituibilità del progettista indicato in ragione della qualificazione di tale figura come professionista esterno, ritiene, tuttavia, in adesione all’orientamento più rigoroso, che tale sostituzione sia possibile nelle sole ipotesi in cui ciò non comporti una modifica sostanziale dell’offerta, potendosi, in caso contrario, configurare una violazione dei principi generali di par condicio e d’imparzialità i quali precludono la modifica sostanziale dell’offerta anche nel nuovo codice degli appalti (si vedano, tra gli altri, gli artt. 97 comma 2 in tema di sostituzione del componente del raggruppamento, 101 commi 3 e 4, in riferimento ai chiarimenti e correzioni di errori materiali del contenuto dell’offerta, e 104 comma 5 in relazione alla sostituzione dell’ausiliaria). Tar Lazio 134/24 Si può concludere quindi che oggi la sostituzione del progettista “indicato” in sede di aggiudicazione comporterebbe un’inammissibile modifica sostanziale dell’offerta presentata. Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli
- La gara per la concessione della farmacia
La gara per la nuova concessione della farmacia impone un rigido assetto di termini e prescrizioni in capo al concessionario, il quale non è sullo stesso piano dell'amministrazione sanitaria nella contrattazione dei tempi. Il concessionario quindi sarà vincolato anche dopo l'aggiudicazione alle scadenze per dire “a cascata” imposte dall'amministrazione sanitaria, e cio' in quanto sussiste il principio del rispetto dei “requisiti di esecuzione” della gara pubblica che non consentono una posizione paritaria e pattizia tra amministrazione sanitaria a privato aggiudicatario, il quale quindi rimarrà vincolato alle tempistiche imposte. E' quanto si ricava dalla recente giurisprudenza in tema di gare pubbliche per concessioni di farmacie. Ed infatti dalla evidenziata natura di requisito di esecuzione del termine di apertura discende, piuttosto, che la dimensione temporale dell’adempimento dovesse necessariamente coincidere con l’intervallo corrente tra l’aggiudicazione e il perfezionamento del contratto, in linea con la consolidata giurisprudenza per cui i requisiti di esecuzione costituiscono, di norma, condizioni per la stipulazione del contratto; con la conseguenza che, se richiesti a tal fine, “la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n.1617)” (Cons. Stato sez. III, 26/10/2023 n. 9255 cit. nonché, tra le molte altre, Cons. Stato sez. III, 16/12/2022, n. 11029; Id. 12/12/2022 n. 10840; Cons. Stato sez. V, 04/10/2022, n. 8481; T.A.R. Piemonte sez. I, 17/07/2020, n. 475). La gara per la concessione della farmacia in ospedale Il silenzio della lex specialis (bando) e delle fonti primarie riguardo al termine di avvio del servizio non osta quindi all’individuazione del limite temporale di approntamento della sede giacché, pure nel difetto di una previsione esplicita, l’interesse pubblico a che l’aggiudicataria disponesse di tutti i mezzi e le dotazioni per l’utile esercizio della farmacia non poteva che attualizzarsi proprio al momento della stipulazione del contratto (cfr., in tema di centri di cottura nei servizi di ristorazione, Cons. Stato, sez. V, 18/12/2017, n. 5929). Diversamente, sarebbe stata sottratta alla ordinaria fase di valutazione dell’offerta la verifica di uno dei suoi elementi costitutivi, con ingiustificata compressione della par condicio tra i concorrenti (cfr. Cons. Stato, sez. V 18/12/2020, n. 8159 e Tar Piemonte n. 105/2024). Ed infatti nella fase dell'esecuzione il rapporto intercorrente tra l'Amministrazione Concedente ed concessionario vincitore della gara pubblica per la nuova farmacia, non è paritario né pattizio. Sicché la prescrizione del del capitolato -per cui la disponibilità della sede deve includere l’impegno ad espletare “tutti gli interventi, […] eventualmente necessari, […] per ottenere l’autorizzazione igienico-sanitaria e l’agibilità per l’apertura al pubblico”- e il tenore del capitolato in base al quale la disponibilità così descritta deve essere attuata entro la data dell’aggiudicazione- indicano nell’aggiudicazione il titolo fondativo dell’obbligo di dotarsi dei mezzi necessari all’erogazione del servizio e, insieme, il suo termine iniziale di adempimento. Leggi il blog in diritto farmaceutico Inoltre, l'eventuale precisazione presente negli atti di gara che tutti gli interventi devono essere adempiuti “a richiesta del Concedente” esclude ogni assetto pattizio o paritetico, rimettendo modalità e tempi della prestazione all’iniziativa unilaterale dell’amministrazione sanitaria. Conforme Tar Piemonte 105/24. Hai un quesito su appalti concessioni e servizi farmaceutici? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Società Occulta e Società di Fatto e Società Irregolare come individuarle
Ci viene chiesto di definire le differenze tra Società Occulta (non esteriorizzata all'esterno per motivi di convenienza, si pensi ad una società di tre persone che agisce esternamente come ditta individuale), Società di Fatto, quando una società non formalmente costituita tra due soggetti agisce per l'appunto di fatto come società, e Società irregolare, ovvero una società che non è regolarmente costituita, si pensi ad una SNC non registrata. Si deve precisare che il compito di individuare la società spetta ai soci sui quali grava quindi anche l'onere di procedere in giudizio davanti ad un Tribunale chiamato all'accertamento del rapporto societario. Società Occulta e Società di Fatto e Società Irregolare come individuarle Società Occulta e Società di Fatto e Società Irregolare come individuarle: Sul punto qui in discussione è stato infatti affermato dalla giurisprudenza della Corte che la proposizione della domanda di riconoscimento della qualità di socio accomandante occulto rispetto a quella di riconoscimento della qualità di socio di fatto, originariamente proposta, non integra una inammissibile domanda nuova, poiché la “causa petendi” è costituita in entrambi i casi dall’accertamento del rapporto sociale, indipendentemente dalla sua esteriorizzazione nei confronti dei terzi (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 7776 del 27/03/2017; cfr. anche: Cass. n. 8981-2016; Cass. n. 17925-2016). In realtà, si parla di rapporto sociale di fatto nel caso in cui manchi la prova scritta della costituzione del rapporto, peraltro non richiesta dalla legge ai fini della sua validità (Cass., sez. VI, 5 maggio 2016, n. 8981, Cass., sez. I, 11 marzo 2010, n. 5961); mentre società irregolare è quella che, anche se costituita per esplicito accordo scritto, non sia stata registrata (Cass.. sez. I, 29 ottobre 1997, n. 10695, m. 509395). assistenza in diritto societario ed imprese Il rapporto sociale è occulto quando, pur esistendo anche solo di fatto, non venga esteriorizzato nei rapporti con i terzi (Cass., sez. VI, 12 settembre 2016. n. 17925). Ciò che rileva in ogni caso, sia nei rapporti interni tra i soci sia nei rapporti con i terzi, è l'effettiva esistenza della società, perché la società di persone realmente esistente, ma occulta, risponde di fronte ai terzi anche in difetto della esteriorizzazione, ossia della prova di un comportamento dei soci apparenti idoneo a determinare in concreto l'incolpevole affidamento dei terzi circa l'esistenza della società, essendo sufficiente che la società esista di fatto, anche a prescindere da un accordo espresso fra le parti (Cass., sez. I, 23 aprile 1969 n. 1284, Cass., sez. I, 12 novembre 1984, n. 5691). leggi il blog sui casi svolti e trova il tuo caso È stato altresì precisato sempre dalla giurisprudenza della Corte che la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi, da parte del giudice, l'esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre la partecipazione di tutti i soci all'esercizio dell'attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio "comune", sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (art. 2256 c.c.) ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali (art. 2270 e 2305 c.c.), l'unica particolarità della peculiare struttura collettiva della società occulta consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 14365 del 25/05/2021) Hai un quesito? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Appalto integrato e divieti
L’art. 24 comma 7 d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che la “(…) Progettazione interna e esterna alle amministrazioni aggiudicatrici in materia di lavori pubblici. (…)” ed è pertanto relativo alle gare per appalti di lavori, impedendo ai soggetti che hanno svolto la progettazione di lavori pubblici di partecipare al relativo appalto per l’esecuzione dei lavori progettati. Tale disposto normativo è pertanto applicabile solo nel rapporto fra progettazione ed esecuzione dei lavori e non già nel rapporto fra diversi livelli di progettazione, (artt. 23, comma 12, e 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016) Diversi livelli di progettazione: Ed invero l’art. 23 comma 12 prescrive che Le progettazioni definitiva ed esecutiva sono, preferibilmente, svolte dal medesimo soggetto, onde garantire omogeneità e coerenza al procedimento. In caso di motivate ragioni di affidamento disgiunto, il nuovo progettista deve accettare l'attività progettuale svolta in precedenza. In caso di affidamento esterno della progettazione che ricomprenda, entrambi i livelli di progettazione, l'avvio della progettazione esecutiva è condizionato alla determinazione delle stazioni appaltanti sulla progettazione definitiva. Appalto integrato e divieti Detto disposto normativo esprime un principio generale di “continuità”, della progettazione che può riferirsi anche alla fase precedente del PFTE, laddove l’Amministrazione si sia avvalsa per la relativa predisposizione di un professionista esterno. Ciò si evince anche dalla previsione del nuovo codice, approvato con d.lgs. n. 36 del 2023. Appalto integrato e divieti: nel nuovo codice il principio di continuità della progettazione è ulteriormente valorizzato, essendo a fondamento della previsione contenuta nel comma 8 dell’art. 41 che prevede che alla redazione del progetto esecutivo provvede, di regola, lo stesso soggetto che ha predisposto il progetto di fattibilità tecnico-economica, per evidenti ragioni connesse alle garanzie di coerenza e speditezza. L’affidamento disgiunto non è precluso, imponendosi, però, l’esplicitazione delle ragioni per le quali si rende necessario, nonché l’accettazione da parte del nuovo progettista, senza riserve, dell’attività progettuale svolta in precedenza. Il divieto di cumulo della qualità di progettista e di esecutore dei lavori per la stessa opera pubblica ha per contro, secondo la costante giurisprudenza in materia, la duplice funzione di evitare, nella fase di selezione dell’appaltatore dei lavori, che sia «attenuata la valenza pubblicistica della progettazione» di opere pubbliche (così: Cons. Stato, V, 21 giugno 2012, n.3656), e cioè che gli interessi di carattere generale ad essa sottesi siano sviati a favore dell’interesse privato di un operatore economico, con la predisposizione di progetto da mettere a gara ritagliato “su misura” per quest’ultimo, anziché per l’amministrazione aggiudicatrice, e che la competizione per aggiudicarsi i lavori sia perciò falsata a vantaggio dello stesso operatore (così testualmente Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2333). Detta ratio è alla base anche della previsione del divieto di appalto integrato contenuto nell’art. 59, comma 1, del d.lgs. 50 del 2016, con salvezza delle eccezioni normativamente indicate. Peraltro occorre rammentare che tale ultimo divieto è stato oggetto di sospensione fino al 30 giugno 2023 per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. b) della l. n. 55 del 2019, come modificata dall'art. 8, comma 7 del d.l. n. 76 del 2020, convertito nella l. 120 del 2020, ed ancora, per effetto del differimento previsto dall’art. 52, comma 1, lett. a) della l. n. 108 del 2021; va, inoltre, considerato che proprio per gli appalti nell'ambito del PNRR/PNC l’affidamento di progettazione ed esecuzione è ammesso sulla base di quanto previsto dall’art. 48, comma 5 del d.l. n. 77 del 2021, convertito nella l. n. 108 del 2021. Appalto integrato e divieti, nel nuovo codice, approvato con d.lgs n. 36 del 2023, il divieto di appalto integrato può dirsi superato nella ricorrenza di presupposti indicati nell’art. 44, con cui si è affidato al legislatore delegato il compito di individuare le “ipotesi in cui le stazioni appaltanti possono ricorrere all'affidamento congiunto della progettazione e dell'esecuzione dei lavori, fermi restando il possesso della necessaria qualificazione per la redazione dei progetti nonché l'obbligo di indicare nei documenti di gara o negli inviti le modalità per la corresponsione diretta al progettista, da parte delle medesime stazioni appaltanti, della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione indicati espressamente in sede di offerta dall'operatore economico, al netto del ribasso d'asta” (art. 1, comma 2, lett. ee) della l. n. 78 del 2022). Ciò posto, il divieto di cui all’art. 24 comma 7 del d.l.gs. n. 50 del 2016 si propone tra l’altro di assicurare le condizioni di indipendenza ed imparzialità del progettista rispetto all’esecutore dei lavori, necessarie anche affinché il primo possa svolgere nell’interesse della stazione appaltante la funzione di direzione dei lavori e di coordinatore della sicurezza nella fase dell’esecuzione dell’appalto; anche sotto questo profilo pertanto lo stesso non è estensibile alla procedura di gara per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva. Appalto integrato e divieti: Peraltro, secondo quanto già affermato in giurisprudenza (dal 2006), si tratta di disposizione che, ponendo una presunzione iuris tantum, prevede un’ipotesi tipica di conflitto di interesse tale per cui i progettisti e i titolari di incarichi di supporto alla progettazione non possono di regola essere affidatari degli appalti di esecuzione di lavori, a meno che non dimostrino che “l’esperienza acquisita” non sia (stata) tale da determinare “un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 19 dicembre 2023 n. 11024), per l’affermazione della presunzione di vantaggio goduta dal progettista, che impone la prova contraria, con “inversione normativa dell’onere della prova”, anche Cons. Stato, sez. V, 14 maggio 2018, n. 2853). Leggi pure: Quale sorte per le opere incompiute? La stazione appaltante perciò, quando sussiste una situazione di presunto conflitto di interessi ai sensi dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, deve ammettere la concorrente alla prova contraria e deve valutare gli elementi addotti dalla medesima, prima di procedere all’esclusione o alla revoca dell’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 9 aprile 2020, n. 2333, in riferimento all’analoga disciplina dell’art.90, comma 8 e 8 bis, del d.lgs. n. 163 del 2006). Hai un quesito tecnico? Sottoponi il tuo caso In sintesi, la predisposizione di un progetto di opera pubblica da parte di un professionista privato non comporta alcun automatismo escludente per il suo concorso all’affidamento dei relativi lavori, ma deve essergli consentito di dimostrare che dalla redazione del progetto a base di gara non gli è derivato alcun vantaggio competitivo, in conformità al principio di proporzionalità di matrice euro-unitaria (cui si deve l’inserimento della regola, che risale alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 3 marzo 2005, C-21/03 e 34/03, Fabricom SA; la sua positivizzazione nell’ordinamento giuridico nazionale, con legge 30 ottobre 2014, n. 161 - Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013-bis - è stata poi indotta dalla necessità di chiudere la procedura di infrazione comunitaria Eu Pilot 4860/13/MARKT avviata nei confronti dell’Italia). In altri termini, se non vi è un divieto partecipativo assoluto e aprioristico conseguente all’avvenuta predisposizione del progetto, bensì un necessario accertamento da eseguire nel caso concreto in ordine alla posizione di vantaggio goduta dal progettista (Cons. Stato, Comm. spec., parere 3 novembre 2016, n. 2285), vi è nondimeno una presunzione normativa d’incompatibilità che l’interessato deve ribaltare (Cons. Stato, V, n. 5499/2022, cit.). Leggi pure: La risoluzione dell'appalto Può infine aggiungersi che, per le Linee guida Anac n. 1, approvate con delibera n. 973 del 14 settembre 2016, e aggiornate con le delibere n. 138 del 21 febbraio 2018 e n. 417 del 15 maggio 2019, secondo quanto previsto nel par. n. 2.2 ai fini della prova ex art. 24 comma 7 d.lgs. 50 del 2016, idonea a superare la predetta presunzione, è “almeno necessario”, in coerenza con quanto previsto per le consultazioni preliminari di mercato, che le stesse informazioni in possesso del progettista siano messe a disposizione di tutti gli altri candidati e offerenti, con la previsione di un termine per la ricezione delle loro offerte idoneo a consentire loro di elaborarle. Secondo quanto di recente precisato (Cons. Stato, sez. V, 16 gennaio 2023, n. 511), “La regola è stata condivisa da questa Sezione del Consiglio di Stato, che ha anche ritenuto a tale fine la congruità del termine di 35 giorni (n. 5499/2022)”. Per contro non opera tale divieto (CdS 2012, n. 3656) ove si evidenzia come la ratio del divieto di legge consiste “nell’esigenza di garantire che il progettista si collochi in posizione di imparzialità rispetto all’appaltatore-esecutore dei lavori”, quindi nell’evitare che coincidano le posizioni di progettista e di appaltatore-esecutore dei lavori; rischio, quest’ultimo che non ricorre nei rapporti tra progettazione preliminare e livelli ulteriori di progettazione. CdS 3007/2024. Leggi il blog in appalti ed urbanistica Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Appalti: la responsabilità dell’operatore privato e la rivalsa della Stazione Appaltante
Il nuovo codice dei contratti pubblici dedica una serie di norme alla responsabilità dell’operatore economico(società/Ati/raggruppamento/consorzio et similia) nelle procedure di affidamento e la conseguente azione di rivalsa da parte della Stazione Appaltante. Vediamo quali sono le principali norme a tutela della condotta illegittima dell’operatore privato: il principio base é posto dall’Art. 2, comma 1, d.lgs. n. 36/2023 che prescrive il concetto di reciproca fiducia e quindi: “1. L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici”. Appalti: la responsabilità dell’operatore privato e la rivalsa della Stazione Appaltante Quindi il concetto di buona fede di cui all’Art. 5, d.lgs. n. 36/2023: “1. Nella procedura di gara le stazioni appaltanti, gli enti concedenti e gli operatori economici si comportano reciprocamente nel rispetto dei principi di buona fede e di tutela dell'affidamento. 2. Nell'ambito del procedimento di gara, anche prima dell'aggiudicazione, sussiste un affidamento dell'operatore economico sul legittimo esercizio del potere e sulla conformità del comportamento amministrativo al principio di buona fede. Il caso dell’annullamento per ricorso di terzi o in autotutela é prescritto nel comma 3 secondo cui 3. In caso di aggiudicazione annullata su ricorso di terzi o in autotutela, l'affidamento non si considera incolpevole se l'illegittimità è agevolmente rilevabile in base alla diligenza professionale richiesta ai concorrenti. Nei casi in cui non spetta l'aggiudicazione, il danno da lesione dell'affidamento è limitato ai pregiudizi economici effettivamente subiti e provati, derivanti dall'interferenza del comportamento scorretto sulle scelte contrattuali dell'operatore economico. Ed ecco quindi il passaggio dell’azione di rivalsa della Stazione appaltante verso l’operatore privato: 4. Ai fini dell'azione di rivalsa della stazione appaltante o dell'ente concedente condannati al risarcimento del danno a favore del terzo pretermesso, resta ferma la concorrente responsabilità dell'operatore economico che ha conseguito l'aggiudicazione illegittima con un comportamento illecito”. Ma quali sono le conseguenze pratiche? A tale domanda risponde l’Art. 124, comma 1, c.p.a. Secondo cui “1. L'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e di stipulare il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se non dichiara l'inefficacia del contratto, il giudice dispone il risarcimento per equivalente del danno subito e provato. Il giudice conosce anche delle azioni risarcitorie e di quelle di rivalsa proposte dalla stazione appaltante nei confronti dell'operatore economico che, con un comportamento illecito, ha concorso a determinare un esito della gara illegittimo”. Quanto alla competenza é opportuno evidenziare che ai sensi dell’Art. 133, comma 1, lett. e-1), c.p.a.:“Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: e) le controversie:1) relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi… Hai un quesito? Leggi gli articoli su Appalti ed Impresa o contattaci per un caso specifico Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto degli Appalti e Responsabilità
- Edilizia la sorte delle opere incompiute
Quale è la sorte delle opere eseguite in costanza di un titolo edilizio decaduto? Come esposto sebbene il permesso decada – decorso inutilmente il termine di conclusione dei lavori – per la sola parte non eseguita, il mantenimento delle opere presuppone la possibilità di portare a compimento l’opera iniziata; diversamente opinando, dovrebbe ammettersi la possibilità per il privato titolare di un permesso di costruire di abbandonare l’opera incompiuta – specie se funzionalmente non autonoma – con ingiustificato deturpamento del contesto circostante, specie se l’opera contrasti con la regolamentazione urbanistica dell’area. Quale è la sorte delle opere eseguite in costanza di un titolo edilizio decaduto? le opere eseguite in virtù di un titolo edilizio valido ma poi decaduto non possono essere oggetto di ordine di demolizione ex art.31 del D.P.R. 380/2001, che riguarda le opere eseguite sine titulo ovvero abusivamente, e data la tassatività delle norme sanzionatorie non può essere esteso a fattispecie non espressamente contemplate. ma afferma il CdS che la decadenza dal titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nei termini - cioè per fatto imputabile al titolare e relativo alle modalità di utilizzo /inutilizzo del titolo - ha efficacia ex nunc e non ex tunc e quindi non implica l'obbligo di disporre la demolizione delle opere realizzate nel periodo di validità del titolo edilizio (le quali, perciò, non possono essere ritenute abusive) - ove queste risultino conformi al progetto approvato con il permesso di costruire - ma comporta semplicemente la necessità, per il titolare decaduto, di chiedere un nuovo permesso per l'esecuzione delle opere non ancora ultimate; in mancanza di proroga o rinnovo del titolo, gli interventi effettuati successivamente alla decadenza del titolo risultano abusivi, il che comporta la legittimità dell'ordine di demolizione solo per quanto realizzato successivamente all'intervenuta decadenza, ma non per quanto realizzato in precedenza (Consiglio di Stato sez. VI, 27/06/2022, n.5258, 19/03/2021, ord n.1377 ed ivi richiam. Cons. St., IV, 6 agosto 2019 n. 5588). Per Consiglio di Stato, sez. VI, 19 dicembre 2019 n. 8605, una eventuale decadenza del titolo edilizio per mancata ultimazione dei lavori nel termine triennale non consentirebbe la demolizione del manufatto, operando l'effetto decadenziale ex nunc e lasciando, pertanto, salve le opere a tale data già realizzate: Edilizia la sorte delle opere incompiute Invero, in una corretta interpretazione dell'articolo 15 del DPR n. 380 del 2001, la decadenza impedisce solo l'ulteriore corso dei lavori ma non determina illeceità urbanistica di quanto già realizzato nella vigenza del titolo edificatorio. Scopri gli articoli in diritto urbanistico D’altra parte, si può osservare che, se l’art. 31 del D.P.R. 380/2001 ha previsto per gli “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire” l’ingiunzione alla rimozione o alla demolizione, l’art. 38 dello stesso Decreto ha disciplinato il particolare caso di “interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato”, prevedendo la possibilità che in luogo dell’ingiunzione a demolire possa essere applicata dall’Amministrazione una sanzione pecuniaria che quindi lasci salve le opere. Il Consiglio di Stato (cfr. ad es. sent. n. 6753/2018 della Sez. VI) ha evidenziato che l’art. 38 del DPR 380/2001 si ispira ad un principio di tutela degli interessi del privato, mirando ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abilitativo successivamente rimosso, rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, sì da ottenere la conservazione del bene (cfr. ex multis Consiglio di Stato Sez. VI, sent. n. 2155/2018). Cds 2228/24 Leggi il blog e trova il Tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Società, la "testa di legno" non risponde dei reati dell'amministratore di fatto..?
Seguici e rimani aggiornato Come osservato la giurisprudenza di legittimità ha sempre sostenuto, seppur con le debite differenze nelle varie tipologie di reati economici e tributari, che l'amministratore di diritto risponde unitamente all'amministratore di fatto per non avere impedito l'evento che aveva l'obbligo di impedire, essendo sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la generica consapevolezza che l'amministratore effettivo ponga in essere condotte illecite, consapevolezza che, tuttavia, non può dedursi dal solo fatto che il soggetto abbia accettato di ricoprire formalmente la carica di amministratore, essendo necessari " segnali di allarme " dai quali desumere l'accettazione del rischio - secondo i criteri propri del dolo eventuale - del verificarsi dell'evento illecito e, dall'altro, della volontà - nella forma del dolo indiretto - di non attivarsi per scongiurare detto evento. In sintesi si è sempre sostenuta l'estensione all'amministrazione di diritto delle responsabilità degli atti commessi nella gestione sociale da parte dell'amministratore di fatto, reale dominus della società. Amministratore testa di legno e responsabilità Tale principio però sembra vacillare dalla Giurisprudenza della Cassazione di dicembre 2022, per quelle attività non tipiche che vengono poste in essere dall'amministratore di fatto come nel caso della commissione di reati riferiti alla gestione ma scollegati con i doveri dell'amministratore. Scopri la pagina in diritto societario La stessa giurisprudenza ha precisato che, allorchè si tratti di soggetto che accetti il ruolo di amministratore esclusivamente allo scopo di fare da prestanome, la sola consapevolezza che dalla propria condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato (dolo generico) o l'accettazione del rischio che questi si verifichino (dolo eventuale) possono risultare sufficienti per l'affermazione della responsabilità penale.(Sez. 5n. 7332 del 07/01/2015 Ud. (dep. 18/02/2015 ) Rv. 262767 ). Tuttavia questi principi trovano applicazione nell'ipotesi di violazione dei doveri propri dell'amministratore e cioè la vigilanza in ordine ai criteri di gestione e di economicità dell'impresa e sul regolare assolvimento degli obblighi di contabilità. Tali obblighi giuridici permettono l'applicazione della clausola di cui all'articolo 40 capoverso codice penale, ma non consentono l'estensione di responsabilità dell'amministratore di diritto anche a tutti gli altri reati consumati all'interno di compagini sociali o mediante le stesse , proprio per l'assenza di un obbligo giuridico ricavabile da uno specifico riferimento normativo in tal senso. Hai un quesito? Contattaci Seguici sui Social In sostanza le considerazioni formulate dalla giurisprudenza di legittimità e riferite ad ipotesi di reati tributari , per i quali incombe sull'amministratore di diritto l'onere della regolare tenuta delle scritture e del pagamento delle imposte, non possono essere automaticamente estese alla posizione dell'amministratore di diritto, a fronte di condotte di riciclaggio e autoriciclaggio compiute dei gestori di fatto delle società . Riciclaggio ed Auto riciclaggio nelle Società La responsabilità a titolo di concorso dell'amministratore di diritto non può derivare esclusivamente dalla assunzione della carica, poiché le condotte di sostituzione dei proventi illeciti punite dalla fattispecie di riciclaggio e autoriciclaggio costituiscono un quid pluris rispetto alle semplici attività di evasione fiscale e richiedono la prova sotto il profilo soggettivo di un concorso, quantomeno morale, da parte dell'amministratore di diritto e cioè la coscienza e volontà che la società verrà utilizzata anche per il compimento di tali attività, non bastando una generica consapevolezza della destinazione della struttura ad attività di elusione fiscale. Quindi per trarre la conclusione, nell'attuale diritto societario nel caso in esame questa dimostrazione sembra mancare poiché gli indici di rischio che vengono evidenziati si riferiscono ad attività connesse alla costituzione della società e alla gestione ordinaria e non offrono alcuna dimostrazione della consapevolezza da parte dell'indagato, nella sua veste di amministratore di diritto, della peculiare finalità illecita delle società da lui rappresentate. Quindi l'amministratore di diritto chiamato volgarmente testa di legno, non risponderebbe di quegli atti che esulano la gestione ordinaria della società a meno che non ci sia la prova concreta di una coscienza e volontà nella commissione degli stessi. Cass. 16.12.22. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Medico e responsabilità
In ordine alle fattispecie di responsabilità medica non sottoposte al nuovo regime introdotto dalla legge n. 24 del 2017, nell'ipotesi in cui il paziente alleghi di aver subìto danni in conseguenza di una attività svolta dal medico, tanto la responsabilità della struttura quanto quella del medico vanno qualificate in termini di responsabilità contrattuale: Leggi il blog in Malasanita e Responsabilità Medica la prima , in quanto conseguente all'inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria, che il debitore (la struttura) deve adempiere personalmente (rispondendone ex art. 1218 cod. civ.) o mediante il personale sanitario (rispondendone ex art. 1228 cod. civ.); Ti puó anche interessare: Medico e consenso informato Malasanità ed errore di diagnosi la responsabilità medica la seconda , in quanto conseguente alla violazione di un obbligo di comportamentofondato sulla buona fede e funzionale a tutelare l'affidamento sorto in capo al paziente in seguito al contatto sociale avuto con il medico, che diviene quindi direttamente responsabile, ex art. 1218 cod. civ.., della violazione di siffatto obbligo (Cass. 22/09/2015, n. 18610). Ti puó anche interessare: Medico e Farmacisti soci? Il criterio di riparto dell'onere della prova é di tipo contrattuale in base al quale il creditore che abbia provato la fonte del suo credito ed abbia allegato che esso sia rimasto totalmente o parzialmente insoddisfatto, non è altresì onerato di dimostrare l'inadempimento o l'inesatto adempimento del debitore , spettando a quest'ultimo la prova dell'esatto adempimento (Cass. 11/11/2021, n. 3587). Ti può anche interessare: Medico ed Equipe la responsabilità medica l'abuso di professione nella parafarmacia In tali casi quindi è onere del creditore-attore dimostrare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), l'esistenza del nesso causale , provando che la condotta del professionista è stata, secondo il criterio del "più probabile che non" , la causa del danno lamentato ( Cass. 20/08/2018, n. 20812), Ti puó anche interessare: Responsabilità Medica profili ed interpretazioni mentre è onere del debitore/dottore dimostrare, in alternativa all'esatto adempimento, l' impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile , provando che l'inadempimento (o l'inesatto adempimento) è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l'ordinaria diligenza, e dunque sia oggettivamente non imputabile all'agente (Cass.27/02/2023, n. 5808). Leggi pure Le operazioni non riuscite e la responsabilità medica secondo la Cassazione Responsabilità medica e nesso causale Il nesso causale , pur costituendo uno degli elementi costitutivi oggettivi della fattispecie di responsabilità civile (contrattuale od extracontrattuale), non integra una mera circostanza di fatto che può formare oggetto di una proposizione descrittiva; piuttosto, costituisce un concetto relazionale (il concetto che esprime la relazione tra due eventi diretta ad identificare l'uno come conseguenza dell'altro), il quale può formare oggetto di una proposizione espressiva e di ricostruzione in astratto del concetto sostanziale di causalità.. È noto che l'accertamento della causalità nel giudizio civile è quella della preponderanza dell'evidenza o " del più probabile che non ". (Cass 5922/2024) Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto sanitario























