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- Farmacie, centri commerciali, stazioni e aeroporti, la scadenza del 2022 e la prelazione comunale.
Come noto gli effetti della riforma del 2012 - concorso straordinario - esplicano ancora virtuosamente i propri effetti e tra questi quello della possibilità di istituzione di farmacie aggiuntive in centri commerciali, porti, aeroporti. Ed infatti proprio l'articolo 11 prevede che in aggiunta alle sedi farmaceutiche spettanti in base al criterio demografico e nel limite (difficilissimo da raggiungere) del 5 per cento delle sedi, comprese le nuove, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'azienda sanitaria locale competente per territorio, possono istituire una farmacia: a) nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensita' di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, purche' non sia gia' aperta una farmacia a una distanza inferiore a 400 metri; b) nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, purche' non sia gia' aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1.500 metri" Sulla distanza si è già pronunciata la giurisprudenza nel lontano 2015, precisando che tale distanza è da riferirsi alla struttura inglobante e non alla soglia della farmacia. Per intenderci, 1500 metri, è la distanza del centro commerciale dalla farmacia piu' vicina e non la soglia della farmacia, come nel caso delle farmacie urbane, ove peraltro il limite è di soli 200 metri del percorso pedonale regolare. Giova precisa che l'istituzione in un centro commerciale è possibile ove tale territorio ricada nella pianta organica, se è intenzione dei neo vincitori di concorso utilizzare tale luogo, diversamente ove invece sia stata l'amministrazione ad "aggiungervi" una sede di farmacia, tale territorio non potrà ritenersi piu' disponibile per il criterio della vicinanza. In sintesi la farmacia aggiuntiva se aperta dall'amministrazione vanificherebbe la possibilità di apertura del privato... Ma esiste una ulteriore peculiarità che è in auge in questi giorni, la scadenza del 31.12.2022 prevista dalla norma. Ed infatti ricordiamo che le amministrazioni avevano la possibilità di istituire farmacie aggiuntive e di gestirle in prelazione al 31.12.22 con divieto di vendita secondo la disposizione di legge. Si sarebbe aperta quindi con il 2023 la possibilità di trasferire ai privati tali farmacie ? No. il dettato normativo sul punto non è chiaro, ed infatti fino al 2022, tutte le farmacie istituite nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, sono offerte in prelazione ai comuni in cui le stesse hanno sede... I comuni non possono cedere la titolarita' o la gestione delle farmacie per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione... Ma cio' vale fino al termine dell'anno 2022? Ad avviso di chi scrive il termine del 2022 si riferisce all'esercizio della prelazione, e questa, una volta esercitata non darà diritto ai Comune di cederne la titolarità o la gestione, pena la vanificazione delle norme concorsuali. il tutto salvo smentita! Tale assunto sarebbe confermato dall'affermazione secondo cui in caso di rinuncia alla titolarita' di una di dette farmacie da parte del comune, la sede farmaceutica e' dichiarata vacante e quindi andrà a concorso... il prossimo.. Ecco quindi che il Comune ha la possibilità di istituire una sede aggiuntiva, di esercitarla in prelazione, ma cio' senza possibilità di aggirare le norme concorsuali, ed infatti solo con la rinuncia e la successiva dichiarazione di vacanza, l'ente Comunale potrà liberarsi della farmacia, non sembrando (condizionale d'obbligo) possibile una cessione della titolarità o della gestione tramite bandi o concessioni.. salvo prova contraria offerta dalla giurisprudenza. Hai un quesito? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacie, è possibile la gestione tramite un Consiglio di Amministrazione?
La domanda, di per sé di agevole soluzione - chiaramente affermativa - nasce dalla particolare situazione in cui possono trovarsi i neo vincitori di concorso farmacie, ove abbiano partecipato in forma associata. Ecco quindi che è necessario coordinare le norme di diritto societario, con le norme di diritto farmaceutico, oltre che con le previsioni concorsuali. Facendo il punto della questione possiamo brevemente precisare che il Consiglio di Amministrazione (CdA) è l’organo esecutivo della società a cui è affidato il compito di realizzare le decisioni prese dall’assemblea nel corso delle sue deliberazioni e lo svolgimento dell’attività di impresa. Il consiglio di amministrazione gioca un ruolo fondamentale nella gestione, ha infatti la responsabilità di approvare le strategie organizzative, di sviluppare una politica direzionale, di assumere, supervisionare e remunerare i senior manager, nonché assicurare la responsabilità giuridica dell'organizzazione di fronte alle autorità. Il CdA è composto dai consiglieri ed è guidato dal suo presidente. La definizione del numero degli amministratori (art. 2383 Codice Civile), se non è stabilita dall’atto costitutivo, spetta all’assemblea che ne stabilisce anche la retribuzione. Gli amministratori restano in carica per tre anni. Salvo che l’atto costitutivo non stabilisca diversamente, gli amministratori sono rieleggibili e possono essere revocabili dall'assemblea in ogni momento per giusta causa. Se hanno la rappresentanza della società, essi possono compiere tutti gli atti che rientrano nell'oggetto sociale, salvo le limitazioni stabilite dalla legge o dall'atto costitutivo. Possono essere amministratori anche i soggetti non soci I singoli possono essere membri di consigli di amministrazione in più società, tuttavia “gli amministratori non possono assumere la qualità di soci illimitatamente responsabili in società concorrenti, né esercitare un'attività concorrente per conto proprio o di terzi, né essere amministratori o direttori generali in società concorrenti, salvo autorizzazione dell'assemblea ai sensi dell'art. 2390 c.c.. Questa la disciplina generale da "fondere" nei principi concorsuali. Per le farmacie esistono però una serie di vincoli derivanti dalla normativa concorsuale, in particolare nel concorso straordinario, come ben noto è stata prevista la possibilità di partecipare in forma associata, sommando i titoli posseduti, la cui successiva gestione, in caso di assegnazione è soggetta ad un vincolo di gestione paritaria per tre anni. Il concorso straordinario come disciplinato dal predetto art. 11 del decreto legge n. 1 del 2012 è caratterizzato dalla specificità della normativa ribadita anche dalla giurisprudenza, (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 20 luglio 2020,) Seguici sui Social Contattaci per ogni esigenza Tale possibilità viene, tuttavia, subordinata dal legislatore al rispetto di taluni vincoli in ordine alla gestione (laddove per “gestione” si intende evidentemente “amministrazione o conduzione, con poteri decisionali”, di un'azienda, di un esercizio commerciale, di un ente o di un'impresa pubblica o privata, e non già l’esercizio paritario dei diritti e degli obblighi inerenti alla qualità di socio), che condizionano il mantenimento della titolarità della sede farmaceutica assegnata. Il Consiglio di Stato (Comm. Spec., 3 gennaio 2018,) ha affermato sul punto i seguenti principi: -”la forma societaria di cui al novellato articolo 7, comma 1, della legge n. 362 del 1991 può riguardare sia farmacie acquisite a seguito di concorso ordinario, sia farmacie acquisite a seguito di concorso straordinario; - i vincitori di concorso straordinario, che hanno partecipato nella forma della ″gestione associata″, possono costituire anche prima dei tre anni fra loro una società di capitali. Ciò nonostante, ai fini anzidetti, risulta necessario che lo statuto societario presenti idonee disposizioni volte a preservare da meccanismi elusivi la realizzazione della gestione associata su base paritaria vincolata per un tempo non inferiore ai tre anni. Così come risulta preferibile, nella scelta del tipo sociale, optare, tra le varie forme possibili, per la s.p.a. o, ancora meglio, per la s.r.l.; - nel rispetto delle condizioni espressamente previste dall'art. 11, comma 7 e dei requisiti di partecipazione di cui all'art. 11, comma 3 del decreto legge n. 1 del 2012, il vincolo della gestione associata su base paritaria, per un periodo minimo di tre anni, da parte dei farmacisti vincitori del concorso straordinario impedisce che - nel corso del triennio - partecipino alla società da essi costituita soggetti estranei alla gestione associata, tra i quali anche farmacisti non vincitori del concorso straordinario e non farmacisti” (punto 32 del parere). I suddetti principi sono stati ribaditi anche dall'Adunanza Plenaria (sentenza n. 1 del 17 gennaio 2020) che, in particolare, ha rilevato che "la titolarità della sede, all'esito del concorso straordinario, deve essere assegnata ai farmacisti "associati" personalmente, salvo successivamente autorizzare l'apertura della farmacia e l'esercizio dell'attività in capo al soggetto giuridico (società di persone o di capitali) espressione degli stessi (...) farmacisti vincitori del concorso ed assegnatari della sede, che sarà in grado di garantire la gestione paritetica della farmacia con vincolo temporale di almeno tre anni (art. 11, l D.L. n. 1/2012)" . Consulta il nostro archivio articoli e trova il tuo caso Ne consegue che, come chiaramente espresso sia dalla Commissione Speciale nel parere citato, sia dall'Adunanza Plenaria n. del 2020 e dalla richiamata giurisprudenza, la disciplina speciale relativa al concorso straordinario prevede necessariamente la gestione associata dei vincitori del concorso che hanno partecipato in associazione, cumulando i rispettivi titoli, per almeno tre anni ecco quindi che in caso di CDA questo dovrà essere formato unicamente dai vincitori del concorso, quindi gli "associati" vincitori e non sarà permesso l'ingresso di esterni almeno per un triennio. Puo' anche interessarti "Accesso agli atti delle Farmacie a concorso" Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli.
- Appalti: Revoca dell'aggiudicazione per comportamento inaffidabile.
Quando è possibile ipotizzare la revoca di una agitazione a causa del comportamento dell'impresa? Quando la condotta dell'impresa può ritenersi elemento di inaffidabilità da completare la revoca? Rispondiamo a tali requisiti prendendo le basi dalla recente giurisprudenza del Tar Umbria del 24.02.23. E ciò coerentemente al consolidato orientamento giurisprudenziale concludente per la legittimità di una revoca/decadenza dell’aggiudicazione in ragione dell’inadempimento da parte dell’aggiudicatario “dell’obbligo, previsto negli atti di gara, di procedere d’urgenza all’inizio dei lavori, su richiesta dell’amministrazione, nelle more della stipula del contratto” (Cons. Stato, sez. V, 14 dicembre 2021, n. 8321; Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4918; T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 11 agosto 2020, n. 9150). Leggi il blog Urbanistica ed Appalti Del pari, deve ritenersi legittima la revoca dell’aggiudicazione a fronte della mancata produzione della documentazione “attinente alla fase esecutiva e di apertura del cantiere (come la idoneità tecnico-professionale di cui agli articoli 17 ed 89 del D. Lgs. n. 81/2008 o il Piano Operativo di Sicurezza) la cui conformità a legge deve essere necessariamente verificata al momento dell’inizio dei lavori anche in caso di consegna anticipata rispetto alla stipulazione del contratto”, come anche la pretesa della stazione appaltante di ottenere a tal scopo il “programma esecutivo dei lavori che, ai sensi del DM 49/2018, l’impresa aggiudicataria deve presentare prima dell’inizio dei lavori” (Tar Toscana, sez. I, 19 aprile 2022, n. 527). Del resto, il comportamento assunto dall’aggiudicataria tra la fase di aggiudicazione e quella di verifica dei requisiti e di acquisizione della documentazione propedeutica alla stipula è chiaro indice di inaffidabilità della stessa, con la conseguenza che “anche i lamentati ritardi nelle attività preliminari alla stipula del contratto di appalto su cui attualmente si verte potevano in linea di principio giustificare, da sé soli, la revoca dell’aggiudicazione” (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 29 luglio 2019, n. 5354), come pure “Il reiterato atteggiamento non cooperativo dell’aggiudicatario, obiettivamente idoneo a ritardare la stipula del contratto anche a fronte di servizi dichiaratamente connotati di urgenza, in presenza di motivate ragioni di pubblico interesse” (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 3 giugno 2021 n. 4248). Questi gli effetti di un comportamento da ritenersi non conforme, comportanti la revoca dell'aggiudicazione. Hai un quesito? Contattaci Seguici Studio Legale Angelini Lucarelli
- Appalti: si può modificare il bando dopo la sua pubblicazione ?
Per rispondere a tale quesito analizziamo due aspetti, uno riguarda i vizi di nullità del Bando e l'altro attiene alla sua modifica dopo la pubblicazione. E quindi per il primo quesito, ovvero la presenza di clausole nulle, per il Consiglio di Stato la clausola illegittimamente escludente è nulla e non necessità una sua specifica impugnazione, ma ciò comporta che gli atti successivi siano tutti impugnati. Quindi ove la clausola abbia un contenuto escludente sarà nulla di per sé e non comporta la necessità di impugnare il bando ove questi conservi una sua autonomia. Diverso discorso invece in cui il bando non sia autonomo nella sua interezza ma venga condizionato dalla clausola illegittima. Ed ancora diversa sarà la sorte degli atti derivati che dovranno invece essere tutti impugnati. Quindi una clausola nulla di per sé inficia il bando ma non gli atti successivi. Precisa poi il Consiglio di Stato AP 22/20 non vi è dunque alcun onere, per le imprese partecipanti alla gara di impugnare (entro l’ordinario termine di decadenza) la clausola escludente nulla e quindi “inefficace” ex lege, ma vi è uno specifico onere di impugnare nei termini ordinari gli atti successivi che facciano applicazione (anche) della clausola nulla contenuta nell’atto precedente. Quindi i provvedimenti successivi ed applicativi di tale clausola andranno autonomamente impugnati. E cosa accade se la Stazione Appaltante modifica il bando dopo la sua pubblicazione? A tale domanda ha risposto nel 2023 il Tar Lazio con la seguente precisazione. In tema di bando di gara, al pari della lettera invito, la stazione appaltante, rispettivamente dopo la sua pubblicazione o la sua spedizione, può intervenire con chiarimenti a condizione che ciò non produca una illegittima modificazione delle regole di partecipazione delle imprese concorrenti e in modo particolare non alteri il principio della parità di trattamento, traducendosi in buona sostanza in una interpretazione della P.A. che chiarisca e precisi quanto già previsto nel bando o nella lettera invito. Ecco quindi delineati i concetti di clausola escludente e di modifiche postume al bando di gara. Hai un quesito? Contattaci o segui il blog appalti anche su Facebook Studio Legale Angelini Lucarelli
- Appalti il raggruppamento temporaneo di impresa ed il requisito di punta.
Riportiamo una complessa, ma esauriente ricostruzione normativa operata dal Tar Liguria sul raggruppamento d'impresa e sui requisiti di punta, vediamolo da vicino. Se non hai tempo di leggere corri clicca qui e corri alle conclusioni. Si rammenta che, ai sensi dell’art. 83, comma 8, del d.lgs. n. 50/2016, per gli operatori economici che partecipano alla gara in forma aggregata (R.T.I. / R.T.P., consorzi ordinari, imprese aderenti a contratto di rete, GEIE), le stazioni appaltanti indicano le eventuali misure in cui i requisiti di capacità devono essere posseduti dai singoli membri della cordata, tenendo conto che, per effetto della decisione della Corte di Giustizia UE del 28 aprile 2022, C-642/20, Caruter, è caduta l’originaria previsione per cui l’impresa mandataria doveva possedere i requisiti di qualificazione (ed eseguire le prestazioni appaltate) in misura maggioritaria. Secondo la communis opinio, l’amministrazione può richiedere un requisito c.d. “di punta”, ossia che deve necessariamente essere posseduto per intero da una singola impresa, senza poter essere frazionato fra i componenti del raggruppamento, né soddisfatto tramite il ricorso all’avvalimento frazionato (è, peraltro, pacificamente ammessa la possibilità per il R.T.I. di soddisfare i requisiti speciali di partecipazione, anche infrazionabili, attraverso una sola associata, se la stazione appaltante non impone una quota minima per ciascun membro della compagine: v. T.A.R. Puglia, Bari, sez. un., 1° ottobre 2018, n. 1250; T.A.R. Liguria, sez. II, 28 febbraio 2017, n. 144). Leggi il blog Appalti ed Urbanistica Come precisato in via pretoria, il requisito “di punta” costituisce espressione della necessità di una qualifica funzionale indivisibile in capo all’operatore affidatario dell’appalto, attestante un’esperienza di particolare pregnanza nello specifico settore oggetto della gara (Cons. St., sez. III, 24 agosto 2020, n. 5186;) Può anche interessare Condono e Vincolo Paesaggistico Tuttavia, sia la giurisprudenza europea che quella nazionale hanno limitato la facoltà degli enti di introdurre requisiti “di punta” non frazionabili, in quanto restrittivi della concorrenza. Segnatamente, sono stati sanciti i seguenti principi: – il diritto dell’Unione consente il cumulo delle capacità di più operatori economici per soddisfare i requisiti minimi imposti dall’amministrazione aggiudicatrice, in conformità all’obiettivo dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile. È vero che non può escludersi a priori l’esistenza di lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità, che non si ottiene associando capacità inferiori di più operatori, per cui l’amministrazione aggiudicatrice potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un’unica impresa, laddove siffatta esigenza sia connessa e proporzionata all’oggetto dell’appalto; tuttavia, tale ipotesi costituisce una situazione eccezionale, che non può assurgere a regola generale (Corte di Giustizia UE, 10 ottobre 2013, C-94/12, Swm Costruzioni 2, che ha giudicato incompatibile con il diritto comunitario la previgente disciplina interna, recante il divieto di avvalimento plurimo frazionato per le attestazioni SOA relative alla stessa categoria di lavori); – la stazione appaltante, pur godendo di massima discrezionalità nella scelta dei requisiti di capacità dei concorrenti che intende selezionare, non può eccedere dall’oggetto dell’appalto per tipologia e caratteristiche e, qualora prescriva un requisito “di punta”, deve motivare la scelta di escludere la possibilità di cumulare le capacità tecnico-professionale dei componenti del raggruppamento (Cons. St., sez. V, 6 settembre 2022, n. 7749); – è illegittima la clausola della lex specialis che, sulla base di una motivazione non ragionevole circa l’essenzialità della prestazione, imponga quale requisito insuscettibile di frazionamento e di avvalimento lo svolgimento di un pregresso servizio analogo, sortendo un inammissibile effetto anticoncorrenziale (Cons. St., sez. V, 23 luglio 2018, n. 4440, che ha confermato T.A.R. Piemonte, sez. I, 2 gennaio 2018, n. 1, stigmatizzando la limitazione disposta dal disciplinare per un compito di lettura dati effettuato da operai privi di qualificazione e di competenze professionali specifiche); – tutte le disposizioni di gara che possano incidere in maniera restrittiva sulla concorrenza, come nel caso dei c.d. requisiti “di punta”, devono essere individuabili senza incertezza dai competitors, essendo prevalente il favor per la massima partecipazione ed essendo, quindi, necessario consentire agli operatori economici di determinare le proprie strategie organizzative ed imprenditoriali entro una cornice chiara, affidabile, prevedibile e certa (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II-bis, 27 dicembre 2022, n. 17544). Leggi il blog a tema In applicazione delle tracciate coordinate ermeneutiche, ritiene il Collegio che il requisito tecnico dei due servizi analoghi nella specie prescritto dalla lex specialis non abbia carattere “di punta”, sia perché manca un’espressa qualificazione in tal senso, sia in quanto le prestazioni di sgombero neve e trattamento antigelo non richiedono competenze professionali tali da giustificare l’infrazionabilità del requisito stesso. Hai un quesito? Contattaci Ne discende che la capacità tecnico-professionale può essere senz’altro dimostrata sommando i requisiti esperienziali parzialmente posseduti dai componenti del raggruppamento, mentre l’opposta tesi patrocinata dal ricorrente restringerebbe immotivatamente la concorrenza, violando il fondamentale principio di massima partecipazione (cfr. Cons. St., sez. V, 6 settembre 2022, n. 7749) Hai un quesito? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli
- Mantenimento al figlio maggiorenne disoccupato.. il limite di età..
Come si definisce l'assegno di mantenimento per i figli? Si ecco quale. Leggi i post sul Diritto di Famiglia Ecco quindi che nel solco delineato dalla Cassazione a Sezioni Unite del 2018 e dalle successive sentenze si è delineato il seguente principio secondo cui: Puo' anche interessarti in Diritto di Famiglia "Famiglia Divorzio ed Eredità" Confermando l’indirizzo giurisprudenziale di merito (Tribunale di Modena 1° febbraio 2018; Tribunale di Milano 29 marzo 2016) e della stessa Corte di Cassazione (sentenze n.22314/2017 e n.5883/2018), l’assegno di mantenimento a favore del figlio maggiorenne disoccupato deve essere erogato dal genitore sino al limite di età pari a trentaquattro anni, fermo restando che comunque il Giudice deve sempre valutare la situazione caso per caso. Infatti, per il riconoscimento del mantenimento nei confronti dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, il Giudice deve utilizzare criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari tenendo sempre a mente che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura. Nella fattispecie, sulla base dei predetti criteri, il genitore, già in età avanzata, è stato esonerato dal versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti della figlia ultra quarantenne disoccupata. Hai un quesito? Contattaci e sottoponi il Tuo caso. Cass. Civile 10 gennaio n.358. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Requisiti Tecnici di gara: il fatturato ed il potere del Giudice.
Analizziamo una questione tanto cara in sede di gara: Può anche interessarti "le responsabilità in corso di opera del direttore dei lavori" Il requisito del Fatturato in sede di gara. Il requisito tecnico professionale relativo al possesso di un determinato fatturato è soddisfatto anche se il contratto a suo tempo stipulato viene successivamente caducato, purché le prestazioni contrattuali siano state effettivamente e regolarmente eseguite, atteso che la caducazione del contratto non ha efficacia retroattiva. Quindi la valutazione del fatturato prescinde dalla successiva caducazione del contratto da cui é derivato. Altro aspetto é la divisione per aree del servizio e del suo fatturato, specialmente quando si tratti di Associazione Temporanea di Imprese. ATI. L’ATI impegnata in un appalto di servizi di igiene urbana per un ambito che comprenda più comuni ben può ripartire il servizio in base al criterio geografico, avuto riguardo al territorio del singolo comune, senza per questo violare gli obblighi di possesso dei requisiti richiesti dalla legge di gara. I parametri di sono criticabile davanti al Giudice Amministrativo? La commissione di gara gode di un’ampia discrezionalità tecnica nella valutazione delle offerte; pertanto, sono inammissibili le censure che riguardano il merito di questa valutazione– salvo il caso di scelte all’evidenza abnormi- perché sollecitano, nella sostanza, il Giudice a sostituirsi all’Amministrazione; Leggi anche "demolizione non eseguita interviene il Comune" dunque, per disattendere il giudizio della commissione stessa, non basta dedurre che esso non è condivisibile per taluni aspetti, ma si deve dimostrare che esso è palesemente inattendibile, e comporta risultati tecnici insostenibili. Hai un quesito? Consulta il nostro archivio o contattaci. Studio Legale Angelini Lucarelli CdS 9428/22. Non Costituisce consulenza.
- Concorso Farmacie, Revisione Pianta Organica, accomunati dalle incognite
Facendo seguito alle richieste pervenute, ed agli altri articoli sul tema dell' accesso agli atti amministrativi, con il presente articolo cerchiamo di rispondere alle seguenti domande. Il Comune sta procedendo alla revisione della pianta organica comunale delle farmacie. Non mi è stato comunicato alcunché e sono preoccupato della nuova perimetrazione, delle zone delle nuove farmacie. Posso conoscere in anticipo quali sono le intenzioni dell'ente comunale? Altra domanda pervenuta è Ho partecipato al concorso straordinario farmacie, la Regione non ha annunciato il nuovo interpello ed ho paura che si arrivi alla scadenza dei 6 anni disposto dalla legge del 2019. Posso sapere in anticipo se vi sarà un nuovo interpello del Concorso Straordinario Farmacie? Perché abbiamo accomunato la Revisione della Pianta Organica, con l'interpello del concorso straordinario farmacie? Perché la domanda affronta la medesima problematica di diritto, ovvero il diritto di accedere ad informazioni da parte del farmacista, di cui egli non è in possesso, e di cui non si conosce con esattezza né l'estensione né l'esistenza, ma solo i perimetri esterni, ovvero la pianta organica nel primo caso, ed il concorso farmacie nel secondo caso. Ecco quindi che per rispondere (se hai fretta vai alle conclusioni) è necessario focalizzare che l'accesso agli atti per essere tale deve rispondere ai seguenti requisiti, e quindi l'interesse deve essere: a) diretto, in quanto ascrivibile in capo alla sfera individuale e personale del soggetto richiedente, dovendosi, con ciò, escludere una legittimazione generale e indifferenziata; b) concreto, in quanto specificamente finalizzato, in prospettiva conoscitiva, alla acquisizione di documenti suscettibili di produrre effetti giuridici nella sfera giuridica del richiedente, palesandosi immeritevole di tutela un’istanza finalizzata ad un "controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni" (cfr. art. 24, comma 3, L. n. 241 del 1990 cit.); c) attuale, in quanto non meramente prospettico od eventuale, avuto riguardo alla attitudine della auspicata acquisizione informativa o conoscitiva ad incidere, anche in termini di concreta potenzialità, sulle personali scelte esistenziali o relazionali e sulla acquisizione, conservazione o gestione di rilevanti beni della vita; d) strumentale, avuto riguardo, sul piano soggettivo, alla necessaria correlazione con situazioni soggettive meritevoli di protezione alla luce dei vigenti valori ordinamentali; sul piano oggettivo, alla specifica connessione con il documento materialmente idoneo a veicolare le informazioni, non essendo, con ciò, tutelate iniziative, per un verso, ispirate da mero intento emulativo e, per altro verso, finalizzate alla raccolta, elaborazione o trasformazione di dati conoscitivi destrutturati e non incorporati in "documenti". L'accesso agli atti nel diritto farmaceutico, (di matrice amministrativa) dovrà quindi rispettare l'attualità e la strumentalità ad una verifica che quindi potrà sfociare in un controllo amministrativo, come un ricorso, ove a seguito dell'accesso agli atti ergano delibere, atti e/o documenti da cui derivano o possono derivare situazioni di pregiudizio sostanziale in capo all'interessato. Solo con l'accesso agli atti quindi si potrà scoprire l'esistenza e l'effettività di situazioni di potenziale pregiudizio e/o conflitto. Hai un quesito? Non esitare a contattarci Ove tuttavia l'amministrazione, la Regione, il Comune, o l'ente interessato – purché di carattere pubblico – non dia seguito all'istanza avanzata, si potrà procedere avverso la mancata produzione dei documenti richiesti, o attraverso un ricorso contro lo stato di inerzia/silenzio venutosi a creare. La distinzione dell'uno piuttosto che dell'altro metodo dipenderà dalla modalità con cui è stata avanzata la domanda e/o l'istanza, e quindi dovrà essere valutata caso per caso. Tuttavia, incombe in capo all'amministrazione il dovere di assumersi la responsabilità di dichiarare la mancata detenzione o custodia dei documenti richiesti onde evitare che la richiesta di accesso sia formulata inutilmente e “al buio”, come è stato già affermato in altro articolo. Quindi è possibile che una volta effettuato l'accesso agli atti, quegli atti richiesti, non esistano. In tali casi l'amministrazione è tenuta ad informare la parte della inesistenza, al fine di evitare i c.d. “accessi agli atti al buio”. E cosa potrà fare il Giudice chiamato dalla parte? il Giudice procedente deve prendere atto dell’inesistenza materiale dei documenti e, per l’effetto, rigettare la pretesa ostensiva per carenza del suo oggetto, non potendo ordinarsi l’esibizione, alla luce del principio ad impossibilia nemo tenetur, di documenti non più esistenti o mai formati; ciò sempre che non sussistano elementi probatori contrari, che facciano dubitare della veridicità di quanto dichiarato dalla resistente. Il giudizio infatti in tema di accesso agli atti segue l'art. 116, comma 4, c.p.a., secondo cui il giudice, sussistendone i presupposti – e quindi l'esistenza – ne ordina l'esibizione dei documenti richiesti (tra gli altri, Consiglio di Stato, Sez. V, 20 gennaio 2022, n. 369). E' solo il caso di ricordare che il ricorso dinanzi al TAR è possibile contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all'inadempimento degli obblighi di trasparenza, è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione responsabile. l'accesso agli atti sarà possibile ove tali atti esistano effettivamente, solo in tal caso sarà possibile ricorrere al Giudice per ordinarne l'esibizione. Post di Diritto Farmaceutico Qualcuno si chiederà se è possibile chiedere l'esibizione di atti e documenti che non esistono... e bene si, cio' è possibile quando la parte interessata “ritiene” o “presume” che tali atti esistano, ma non ne ha la certezza. Hai un quesito? Contattaci E quindi giungiamo alle conclusioni Pianta organica, Posso conoscere in anticipo quali sono le intenzioni dell'ente comunale? Le intenzioni no, non sono oggetto né di indagine né di accesso. Infatti l'accesso dovrà tendere ad un interesse "concreto" "attuale" e "strumentale" ad una futura tutela amministrativa. Non è possibile conoscere quello che giuridicamente non esiste. Ecco quindi che si potrà accedere ed estrarre copia solo ove un procedimento vi sia, ed esista una determina di riferimento. Infatti in caso di mancato accesso si potrà chiedere al Giudice di obbligare l'amministrazione a produrre tale documento. Concorso Farmacie: Posso sapere in anticipo se vi sarà un nuovo interpello del Concorso Straordinario Farmacie? E' possibile chiedere alla Regione mediante Istanza se sia stato consumato l'intero periodo di tempo disponibile. L'istanza potrà anche avere contenuto propulsivo, ovvero spingere l'amministrazione a completare l'iter. In tale ipotesi infatti, a differenza del caso precedente, sussiste una "aspettativa" qualificata dall'aver partecipato al concorso in fase di svolgimento. Leggi i Post nel Blog La presente non costituisce consulenza, sono solo casi di studio. Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Demolizione non eseguita, il Comune acquisisce le opere abusive.
Ecco la sintesi a cui si giunge al termine della ricostruzione legale, e poco potrà decidere il Consiglio Comunale, trattandosi atti atto vincolato Vediamo i dettagli. “il provvedimento di acquisizione di opere abusive al patrimonio comunale ha come unico presupposto l’accertata inottemperanza ad un ordine di demolizione, con la conseguenza che, trattandosi di atto dovuto, Ed infatti lo stesso non è subordinato ad alcuna valutazione sulla compatibilità delle opere con gli interessi urbanistici e ambientali e sull’utilizzabilità delle stesse a fini pubblici, e risulta sufficientemente motivato con l’affermazione dell’accertata inottemperanza all’ordine di demolizione. Trattandosi di atto vincolato, di natura sanzionatoria, rientra nella competenza dirigenziale prevista dall’art. 107, c. 3, del D.Lgs. 267/2000 secondo il quale sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell’ente: g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di prevenzione e repressione dell’abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale. In merito la giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sez. V 26.01.2000, n. 341) ha chiarito che “decorso infruttuosamente il termine di novanta giorni dalla notificazione dell’ordinanza di demolizione della costruzione abusiva, se l’inottemperanza non sia giustificata, si verifica automaticamente l’acquisizione al patrimonio del comune di tale costruzione, nonché dell’area di sedime e di quella ulteriore necessaria ai fini urbanistico-edilizi; la suddetta acquisizione al patrimonio del Comune, si precisa, è infatti atto dovuto sottoposto esclusivamente all’accertamento della volontaria inottemperanza e del decorso dei termini prescritti” (Sez. V, 23.01.1991, n. 66; cfr. anche Sez. V, 20.04.1994, n. 333). L’esclusione della competenza consiliare si radica quindi nel fatto che l’acquisto è un effetto ex lege che sottrae tale tipo di acquisto alle scelte discrezionali fondamentali riservate al consiglio comunale dall’art. 42 del D.Lgs. 267/2000. Ed infatti la giurisprudenza ha specificato che il provvedimento dirigenziale di acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere abusive nonché del terreno sottostante e circostante costituisce atto dichiarativo dell’intervenuta acquisizione ex lege in conseguenza dell’inutile decorso del termine fissato dall’art. 7 della l. n. 47 del 1985 al trasgressore per l’ottemperanza all’ingiunzione di demolizione (TAR Sicilia, Palermo, III, 02/08/2018 n. 1745; TAR Sicilia, Palermo, Sez. II, 04.06.2012, n. 4610). Acquisizione gratuita come attività Sanzionatoria: Oltre alla natura dichiarativa dell’atto la giurisprudenza riconosce anche la natura sanzionatoria del medesimo atto. Infatti l’acquisizione gratuita al patrimonio del comune dell’area sulla quale insiste la costruzione abusiva non è una misura strumentale per consentire al Comune di eseguire la demolizione, né una sanzione accessoria di questa, bensì costituisce una sanzione autonoma che consegue ad un duplice ordine di condotte, poste in essere da chi, dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di demolirla. Né l’esistenza di un potere di determinare l’ulteriore area che può essere acquisita in quanto «necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive» (art. 31, c. 3, DPR 380/2001), può comportare il mutamento della natura dell’atto in considerazione della natura di accertamento tecnico della scelta da effettuare. L’acquisizione al patrimonio comunale degli immobili abusivi rientra quindi tra le competenze gestionali della dirigenza. Leggi i Post di Diritto Amministrativo Ed il consiglio Comunale che competenza mantiene? La competenza del consiglio comunale può radicarsi, invece, ai sensi dell’art. 31, c. 5, del DPR 380/2001, in un momento successivo in quanto, dopo l’adozione dell’ordinanza di demolizione e dell’ulteriore provvedimento sanzionatorio di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera abusiva, come conseguenza della mancata esecuzione dell’ordine di demolizione, residua l’eventualità che il Consiglio Comunale possa, con apposita delibera, escludere la demolizione dell’opera acquisita al patrimonio comunale (ravvisando l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento e sempre che l’opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici) e si configura quale alternativa all’ulteriore ordinanza di demolizione in danno delle opere abusive gratuitamente acquisite (cfr., ex multis, Tar Campania, Napoli, IV, 23/05/2019 n. 2758) (TAR Lombardia-Milano, Sez. II, sentenza 01.10.2019 n. 2088)” (T.A.R. Lombardia, Milano, IV, 21 ottobre 2021, n. 2316; anche T.A.R. Campania, Napoli, VIII, 16 giugno 2021, n. 4108; III, 7 gennaio 2020, n. 53). Hai un quesito a tema? Contattaci Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Appalti, l'esclusione per irregolarità contributive non sempre é automatica.
Un debito erariale, esecutivo ed in riscossione può essere motivo di esclusione dalla gara di appalto? Si, tale requisito é stato ritenuto sufficiente per determinare l'esclusione e ciò anche ove sia di poco stata superata la soglia di legge. Come precisano i Tar e di recente quello della Lombardia infatti E’ legittima l’esclusione dalla gara di appalto dell’impresa che sia risultata priva dei requisiti riguardanti la regolarità contributiva in presenza di un debito verso l’erario accertato dall’Agenzia delle Entrate a nulla rilevando che l’importo risulti di poco superiore alla soglia massima di € 5.000,00 previsto dalla legge vigente in materia stante la tassatività dei presupposti normativi e dei criteri di valutazione. E le sospensioni Covid 19? Secondo il recente orientamento del Consuglio di Stato la sospensione introdotta dalle norme per fronteggiare l'emergenza sanitaria nel Paese non può che essere riferita ai nuovi avvisi e non ai pregressi già scaduti, in coerenza con le finalità di evitare un aggravio per chi si trovi in difficoltà a causa delle restrizioni e delle misure per evitare i contagi. Assegnare ad essa altro significato comporterebbe un ingiustificato effetto di generale 'sanatoria' (sospensione) non voluto dal legislatore e non in linea con le finalità della disciplina”. Ecco quindi che il RUP secondo larticolo 31 potra derminare l'esclusione per irregolarità fiscali e contributive di un concorrente, ai sensi dall’art. 80, (Codice dei Contratti Pubblici. Tutto chiaro? No infatti dallo scorso Ottobre é stato precisato dal Mef che nella soglia dei 35.000 euro è comunque entro il 10% della gara, l'esclusione ai sensi dell'art 80 non é automatica ove si tratti di cartelle impugnate o non definitive. Contattaci o Seguici per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Abuso edilizio e Demolizione non eseguita, quando si può evitare
Nel caso di opere interconnesse ove la sezione "abusiva" sia collegata inscindibilmebe alla sezione lecita ovvero prevista nella sanatoria, è possibile evitare la demolizione. La tutela della stabilità é quindi preliminare alla demolizione. Ecco la sintesi a cui si giunge al termine della ricostruzione legale operata di recente dalla Cassazione, secondo cui ove le opere abusive devono essere rimosse ed è ammissibile la sanzione alternativa, questa é da preferire alla demolizione e cio in quanto evitare il rischio statico dell'intero manufatto. Ove invece tali interconnessioni non sono presenti o probabili allora tornerà l'iter ordinario e quindi in caso di stallo potrà intervenire anche il Comune. Infatti il provvedimento di acquisizione di opere abusive al patrimonio comunale ha come unico presupposto l’accertata inottemperanza ad un ordine di demolizione, con la conseguenza che, trattandosi di atto dovuto, lo stesso non è subordinato ad alcuna valutazione sulla compatibilità delle opere con gli interessi urbanistici e ambientali e sull’utilizzabilità delle stesse a fini pubblici, e risulta sufficientemente motivato con l’affermazionedell’accertatainottemperanza all’ordine di demolizione. Ed il fattore tempo può essere utile ai fini di scongiurare un abbattimento di una opera abusiva? No. Alcuna incidenza può svolgere poi la tutela dell’affidamento in considerazione del passaggio del tempo tra l’ordine di demolizione e il provvedimento di acquisizione, anche nell’ottica del preteso diritto di abitazione. Leggi i nostri articoli in tema Edilzia Immobiliare e Procedure La giurisprudenza è intervenuta più volte, con un principio ribadito anche dall’Adunanza Plenaria (17 ottobre 2017 n. 9) per escludere la rilevanza del passaggio del tempo per quanto riguarda l’adozione dei provvedimenti repressivi edilizi, negando che in tale materia si possa formare un affidamento tutelabile rispetto al perpetrarsi dell’abuso edilizio. L’irrilevanza del passaggio del tempo è stata affermata con riferimento al lasso temporale tra la realizzazione dell’abuso e l’ordine di rimessione in pristino, ovverosia per la stessa adozione della misura ripristinatoria, in quanto il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781). In particolare, nel caso di abusi edilizi, vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, confidando nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592). Hai un quesito in tema Edilizia Appalti e Procedure Amministrative e Contratti Collegati? Hai un quesito a tema? Contattaci Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Riperimetrazione delle Farmacie, la vecchia zonizzazione e le nuove esigenze.
Dopo i primi anni post #concorso #farmacie si sta sviluppando in tutta Italia il fenomeno della revisione delle piante organiche Comunali, alla luce delle nuove aperture. Non quindi una rivoluzione, ma un adattamento Nuove Farmacie/Popolazione/Pianificazione Urbana, che tenga presente quello che è accaduto nell'ultimo decennio. E' quindi giunta piu' di una richiesta per delimitare i poteri delle amministrazioni da una parte e dei farmacisti dall'altra in tema di revisione delle piante organiche. Se prima il quesito era "calo demografico farmacia non assegnata, è possibile sopprimere la sede?" quesito affrontato in altro articolo, oggi invece il quesito è "riperimetrazione delle farmacie, la zonizzazione utilizzata è corretta? Ecco quindi che in questo post cerchiamo di capire i poteri del Comune, ampi si certo ma non illimitati, i principi della nuova mappa ed i limiti. Per una risposta esaustiva sul caso concreto non esitate a contattarci o consultate gratuitamente gli articoli nel sito tramite il motore di ricerca. Va immediatamente chiarito che il parametro dell'intervenuto mutamento nella distribuzione della popolazione non è prescritto come presupposto tassativo ed esclusivo per la modifica della delimitazione delle zone farmaceutiche in cui collocare le nuove farmacie (articolo 2 della legge n. 475 del 1968, così come modificato dall'articolo 11 del decreto legge n. 1 del 2012) e per l'individuazione di zone di decentramento (nuova determinazione, in sede di revisione della pianta organica, della circoscrizione delle zone farmaceutiche di cui all'articolo 5 della legge n. 362 del 1991). La giurisprudenza ha, al riguardo, da tempo condivisibilmente precisato che gli incrementi demografici o gli spostamenti di popolazione non costituiscono gli unici presupposti sulla base dei quali può essere disposta la modifica della pianta organica delle farmacie ai sensi dell'art. 5 della legge n. 362 del 1991 e che tale norma opera in presenza di qualsiasi situazione che appaia oggettivamente riconducibile al tipo di interesse pubblico sotteso alla norma attributiva del potere, trovando pertanto applicazione ogni qualvolta la pianta organica non consenta più di mantenere i livelli del servizio pubblico già assicurati alla popolazione, con il rischio di pregiudicare gli standard dell'assistenza farmaceutica (in termini, T.A.R. Veneto, Sez. III, 11 luglio 2012, e precedenti ivi richiamati); i criteri di cui all'articolo 11 del decreto legge n. 1 del 2012, che sul punto ha riscritto la norma di cui all'articolo 2 della legge n. 475 del 1968, hanno valore indicativo (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 6 marzo 2015). Nell'organizzazione della dislocazione territoriale del servizio farmaceutico, il Comune gode di ampia discrezionalità in quanto la scelta conclusiva si basa sul bilanciamento di interessi diversi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, alle vie e ai mezzi di comunicazione, per cui la scelta conclusiva è sindacabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità ovvero dell'inesatta acquisizione al procedimento degli elementi di fatto presupposto della decisione. E invero la scelta del legislatore statale di attribuire ai Comuni il compito d'individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, corrispondente agli effettivi bisogni della collettività, alla quale concorrono plurimi fattori diversi dal numero dei residenti, quali in primo luogo l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, il correlato esame delle situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie. La valutazione di tali elementi e la determinazione finale che ne costituisce la sintesi - come si è detto - sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali, come tali inerenti all'area del merito amministrativo, rilevanti ai fini della legittimità soltanto in presenza di chiare e univoche figure sintomatiche di eccesso di potere, in particolare sotto il profilo dell'illogicità manifesta e della contraddittorietà (in termini, Consiglio di Stato, Sez. III, 19 giugno 2018, e precedenti ivi richiamati). Tuttavia la scelta dell'ente deve essere controllabile esternamente dal Giudice Amministrativo attraverso un controllo sulle motivazioni e sulla corretta istruttoria posta in essere dall'ente, chiamato da una parte a verificare la rispondenza del servizio farmaceutico alle esigenze della capillare distribuzione per la popolazione, e dall'altro, anche Ecco quindi che la c.d. “zonizzazione” con l'individuazione precisa delle strade di competenza, oserei dire anche con la numerazione di riferimento, appare necessaria ai fini della corretta individuazione delle zone da servire, in mancanza di tali prescritti requisiti quindi si puo' affermare che le determinazioni comunali (della Giunta) sono da ritenersi in palese carenza di istruttoria e di motivazione. Consulta il motore di ricerca e trova il tuo caso In caso di revisione della vecchia pianta organica con quella di nuova istituzione quindi l'istruttoria dell'ente non potrà essere fondata solo su dati censurai poiché è necessario – come da recente giurisprudenza sul punto - stabilire se sia stata o meno realizzata la sovrapposizione geografica e demografica delle zone di pertinenza delle preesistenti sedi e se tale sovrapposizione è imposta dall’esigenza di potenziare l’accessibilità al servizio farmaceutico; Inoltre tale revisione della pianta organica deve dimostrare anche la specifica disfunzionalità della precedente programmazione, tale da imporre una ridefinizione della collocazione delle sedi farmaceutiche in linea con i dati relativi alla mutata distribuzione della popolazione sul territorio comunale (cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 5795); Ecco quindi per concludere che la riperimetrazione dovrà tener conto anche dell'interesse, certamente non esclusivo ma comunque apprezzabile (cfr. T.A.R. Calabria - Catanzaro, Sez. II, sentenze 17.5.2018, e 19.2.2020, e Cons. Stato, Sez. III, 2.12.2019), alla sopravvivenza economica delle farmacie pre-esistenti. In definitiva, il Comune in sede di revisione di una pianta organica delle farmacie insistenti sul territorio comunale, deve seguire una strada ispirata ad una distribuzione delle sedi farmaceutiche che presupponga un esaustivo studio sull'intero territorio comunale, alla luce del numero dei residenti per come dislocati nelle varie zone, delle effettive caratteristiche di accessibilità ai bacini selezionati e del logico bilanciamento di interessi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, all’impiego delle vie e dei mezzi di comunicazione (cfr.: Consiglio di Stato, sez. III, 30/05/2017, n.2557). Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli























