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- Famiglia, separazione, come si determina l'assegno di mantenimento?
Rispondiamo ad una domanda sovente che giunge, Come si calcola l'assegno in caso di separazione e divorzio? Archivio Articoli Diritto Famiglia 👪 L’assegno divorzile, deve essere quantificato in considerazione della sua natura assistenziale, compensativa e perequativa, secondo i criteri di cui all’art. 5, comma 6, Legge n. 898/70, essendo volto non a ricostituire il tenore di vita coniugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi. Ricordiamo infatti che la legge 898 del 1970 all'articolo 5 prevede che Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Tutto ciò premesso, per il riconoscimento e il calcolo dell’assegno divorzile il giudice deve valutare: a) l’impossibilità oggettiva dell’ex coniuge a procurarsi mezzi economici adeguati a garantirsi un tenore di vita dignitoso; b) il contributo offerto alla formazione del patrimonio della famiglia; c) il contributo offerto alla formazione del patrimonio dell’altro coniuge; d) la perdita di opportunità lavorative, professionali e di formazione dovuta alle scelte operate a favore del nucleo familiare. Questi in sitentesi i parametri utilizzati dalla giurisprudenza per la determinazione dell'assegno. Ogni caso tuttavia andrà analizzato in considerazione delle specifiche caratteristiche del caso e delle richieste delle parti. Consulta il nostro archivio articoli Ricordiamo infatti che in accordo tra gli ex si potrà concordare secondo parametri differenti determinati dalle parti. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Serazione e Divorzio, assegno di mantenimento al marito, si ma quando?
Quando è possibile revocare l'assegno di mantenimento al marito? Diritto di Famiglia scopri il sito Quando invece è dovuto dalla moglie al marito il mantenimento? Archivio Articoli Diritto Famiglia 👪 Hanno un peso i redditi in nero dei coniugi? Quesiti che si sentono spesso e che non hanno una risposta univoca. Per rispondere al quesito va precisato che accade che l'assegno di mantenimento venga concesso durante la separazione e che permanga rivalutato per un lungo periodo o anche dopo il divorzio. In sede di separazione dei coniugi, l’ex moglie benestante deve versare all’ex marito un assegno di mantenimento con un importo adeguato all’elevato tenore di vita goduto durante il matrimonio, qualora il marito sulla base di un accordo intercorso con la moglie sia dedicato alla cura della famiglia e del figlio, mentre la donna abbia provveduto al mantenimento della famiglia. Secondo una recente Cassazione (dicembre 2022) infatti, il reddito adeguato cui va rapportato, ex art. 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge separato, in assenza di condizione ostativa dell’addebito, è quello necessario a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio nella fase temporanea della separazione, stante la permanenza del vincolo coniugale e l’attualità del dovere di assistenza materiale, derivando dalla separazione, solo la sospensione degli obblighi di natura personale di fedeltà, convivenza e collaborazione. Materia complessa fa valutare caso per caso. Hai un quesito? Seguici Contattaci per un consulto Studio Legale Angelini Lucarelli
- Famiglia, assegno di mantenimento al figlio, quali parametri?
Quando è possibile revocare l'assegno di mantenimento al figlio maggiorenne? diritto di Famiglia 👪 Con quali redditi viene individuato il valore dell'assegno? Hanno un peso i redditi in nero dei coniugi? Quesiti che si sentono spesso e che non hanno una risposta univoca. Per rispondere al primo quesito va precisato che accade che l'assegno di mantenimento venga concesso durante la separazione e che permanga rivalutato per un lungo periodo o anche dopo il divorzio. Ecco quindi che il coniuge onerato di tale gravosa incombenza può avere interesse affinché venga rimodulato oppure annullato a seguito della maggiore età, del nuovo lavoro, del titolo di studio, nel mentre ottenuto dal figlio divenuto adulto. Sono molteplici le pronunce che si sono susseguite nel tempo, alcune molto garantiste, che hanno lasciato l'assegno anche al figlio pluri trentenne ancora studente, altre meno pur tuttavia con un filo di collegamento ovvero le aspirazioni di vita concrete del figlio. Ecco quindi che la Cassazione civile nel 2022 ha stabilito che per revocare l’assegno di mantenimento al figlio maggiorenne non autosufficiente sotto il profilo economico, il giudice deve valutare in riferimento al singolo caso concreto se l’occupazione acquisita sia inadeguata alle aspirazioni e alla professionalità del figlio, tenendo nella giusta considerazione: l’età; le reali attitudini al lavoro; le potenzialità reali. Per rispondere al secondo quesito va pur sempre tenuto presente che un sede di separazione dei coniugi per determinare l’assegno di mantenimento a favore della moglie e dei figli il giudice, nel valutare il tenore di vita della famiglia, ha il potere di disporre accertamenti patrimoniali finalizzati all’emersione di redditi sottratti al fisco non evidenziati in giudizio da entrambe le parti, tenendo conto che proprio il loro occultamento non consente di ottemperare alle regole dell’onere della prova. Una risposta valida ma che lascia pur sempre un velo di incertezza in quanto la situazione andrà valutata caso per caso a meno di trovarsi in situazioni perfettamente delineate come un nuovo nucleo famigliare. Hai un quesito? Seguici Studio Legale Angelini Lucarelli
- Farmacie, vendita della sede dopo l'aggiudicazione.
La partecipazione al concorso farmacie espone il candidato alla rigida regola della lex specialis, ovvero il bando, oltre che al rispetto della normativa vigente. Ecco quindi che ci viene chiesto se è ammissibile procedere alla vendita della farmacia rurale di cui si è titolari, non appena si abbia avuto l'esito positivo dell'aggiudicazione di una nuova sede. L'esclusione dei farmacisti che abbiano ceduto la propria farmacia negli ultimi dieci anni si collega alla previsione dell’art. 11 comma 6, ultimo periodo, del DL 1/2012 … che regola la redistribuzione mediante scorrimento della graduatoria delle sedi divenute vacanti per effetto delle scelte dei vincitori del concorso straordinario. Così come non può essere ammesso il farmacista che negli ultimi dieci anni abbia capitalizzato la rendita costituita dalla titolarità della farmacia, allo stesso modo non può essere tollerata una doppia titolarità, con le relative rendite, nella fase che conduce all’apertura della nuova sede. Il punto di equilibrio è ancora quello codificato nell’art. 112 comma 3 del RD 1265/1934, ossia la decadenza dall’autorizzazione per la vecchia farmacia nel momento in cui viene accettata e aperta la nuova sede. L’unica variante nel concorso straordinario consiste nel fatto che la vecchia farmacia viene riassegnata immediatamente con lo scorrimento della graduatoria. Peraltro, l’ex titolare della farmacia riassegnata consegue dal subentrante una somma a titolo di indennità di avviamento, secondo la disciplina generale ex art. 110 del RD 1265/1934, e può dunque trarre da qui i mezzi per allestire la nuova sede. Entro questi limiti, il vantaggio rispetto ai nuovi farmacisti è ammesso dall’ordinamento”. Tale orientamento è stato confermata dal Consiglio di Stato, sez. III – 3/6/2019 n. che ha anche precisato come “Per finire, deve solo rilevarsi, sul piano strettamente logico, che non avrebbe senso consentire la partecipazione al concorso straordinario solo al farmacista rurale che non abbia disposto della farmacia nei dieci anni antecedenti al medesimo concorso, per poi legittimare la cessione dopo la sua conclusione (per effetto della formazione della graduatoria e l’assegnazione/accettazione della sede da parte del farmacista utilmente graduato) e nelle more del procedimento di autorizzazione/apertura: ed invero, se il legislatore (e, nel solco delle sue prescrizioni, l’Ente redattore del bando di concorso) ha ritenuto di precludere il conseguimento del “doppio vantaggio” (la “capitalizzazione della rendita” connessa alla titolarità della farmacia, secondo la chiara terminologia della sentenza appellata, ed il conseguimento di un nuovo esercizio farmaceutico a seguito dell’utile partecipazione al concorso straordinario), è evidente che siffatta ineludibile finalità permane anche nella fase temporale che segue alla conclusione del concorso e prelude alla apertura delle farmacie oggetto di assegnazione sulla base della relativa graduatoria”. Tali concetti ricavati dal Concorso Straordinario Farmacie non sono in realtà una novità, stante pronunce di tale tenore già nei primi anni 2000, prima dell'avvento sia del nuovo Concorso Farmacie, che della riforma societaria del 2017. Ed infatti già il Consiglio di Stato, sez. IV – 15/11/2004 aveva stabilito che l’art. 12 della L. 475/68, dopo aver introdotto il principio della trasferibilità della farmacia – sia pure con l'osservanza di talune restrizioni, al fine di impedire che si instauri un vero e proprio “commercio” – pone il divieto di “concorrere all'assegnazione di un'altra farmacia se non sono trascorsi almeno dieci anni dall'atto del trasferimento”, al fine di evitare che il farmacista “riceva un doppio vantaggio dal conferimento per concorso di una sede farmaceutica e dalla vendita di una sede di cui sia precedentemente titolare”. Ma è sostenibile un diverso orientamento utilizzando circolari amministrative che sembrino legittimare tale procedura infra concorso? Non è possibile in via astratta dare peso alle sole circolari amministrative. Le circolari sono normalmente atti la cui operatività è circoscritta all'ordinamento particolare dell'amministrazione dalla quale promanano (senza vincolare i soggetti estranei a quest'ultima) e non esplicano alcuna efficacia vincolante nei confronti del giudice, il quale non è tenuto ad estendere ad esse la propria attività di cognizione. Trova il tuo caso nell'archivio articoli Si tratta pertanto di atti che non hanno rilevanza normativa e non sono in grado di prevalere sulla legge determinandone la disapplicazione, per cui si può prescindere dalla verifica circa l'effettiva pertinenza delle circolari e l'esistenza di un contrasto con la riserva legale (T.A.R. Marche - 6/3/2019 n. 141): le indicazioni di una circolare disallineate rispetto a una fonte del diritto legislativa e regolamentare non possono interferire con quest'ultima, vero punto di riferimento dell'azione amministrativa vincolata e doverosa, stante l'obbligo di disapplicazione della circolare “contra legem” (T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I - 7/12/2020 n. 808; sez. II – 23/2/2021 n. 135). Seguici o Contattaci senza impegno Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Cessione e donazione di azienda e le responsabilità fiscali.
Abbiamo già affrontato in altre occasioni la cessione di azienda ed abbiamo visto come tale contratto così come quello di affitto non possono essere utilizzati ai fini elusivi di prescrizioni di legge. In tema di farmacia abbiamo visto come l'affitto di azienda sia sostanzialmente vietato mentre la cessione segue le regole tipiche del diritto privato. In questa occasione analizziamo la cessione ma anche la donazione (stante comunque il trapasso di titolarità) ai fini del rilievo delle contestazioni che possa muovere l'agenzia delle entrate. Sul punto in più occasioni la giurisprudenza ha affermato che il contratto di cessione o di affitto d’azienda determina l’automatico trasferimento all’acquirente (o all’affittuario) di tutti i rapporti compresi nel complesso aziendale, sia attivi che passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia, come si evince dalla lettura degli artt. 2558 – 2562 del codice civile. (cfr. Cons. Stato, Adunanza Plenaria 4 maggio 2012, n.10; T.A.R. Lazio, sez. III, 4 febbraio 2016, n. 1676) In base al principio generale si è quindi affermato che il cessionario, come si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche, così risente delle conseguenze, sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità del cedente Ecco quindi che con la cessione di azienda oneri ed onori trapassano al cessionario, in tal senso si è pronunciato il Cons. Stato, sez. III, 22 maggio 2019, n. 3331 ed il Cons. Stato, Sez. III, 12 dicembre 2018, n. 7022. Leggi anche "Azienda ed Impresa e la Responsabilità tributaria nella cessione di azienda" L’esigenza sottesa ad una simile interpretazione appare evidente anche nel caso in cui, si tratti di una donazione di azienda, dal momento che essa permette al titolare di trasferire l’azienda quando è ancora in vita, garantendogli, comunque, un controllo sulla continuità della prosecuzione del complesso aziendale, il ché ben potrebbe costituire un agevole mezzo per aggirare gli obblighi sanciti dal codice degli #appalti. Quanto sopra trova ulteriore conferma nella disciplina sulla responsabilità solidale tributaria prevista in capo al cessionario dell’azienda dall’art. 14 del decreto legislativo n. 472/1997, applicabile al caso di specie. Ed infatti è stato piu volte affermato che la responsabilità solidale del cessionario ai sensi dell' art. 14 del decreto legislativo n. 472/1997 seppur non integra, a rigore, l’ipotesi della “commissione di violazioni” di cui all’art. 80 comma 4 del decreto legislativo n. 50/2016 è anche vero, che ai fini tributari con la cessione di azienda l’ “operatore economico” resta, nella sostanza, lo stesso. A maggior ragione in caso di donazione di azienda. Sulla non opponibilita della donazione di quote ai fini del decorso del decennio nel concorso farmacie leggi qui. Può, pertanto, affermarsi che, attraverso il meccanismo di cui all’art. 14 del decreto legislativo n. 472/1997, le violazioni “commesse” dal precedente titolare diventano violazioni “commesse” (anche) dal nuovo. Una siffatta interpretazione appare, da un lato, idonea a scongiurare finalità elusive e, dall’altro, più coerente con la ratio della disciplina, nonché con i principi affermati dalla giurisprudenza sopra richiamata. Ne consegue che la cessionaria donataria non può certo non risentire delle conseguenze della responsabilità della cedente (donante) per debiti nei confronti dell’Agenzia delle Entrate già sussistenti alla data dell’atto di donazione. Affermare l’irrilevanza delle irregolarità fiscali accertate in capo alla cedente consentirebbe, infatti, facili elusioni degli obblighi previsti dalla normativa che regola la partecipazione degli operatori alle procedure di evidenza pubblica. Ancora una volta quindi vediamo come la giurisprudenza veda con diffidenza la cessione di azienda o la donazione di azienda ove essa sia volta ad arginare i divieti di legge. Sul punto anche Cons. Stato, Adunanza Plenaria 4 maggio 2012, n.10; Hai un quesito? Seguici sui Social O contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Farmacie Salute ed Ambiente, e la tutela degli interessi diffusi.
Quali sono i requisiti per la tutela degli interessi collettivi e gli interessi diffusi da parte delle associazioni? Nel diritto alla salute ed al fine della tutela dell'ambiente è possibile ricorrere al giudice ove l'amministrazione abbia assunto decisioni critiche? Quesito complesso, vediamo come e quando è possibile opporsi alle scelte dell'amministrazione. Abbiamo affrontato molte volte volte l'argomento per il diritto farmaceutico e per il diritto alla salute collegato all'ambiente. Nel diritto farmaceutico il diritto alla salute si incontra con l'interesse commerciale imprenditoriale delle farmacie, nel diritto ambientale invece con il diritto alla salute relativo alla collettività connessa con il territorio. Ecco quindi che nel diritto farmaceutico l'interesse imprenditoriale recede dinanzi al diritto alla alla salute ed alla efficienza della capillare distribuzione dei farmaci mentre nel diritto ambientale il diritto alla salute è visto in collegamento con il territorio su cui si svolge il bene della vita. I settori coinvolti sono molteplici, ogni ricaduta sul territorio con immissione di polveri ed odori o consumi può avere tali riflessi ambientali, che andranno a scontrarsi con le attività produttive ed imprenditoriali dal vino al legno al ferro. Quindi, in caso di conflitti con le scelte della pubblica amministrazione, può si puo reagire? Siamo nell'ambito della legittimazione processuale delle associazioni collettive e sindacato giurisdizionale sulla discrezionalità tecnica. Prima di scendere nel dettaglio vediamo quando si configurano l' Interesse ad agire – Interessi legittimi. La legittimazione processuale delle organizzazioni collettive si fonda su un processo di differenziazione dell'interesse diffuso mediante l'attribuzione della sua titolarità ad un ente collettivo. Questo avviene, attraverso un riconoscimento legislativo espresso ovvero alla stregua di una previsione legislativa implicita (cd. doppio binario), la quale postula la ricorrenza dei seguenti requisiti cumulativi, sintomatici della concreta rappresentatività: i ) l’ente persegua il soddisfacimento dell’interesse che sia stabilito dallo statuto; ii ) l'ente presenti un’organizzazione stabilmente finalizzata a tutelare tale interesse; iii ) l'interesse diffuso abbia connotati di sostanziale “omogeneità” tra i soggetti che compongono la “comunità, attraverso l’incidenza su una certa area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso. Occorre, altresì, che l'attività del comitato si sia protratta nel tempo e che, quindi, il comitato non nasca in funzione dell'impugnativa di singoli atti e provvedimenti. Chiarito tale passaggio vediamo ora quali siano gli atti sindacabili, il confine tra opinabilità ed opportunità. In presenza quindi di provvedimenti espressivi di discrezionalità tecnica, che, per definizione, non implicano, una comparazione tra l’interesse pubblico e gli interessi secondari, bensì l’applicazione di scienze tecniche al caso concreto, il controllo giudiziario si estende anche all’attendibilità delle operazioni effettuate. La valutazione riguarda sia il profilo della correttezza del criterio tecnico individuato dall’amministrazione sia quello della correttezza del procedimento seguito per la sua applicazione e si giustifica sulla base della distinzione tra la “opinabilità”, che caratterizza le valutazioni tecniche, e la “opportunità” che connota invece le scelte di merito. La valutazione effettuata dall’amministrazione, quindi, non può essere sostituita da quella del giudice. Consulta l'archivio degli articoli Il sindacato giudiziario non può infatti spingersi fino ad individuare, tra quelle egualmente opinabili, la soluzione adatta al caso concreto e deve limitarsi a valutare gli apprezzamenti dell’amministrazione sotto i profili dell’illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti. Cons. Stato. n. 530; e 7799 2022. Hai un quesito? Contattaci senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Farmacie è possibile modificare l'estensione di una sede già esistente?
Tra i vari quesiti che giungono quotidianamente, quello che ha destato la necessità di una precisazione è il seguente: - Già esistendo una pianta organica comunale, revisionata sia nel 2016 che nel 2018, oggi a distanza di anni è possibile richiedere una modifica indipendemente dall'apertura di una nuova farmacia? - Il quesito nasce dal fatto che nel Comune Abruzzese che ci ha proposto il quesito, 4 delle 9 farmacie si trovano in zone distinte ma ognuna confina con la strada centrale della cittadina, e quindi si trovano di fatto in una area di soli di 850 metri. Rispondiamo al quesito senza indugio, si è possibile revisionare la dislocazione delle farmacie indipendentemente dalla istituzione di una nuova sede, e ciò anche a seguito di una istanza collettiva da parte dei fruitori del servizio, a patto però di provare almeno da un punto di vista motivazionale, la necessità di una nuova organizzazione. Una nuova organizzazione però non vorrà dire che le farmacie esistenti vadano spostate, bensì che esse, una volta riqualificata la zona, "possano" spostarsi all'interno di detto nuovo perimetro. Ed infatti va chiarito che una tale determinazione, quindi, si colloca nel contesto di un atto di pianificazione generale quale è quello di revisione della pianta organica, funzionale al miglior assetto delle farmacie sul territorio comunale (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, III, 6 febbraio 2015; Cons. Giust. Amm. Sic. Sez. giurisdiz., 17 febbraio 1998). Secondo la consolidata giurisprudenza l'atto di revisione della pianta organica delle farmacie, in quanto atto programmatorio a contenuto generale, non necessita in via generale di una analitica motivazione calibrata sulle singole situazioni locali. È, infatti, sufficiente l'esternazione dei criteri ispiratori adottati dall'autorità emanante, da ricercarsi negli atti del procedimento complessivamente inteso in base ai quali è possibile verificare se detti criteri siano legittimi, congrui e ragionevoli e se il provvedimento sia coerente con essi (cfr.: Cons. Stato, sez. III, 10/04/2014). Anche in questi casi, tuttavia, deve ritenersi che, per soddisfare l'obbligo di motivazione, sia sufficiente l'esternazione dei criteri ispiratori adottati. Puo' anche interessarti "Farmacia, la nuova zonizzazione per calo demografico" Non si può invero pretendere che l'autorità emanante (in questa materia come in qualunque altra) si dia carico di rispondere in anticipo ad ogni possibile obiezione che a posteriori si voglia escogitare contro le sue scelte; né che spieghi analiticamente perché abbia scartato ciascuna delle innumerevoli altre soluzioni concepibili. In effetti, “l'esternazione dei criteri ispiratori (che può risultare anche dall'insieme degli atti del procedimento) è sufficiente in quanto consente di verificare se detti criteri siano legittimi, congrui, ragionevoli e se il provvedimento sia realmente coerente con essi". Puo' anche interessarti "Riperimetrazione delle Farmacie" In ogni caso, il sindacato sulla scelta ampiamente discrezionale operata all'Amministrazione è sindacabile solo in modo estrinseco, e dunque, per manifesta arbitrarietà, irrazionalità, irragionevolezza e travisamento dei fatti. In conclusione tale riperimetrazione sarà possibile, su Istanza di parte, ove per parte si intenda una parte qualificata, sia essa un comitato o un farmacista già presente nel Comune. Quanto all'amministrazione questa potrà agire tramite la propria Giunta Comunale, e l'atto amministrativo, a seguito di istruttoria, ovvero parere dell'Ordine dei Farmacisti e della ASL o ATS di riferimento, delimiterà le nuove zone. Nell'ottica di un avvocato amministrativista per farmacie quindi l'onere motivazionale a carico dell'amministrazione è importante ma non dovrà essere omni comprensivo. Infatti la giurisprudenza è da decenni univoca nel senso che la delimitazione delle sedi farmaceutiche non richiede, di massima, una specifica motivazione, tranne che in alcuni casi particolari, come ad esempio la modifica delle zone non correlata all'istituzione di nuove sedi, oppure l'istituzione di una sede aggiuntiva con il criterio c.d. demografico. (Cons. Stato, sez. III, n. 1727/2014) Nell'auspicio di aver chiarito il quesito, vi invitiamo a consultare il sito! Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Vicinanza commerciale, come contestare il titolo edilizio del vicino?
Ci è stato chiesto di rispondere alla domanda, SE e QUANDO è possibile contestare in termini urbanistici amministrativi, la vicinanza commerciale di un nuovo progetto, rispetto all'insediamento esistente. Rispondiamo citando i passi di importante giurisprudenza sul punto, per una disamina piu' approfondita Contattaci. Ora, secondo una consolidata giurisprudenza è ammesso a censurare i titoli abilitativi (edilizio e commerciale) rilasciati a terzi per l'intrapresa di una nuova attività economica colui che sia titolare di analoga attività nella zona, e si trovi in situazione di stabile collegamento con essa, giacché costituisce un idoneo fattore legittimante al ricorso la coincidenza quanto meno parziale del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un calo - anche solo potenziale (trattandosi di una m.s.v. non ancora realizzata e in esercizio) - del volume d'affari (Cons. di St., II, 21.4.2021 T.A.R. Liguria, I, 25.2.2015,; id., 25.2.2013). Infatti se è vero infatti che la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti né limiti territoriali o di distanza costituisce un principio generale dell'ordinamento nazionale, non è men vero che ciò non equivale affatto ad un “liberi tutti!”, giacché è fatta espressamente salva la facoltà, per le Regioni e gli enti locali, di introdurre limitazioni all’insediamento di strutture commerciali a tutela dell’ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano (art. 31, comma 2 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). Seguici sui Social Si tratta, per l’appunto, di quelle limitazioni che trovano la propria naturale sedes materiae nei piani territoriali ed urbanistici, sicché non può negarsi la legittimazione e l’interesse dell’operatore commerciale vicino e concorrente a contestare il titolo edilizio che egli assuma in contrasto con la strumentazione urbanistica, o, a fortiori, che comporti – come nel caso di specie – una variante ad essa. In assenza di parametri normativi, la coincidenza potenziale del bacino d’utenza va dunque apprezzata in concreto, caso per caso. Stando così le cose, il collegio non può che rilevare come, in una fattispecie perfettamente sovrapponibile alla nostra analisi in termini di distanza (circa 385 m.) e di caratteristiche merceologiche dell’esercizio da insediare (in quel caso, insegna commerciale) nello stesso Comune, vi siano precedenti in cui il TAR abbia già riconosciuto la legittimazione in termini di vicinitas edilizia e l’interesse a ricorrere in termini di vicinitas commerciale, ovvero la potenziale interferenza dei bacini di clientela. Ecco quindi che la vicinanza, relativa o assoluta che sia, dipende dal tipo di settore, ad esempio per le Farmacie oltre 200 metri, ed il bacino di utenza, possono legittimare un'azione inibitoria amministrativa. Hai un quesito? Contattaci Consulta il nostro archivio gratuitamente Studio Legale Angelini Lucarelli
- Occupazione senza titolo di un immobile, quale è il danno sofferto?
Hai un quesito? Contattaci senza impegno Avere un terzo estraneo all'interno della propria abitazione, vuoi perché vi si sia introdotto in modo abusivo, o che sia "diventato" abusivo a seguito della scadenza o inesistenza del contratto originario, costituisce fonte ti grande frustrazione. E' ben noto che l'azione per recuperare l'immobile sarà ben diversa a seconda se si tratti un inquilino moroso, o per il quale sia scaduto il contratto, ecco quindi lo sfratto, oppure ben piu' complessa è la situazione in cui manchi o sia ritenuto invalido il contratto, in tali casi sarà necessario esperire azioni di recupero del possesso. Ancora piu' grave è la situazione in cui vi sia il "dubbio" sul titolo di proprietà, in tale caso infatti sarà necessario procedere con azioni di rivendicazione della proprietà. Ecco quindi che avremo un azione di rivendicazione ove manchi il titolo, mentre si avrà un'azione di restituzione ove il titolo sia divenuto inefficace. L’azione di rivendicazione il proprietario ha lo scopo di ottenere il riconoscimento del proprio diritto di proprietà sull’immobile, mentre con l'azione di restituzione, il titolare vuole ri-ottenerne solo il possesso del bene. Consulta i nostri articoli Diverso è il regime delle prove da utilizzare, ed assai differente ne è la portata infatti nell'azione di rivendicazione è richiesta una prova assai gravosa ovvero la c.d. probatio diabolica, poiché il richiedente deve dare la prova dell’acquisto dell’immobile oggetto della controversia. Mentre nell'azione di restituzione colui che agisce deve provare di aver consegnato il bene immobile in base a un contratto e quindi la successiva nullità o annullabilità, ovvero la scadenza dello stesso. Ma al di là dell'azione esperita, quale è il danno che subisce il proprietario da una occupazione per così dire "abusiva"? E così traendo le fila da una recentissima sentenza a sezioni unite della Cassazione possiamo dire che “nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta”; “nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato”; Contrattualistica e diritto immobiliare “nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell’occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato” Sfratto, Rivendicazione e Restituzione saranno quindi strade differenti per recuperare l'immobile, ognuna della quali potrà avere un collaterale richiesta economica a seconda se si tratti di canoni scaduti o di occupazione senza titolo. Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli
- Farmacia e Comune, come funziona la prelazione?
Farmacia, la prelazione da parte del Comune, le fasi del procedimento e la normativa Farmaceutica regionale. La normativa e la giurisprudenza si occupano spesso del fenomeno della prelazione Comunale per le farmacie. Tale peculiare meccanismo è previsto dalla normativa del 1975 secondo cui Hai necessità specifiche? Contattaci anche per le vicende locali. La titolarita' delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica puo' essere assunta per la meta' dal comune. Scopri il sito dedicato alla Farmacia, FarmaDiritto Ecco quindi che le farmacie si possono rendere vacanti per una serie di motivi non ultimo quello della decadenza dell'autorizzazione di cui abbiamo già parlato in altro contributo. Le farmacie di cui sono titolari i comuni possono essere gestite, ai sensi della, nelle seguenti forme: a) in economia; b) a mezzo di azienda speciale; c) a mezzo di consorzi tra comuni per la gestione delle farmacie di cui sono unici titolari; d) a mezzo di societa' di capitali costituite tra il comune e i farmacisti che, al momento della costituzione della societa', prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarita'. All'atto della costituzione della societa' cessa di diritto il rapporto di lavoro dipendente tra il comune e gli anzidetti farmacisti. Avvocati per la Farmacia, Farmacisti ed Assistenza in Diritto farmaceutico La prelazione comunale è alternativa al concorso farmacie. Sono escluse dalla prelazione e sono messe a concorso le farmacie il cui precedente titolare abbia il figlio o, in difetto di figli, il coniuge farmacista purche' iscritti all'albo. e quindi Il diritto di prelazione è previsto dall’art. 10, comma 3, l. 475/1968 che recita: “L'amministrazione comunale o quella ospedaliera entro 60 giorni dall'avvenuta notifica delibera, nei modi di legge, l'eventuale assunzione della gestione della farmacia dandone immediata comunicazione al medico provinciale. In mancanza di tempestiva comunicazione l'amministrazione comunale o quella ospedaliera decade dal diritto di prelazione.”. Il successivo comma 4 prevede che: “ Nel caso di assunzione della gestione di una farmacia, da parte del comune, l'amministrazione comunale, entro trenta giorni dalla data di ricevimento dell'atto di approvazione da parte della giunta provinciale amministrativa, deve approvare il bando di concorso per titoli ed esami al posto di farmacista direttore.”. E’ evidente che attualmente, al medico provinciale ed alla giunta provinciale amministrativa, si è sostituisce la Regione. Come ha avuto modo di precisare il TAR, l'esercizio della prelazione da parte del Comune è un momento differente, una fase differente della effettiva gestione della stessa, e da ciò consegue un riflesso in termini di tempo. Oggi infatti è possibile per il Comune dopo la riforma del 1991 assumere la gestione con Società pertanto il termine dei 30 giorni per la nomina del direttore della Farmacia deve ritenersi non applicabile ove sia necessario costituire una società e la farmacia non sia gestita direttamente dal Comune. Peraltro, secondo la giurisprudenza, il termine di cui al comma 4 dell’art. 10 citato è meramente ordinatorio ( T.a.r. per la Campania sez. V 3 settembre 2019 ; 22 giugno 2017). Il termine per l'individuazione o costituzione del socio privato che operi dal Comune è determinato dalla normativa regionale applicabile, che detta una tempista al fine di completare l'iter che porti alla effettiva gestione dell'attività. In alcune regioni ad esempio tale termine è compreso da 180 giorni a 365 giorni nel senso che tale procedimento deve essere attivato entro 180 giorni dalla scelta e concluso nei successivi 185 giorni dando quindi vita ad un termine di un anno solare, pena la decadenza a carico del Comune. Ecco quindi che la prelazione comunale oggi è un procedimento complesso e regolamentato attentamente in ogni sua fase, sebbene i termini interni della procedura, soprattutto quello inerente il Bando è un termine ritenuto ordinatorio. Necessiti di assistenza sulla normativa regionale e nazionale in Diritto Farmaceutico? Contattaci Diritto per la Farmacia e per i Farmacisti. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacia SaS, i contrasti tra Soci rischiano di costare caro.
Con recente sentenza di diritto societario sulla figura e responsabilita dell'amministratore di SaS la cassazione ha ribadito un principio risalente nel tempo ma assai importante, ovvero La coincidenza della qualità di Socio ed Amministratore nella SaS comporta l'esclusione dalla società in caso di responsabilità. E che questo sia un principio dirompente si comprende dal fatto che usualmente le vicende del Socio non si riflettono nella qualifica di Amministratore anche se incidenti sulla stessa persona. In sintesi Socio ed Amministratore sono due strade autonome anche se ricadenti sulla stessa persona, ma ciò non vale per la Società in Accomandita Semplice ove obbligatoriamente l'amministratore debba essere il Socio accomandatario. Farmacia per Farmacisti o Farmacia di Servizi per Utenti? Parliamone nel prossimo articolo. Quindi, Si è chiarito che la revoca dell’amministratore e l’esclusione del socio, nelle società di persone titolari di Farmacia, costituiscono situazioni affatto distinte, legate a presupposti non necessariamente coincidenti, sicché non è possibile sovrapporre la disciplina legale dell’una figura a quella dell’altra, né implica che l’eventuale revoca della carica di amministratore incida di per sé sul perdurare del rapporto sociale Sul punto per le Sas si vedano Cass., sez. 1, 8 aprile 2009, n. 8570; Cass., sez. 1, 29 novembre 2001, n. 15197. Consulta l'archivio gratuito articoli Tuttavia, si è osservato che nella società in accomandita semplice l’amministratore non può che essere un socio accomandatario, Nella Sas Farmacia la sua esclusione dalla società, non diversamente da qualsiasi altra causa di scioglimento del rapporto sociale, automaticamente comporta anche la cessazione della carica di amministratore. Ecco quindi che ove io Socio accomandatario sia anche il Titolare dell'autorizzazione, un contrasto interno alla società rischierà di coinvolgere la sorte della stessa farmacia. In dottrina ed in giurisprudenza si è anche affermato che il cumulo delle qualifiche di socio e di amministratore non impedisce che le irregolarità o illiceità commesse dall’amministratore determinino, non solo la revoca del mandato, ma anche l’esclusione del socio per violazione dei doveri previsti dallo statuto a tutela della finalità e degli interessi dell’ente (Cass., sez. 1, 9 marzo 1995, n. 2736); E ciò in quanto, indipendentemente dagli obblighi che incombono sull’amministratore-socio, vi è un obbligo fondamentale che deriva dalla sua qualità di socio, costituito dal dovere di non compiere atti che, per essere in contrasto con i fini della società, configurino insidia per la compagine sociale. 26059/22. Hai un quesito per la Farmacia o per la società che gestisce la farmacia? Consulta il nostro motore di ricerca gratuito. Consulta il nostro artichivio e trova il tuo caso. La gestione della Farmacia nella forma della SaS se da un lato consente di massimizzare gli investimenti anche con un socio minoritario al sicuro da esposizioni debitorie dall'altro rischia di comportare un blocco gestionale o addirittura la perdita dell'azienda farmacia ove venga escluso il Socio accomandatario titolare dell'autorizzazione. Hai un quesito di diritto farmaceutico che riguarda la società? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Studio Legale Angelini Lucarelli
- Scadenza Concessione demaniale, quale sorte per gli investimenti effettuati?
Tacito rinnovo concessione demaniale, che succede alle opere non amovibili? Secondo la normativa nazionale dell'art 49 del Codice della Navigazione queste vengono acquisite anche in caso di rinnovo. Il rinnovo della concessione demaniale infatti non é equiparato ad una proroga. Ma tale assunto così drastico é conforme al diritto comunitario? Per rispondere a tale quesito vediamo l'indirizzo attuale della giurisprudenza amministrativa. Ed infatti Secondo l'art. 49 del Codice della navigazione "Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato": tale disposizione - che richiama l'istituto dell'accessione, di cui all'art. 934 c. c.- è stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria nel senso che l'acquisto si verifica ipso iure, al termine del periodo di concessione e va applicata anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo - a differenza della proroga - una nuova concessione in senso proprio, dopo l'estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto art. 49 (cfr. Cons. Stato n. 626/2013 e n. 6852/2018). Solo nel caso in cui il titolo concessorio sia stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione ("tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del nomen iuris, una piena proroga dell'originario rapporto senza soluzione di continuità" cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10.06.2013 n. 3196; Sez. VI, 17.02.2017 n. 729; Sez. IV, 13.02.2020 n. 1146) il richiamato principio dell'accessione gratuita di cui all'art. 49 Cod. nav. non troverebbe applicazione, “sicché le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale …(resterebbero in tal caso) ai sensi dell’art. 952 c.c., di esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione (e) per essi non (sarebbe) …dovuto un canone ulteriore, essendo tenuto il concessionario a corrispondere un canone commisurato alla occupazione del suolo demaniale con impianti di facile/difficile rimozione, così come previsto dall'art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l.n. 296/2006” (Cons. St., Sez. VI, 13.01.2022 n. 229). Oggi però la questione é stata rimessa dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia Europea per comprendere se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo. Hai un quesito? Necessiti assistenza o consulenza? Consulta l'archivio pareri o chiedi il tuo. Studio Legale Angelini Lucarelli























