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  • Tutela contro la violazione del proprio nome commerciale, l'azione inibitoria

    Nel caso in cui un'azienda o un imprenditore subisca la violazione dell'uso di un proprio marchio o del nome commerciale in una determinata zona, la tutela è rappresentata dall'azione inibitoria, ovvero una azione chiesta al Tribunale al fine di "bloccare" quindi inibire l'uso del marchio o della dizione commerciale #abusivamente perpetrata da un #concorrente. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La caratteristica dell'azione inibitoria risiede nel fatto che questa è una azione "tipica" prevista dall'art. 131 del codice della proprietà intellettuale il quale la prevede come azione provvisoria, quindi riferita ad un successivo giudizio che dopo la sua proposizione deve essere avviato nel merito per comprendere chi ha ragione e chi ha torto tra colui che ritiene di essere "violato" chi ha effettuato tale azione. Mentre il procedimento di "inibitoria" è quindi veloce e cautelare, quello di merito è un procedimento ben piu' complesso ed articolato. Sussiste quindi un annoso quesito, l'azione inibitoria come procedimento cautelare è sempre subordinato ad un successivo passaggio di merito? Per rispondere a tale domanda che porta con sé la durata della procedura , potenzialmente alla durata di anni è necessario scendere nel tecnico e differenziare tra le azioni previste nel codice della proprietà industriale, quindi tra le azioni tipiche e quelle invece generali anticipatorie di pronuncia, previste dall'art. 132 comma 4 del Codice della Proprietà Industriale. L’Inibitoria ed i procedimenti cautelari sono sempre vincolati ad un successivo giudizio di merito? In tema di diritto d’autore i procedimenti provvisori assumono un ruolo centrale per la tutela delle violazioni, si pensi alla richiesta di inibitoria così come gli altri procedimenti cautelari. Tali procedimenti però sono subordinati dopo una fase d’urgenza ad un vero e proprio processo di merito. Tale regola vale per la domanda di inibitoria ma vale anche per tutti i procedimenti anticipatori della disposizione richiesta? Il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto, ed in particolare può chiedere che siano disposti l'inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell'uso delle cose costituenti violazione del diritto, e l'ordine di ritiro dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprietario o ne abbia comunque la disponibilità, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari. L'inibitoria e l'ordine di ritiro dal commercio possono essere chiesti, sugli stessi presupposti, contro ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale ai sensi dell'art 131 cpi Il titolare di un diritto di proprietà industriale può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi violazione imminente del suo diritto e del proseguimento o della ripetizione delle violazioni in atto, ed in particolare può chiedere che siano disposti l'inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell'uso delle cose costituenti violazione del diritto, e l'ordine di ritiro dal commercio delle medesime cose nei confronti di chi ne sia proprie-tario o ne abbia comunque la disponibilità, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari. L'inibitoria e l'ordine di ritiro dal commercio possono essere chiesti, sugli stessi presupposti, contro ogni soggetto i cui servizi siano utilizzati per violare un diritto di proprietà industriale. L’inibitoria nel diritto d’autore ed il problema del processo di merito Cosa accade al procedimento di inibitoria una volta conclusa la fase cautelare d'urgenza? Se il giudizio di merito non è iniziato nel termine indicato ovvero se successivamente al suo inizio si estingue, il provvedimento cautelare di inibitoria perde la sua efficacia ai sensi dell'art 132 cpi Ma tale decadenza dell’efficacia vale anche per i tutti procedimenti urgenti non inibitori emessi ai ai sensi dell’art 700 cpc? Sembra di no in quanto le disposizioni di decadenza non si applicano ai provvedimenti di urgenza emessi ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile ed agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della sentenza di merito. In tali casi ciascuna parte può ma non deve iniziare il giudizio di merito, ai sensi dell'art 132 comma 4 del codice della proprietà industriale. Secondo il codice della proprietà intellettuale (artt. 131 e 132 D.lgs 30/2005) mentre i procedimenti inibitori hanno una efficienza provvisoria subordinata al successivo procedimento di merito, i procedimenti 700 cpc quali processi anticipatori sono già di per sé idonei ad anticipare la sentenza di merito, risultando quindi svincolati da un successivo giudizio di merito. (Corte App Roma 5748/2022). Di tale ricostruzione e della relativa compatibilità o violazione con il diritto dell’Unione Europea o (articolo 9 punto 5 direttiva 2004/48 CE) non né convinta la Cassazione che con l’ordinanza 3332/2025 ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia Europa. Possiamo quindi concludere affermando che l'inibitoria è la risposta alla domanda dell'imprenditore che si ritiene violato nel proprio diritto d'autore/proprietà intellettuale/industriale. Tale procedura tuttavia allo stato attuale appare sempre subordinata ad una successiva fase di "merito" che invece non sempre è prevista per tutti quei procedimenti atipici previsti dall'art. 132 comma 4 del codice della proprietà industriale e che quali provvedimenti "anticipatori" appaino già di per sé risolutivi, con vantaggi in termini di tempo e costi. La scelta del tipo di provvedimento da richiedere nelle procedure del diritto d'autore e tutela della proprietà industriale avrà un impatto dirimente almeno fintanto che la Corte di Cassazione abbia risolto il dubbio interpretativo sulla corretta applicazione della direttiva Europea 2004/48 articolo 9 in relazione al diritto interno Italiano. Seguici sui social se hai un quesito contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • La trasformazione recessiva della Farmacia da SRL a SNC

    diritto farmaceutico a cura dell'avvocato Aldo Lucarelli Dopo l'ondata modaiola del concorso straordinario Farmacie che ha determinato il sorgere di Farmacie basate quasi esclusivamente sul modello “SRL” a seguito della riforma operata dal decreto 124 del 2017 è ora il tempo di assistere ad una inversione di tendenza che vede il ritorno a modelli di gestione piu' diretti economici e snelli come Snc e SaS anche a seguito di trasformazioni chiamate “recessive” per l'appunto da Farmacie SRL a SNC o SaS. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Ma perché tale passaggio recessivo dal modello della Farmacia SRL alla SNC? In via preliminare occorre evidenziare che il modello Srl è stato indicato all'epoca anche dal Consiglio di Stato per venire incontro alle esigenze paritetiche (proprietarie e gestionali) che il concorso Monti 2012 imponeva, non era una scelta di ottimizzazione bensì un obbligo organizzativo per coniugare proprietà e gestione dei candidati farmacisti, divenuti soci farmacisti. Segui la pagina per Farmacisti su Facebook con articoli quotidiani Abbiamo quindi assistito alla nascita di SRL con 3/5 soci divenuti ex lege parte di una SRL almeno per un triennio. Ora che il triennio da concorso è scaduto quasi ovunque (eccetto le ultime assegnazioni in corso di apertura vedi Abruzzo Campania etc) è tempo di prendere profitti con vendite infra soci SRL o con cessioni in blocco a volenterosi investitori, nelle note modalità del moltiplicatore su fatturato. Ti può anche interessare: La revisione della pianta organica delle farmacie Esiste però anche un altro fenomeno che è per l'appunto quello messo in atto con la trasformazione ex art. 2500 sexies del codice civile per il passaggio dalla strutturata forma di SRL alla piu' personale forma della Snc, vediamone i tratti salienti. Passo 1: passaggio dalla responsabilità limitata pro quota ad un responsabilità personale. La trasformazione recessiva da SRL a SNC, pur comportando un aumento della responsabilità personale dei soci, può offrire alcuni benefici, soprattutto in determinate situazioni 1. Semplificazione della gestione: Minori adempimenti amministrativi:  La SNC ha una struttura più snella rispetto alla SRL, con meno obblighi contabili e amministrativi. Questo passaggio riduce i costi e il tempo dedicati alla gestione dell'azienda che diviene incentrata sulla persona socio e non sulla quota socio. Ricordiamo infatti che nella SNC tutti i soci sono anche amministratori e la fiscalità si applica sulla persona, con la possibilità di avere benefici in termini di detrazioni personali. Maggiore flessibilità decisionale:  Le decisioni possono essere prese in modo più rapido e informale, senza la necessità di convocare assemblee o redigere verbali complessi soprattutto nel caso di SRL composte da un CdA 2. Aspetti fiscali: Trasparenza fiscale: Nella SNC, gli utili vengono tassati direttamente in capo ai soci, in proporzione alla loro quota di partecipazione. Questo può essere vantaggioso se i soci hanno aliquote fiscali inferiori a quelle applicate alle società di capitali. Gestione delle perdite:  Le perdite della SNC possono essere compensate con altri redditi dei soci, riducendo il carico fiscale complessivo. Sempre in tema di aspetti fiscali  (consultare il priorio commercialista) sono da tener presenti le disposizioni previste dall'art. 170 del TUIR secondo cui le riserve costituite prima della trasformazione, sono imputate ai soci: a) nel periodo di imposta in cui vengono distribuite o utilizzate per scopi diversi dalla copertura di perdite d'esercizio, se dopo la trasformazione siano iscritte in bilancio con indicazione della loro origine; b) nel periodo di imposta successivo alla trasformazione, se non siano iscritte in bilancio o vi siano iscritte senza la detta indicazione. Le riserve sono assoggettate ad imposta secondo il regime applicabile alla distribuzione delle riserve, eccetto il caso di trasparenza fiscale che fosse stato adottato dalla Srl prima della trasformazione ex art. 115 tuir. 3. Rapporti con le banche e i fornitori: Maggiore fiducia:  In alcuni casi, la responsabilità illimitata dei soci può essere vista come una garanzia maggiore da parte di banche e fornitori, facilitando l'accesso al credito e ai rapporti commerciali. E' tuttavia importante tener presente il concetto di “continuità” delineato dai principi della Cassazione che con sentenza n. 10598 del 7 maggio 2013 ha ribadito che la trasformazione è una vicenda evolutiva, ma non estintiva, del soggetto giuridico . Ciò significa che i rapporti giuridici preesistenti, sia attivi che passivi, permangono e che la trasformazione non può essere utilizzata per sottrarre l'impresa societaria alla soggezione alle procedure concorsuali tipo fallimento. (Cass. 4737/2020) Scopri il blog con articoli su casi pratici 4. Aspetti successori: Passaggio generazionale facilitato:  La SNC può semplificare il passaggio dell'azienda ai successori, grazie alla sua struttura più semplice e alla maggiore flessibilità nella gestione delle quote sociali. 5. Adattamento alle dimensioni della Farmacia: Piccole imprese familiari:  La SNC può essere una forma giuridica più adatta per piccole imprese a conduzione familiare, dove la responsabilità personale dei soci è già implicita e la semplificazione della gestione è prioritaria. In termini operativi poi si deve evidenziare che la deliberazione di trasformazione di società a responsabilità limitata in società di persone, quindi SNC o SaS deve essere adottata con le maggioranze previste per le modifiche del proprio statuto. È comunque richiesto il consenso dei soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata . La trasformazione recessiva della Farmacia da SRL a SNC Gli amministratori, che ricordiamo essere tutti i soci nelle Srl da concorso straordinario, devono predisporre una relazione che illustri le motivazioni e gli effetti della trasformazione. Ciascun socio ha diritto all'assegnazione di una partecipazione proporzionale al valore della sua quota o delle sue azioni. I soci dissenzienti mantengono comunque un diritto di recesso (art. 2473 cc) con liquidazione della propria quota, il ché potrà portare chiaramente ad una riduzione del capitale sociale. Leggi pure: Farmacia SNC e cessione quote e concorso I soci che con la trasformazione assumono responsabilità illimitata, rispondono illimitatamente anche per le obbligazioni sociali sorte anteriormente alla trasformazione. segui la pagina on line Conclusione: la trasformazione recessiva di una farmacia da SRL a Snc o SaS è una procedura adatta – ad avviso di chi scrive – per quelle farmacie nate dal concorso straordinario , che non siano destinate ad una cessione speculativa e che, nelle mani di soci familiari o soci che hanno un ottimo rapporto , siano destinate a durare nel tempo con modelli organizzativi piu' flessibili ed economici anche in vista di una successione generazionale. Contattaci per ogni esigenza o consulta il blog gratuito in diritto farmaceutico con centinaia di casi svolti Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Socio di Farmacie la pluripartecipazione

    socio di piu' farmacie, il socio unico di piu' farmacie e la pluri proprietà di farmacie Che differenza c'è tra la pluri partecipazione in diverse società di Farmacia e lo svolgimento delle attività nelle #Farmacie? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato E' possibile avere la proprietà di piu' farmacie? Il quesito nasce da alcune segnalazioni a cui rispondiamo precisando che Possono essere titolare di farmacie le persone fisiche e le società di capitali (L. 124/2017). Segui la pagina sui social e rimani aggiornato I modelli societari  prescelti sono quelli tipici del diritto civile, i piu noti ed usati sono la SNC  (società in nome collettivo caratterizzata dalla presenza di due amministratori soci) e SaS  (caratterizzata per la duplicità di soci persone fisiche, Accomandati ed Accomandatari) per le società di persone, e SRL e Spa  meglio note come società di capitali ove il patrimonio - con personalità giuridica autonoma e distinta da quella dei soci è rappresentato da quote o azioni liberamente cedibili. Ti può anche interessare: "Farmacia quale modello societario" Se le società di persone sono meglio identificabili con i soggetti che le popolano  - i soci - le società di capitali sono maggiormente impersonali, autonome e votate ad attività imprenditoriale  data la facilità di trasferimento del titolo (quota o azione) che del governo societario, si pensi al Consiglio di Amministrazione. Ti può anche interessare: "Farmacia Srl ed i conflitti tra i soci" La scelta del modello societario NON è secondaria in quanto anche le "incompatibilità" si rifletteranno differentemente a seconda del modello societario si pensi alla differenze tra Snc e SaS o tra Srl e Sapa (società in accomandita per azioni). La partecipazione alle società titolari di farmacia (di cui all'articolo 7, legge 362/1991) è incompatibile: A) con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica. B con la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; C) con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato. Farmacie soci anche non farmacisti L'apertura alle società di capitali, anche per le farmacie private, si è accompagnata inoltre, sempre nella riforma del 2017, al venir meno ovvero all'abolizione, per tutti i tipi societari, della previsione che in precedenza imponeva che i soci, delle società che gestiscono farmacie, dovessero essere a loro volta farmacisti, come anche alla rimozione del limite delle quattro licenze in capo ad una stessa società, limite sostituito dal divieto, meno pregnante, di controllare una quota superiore al 20 per cento delle farmacie della medesima regione o provincia autonoma ed il cui rispetto è sottoposto ai poteri di indagine, istruttoria e diffida dell'AGCM. E' importante a tal proposito sottolineare che i commi 158 e 159 della legge 124 del 2017 hanno  precisato che (tutti) i soggetti che oggi possono essere titolari di farmacia ( le persone fisiche, in conformita' alle disposizioni vigenti, le societa' di persone, le societa' di capitali e le societa' cooperative a responsabilita' limitata)  possono controllare, direttamente o indirettamente, ai sensi degli articoli 2359 e seguenti del codice civile, non piu' del 20 per cento delle farmacie esistenti  nel territorio della medesima regione o provincia autonoma. Il controllo di tale pluri partecipazione  è rimesso alla l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato che provvede ad assicurare il rispetto delle disposizioni di cui al comma 158, quindi il limite del 20%, attraverso l'esercizio dei poteri di indagine, di istruttoria e di diffida ad essa attribuiti dalla legge. Tale legge - ovvero i commi 157 -158 e 159 L. 124/2017 - hanno ridefinito il perimetro tra "incompatibilità e partecipazioni" in quanto da una parte con il comma 157 è stato ridisegnato il perimetro dell'art. 7 della legge 362 del 1991 secondo cui dal 2017 " Sono titolari dell'esercizio della farmacia privata le persone, fisiche, in conformita' alle disposizioni vigenti, le societa' di persone, le societa' di capitali e le societa' cooperative a responsabilita' limitata.." Poi è stato inserita la precisazione che: «La partecipazione alle societa' di cui al comma 1 e' incompatibile con qualsiasi altra attivita' svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonche' con l'esercizio della professione medica... Alle societa' di cui al comma 1 si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 8" (quindi oltre alla informazione scientifica e ed attività medica anche b) la posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia; e c) qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato.." dall'altro è stato inserito il limite del 20 % quale tetto alla pluri proprietà su base regionale. Da questi incisi deriva che: se da un lato possono essere titolari all'esercizio della farmacia privata (tutti) i soggetti sopra descritti, dall'altro questi soggetti ai fini della titolarità (ovvero tutti quelli inidicati nell'art. 7 co. 1 L. 362/91 sia persone fisiche che società) sono incompatibili con 1) informazione scientifica ed attività medica (ivi inclusa case di cura ed rsa) 2) posizione di titolare/gestore provvisorio/collaboratore di altra farmacia, 3) rapporto di lavoro pubblico e privato (non prevalente diremmo oggi dopo le pronunce del 2020 Corte Cost. n. 11 e interpretazione del Tar Toscana sulla SaS per un mediatore n. 233/2020 come ripreso anche dal Tar Brescia). Da qui è pienamente condivisibile il contenuto del parere espresso dal Ministero della Salute del 2018 (7 marzo) secondo cui le incompatibilità si estendono a tutti ovvero sia a società che ai soci, soprattutto ove si paventi l'idea di una partecipazione di Farmacia in Farmacia sicuramente vietata dalla legge. Più farmacie una sola proprietà Socio di Farmacie la pluripartecipazione In tale senso sembra esprimersi anche il CdS del 2018 parere n. 5 punto secondo cui: "...Questi ultimi, del resto, risultano chiaramente concepiti per soci che, al momento della scrittura della norma, dovevano, necessariamente, essere farmacisti. In tal modo, portando alle estreme conseguenze questa tesi, si potrebbe affermare che il sistema sanzionatorio ivi previsto riguarderebbe esclusivamente coloro che, soci o direttori responsabili, siano farmacisti iscritti all'albo. A conferma di ciò si fa notare che la sospensione nella direzione della farmacia prevista dal comma 3 dell’art. 8 per il caso di violazione si riferisce a soggetti con tale qualifica. Per converso, il regime di incompatibilità di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, riguarderebbe qualsiasi socio" " ..In conclusione, l’incompatibilità di cui al citato art. 8, comma 1, lett. b) da parte del titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia deve essere estesa a qualsiasi forma di partecipazione alle società di farmacia, senza alcuna limitazione o esclusione." Ecco quindi che NON si può partecipare né direttamente né indirettamente alle società titolari di farmacie ove si ricada nelle previsioni descritte.. Ma.. E quindi la pluri partecipazione nelle Farmacie come funzionerebbe? A parere di chi scrive, la norma di riferimento è il comma 158 della legge 124/2017 dopo però la lettura orientata dei precedenti commi già descritti e quindi, "I soggetti di cui al comma 1 dell'articolo 7 della legge 8 novembre 1991, n. 362, come sostituito dal comma 157, lettera a), del presente articolo, quindi (non i farmacisti, bensì persone fisiche, le società di persone, le società di capitali e le società cooperative a responsabilità limitata) possono controllare, direttamente o indirettamente, ai sensi degli articoli 2359 e seguenti del codice civile, non piu' del 20 per cento delle farmacie esistenti nel territorio della medesima regione o provincia autonoma." Quindi il controllo, sia esso diretto, oppure indiretto a norma dell'art. 2359 del c.c. è ammesso per tutti quei "SOGGETTI" indicati nell'art. 7 co. 1 della Legge 362/1991 dove per "Soggetto" si deve intendere un soggetto di diritto anche nella forma delle società non identificato con un farmacista. Chiara quindi la differenza tra "Soggetti" che possono essere "titolari di farmacie" i quali subiscono quindi le incompatibilità in relazione però alle altre farmacie e i Soggetti che possono controllare fino al 20 % delle sedi, non interferendo con altre farmacie dove però per altra farmacia, ad avviso di chi scrive, non andrà intesa l'unità locale, bensì l'azienda idenficata dalla paritata iva; da qui nasce il meccanismo della fusione per incorporazione come meccanismo principale di acquisizione, che fonderà la farmacia target nella stessa azienda della farmacia principale. Ed infatti a corollario di tali passaggi vi è anche differenza di chi è il controllore deputato a far rispettare la norma: se per le incompatibilità sussiste un controllo da parte delle ASL/ASP e delle Regioni con le modalità di seguito descritte; per le plurime partecipazioni con il tetto del 20% sussiste il controllo da parte della Autorità Garante della Concorrenza e Mercato (art. 1 comma 159 L. 124/2017). Prima di chiudere va precisato ancora che le Società titolari di farmacie devono avere un oggetto sociale esclusivo per la Farmacia, oggi codice Ateco 47.73.10, e che lo Statuto della società (art. 7 co. 1 Legge. 362/1992) deve anche essere comunicato (per il controllo) alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani nonché all'assessore alla sanità della competente regione o provincia autonoma, all'ordine provinciale dei farmacisti e all'azienda sanitaria locale competente per territorio, anche in ordine alla compagine sociale ed alle variazioni della stessa. Società di Farmacia - oggetto esclusivo - la Fusione per incorporazione - creazione di unità locali Le società titolari dell'esercizio di farmacie private devono avere questa attività come loro oggetto sociale esclusivo e, quand'anche i soci possano non essere farmacisti, è pur sempre necessario che la direzione della farmacia continui invece ad essere affidata ad un farmacista, anche non socio, che ne è responsabile. Ti può anche interessare: Le incompatibilità nel diritto farmaceutico Al fine di mantenere l'oggetto sociale esclusivo e contemperare l'esigenza di crescita societaria , non trattandosi di società di investimento, è ipotizzabile il meccanismo della " fusione per incorporazione" della società veicolo (farmacia da acquisire) da parte della farmacia madre, (farmacia principale) il tutto sotto la condizione sospensiva del via libera da parte della Autorità sanitaria in termini di autorizzazione sanitaria, anche nei casi in cui la società target sia una Farmacia Comunale ( ove ammesso dalla delibera consiliare). seguici sui social Possiamo quindi concludere che Titolarità - Gestione - Partecipazione e controllo sono termini che si intrecciano e si incontrano continuamente nel sistema del diritto farmaceutico Italiano. Leggi il Blog e trova il tuo caso Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli rappresentazione senza valore di consulenza - opinioni personali di studio dell'autore - caso di studio ed esemplificazione

  • La pubblicità dei farmaci OTC ed i controlli del Comitato Tecnico Sanitario

    In questo articolo ci occupiamo della pubblicità dei farmaci senza obbligo di ricetta e l'uso di riferimenti commerciali come la dizione "più vantaggioso" abbinato al formato di vendita. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La normativa sulla pubblicità presso il pubblico per i medicinali senza obbligo di prescrizione medica (art. 115 d.lgs. 219 del 2006), è ammessa previa autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La disciplina concernente il rilascio dell’autorizzazione è dettata dai commi 2 e seguenti dell’art. 118 d.lgs. n. 219 del 2006, ove è previsto il previo parere del Comitato tecnico-sanitario di cui al D.P.R. 28 marzo 2013 n. 44 che ha sostituito la Commissione di esperti prevista dall'articolo 201 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265. La richiesta di pubblicità va effettuata secondo le linee guida del Ministero della Salute (qui il link, ) La pubblicità dei farmaci OTC La pubblicità dei farmaci OTC ed i controlli del Comitato Tecnico Sanitario Con riferimento in generale alla pubblicità di un medicinale l’art. 114 del d.lgs. n. 219 del 2006 detta i seguenti principi: “1. E' vietata qualsiasi pubblicità di un medicinale per cui non è stata rilasciata un'AIC, conforme al presente decreto, al regolamento (CE) n. 726/2004 o ad altre disposizioni comunitarie vincolanti. 2. Tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto. La pubblicità di un medicinale: a) deve favorire l'uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà; b) non può essere ingannevole.” Inoltre a norma dell’art. 116 del d.lgs. n. 219 del 2006 “la pubblicità di un medicinale presso il pubblico: a) è realizzata in modo che la natura pubblicitaria del messaggio è evidente e il prodotto è chiaramente identificato come medicinale; b) comprende almeno: 1) la denominazione del medicinale e la denominazione comune della sostanza attiva; l'indicazione di quest'ultima non è obbligatoria se il medicinale è costituito da più sostanze attive; 2) le informazioni indispensabili per un uso corretto del medicinale; 3) un invito esplicito e chiaro a leggere attentamente le avvertenze figuranti, a seconda dei casi, nel foglio illustrativo o sull'imballaggio esterno; nella pubblicità scritta l'invito deve risultare facilmente leggibile dal normale punto d'osservazione; nella pubblicità sulla stampa quotidiana e periodica deve essere, comunque, scritto con caratteri di dimensioni non inferiori al corpo nove.” Inoltre ai sensi del successivo art. 117 “1. La pubblicità presso il pubblico di un medicinale non può contenere alcun elemento che: a) fa apparire superflui la consultazione di un medico o l'intervento chirurgico, in particolare offrendo una diagnosi o proponendo una cura per corrispondenza; b) induce a ritenere l'efficacia del medicinale priva di effetti indesiderati o superiore o pari ad un altro trattamento o ad un altro medicinale; c) induce a ritenere che il medicinale possa migliorare il normale stato di buona salute del soggetto; d) induce a ritenere che il mancato uso del medicinale possa avere effetti pregiudizievoli sul normale stato di buona salute del soggetto; tale divieto non si applica alle campagne di vaccinazione di cui all'articolo 115, comma 2; e) si rivolge esclusivamente o prevalentemente ai bambini ; f) comprende una raccomandazione di scienziati, di operatori sanitari o di persone largamente note al pubblico; g) assimila il medicinale ad un prodotto alimentare, ad un prodotto cosmetico o ad un altro prodotto di consumo; h) induce a ritenere che la sicurezza o l'efficacia del medicinale sia dovuta al fatto che si tratta di una sostanza «naturale»; i) può indurre ad una errata autodiagnosi; l) fa riferimento in modo improprio, impressionante o ingannevole a attestazioni di guarigione; m) utilizza in modo improprio, impressionante o ingannevole rappresentazioni visive delle alterazioni del corpo umano dovute a malattie o a lesioni, oppure dell'azione di un medicinale sul corpo umano o su una sua parte. parimenti, in coerenza con quanto previsto dall'articolo 116, comma 1, lettera a), non è consentita la divulgazione di messaggi e di testi il cui intento pubblicitario è occultato dalla ridondanza di altre informazioni. Con decreto del Ministro della salute può essere stabilito che i messaggi pubblicitari autorizzati ai sensi dell'articolo 118 contengono il numero di AIC del medicinale.” Costituiscono dunque principi e canoni di riferimento per l’espressione del parere da parte del Comitato e della conseguente autorizzazione ministeriale le prescrizioni normative di cui ai richiamati articoli 114, 116 e 117 del d.lgs. n. 219 del 2006. Segui la pagina on line In un recente caso davanti alla giustizia amministrativa é stata ritenuta una ingerenza eccessiva e quindi illegittoma quella del Ministero che avrebbe vietato l'uso della definizione di "più vantaggioso" riferita ad una confezione di un farmaco da banco nella specie un farmaco di auto medicazione da banco. Tar Roma 5459/2025 Leggi il blog in diritto farmaceutico Studio Legale Angelelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli

  • Eredità, la donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento

    Affrontiamo un caso complesso di carattere ereditario nel quale il farmacista defunto aveva donato in vita la propria Farmacia come azienda ad una società costituita dai propri figli, con l'onere ( donazione modale) che questa Farmacia desse adeguate provviste alla ex coniuge ed effettuasse alcuni specifici investimenti. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Venuti a mancare sia il donante che la donataria, uno dei figli chiede della possibilità di agire contro la Farmacia Azienda responsabile a suo dire di non aver rispettato l'onere-modale imposto dal padre defunto al momento della donazione. Da qui il quesito, la donazione modale in favore di una Farmacia può essere impugnata da uno degli eredi? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato La risoluzione della donazione modale è ammissibile in caso di una clausola prevista nel contratto notarile di donazione? Come noto ai sensi dell'art. 793 cc della domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere imposto sulla donazione può essere domandata dal donante ovvero dai suoi eredi. Quindi per il primo quesito trova risposta positivo nel testo della legge. In punto di diritto, è opportuno evidenziare che la donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. Tale contratto costa di elementi costitutivi, quali lo spirito di liberalità e l'incontro di volontà delle due parti, e di elementi accidentali. Con riferimento alla donazione modale la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso-onere al beneficiario purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio che non snatura l'essenza di atto di liberalità della donazione (cfr. Cass. 28 giugno 2005, n.13876). E' possibile quindi donare ad un soggetto – anche società – apponendo a tale donazione un peso, per l'appunto un onere che questi dovrà adempiere con le attività ricevute in donazone. In linea di diritto quindi è possibile donare la propria azienda ad una società ed imporre a questa l'adempimento di alcune volontà prestabilite dal donante. Il quesito che viene posto però è riferito alla possibilità di chiedere la risoluzione quindi lo scioglimento della donazione modale per l'inadempimento da parte del donatario ricevitore dei beni degli obblighi imposti in sede di costituzione della donazione. In sintesi cosa accade se la società che ha ricevuto l'azienda – farmacia non adempie ai propri obblighi dopo la morte del donante? E' possibile risolvere la donazione modale per inadempimento? La donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento La donazione modale e la domanda di risoluzione per inadempimento Infatti, la donazione modale ( art. 793 cod. civ. ) non introduce elementi di corrispettività nella causa liberale del contratto, costituendo il modus solo una modalità del beneficio attribuito e, in senso proprio, una sua limitazione . In termini più precisi, è stato osservato che, sotto il profilo strutturale, il modus-onere integra un elemento accessorio della donazione volto al conseguimento di finalità diverse e ulteriori rispetto al fine liberale della donazione che non snatura la causa unitaria (liberale) della donazione e non dà vita ad un negozio autonomo con causa propria ovvero ad un negozio complesso nel quale coesistono rapporti a titolo gratuito e a titolo oneroso (cfr. Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679; v., ancora di recente, Cass., 17 gennaio 2019, n. 1039 che, sia pur in tema di comodato gratuito, ribadisce l'inapplicabilità al modus dell'istituto della risoluzione contrattuale in forza di clausola risolutiva espressa, "istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus""). Leggi pure: "L'impresa familiare e la trasformazione in srl" Peraltro, in mancanza di espliciti limiti codicistici, si deve ritenere che l'onere possa avere ad oggetto sia un dare, sia un fare, sia un non fare e che possa essere posto a vantaggio non solo del donante o di terzi, ma anche dell'onerato. Pertanto, l'onere imposto dovrà presentare i requisiti che l' art. 1174 c.c.   quindi suscettibile di valutazione economica e corrispondente ad un interesse anche non patrimoniale del creditore. Deve, infatti, ritenersi che l'onere si concreta nella costituzione di un rapporto obbligatorio in senso tecnico e come tale giuridicamente coercibile con la conseguenza che il donatario è tenuto alla esecuzione della prestazione dedotta in contratto . Deve essere, inoltre, soggiunto che, nell'ambito della donazione modale, il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata perchè il modus non può impoverire in modo completo il vantaggio attribuito dalla donazione. Rapporto di valore tra donazione ricevute e valore dell'obbligo ricevuto. Infatti, in ordine al rapporto tra il valore della donazione e il valore del modus, la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nell'affermare che se il valore della donazione è inferiore a quello del modus, come si desume dall' art. 793, comma 2, c.c. , rimane comunque un atto liberale, avendo l'ordinamento solo stabilito i limiti dell'obbligo cui è tenuto il donatario affinché non venga snaturata la causa donativa e tramutata in causa di impoverimento. Se, invece, i due valori coincidano, si tratterà di un contratto a prestazioni corrispettive se non vi è un lasso apprezzabile di tempo tra le prestazioni e l'equivalenza è conosciuta dalle parti e di una donazione se l'adempimento dell'onere deve essere effettuato dopo qualche tempo, di modo che il donatario tragga vantaggio dal godimento della cosa donata in base al risultato finale ottenibile con lo sfruttamento del bene donato e il suo incremento patrimoniale una volta adempiuto l'onere. Trib. Avellino 1184/23 Leggi pure: "testamento successione e quote di legittima" La donazione modale, inoltre, si distingue per diversità della causa, della natura giuridica e degli effetti dal vitalizio oneroso che è un contratto dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e legate da un nesso di interdipendenza. La donazione, infatti, a cui acceda un onere comporta l'obbligo, giuridicamente coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata. In tal caso la disposizione modale costituisce un elemento accessorio dell'atto di liberalità in quanto con esso il disponente mira ad attuare un fine che si aggiunge a quello principale del negozio a titolo gratuito, operando come ulteriore movente di questo, senza, peraltro, condizionarne l'attuazione e senza che, anche quando la disposizione modale preveda a carico del donatario la prestazione di una rendita vitalizia a favore del disponente, resti modificata la natura e la causa della donazione. Il modo od onere, quindi, non rende incerta la liberalità, che viene fatta puramente e semplicemente, ma accede alla medesima, senza influire sul suo contenuto giuridico, sebbene l'adempimento del modo incida sugli effetti economici dell'attribuzione patrimoniale fatta a titolo gratuito nel senso che il valore dell'onere grava su quanto ricevuto dal donatario riducendone l'entità (cfr. Cass. 18 febbraio 1977 n. 739). Leggi pure: "La rinuncia all'eredità ed il danno per i creditori" Quanto all'onere della prova, deve essere ricordato che la parte che agisce per la risoluzione è tenuta a dimostrare l'esistenza di un titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute, nonchè il fatto d'inadempimento e la sua gravità ai sensi dell' art. 1455 c.c.   incombendo, invece, sul donatario la dimostrazione che lo stesso è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Leggi pure: "Famiglia divorzio ed eredità" Con riferimento al requisito della gravità dell'inadempimento, infatti, secondo la giurisprudenza " In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell'onere non può avvenire "ipso iure", senza valutazione di gravità dell'inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus" (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 20 giugno 2014 n.14120). Con la sentenza in esame la Cassazione ha precisato che le norme in esame delineano "... l'istituto della clausola risolutiva espressa come proprio dei contratti sinallagmatici, per i quali soltanto la risoluzione è configurata come effetto automatico dell'inadempimento, quale che ne sia la gravità, mentre per il modus, che accede invece a un negozio a titolo gratuito, non è stabilita una analoga disciplina, sicché resta ferma la necessità che il suo inadempimento, per poter comportare la risoluzione, non abbia scarsa importanza : è significativo che l' art. 793 c.c.   consente al donante o ai suoi eredi di "domandare" la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di liberalità, con terminologia analoga a quella utilizzata per l'azione costitutiva nell' art. 1453 c.c. , senza disporre in ordine alla risoluzione stabilita dall' come effetto "di diritto", oggetto quindi di sentenza di accoglimento di domanda di semplice accertamento..." con la conseguenza che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento del modus non può essere omessa dal giudicante in base all'erroneo presupposto dell'applicabilità nella specie dell' art. 1456 c.c.   le cui disposizioni non si estendono all'ipotesi prevista dall' art. 793 c.c. Leggi pure: "La successione dell'impresa" Sempre in ordine al requisito dell'importanza dell'inadempimento devono essere richiamati i principi generali che impongono al giudice di tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale avuto riguardo all'operazione complessiva sulla base di un duplice criterio: quello oggettivo, volto alla verifica sul se l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile   nell'economia complessiva del rapporto. La gravità, infatti, deve essere commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva alla regolare esecuzione e non alla convenienza della domanda di risoluzione rispetto a quella di adempimento (cfr. Cass. n. 8212/2020; Cass. n. 4022/2018). Infine, anche nel caso di inadempimento parziale, il giudizio sulla non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione (cfr. Cass. n. 3742/2006). Seguici on line "Mentre l'azione di adempimento dell'onere imposto dalla donazione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse (in quanto è la volontà del donante che viene protetta e si chiede che venga realizzata), la domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere anzidetto può essere esclusivamente proposta dal donante o dai suoi eredi e soltanto nel caso che essa sia stata espressamente prevista dall'atto di donazione , rimanendo esclusa la legittimazione di qualsiasi altro titolare del diritto... in quanto si è inteso attribuire la valutazione dell'opportunità di richiedere la risoluzione per l'inadempimento soltanto al donante e, dopo la sua morte, ai suoi eredi, considerati come continuatori della personalità del donante e, quindi, gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell'inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità da cui era animato il loro dante causa"(cfr. Cass. 1036/2000). Leggi il blog e trova il tuo caso Possiamo quindi concludere affermando che la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi e valutata dal giudice secondo i principi generali in tema di gravità. Diversamente invece sarà possibile esperire solo l'azione mentre per l'adempimento dell'onere può agire, oltre sia il donante in vita, sia qualsiasi interessato , anche durante la vita del donante stesso. Hai un quesito specifico? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento

    Affrontiamo un caso complesso di carattere ereditario  nel quale il #farmacista defunto aveva donato in vita la propria #Farmacia come azienda ad una #società costituita dai propri figli, con l'onere ( donazione modale)  che la stessa #Farmacia desse adeguate provviste alla ex coniuge ed effettuasse alcuni specifici investimenti. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Venuti a mancare sia il donante che la donataria, uno dei figli chiede della possibilità di agire contro la Farmacia Azienda responsabile a suo dire di non aver rispettato l'onere-modale imposto dal padre defunto al momento della donazione. Da qui il quesito, la donazione modale in favore di una Farmacia può essere impugnata da uno degli eredi? La risoluzione della donazione modale è ammissibile in caso di una clausola prevista nel contratto notarile di donazione? Come noto ai sensi dell'art. 793 cc della domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere imposto sulla donazione può essere domandata dal donante ovvero dai suoi eredi. Quindi per il primo quesito trova risposta positivo nel testo della legge. In punto di diritto, è opportuno evidenziare che la donazione è il contratto con il quale, per spirito di liberalità, una parte arricchisce l'altra, disponendo a favore di questa, di un suo diritto o assumendo verso la stessa un'obbligazione. Tale contratto costa di elementi costitutivi, quali lo spirito di liberalità e l'incontro di volontà delle due parti, e di elementi accidentali. Con riferimento alla donazione modale la Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che lo spirito di liberalità è perfettamente compatibile con l'imposizione di un peso-onere al beneficiario purché tale peso, non assumendo il carattere di corrispettivo, costituisca una modalità del beneficio che non snatura l'essenza di atto di liberalità della donazione (cfr. Cass. 28 giugno 2005, n.13876). Leggi pure: "La farmacia nel testamento oggetto di contestazione" E' possibile quindi donare ad un soggetto – anche società – apponendo a tale donazione un peso, per l'appunto un onere che questi dovrà adempiere con le attività ricevute in donazione. In linea di diritto quindi è possibile donare la propria azienda ad una società ed imporre a questa l'adempimento di alcune volontà prestabilite dal donante. Hai un caso specifico? Contattaci Il quesito che viene posto però è riferito alla possibilità di chiedere la risoluzione quindi lo scioglimento della donazione modale per l'inadempimento da parte del donatario ricevitore dei beni degli obblighi imposti in sede di costituzione della donazione. Leggi pure: "La successione ereditaria della farmacia" In sintesi cosa accade se la società che ha ricevuto l'azienda – farmacia non adempie ai propri obblighi dopo la morte del donante? E' possibile risolvere la donazione modale per inadempimento? La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento La donazione della farmacia e la risoluzione per inadempimento Infatti, la donazione modale ( art. 793 cod. civ. ) non introduce elementi di corrispettività nella causa liberale del contratto, costituendo il modus solo una modalità del beneficio attribuito e, in senso proprio, una sua limitazione . In termini più precisi, è stato osservato che, sotto il profilo strutturale, il modus-onere integra un elemento accessorio della donazione volto al conseguimento di finalità diverse e ulteriori rispetto al fine liberale della donazione che non snatura la causa unitaria (liberale) della donazione e non dà vita ad un negozio autonomo con causa propria ovvero ad un negozio complesso nel quale coesistono rapporti a titolo gratuito e a titolo oneroso (cfr. Cass., 18 dicembre 1986, n. 7679; v., ancora di recente, Cass., 17 gennaio 2019, n. 1039 che, sia pur in tema di comodato gratuito, ribadisce l'inapplicabilità al modus dell'istituto della risoluzione contrattuale  in forza di clausola risolutiva espressa, "istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus""). Leggi pure:  "L'impresa familiare e la trasformazione in srl" Peraltro, in mancanza di espliciti limiti codicistici, si deve ritenere che l'onere possa avere ad oggetto sia un dare, sia un fare, sia un non fare e che possa essere posto a vantaggio non solo del donante o di terzi, ma anche dell'onerato. Pertanto, l'onere imposto dovrà presentare i requisiti che l' art. 1174 c.c.   quindi suscettibile di valutazione economica e corrispondente ad un interesse anche non patrimoniale del creditore. Deve, infatti, ritenersi che l'onere si concreta nella costituzione di un rapporto obbligatorio in senso tecnico e come tale giuridicamente coercibile con la conseguenza che il donatario è tenuto alla esecuzione della prestazione dedotta in contratto . Deve essere, inoltre, soggiunto che, nell'ambito della donazione modale, il donatario è tenuto all'adempimento dell'onere entro i limiti del valore della cosa donata perchè il modus non può impoverire in modo completo il vantaggio attribuito dalla donazione. Rapporto di valore tra donazione ricevute e valore dell'obbligo ricevuto. Infatti, in ordine al rapporto tra il valore della donazione e il valore del modus, la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nell'affermare che se il valore della donazione è inferiore a quello del modus, come si desume dall' art. 793, comma 2, c.c. , rimane comunque un atto liberale, avendo l'ordinamento solo stabilito i limiti dell'obbligo cui è tenuto il donatario affinché non venga snaturata la causa donativa e tramutata in causa di impoverimento. Se, invece, i due valori coincidano, si tratterà di un contratto a prestazioni corrispettive se non vi è un lasso apprezzabile di tempo tra le prestazioni e l'equivalenza è conosciuta dalle parti e di una donazione se l'adempimento dell'onere deve essere effettuato dopo qualche tempo, di modo che il donatario tragga vantaggio dal godimento della cosa donata in base al risultato finale ottenibile con lo sfruttamento del bene donato e il suo incremento patrimoniale una volta adempiuto l'onere. Trib. Avellino 1184/23 Leggi pure: "testamento successione e quote di legittima" La donazione modale, inoltre, si distingue per diversità della causa, della natura giuridica e degli effetti dal vitalizio oneroso che è un contratto dal quale derivano obbligazioni reciproche contrapposte tra i contraenti e legate da un nesso di interdipendenza. La donazione, infatti, a cui acceda un onere comporta l'obbligo, giuridicamente coercibile, del donatario di effettuare prestazioni periodiche in favore del donante o di un terzo per tutta la vita contemplata.   Leggi pure: "La rinuncia all'eredità ed il danno per i creditori" Quanto all'onere della prova, deve essere ricordato che la parte che agisce per la risoluzione è tenuta a dimostrare l'esistenza di un titolo e la scadenza delle obbligazioni che assume inadempiute, nonchè il fatto d'inadempimento e la sua gravità ai sensi dell' art. 1455 c.c.   incombendo, invece, sul donatario la dimostrazione che lo stesso è stato determinato da impossibilità della prestazione a lui non imputabile. Leggi pure:  "Famiglia divorzio ed eredità" Con riferimento al requisito della gravità dell'inadempimento,  infatti, secondo la giurisprudenza " In tema di donazione modale, la risoluzione per inadempimento dell'onere non può avvenire "ipso iure", senza valutazione di gravità dell'inadempimento, in forza di clausola risolutiva espressa, istituto che, essendo proprio dei contratti sinallagmatici, non può estendersi al negozio a titolo gratuito, cui pure acceda un "modus"  (cfr. Cassazione Civile, sez. II, 20 giugno 2014 n.14120). Con la sentenza in esame la Cassazione ha precisato che le norme in esame delineano "... l'istituto della clausola risolutiva espressa come proprio dei contratti sinallagmatici, per i quali soltanto la risoluzione è configurata come effetto automatico dell'inadempimento, quale che ne sia la gravità, mentre per il modus, che accede invece a un negozio a titolo gratuito, non è stabilita una analoga disciplina, sicché resta ferma la necessità che il suo inadempimento, per poter comportare la risoluzione, non abbia scarsa importanza : è significativo che l' art. 793 c.c.   consente al donante o ai suoi eredi di "domandare" la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di liberalità, con terminologia analoga a quella utilizzata per l'azione costitutiva nell' art. 1453 c.c. , senza disporre in ordine alla risoluzione stabilita dall'   come effetto "di diritto", oggetto quindi di sentenza di accoglimento di domanda di semplice accertamento..." con la conseguenza che l'indagine sull'importanza dell'inadempimento del modus non può essere omessa dal giudicante in base all'erroneo presupposto dell'applicabilità nella specie dell' art. 1456 c.c.   le cui disposizioni non si estendono all'ipotesi prevista dall' art. 793 c.c. Leggi pure:  "La successione della farmacia" Sempre in ordine al requisito dell'importanza dell'inadempimento devono essere richiamati i principi generali che impongono al giudice di tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale avuto riguardo all'operazione complessiva sulla base di un duplice criterio: quello oggettivo, volto alla verifica sul se l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile   nell'economia complessiva del rapporto. La gravità, infatti, deve essere commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva alla regolare esecuzione e non alla convenienza della domanda di risoluzione rispetto a quella di adempimento (cfr. Cass. n. 8212/2020; Cass. n. 4022/2018). Infine, anche nel caso di inadempimento parziale, il giudizio sulla non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione (cfr. Cass. n. 3742/2006). Seguici on line "Mentre l'azione di adempimento dell'onere imposto dalla donazione può essere proposta da chiunque vi abbia interesse (in quanto è la volontà del donante che viene protetta e si chiede che venga realizzata), la domanda di risoluzione per inadempimento dell'onere anzidetto può essere esclusivamente proposta dal donante o dai suoi eredi e soltanto nel caso che essa sia stata espressamente prevista dall'atto di donazione , rimanendo esclusa la legittimazione di qualsiasi altro titolare del diritto... in quanto si è inteso attribuire la valutazione dell'opportunità di richiedere la risoluzione per l'inadempimento soltanto al donante e, dopo la sua morte, ai suoi eredi, considerati come continuatori della personalità del donante e, quindi, gli unici in grado di apprezzare le ragioni dell'inadempimento con riguardo allo spirito di liberalità da cui era animato il loro dante causa"(cfr. Cass. 1036/2000). Leggi il blog e trova il tuo caso Possiamo quindi concludere affermando che la risoluzione per inadempimento dell'onere, se preveduta nell'atto di donazione, può essere domandata dal donante o dai suoi eredi e valutata dal giudice secondo i principi generali in tema di gravità. Diversamente invece sarà possibile esperire solo l'azione mentre per l'adempimento dell'onere può agire, oltre sia il donante in vita, sia qualsiasi interessato , anche durante la vita del donante stesso. Hai un quesito specifico? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Farmacie revisione o conferma della pianta organica?

    Facendo eco ad alcune richiede anche di Enti in merito alla revisione o alla conferma della pianta organica ci viene chiesto quando é necessario procedere ad una effettiva revisione piuttosto che confermare semplicemente l’assetto esistente. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Farmacie e Comune quando é necessario procedere ad una effettiva revisione della pianta organica al posto di delibere meramente confermative dell’organizzazione comunale? la domanda nasce dalle critiche potenziali a carico di delibere di revisione che altro non sono che la conferma dell’assetto territoriale esistente e della verifica della rispondenza dell cartografia alla perimetrazione lessicale del territorio. Farmacie quando i flussi quotidiani giustificano il sacrificio del perimetro In termini legislativi ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 475 del 1968: “ 1. Ogni Comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall’articolo 1. Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il Comune, sentiti l’Azienda Sanitaria e l’Ordine Provinciale dei Farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate ”, sicché risulta pacifico sulla base di tale disposizione generale che anche nelle aree scarsamente abitate deve essere garantito l’accesso al servizio sanitario , potendo quindi il Comune disporre l’apertura di farmacie in deroga al criterio demografico sopra richiamato, risultando comunque prevalente l’esigenza di garantire a tutti la fruibilità del servizio farmaceutico. (Tar Bologna 208/2025). Leggi pure: il deblistering in farmacia E con riferimento al potere dell’Ente Comunale di stabilire le sedi dove dislocare le farmacie, anche in deroga al predetto criterio demografico, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere la sussistenza di un’ampia discrezionalità amministrativa , stante la ratio  di garantire la capillarità del servizio farmaceutico, obiettivo che impone di non ritenere rigido il criterio del numero di abitanti per ciascuna farmacia , potendo quindi il Comune determinare l’ampiezza della circoscrizione di ciascuna sede valutando una vasta gamma di esigenze, come i flussi quotidiani di spostamento per motivi di lavoro, di affari, anche di chi non è residente  (vedi Consiglio di Stato, sentenze n. 1659 del 2016, n. 5312 del 2018, n. 223/2018 e TAR Bologna 208/2025). Leggi il blog in diritto farmaceutico e trova il tuo caso specifico altrimenti contattaci Quindi per arrivare alla risposta possiamo proporre condivisibile giurisprudenza secondo cui " per poter modificare la circoscrizione farmaceutica (di una o di più farmacie) è necessario che sussista l'interesse pubblico a ridefinire la zona (o più zone) afferenti alla sede farmaceutica (o alle sedi farmaceutiche) in quanto lo spostamento della popolazione ha reso non più funzionale la precedente programmazione territoriale delle farmacie. L'intervento sulla pianta organica delle farmacie presuppone sempre una "disfunzionalità" dell'attuale pianificazione tale da necessitare una ridefinizione della collocazione delle sedi farmaceutiche in linea con i dati relativi alla mutata distribuzione degli abitanti sul territorio comunale: tale disfunzionalità deve emergere dall'istruttoria eseguita dal Comune" (Consiglio di Stato, Sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5795) " (vedi Tar Palermo, sentenza n. 2916 del 2021). in altri termini tra revisione e conferma della localizzazione della sede “ per quanto riguarda la localizzazione, spetta ora al Comune stabilire le zone nelle quali collocare le nuove farmacie con un’attività che, a dire il vero, “risulta svincolata dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio e non incontra limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte,  dovendo solo assicurare un’equa distribuzione sul territorio degli esercizi” ”, (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 3410 del 2022), essendo quest’ultimo il principale criterio da utilizzare in materia (vedi Consiglio di Stato, sentenze n. 4391 del 2014, n. 618 del 2018), a tutela del diritto alla salute ex art. 32 Costituzione  (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 1976 del 2020). Segui la pagina on Line con articoli quotidiani   Ne deriva che il bacino di utenza di una sede può essere anche di dimensioni più ridotte rispetto alle altre, atteso che la finalità della nuova disciplina è come visto quella di assicurare una più capillare presenza delle farmacie sul territorio per garantire l'accessibilità del servizio anche ai cittadini residenti in aree scarsamente abitate (vedi T.A.R. Napoli, sentenza n. 5691 del 2021, T.A.R. Bologna, sentenza n. 471 del 2022). Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Diritto Farmaceutico

  • E' possibile derogare alla perimetrazione della farmacia?

    Facendo eco ad alcune richiede anche di Enti in merito alla possibilità di derogare ad una rigida perimetrazione delle sedi farmaceutiche  a vantaggio dei flussi quotidiani di spostamenti di cittadini nel Comune, riportiamo stralci di giurisprudenza utile ad individuare una soluzione al quesito. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Farmacie, é possibile giustificare una revisione di pianta organica sulla base dei flussi quotidiani di spostamento dei cittadini anche a discapito del rapporto abitanti per sede? La risposta alla luce della recente giurisprudenza appare positiva anche in vista dei limiti imposti alla verifica giurisdizionale rimessa al Tar. E' possibile derogare alla perimetrazione della farmacia? E' possibile derogare alla perimetrazione della farmacia? In termini legislativi ai sensi dell’art. 2 della Legge n. 475 del 1968: “ 1. Ogni Comune deve avere un numero di farmacie in rapporto a quanto disposto dall’articolo 1. Al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il Comune, sentiti l’Azienda Sanitaria e l’Ordine Provinciale dei Farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un’equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate ”, sicché risulta pacifico sulla base di tale disposizione generale che anche nelle aree scarsamente abitate deve essere garantito l’accesso al servizio sanitario , potendo quindi il Comune disporre l’apertura di farmacie in deroga al criterio demografico sopra richiamato, risultando comunque prevalente l’esigenza di garantire a tutti la fruibilità del servizio farmaceutico. (Tar Bologna 208/2025). Leggi pure: il deblistering in farmacia Per il caso specifico della Regione Emilia Romagna poi la la legge Regionale 2/2016 all’art. 3 stabilisce che: “ La pianta organica si forma applicando i criteri demografico, topografico, urbanistico e del decentramento delle farmacie, come previsti dalla disciplina statale ” e le stesse linee guida regionali evidenziano che ai fini della revisione della pianta organica delle farmacie “ il criterio demografico è il criterio che si applica in via ordinaria ”, potendosi quindi far riferimento a criteri derogatori in casi eccezionali, laddove il Comune ne ravvisi l’opportunità. Leggi pure: la donazione modale della farmacia e la risoluzione per inadempimento E con riferimento al potere dell’Ente Comunale di stabilire le sedi dove dislocare le farmacie, anche in deroga al predetto criterio demografico, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere la sussistenza di un’ampia discrezionalità amministrativa , stante la ratio  di garantire la capillarità del servizio farmaceutico, obiettivo che impone di non ritenere rigido il criterio del numero di abitanti per ciascuna farmacia , potendo quindi il Comune determinare l’ampiezza della circoscrizione di ciascuna sede valutando una vasta gamma di esigenze, come i flussi quotidiani di spostamento per motivi di lavoro, di affari, anche di chi non è residente  (vedi Consiglio di Stato, sentenze n. 1659 del 2016, n. 5312 del 2018, n. 223/2018 e TAR Bologna 208/2025). Leggi il blog in diritto farmaceutico e trova il tuo caso specifico altrimenti contattaci in altri termini, “ per quanto riguarda la localizzazione, spetta ora al Comune stabilire le zone nelle quali collocare le nuove farmacie con un’attività che, a dire il vero, “risulta svincolata dalla necessità di definire esattamente un territorio di astratta pertinenza di ciascun nuovo esercizio e non incontra limiti nella perimetrazione delle sedi già aperte,  dovendo solo assicurare un’equa distribuzione sul territorio degli esercizi” ”, (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 3410 del 2022), essendo quest’ultimo il principale criterio da utilizzare in materia (vedi Consiglio di Stato, sentenze n. 4391 del 2014, n. 618 del 2018), a tutela del diritto alla salute ex art. 32 Costituzione  (vedi Consiglio di Stato, sentenza n. 1976 del 2020). Segui la pagina on Line con articoli quotidiani   Ne deriva che il bacino di utenza di una sede può essere anche di dimensioni più ridotte rispetto alle altre, atteso che la finalità della nuova disciplina è come visto quella di assicurare una più capillare presenza delle farmacie sul territorio per garantire l'accessibilità del servizio anche ai cittadini residenti in aree scarsamente abitate (vedi T.A.R. Napoli, sentenza n. 5691 del 2021, T.A.R. Bologna, sentenza n. 471 del 2022). Ed il ruolo del TAR sulle revisioni della pianta organica delle farmacie? la discrezionalità esercitata in materia dal Comune risulta sindacabile dal Giudice Amministrativo solo in caso di manifesta irragionevolezza o errore di fatto (vedi Tar Bologna, sentenza n. 554 del 2018, Consiglio di Stato, sentenze n. 8759 del 2021 e n. 2652 del 2018) Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli Diritto Farmaceutico

  • Concorso in Comune la lista di collocamento ed il Giudice Ordinario

    Affrontiamo il caso della avviamento a selezione dalle liste di collocamento, ovvero la modalità di assunzione dei Comuni e altri Enti con procedure selettive richiedenti qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità. (art. 35 co. 1 lett. B d.lgs 165/2001 e legge 56/1987 art. 16). Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Sul punto si deve registrare un orientamento predominante secondo cui in caso di ricorso il Giudice competente è quello ordinario e non il Tar. Difatti, la procedura selettiva non rientra nel novero dei concorsi, in relazione ai quali, in forza dell’art. 63, comma 4 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. Invero quando il candidato partecipi ad una procedura di selezione indetta ai sensi dell’art. 16 legge 28 febbraio 1987 n. 56,, per l’avviamento degli iscritti ai centri per l’impiego simili procedure sono connotate dall’assenza di discrezionalità tecnica in capo all’amministrazione, che è unicamente « chiamata a svolgere un’attività meramente tecnico esecutiva di certazione » (cosí Cass., sez. lav., 12 maggio 2017, n. 11906). Di conseguenza, la controversia « è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, atteso che non è prevista una procedura concorsuale, ma una semplice chiamata su base numerica, secondo l’ordine delle graduatorie risultante dalle liste medesime, sicché coloro che sono utilmente collocati nella graduatoria hanno un vero e proprio diritto soggettivo all’avviamento a selezione e quindi all’assunzione » (Cass., sez. un., 9 giugno 2017, n. 14432). segui la pagina sui social con articoli quotidiani D’altro canto simili conclusioni sono pacifiche anche nella giurisprudenza del Tar Roma, non potendosi reputare sussistente la giurisdizione solo in virtú del fatto che vi è un atto promanante da un’amministrazione pubblica che determina l’esclusione: invero, secondo Tar Lazio, sez. I- quater , 15 marzo 2021, n. 3115 Leggi pure: concorso ordinario farmacie casi e questioni Concorsi in Comune la lista di collocamento ed il Giudice Ordinario Concorsi in Comune la lista di collocamento ed il Giudice Ordinario « neppure assume rilievo, ai fini del radicamento della giurisdizione presso questo giudice, il profilo della natura del provvedimento impugnato di esclusione dalla procedura, come sostenuto da parte ricorrente », atteso che « la contestazione sul possesso dei requisiti di ammissione incide, in sostanza, sul diritto soggettivo a partecipare alla procedura di assunzione, in assenza di un procedimento di tipo valutativo selettivo da parte dell’amministrazione, trattandosi l’attività di quest’ultima nel caso in questione nel compimento di una serie di atti finalizzati alla formazione di un elenco da cui discende il diritto soggettivo degli istanti, in primo luogo, ad essere collocati nella corretta posizione determinata dalla sommatoria dei punteggi relativi ai titoli dichiarati e posseduti e, in secondo luogo, all’avviamento alla selezione ai fini dell’assunzione, con conseguente cognizione della relativa controversia ricadente, in virtù dell’ordinario criterio di riparto della giurisdizione per posizioni soggettive, nella cognizione del giudice ordinario ». Leggi pure: "Concorso il rischio del ricorso collettivo" "Concorsi pubblici ed Esame da avvocato" "graduatoria come recuperare punteggi" Va anche precisato che la Corte di Cassazione in una risalente pronuncia del 2017 n. 11906 aveva già avuto modo di precisare che “in caso di avviamento alla selezione degli iscritti alle liste di collocamento e a quelle di mobilità, ex art. 16 della legge n.56 del 1987 e successive modificazioni l’assunzione da parte di ente pubblico non economico di lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto titolo di studio superiore a quello della scuola dell’obbligo è effettuata sulla base di selezioni cui gli iscritti nelle liste di collocamento e di mobilità sono avviati numericamente secondo l’ordine delle graduatorie risultante dalle liste medesime, sicché coloro che sono utilmente collocati nella graduatoria hanno un vero e proprio diritto soggettivo all’avviamento a selezione e quindi all’assunzione atteso che la legge non attribuisce all’Amministrazione una potestà discrezionale nell’accertamento dei relativi presupposti, essendo chiamata a svolgere un’attività meramente tecnico-esecutiva di certazione; Leggi pure: "il ricorso contro l'esclusione dal concorso" "concorso SNA guida al ricorso" "il dialogo competitivo con la Pubblica amministrazione" il suddetto diritto all’assunzione del lavoratore avviato ex art. 16 cit. sorge soltanto all’esito del completamento del procedimento sicché, nel caso di annullamento della procedura in sede giurisdizionale, per irregolarità commesse dalla P.A., al lavoratore compete soltanto il risarcimento del danno da c.d. perdita di “chance”; Leggi pure: "Nuovi concorsi farmacisti" "Concorso Ordinario Farmacisti casi e questioni" Annullamento del concorso Comunale e perdita di chance, quando è possibile il risarcimento? la “chance” – della cui perdita si chiede il risarcimento, sull’assunto che tale perdita sia stata cagionata da un illegittimo comportamento della P.A. – consiste nella sussistenza di elevate probabilità, prossime alla certezza, di essere chiamati e quindi di ottenere l’assunzione. Per darne prova, anche per presunzioni, assume un grande rilievo la posizione occupata dall’interessato nella lista, visto che in base agli artt. 23 del d.P.R. n. 487 del 1994 e 16 della legge n. 56 del 1987, per le qualifiche professionali ivi contemplate non è stabilita una procedura selettiva-concorsuale, ma una semplice chiamata per l’avviamento professionale dalle liste di collocamento secondo l’ordine di iscrizione nelle liste medesime. Hai un caso da affrontare? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Concorsi

  • La croce verde della farmacia e le violazioni

    Parliamo di Croce Verde della #farmacia e dei possibili profili di violazioni in tema di Croce Verde Quale ruolo ha il Comune in tema di Croce Verde? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Con riferimento al primo aspetto, l’art. 5 del d.lgs. n. 153 del 2009, prevede testualmente che «al fine di consentire ai cittadini un’immediata identificazione delle farmacie operanti nell'ambito del Servizio sanitario nazionale, l'uso della denominazione: “farmacia” e della croce di colore verde, su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo, è riservato alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere». La norma contempla, pertanto, il diritto di utilizzo della insegna in esame soltanto alle farmacie. Ne consegue che è illegittimo l’utilizzo della medesima insegna da parte delle parafarmacie. Accertata l’illegittimità dell’impiego sopra descritto, occorre stabilire se il Comune ha l’obbligo di ordinarne la rimozione. A tale proposito, deve ritenersi che l’ente comunale abbia l’obbligo di vietare tale impiego e dunque di ordinare la rimozione sia in ragione del dovere di vigilanza nella fase di attuazione dell’autorizzazione rilasciata all’esercizio della relativa attività sia in ragione del dovere di reprimere tutte le forme di abusivismo nell’utilizzo di impianti pubblicitari. Leggi pure La normativa della Croce Verde della Farmacia Ne consegue che il Comune ha il dovere di iniziare e concludere il procedimento amministrativo entro il termine previsto dalla legge. Nella specie, decorrendo il dies a quo dall’emanazione della legge che impone in maniera chiara l’obbligo di non impiegare l’insegna in esame, deve ritenersi che il termine massimo previsto dalla legge n. 241 del 1990 sia scaduto e, pertanto, l’amministrazione si trovi in una situazione di inadempimento. É possibile quindi segnalare la violazione al Comune ed all’Ordine dei Farmacisti. Ed il Comune in tema di procedimento amministrativo sarà tenuto a rispettare i termini della legge 241/1990 e sopportare le conseguenze amministrative in caso di silenzio inadempimento. Sul punto leggi pure Farmacie si può contestare il silenzio del Comune sulle istanze Occorre a questo punto stabilire se al contenuto minimo dell’accertamento giudiziale nel rito speciale avverso il silenzio, rappresentato dalla verifica circa la violazione del dovere di provvedere, possa, nella specie, seguire anche il sindacato in ordine alla fondatezza della pretesa azionata, in sintesi accertato il Silenzio del Comune, quali sono i poteri del Tar? L’art. 31, comma 2, cod. proc. amm. prevede che «il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione». La croce verde della farmacia e le violazioni Come è noto questa norma disciplina l’azione di adempimento nel processo avverso il silenzio, che consente al privato di ottenere un sentenza di condanna dell’amministrazione all’adozione del provvedimento richiesto. Cerca nel blog il tuo caso con il motore di ricerca La disposizione in esame condiziona, per evitare indebite ingerenze del giudice in valutazioni di esclusiva spettanza dell’amministrazione, il legittimo esercizio dell’azione in esame alla ricorrenza di due alternativi presupposti, costituiti dalla sussistenza di un potere vincolato ovvero di un potere che, pur essendo nel complesso discrezionale, si connoti per avere, nella specie, l’amministrazione procedente espresso il proprio giudizio valutativo residuando soltanto, in mancanza di adempimenti istruttori complessi da effettuare, lo svolgimento di attività regolamentate, in tutti i suoi aspetti, dalla legge. Hai un caso? Un dubbio ? Contattaci per una consulenza sul tuo caso Nel caso di specie non sussiste alcun dubbio in ordine al fatto che il potere comunale sia vincolato, dovendo l’amministrazione limitare il proprio accertamento alla verifica dell’impiego da parte della controinteressata dell’insegna in esame. Ne consegue che il contenuto della decisione si estende anche all’accertamento della fondatezza della pretesa azionata. Tar Catanzaro 2011 n. 900 Seguici on Line In conclusione il Tar potrà condannare il Comune a concludere il procedimento amministrativo adottando il provvedimento di rimozione della Croce verde impiegata dalla parte responsabile. Prima di chiudere segnaliamo l’orientamento di alcuni ordini professionali in tema di non conformità di croci verdi recanti banner interni con messaggi pubblicitari e ciò in quanto difformi dallo scopo di cui alla croce verde per come individuata dall’art 5 della richiamata normativa. Sul tema aspettiamo un orientamento univoco. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto farmaceutico Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia debiti pagati con mutuo solutorio

    Cosa é il mutuo solutorio? A cosa serve il mutuo solutorio ? É legittimo il meccanismo del mutuo per estinguere un debito pregresso? Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Cerchiamo di rispondere a tutte queste domande in tema di debito aziendale. Il mutuo solutorio  per pagare debiti pregressi é una operazione contabile lecita a nulla rilevando che l’imprenditore non disponga delle somme erogate, che vengono immediatamente utilizzate dalla Banca per estinguere debiti pregressi. Ma é legittima tale operazione?  Sì in quanto Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario. Il mutuo per estinguere un debito pregresso mutuo solutorio É questa la sintesi della recente pronuncia della Cassazione che ripercorrendo le argomentazioni sul mutuo di scopo ed il mutuo con valore solutorio ne ha ha sottolineato la legittimità anche ai fini delle procedure esecutive per il titolo di mutuo, vediamo il percorso giurisprudenziale. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato il cosiddetto mutuo solutorio,  (Cass 5151/2024) stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante, non è nullo, in quanto non contrario né alla legge, né all'ordine pubblico; Leggi il blog l'accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo; il perfezionamento del contratto di mutuo, infatti, con la consequenziale nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l'obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante (Cass. n. 16377 del 2023, citt.); Leggi il blog e trova il tuo caso  l’effettività della traditio - consegna  è in tal caso del resto dimostrata dal fatto che l’impiego per l'estinzione del debito già esistente produce l’effetto di purgare il patrimonio del mutuatario di una posta negativa;  il ripianamento delle passività costituisce, infatti, una delle possibili modalità di impiego  della somma mutuata  (il ricorso al credito come mezzo di ristrutturazione del debito essendo anzi previsto dall’ordinamento: artt. 182-bis e 182-quater l.f.) e dimostra che il mutuatario abbia potuto disporre della somma; Segui la pagina né un tale impiego può considerarsi di per sé illecito  in quanto lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori dal momento che, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, l'ordinamento appresta rimedi speciali e la sanzione dell'inefficacia (Cass. n. 4694 del 22/02/2021,);  il mutuo solutorio non può quindi essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendo. Come è stato efficacemente rimarcato (Cass. n. 23149 del 2022, cit.), «sostenere che il mutuo   solutorio  esuli dalla “natura tipologica” del contratto di mutuo, riducendosi ad una “partita contabile”, è affermazione che prova troppo: in epoca di moneta elettronica, infatti, qualsiasi solutio si riduce ad una " partita contabile" , come ad es., il pagamento eseguito con carta di credito, carta di debito, carta revolving o PayPal ». Farmacia debiti pagati con mutuo solutorio Farmacia debiti pagati con mutuo solutorio Il mutuo solutorio non é un mutuo di scopo.   Nel mutuo di scopo una parte si obbliga a fornire le risorse economiche necessarie per il conseguimento di una finalità legislativamente prevista (Cass. n. 943 del 2012) o convenzionalmente pattuita (Cass. n. 26770 del 2019) ad un'altra parte, la quale si impegna non solo a restituire l'importo ricevuto ma anche a svolgere le attività necessarie per il raggiungimento dello scopo, sicché l'impegno assunto dal mutuatario si inserisce nel sinallagma contrattuale assumendo rilevanza sotto il profilo causale. Leggi pure I locali distaccati della farmacia Tutto ciò non si verifica nel mutuo solutorio, nel quale l’utilizzo della somma non attiene al momento genetico del contratto di mutuo e non ne caratterizza la causa, ma, quale elemento logicamente successivo, si colloca interamente su di un piano ulteriore e distinto:  ciò -come detto- non sempre né necessariamente in senso cronologico, ma certamente in senso logico e giuridico dal momento che proprio la disponibilità giuridica delle poste attive sul conto corrente consente l’imputazione giuridica ed economica dei movimenti contabili successivi. Non è dunque possibile qualificare il mutuo solutorio come pactum de non petendo  in ragione della pretesa mancanza di un effettivo spostamento di denaro, poiché tale spostamento invece vi è ed è anzi presupposto dell’operazione cass 2025 n 5841. Mutuo solutorio e frode ai creditori Ciò, certo, non esclude che, in concreto, il c.d. mutuo solutorio possa mascherare un atto in frode ai creditori o un mezzo anomalo di pagamento. Leggi pure: Farmacia e nuovo dispensario farmaceutico Una tale finalizzazione dell’operazione rileva però sotto il profilo dell'inefficacia (revocatoria ordinaria o fallimentare), non dell'invalidità,  non verificandosi alcuna violazione di norme imperative (Cass. n. 5034 del 2022; n. 3024 del 2020; n. 4202 del 2018).  Gli atti negoziali pregiudizievoli nei confronti dei terzi (per abusiva erogazione del credito o in frode ai creditori) non sono illeciti né nulli,  ferma restando la tutela risarcitoria nei casi di colpevole concorso dell'ente mutuante nel dissesto del cliente finanziato (cfr. Cass. Sez. U. n. 33719 del 2022;). Le considerazioni sopra svolte possono riassumersi nei seguenti principi di diritto:  «Il perfezionamento del contratto di mutuo, con la conseguente nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità giuridica del mutuatario medesimo, attraverso l’accredito su conto corrente, non rilevando in contrario che le somme stesse siano immediatamente destinate a ripianare pregresse esposizioni debitorie nei confronti della banca mutuante, costituendo tale destinazione frutto di atti dispositivi comunque distinti ed estranei alla fattispecie contrattuale. Anche ove si verifichi tale destinazione, il contratto di mutuo (c.d. mutuo solutorio), in presenza dei requisiti previsti dall’art. 474 cod. proc. civ., costituisce valido titolo esecutivo». Cass 5841/2025 Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Il fallimento della Farmacia e del farmacista titolare

    Va precisato che l’attività di farmacia è oggetto di una professione liberale, e come tale può essere svolta solo da un professionista abilitato. In particolare, per esercitare l’attività di impresa di farmacia privata, il farmacista abilitato deve dotarsi di un apposito titolo concessorio emesso dalla Pubblica amministrazione sia a seguito di concorso farmacie che di normale abilitazione e successivo acquisto della farmacia. Segui la pagina sui social e rimani aggiornato Le domande che vengono poste sono le seguenti: quale è la sorte del farmacista imprenditore in caso di fallimento della parte "aziendale" ? Hai un quesito o una tematica specifica? Contattaci Vi è interferenza tra la disciplina della legge sulle farmacie e la disciplina fallimentare? L’imprenditore che eserciti, in forma individuale o societaria, attività di farmacia privata, in quanto attività imprenditoriale, consistente in gran parte nella vendita al pubblico di prodotti, medicali e non, può, secondo le regole generali, essere sottoposto a fallimento ove versi in stato di insolvenza . I due piani, dello svolgimento dell’attività imprenditoriale e della abilitazione amministrativa, sono correlati ma al contempo autonomi, nel senso che la farmacia consta di una attività imprenditoriale, che può essere svolta da imprenditore individuale o, a seguito delle modifiche normative introdotte per attuare le regole sulla concorrenza, apportate, da ultimo, dalla L. n. 124 del 2017, anche in forma societaria, ed anche da parte di società di capitali (nel qual caso si potrebbe verificare la divaricazione tra la figura del direttore responsabile, anche non socio, che deve essere un farmacista abilitato, ed i soci, che possono anche non essere farmacisti). Essa svolge al contempo un pubblico servizio. Ti può anche interessare: Società e fallimento dei soci Amministratori quando sono responsabili della gestione Il ruolo del Consiglio di Amministrazione in una Srl Il fallimento della Farmacia e del farmacista titolare Il fallimento della Farmacia e del farmacista titolare Da questa duplice natura discende che, da un lato, l’imprenditore (nel caso in esame, imprenditore individuale) in quanto tale ben può incorrere nel fallimento, e dall’altro, al contempo esistono ed operano regole (in particolare, dettate dalla L. n. 362 del 1991, recante Norme di riordino del settore farmaceutico) a totale degli utenti del servizio, che li garantiscono affinchè esso non si interrompa, essendo prevista, in tutti i casi tassativi di impedimento temporaneo, la possibilità di procedere alla nomina di un sostituto , nonchè, per le ipotesi di sospensione del farmacista dall’albo professionale, rimedi atti a garantire la prosecuzione del servizio, quali la nomina di un commissario. segui la pagina su facebook Quindi la declaratoria di fallimento del farmacista quale imprenditore, individuale o in forma societaria che sia, è giudizio autonomo e distinto rispetto alle sorti della concessione amministrativa all’esercizio dell’attività farmaceutica, che potrebbe essere autonomamente revocata per vicende non pertinenti al fallimento. Leggi il blog in diritto di impresa Il fallimento della Farmacia e del farmacista titolare : Conclusivamente va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario per la questione fallimentare e l'assogettabilità del farmacista imprenditore alle norme concorsuali. Sul punto Cass. 11292/2021. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

Disclaimer: 

gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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