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  • Il contratto di ormeggio, tra contenuto minimo ed essenziale.

    Il contratto d’ormeggio rientra nei contratti atipico ma con una base tipizzazione secondo cui si sostanzia in un accordo per la messa a disposizione e l’utilizzazione di strutture portuali ma può ben includere anche altre prestazioni accessorie quali la custodia del natante e/o delle cose in esso custodite. Eventuali ulteriori elementi renderanno necessaria la prova da parte di chi voglia farli valere. Video Il contratto di ormeggio, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale (in mancanza della quale non può dirsi realizzata la detta convenzione negoziale), consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali con conseguente assegnazione di un delimitato e protetto spazio acqueo. Peraltro, il suo contenuto può del tutto legittimamente estendersi anche ad altre prestazioni, quali la custodia del natante e/o quella delle cose in esso contenute, restando a carico di chi fonda un determinato diritto (o la responsabilità dell’altro contraente sulla struttura del contratto) fornire la prova dell’oggetto e del contenuto. Il relativo accertamento si esaurisce in un giudizio di merito che, adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità. Home Concludiamo la disamina evidenziando che manca nel nostro ordinamento una norma primaria che autorizzi l'obbligatorietà del servizio di ormeggio e nè il Ministro dei Trasporti e della Navigazione nell'esercizio dei suoi poteri di vigilanza e controllo o di intervento diretto in materia tariffaria ed altro, nè l'Autorità marittima, nè l'Autorità portuale possono introdurre con atto amministrativo alcuna riserva od esclusiva di fatto o di diritto in materia di ormeggio. Legale Oggi

  • Banca: Il conto corrente ed il valore del piano di rientro.

    I contratti bancari devono essere redatti per iscritto, come previsto dall'art. 117 del Testo Unico #Bancario, a pena di nullità. Tale prescrizione comporta che le eventuali prescrizioni tra #Banca e Cliente, ove non abbiano una base scritta non potranno costituire autonoma fonte di obbligazioni, e cio' nemmeno nell'ipotesi in cui vi sia stato un piano di rientro, il quale avrà quindi un valore meramente ricognitivo, e non novativo di nuovi obblighi, né comporterà preclusioni inerenti i rapporti in essere. Questo il principio che si ricava nella recente giurisprudenza della Suprema Corte in tema di conto corrente bancario. Seguici sui Social Infatti secondo la giurisprudenza della Cassazione in tema di conto #corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del #debito, non ne determina l'estinzione, nè lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicchè resta valida ed efficace la successiva contestazione della #nullità delle clausole negoziali preesistenti (Cass. 19 settembre 2014, n. 19792). Consistendo in una dichiarazione unilaterale recettizia che non integra una fonte autonoma di obbligazione, avendo piuttosto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, la ricognizione di debito non può poi supplire alla mancata documentazione della pattuizione, soggetta alla forma scritta ad substantiam, da cui tragga origine il detto rapporto. Il principio è stato affermato in più occasioni con riguardo al tema degli #interessi ultralegali: si è detto, al riguardo, che per la costituzione dell'obbligo di pagare interessi in misura superiore a quella legale è necessaria la forma scritta ad substantiam e che perciò è a tal fine inidonea una ricognizione del debito, atto successivo alla costituzione di detto obbligo (Cass. 20 ottobre 2003, n. 15643; Cass. 14 gennaio 1997, n. 280; Cass. 16 marzo 1987, n. 2690). Home Alla stessa conclusione deve pervenirsi con riguardo alle altre pattuizioni, regolanti le condizioni praticate al cliente, contenute nei #contratti bancari: i quali, a norma dell'art. 117 t.u.b., devono essere redatti per iscritto (comma 1), a pena di nullità (comma 3). Legale Oggi

  • Società a Responsabilità Limitata e pagamento della quota al Socio receduto, quale termine?

    La vicenda ricade nel disposto dell'art. 2289 c.c. secondo cui il pagamento della quota spettante al #socio che ha effettuato il recesso deve essere fatto entro sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto nella #srl Ma che valore ha tale #termine? Tale termine deve intendersi a beneficio del debitore ovvero della società tenuta al pagamento, infatti il fatto che la società sia tenuta ad adempiere entro sei mesi dalla data indicata implica che essa abbia la facoltà di eseguire la prestazione fino alla scadenza del termine e che il socio non possa pretendere il pagamento prima di allora; e infatti la #Cassazione ha avuto modo di precisare che per la prestazione in questione il debitore è costituito in mora alla data della scadenza del termine entro il quale ne è imposto l'adempimento, ai sensi dell'ultimo comma cit. art. 2289 c.c., e cioè entro sei mesi dal giorno in cui si é verificato lo scioglimento del rapporto di società (Cass. 17 maggio 1974, n. 1427): Ciò sull'evidente presupposto che l'obbligazione divenga esigibile al decorso del semestre e che il diritto di credito del #socio receduto maturi alla scadenza del semestre è affermato, del resto anche da Cass. 27 aprile 2011, n. 9397. Home Ora, la prescrizione inizia il suo corso da quando la prestazione dovuta al creditore è esigibile e ciò, nel senso che, ove il termine per l'adempimento sia a favore del debitore, la prescrizione estintiva del diritto di credito comincia a decorrere solo dopo la scadenza del termine, in quanto, precedentemente, il #creditore non può esigere la prestazione dovuta. Da quanto sopra ne deriva che : "In tema di liquidazione della quota del socio uscente, l'art. 2289 c.c. prevede, a beneficio del debitore, che il pagamento sia esigibile dal socio creditore decorsi sei mesi dal giorno in cui si verifica lo scioglimento del rapporto; pertanto la prescrizione del relativo diritto di credito inizia a decorrere dalla scadenza di detto termine semestrale." Legale Oggi

  • Si può sospendere l'approvazione di un Bilancio nella Srl?

    Per rispondere alla domanda è opportuna una premessa. L’approvazione del Bilancio spetta all’assemblea dei soci nelle Società a responsabilità limitata (Srl). Tuttavia, tale approvazione non può avvenire liberamente. La normativa, infatti prevede un preciso iter di formazione e approvazione del bilancio annuale. Tale procedura può essere così schematizzata: Redazione di un progetto di bilancio da parte dell’organo amministrativo; Presentazione del bilancio agli organi preposti al controllo; Deposito del bilancio presso la sede sociale; Approvazione del bilancio da parte dell’assemblea dei soci; Deposito del bilancio presso il Registro Imprese. E bene le deliberazioni sociali dell'assemblea, così' come la deliberazione di approvazione del bilancio nella Srl così come nella Spa, sono soggette alla procedura "cautelare" che prevede per l'appunto la sospensione dell'efficacia. Infatti gioca ricordare che nel procedimento cautelare volto ad ottenere la sospensione dell’esecuzione delle delibere assembleari, il termine “esecuzione” a cui fa riferimento l’art. 2378 comma III c.c. in materia di S.p.A. – applicabile anche alle S.r.l. in forza del richiamo contenuto nell’art. 2479ter comma IV c.c. – non si rivolge soltanto ad una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, ma ad una più ampia condizione di efficacia della deliberazione, rispetto alla quale l’esecuzione è un momento puramente eventuale, atteso che una diversa interpretazione finirebbe per restringere immotivatamente l’ambito della tutela cautelare. Ne consegue che pure le delibere tecnicamente prive di esecuzione aventi mera efficacia dichiarativa, cioè idonee a produrre effetti giuridici anche in assenza di una specifica attività esecutiva, quali sono quelle di approvazione del bilancio, possono essere sospese ai sensi dell’art. 2378 comma III c.c. (cfr. Trib. Palermo, 12.3.2018; Trib. Milano, 31.5.2017; Trib. Torino, 15.11.2013). Invero l’ammissibilità della tutela cautelare anche in tema di impugnazione di delibere di approvazione di bilancio è ricavabile dal riferimento testuale all'efficacia della deliberazione assembleare, operato dall’art. 35, comma V, d.lgs. n. 5 del 2003, sui poteri cautelari degli arbitri in materia di delibere. Un analogo potere in punto di sospensione degli effetti delle delibere deve riconoscersi anche nell’ambito della giurisdizione ordinaria, pena la violazione del principio costituzionale di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost. Da ciò discende che ogni volta che una decisione dei soci sia produttiva, nell’assetto organizzativo della società, di effetti perduranti nel tempo, non può astrattamente negarsi al socio che ne lamenti la contrarietà a legge o a statuto, sussistendone tutti gli altri presupposti di legge, il potere non solo di eliminarla dall’ordinamento, ma di neutralizzarne gli effetti in corso di causa (cfr. Trib. Milano, 31.5.2017). Sul punto è opportuno segnalare la sussistenza di una tesi opposta da parte della giurisprudenza recente del Tribunale di Roma - sezione imprese, stante, ad avviso di siffatta corrente, di una natura "meramente dichiarativa" della delibera di approvazione del bilancio. Trib. Roma 12.05.2015. In punto di diritto, giova rammentare che l’art. 2377, comma VIII c.c. enuncia un principio generale che consente di sostituire la delibera annullabile o nulla, prevedendo un effetto di sanatoria ex tunc (c.d. rinnovazione sanante), idoneo a far salve le situazioni di fatto e i diritti acquisiti medio tempore in forza della delibera sostituita, a condizione che la delibera sostitutiva risulti conforme alla legge e allo statuto (cfr. Trib. Milano, Sez. XV, 02.07.2019, n. 6430; Trib. Roma, Sez. III, 28.11.2017, n. 22268). Ammessa quindi l'impugnabilità e quindi la sospendibilità, occorre precisare che la norma invocata (art. 2378 cc) richiede la valutazione della sussistenza di un nesso causale fra l’esecuzione (ovvero la protrazione dell’efficacia) della deliberazione impugnata ed il pregiudizio temuto e implica l’apprezzamento comparativo della gravità delle conseguenze derivanti, sia al socio impugnante sia alla società, dalla esecuzione e dalla successiva rimozione della deliberazione impugnata. Così, il provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia della delibera potrà essere concesso soltanto ove si ritenga prevalente, rispetto al corrispondente pregiudizio che potrebbe derivare alla società per l’arresto subito alla sua azione, il pregiudizio lamentato dal socio (cfr. Trib. Roma, Sez. XVI, 22.04.2018; Trib. Bologna, 22.05.2017; Trib. Firenze, 23.02.2017; Trib. Napoli, 24.02.2016). Torna alla Home Legale Oggi

  • Il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio.

    Oggi sussiste piena parità tra figli legittimi e figli nati fuori dal matrimonio, chiamati impropriamente "illegittimi". Il punto di partenza legale è presente nella carta costituzionale, che nell'art. 30 testualmente: "La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima". Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, alla nascita, oppure in epoca successiva, con dichiarazione davanti ad un ufficiale di stato civile, ma è sufficiente anche una forma meno solenne contenuta in un testamento o in un atto pubblico. Legittimati a riconoscere il figlio sono il padre dalla madre, anche se già uniti in matrimonio con altra persona all'epoca del concepimento, Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente. Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso, e cio' al fine di tutelare la volontà del ragazzo che ha già maturato una propria identità, mentre il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento. Attenzione che il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, può ricorrere al giudice competente il quale deciderà con sentenza che terrà luogo del consenso mancante; se invece viene proposta opposizione dal genitore dissenziente , il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore, oltre che al suo cognome, ed ai diritti ad egli spettanti ex lege, come ad esempio il diritto ad essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, oltre che mantenere rapporti significativi con i parenti. Seguici Sui Social E' solo il caso di evidenziare che il codice prescrive espressamente che il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano e che l'educazione impartita dai genitori dovrà tener conto del rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio. Home Legale Oggi

  • La cartella di pagamento: Il concessionario deve averne una copia per l'esecuzione.

    La mancata copia della cartella esattoriale da parte del concessionario puo' portare all'arresto della procedura di esecuzione ove lo stesso non sia in grado di estrarne una nuova copia per l'avvio della procedura. Questo è quanto si deduce dalla recente giurisprudenza che ha parificato la cartella esattoriale al titolo ed al precetto, atti propedeutici per l'avvio dell'esecuzione forzata. Infatti: "Il concessionario, ai sensi dell’art. 26, comma 5, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ha l’obbligo di conservare la copia della cartella di pagamento, anche quando esso si sia avvalso delle modalità semplificate di diretta notificazione della stessa a mezzo di raccomandata postale. ed ancora "Qualora il contribuente richieda la copia della cartella di pagamento, e questa non sia concretamente disponibile, il concessionario non si libera dell’obbligo di ostensione attraverso il rilascio del mero estratto di ruolo, ma deve rilasciare una attestazione che dia atto dell’inesistenza della cartella, avendo cura di spiegarne le ragioni (CdS AP 4/22 del 14.03.22. " ​​​​​​ Ha precisato il Consiglio di Stato che la cartella ha, invero, una funzione composita che si riflette inevitabilmente sulla sua natura giuridica: a) da una parte è lo strumento che nel procedimento di esecuzione esattoriale serve a portare a conoscenza del contribuente, mediante notifica, l’esistenza del titolo esecutivo b) dall’altro la cartella di pagamento incorpora anche il contenuto del “precetto” (tipico dell’esecuzione civile), in quanto “la cartella di pagamento contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata”, nonché “l'indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo” (comma 2 bis dell’art. 25 cit.). Essa riporta inoltre le “avvertenze concernenti le modalità e i termini di impugnazione” (art. 6, comma 2, d.m. n. 321 del 1999 cit.); c) in alcuni peculiari e tassativi casi, inoltre, la cartella di pagamento può addirittura rivestire funzione impositiva in senso sostanziale, in tutto assimilabile ad un atto di accertamento (si pensi a titolo di esempio, alla cartella di pagamento emessa nell’ambito della procedura di controllo automatizzato delle dichiarazioni reddituali, ai sensi dell’art. 36 bis, d.P.R. n. 600 del 1973). Insomma è parificabile al come rilevato dalle Sezioni Unite, in generale e salvo casi specifici, “la notifica della cartella assolve uno actu le funzioni che nella espropriazione forzata codicistica sono svolte dalla notificazione del titolo esecutivo ex art. 479 c.p.c. e dalla notificazione del precetto” (Cass., sez.un., 14 aprile 2020, n. 7822). La modalità alternativa di conservazione dell’atto si è concentrata, dunque, di fatto, su una sola modalità: l’effettuazione della copia della cartella. In caso di indisponibilità della copia della cartella suscettibile di ostensione il concessionario dovrà rilasciare specifica attestazione della mancata detenzione della cartella, avendo cura di specificarne le cause, essendo evidente che l’obbligo di concreta ostensione incontra il limite della oggettiva possibilità. #agenziariscossione #esecuzione #cartella Legale Oggi a cura dello Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Dispensario Farmaceutico: a chi tocca gestirlo?

    #dispensario #farmaceutico #gestione #apertura #chiusura #farmacia Cerchiamo di fare il punto sul dispensario farmaceutico, oggi che a distanza di 10 anni dall'avvio del Concorso Straordinario, il numero di farmacie titolari si è esponenzialmente innalzato e quindi la sorte dei dispensari farmaceutici diventa sempre più precaria, sebbene gli stessi soggiacciono a logiche differenti da quelle delle Farmacie. Proveremo a rispondere ad alcune domande, visto che l'istituzione dei dispensari farmaceutici non è passata di moda ove sussistano oggettivi requisiti che altro non sono se non la traduzione pratica della difficoltà di accesso al sistema farmaceutico, problema questo irrisolto in alcune aree del nostro paese. In un altro contributo invece affronteremo il problema opposto, ovvero cosa accade ai dispensari delle aree che da sprovviste diventano invece coperte delle nuove sedi farmaceutiche. Per quel che qui rileva, laddove in un Comune con popolazione non superiore a 5.000 abitanti non risulti aperta “la farmacia privata o pubblica prevista dalla pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici” (art. 1, comma 2 L. n. 221/1968). Il seguente art. 1, comma 3 della L. n. 221/1968 prevede che “la gestione dei dispensari, disciplinata mediante provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia più vicina. Nel caso di rinunzia il dispensario è gestito dal comune”; Va subito precisato che in presenza dei requisiti richiamati “le Regioni sono vincolate ad aprire dispensari, al fine di garantire l'effettiva copertura dell'intero territorio comunale” (Cons. Stato, Sez. III, 27.02.2018, n. 1205). Quindi emerge chiaramente come non sia necessario un prodromico atto istitutivo del dispensario farmaceutico, sicché l’amministrazione regionale procede unicamente e direttamente all’apertura del dispensario, ove non vi sia la relativa farmacia. Neppure è necessario che la Regione disciplini a monte regole procedimentali relative ad un confronto competitivo tra i farmacisti interessati alla gestione temporanea del dispensario istituito. Ciò è infatti chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato che l’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico (non stagionale) non è l’esito di una procedura ad evidenza pubblica, dovendo essere esclusa l'applicazione del metodo concorsuale, essendo i principi di imparzialità e non discriminazione rispettati a monte, posto che il dispensario costituisce un servizio aggiuntivo, estensivo dell'attività di altra farmacia posta in prossimità, e quindi non assimilabile all'ordinario servizio farmaceutico, in quanto privo di circoscrizione e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, Sez. III, 27 giugno 2018, n. 3958). Ne consegue che alcun procedimento competitivo partecipativo che coinvolga i titolari delle farmacie della zona deve essere disciplinato dalla Regione, né ci si può dolere del mancato rispetto dei principi partecipativi in quanto il dispensario esula dalla procedura concorsuale dell'art. 4 della legge 362/1991 vertendo nel'alveo della attività vincolata della Regione ove sussistano i requisiti. Nè è possibile richiamare contenuti tipici della concorrenza tra farmacie, il criterio principe per la gestione del dispensario è quello della accessibilità e vicinanza con la farmacia titolare piu' prossima. Anche il concetto di vicinanza deve essere però precisato infatti, oltre alla vicinanza è necessario anche il rispetto della migliore condizione di accessibilità del dispensario da parte del farmacista in rapporto al luogo nel quale questi svolge l'attività principale, che si riflette sull'efficienza, continuità, possibilità di assidua presenza per l'organizzazione e l'esercizio di compiti aggiuntivi a quelli ordinari. (cfr. sul punto Cons. Stato, sez. III, 9 giugno 2014, n. 2906 ancora Cons. Stato, Sez. III, 7 novembre 2019, n. 7620). Ma come dimostrare tali elementi? Per la Giustizia Amministrativa anche tramite Google Maps! Avv. Aldo Lucarelli

  • Fallimento Società a Responsabilità Limita, attenzione ai piccoli debiti.

    La società che non versa gli stipendi regolarmente ai proprio dipendenti è soggetta la fallimento, così' come il mancato pagamento anche di "piccoli" debiti può essere sintomo di insolvenza, ed esporre quindi la società alla procedura fallimentare. Sottovalutare situazioni debitorie ricorrenti e costanti, ancor più se documentate nelle scritture contabili può essere un chiaro segnale di insolvenza cronica e condurre alla procedura fallimentare. Questa la sintesi a cui si giunge dopo un'analisi della recente giurisprudenza del 2022. Gli stipendi dei dipendenti sono una partita di debito ricorrente, il mancato rispetto della scadenza, sia essa anche una sola ma rilevante, connota infatti un palese stato di "insolvenza", così come il mancato pagamento di un debito apparentemente piccolo può essere sintomo di "insolvenza". Il Tribunale Fallimentare infatti non é tenuto a valutare elementi esterni alla società o contro crediti per evitare la procedura fallimentare, quello che viene analizzata é invece il grado di solvibilità per la regolarità dei pagamenti. Un contro credito non salva dal fallimento. Infatti, la situazione di insolvenza connota uno stato di salute dell’impresa meno grave del vero e proprio deficit patrimoniale, ben potendo essere possibile che anche in caso di patrimonio netto negativo la società possa adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni (ad esempio, grazie alle disponibilità creditizie di cui gode) e che, d’altra parte, un imprenditore può essere insolvente anche quando l’attivo prevalga sul passivo (come avviene tipicamente nell’ipotesi in cui le poste attive siano difficilmente liquidabili nel breve periodo, a fronte di debiti pur di minore entità, ma immediatamente esigibili). In tale contesto assume rilevanza decisiva la circostanza prevista dalla disciplina legislativa relativa alla “regolarità” nell’adempimento, che fa passare in secondo piano anche il dato dell’eventuale superiorità in dati numerici dell’attivo rispetto al passivo. Presupposto oggettivo del fallimento è, quindi, una generale situazione di difficoltà economica riguardante l’impresa, che genera l’impossibilità di far fronte regolarmente, quindi con modalità e tempi fisiologici, alle obbligazioni assunte, indipendentemente dai motivi che l’hanno generata. Tale situazione non deve essere momentanea e transitoria, ma deve consistere in una condizione ormai patologica dell’impresa, tale da non consentirle di onorare le obbligazioni assunte con mezzi ordinari.. con la conseguenza che l’insolvenza dell’imprenditore, ai fini del fallimento, si presenta quando si versa in una situazione di crisi finanziaria, indipendentemente dalla consistenza del patrimonio dell’imprenditore medesimo, posto che il dato preminente è costituito dal fatto che l’imprenditore non sia più in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni senza che possa rilevare la circostanza che il patrimonio sia superiore alla esposizione debitoria, in quanto il patrimonio potrebbe essere altrimenti impegnato o non facilmente liquidabile. Sul punto si veda la ricostruzione della Corte di Cassazione, tra le varie, la n. 6914/2015. Qualora quindi l'imprenditore voglia contrastare la domanda di fallimento, dovrà dimostrare l’insussistenza del suo stato di insolvenza, senza prospettare in termini ipotetici e futuri situazioni economiche prive, però, di obiettivi riscontri che dovrebbero essere funzionali ad una ristrutturazione del suo debito, magari relativi ad ipotetici incassi futuri. Quindi a fronte di un debito consistente nei confronti dei propri lavoratori, e/o di piccoli creditori, l'imprenditore sarà comunque esposto alla procedura fallimentare, ove non dimostri che la propria situazione di crisi sia reversibile e temporanea, e quindi non versi in un conclamato stato di insolvenza. Diversamente il debito rappresentato dal creditore procedente dimostrerà inequivocabilmente l’incapacità dell'impresa di far fronte regolarmente alle proprie obbligazioni e pertanto la sussistenza dei requisiti per il fallimento. Ad avviso di chi scrive quindi l'assistenza legale dovrà focalizzarsi sulla fase PRE-Fallimentare, volta a verificare che l'impresa sia in grado di poter far fronte alle proprie passività, anche con il ricorso a meccanismi di indebitamento sostenibile. Per evitare quindi di incorrere nella procedura fallimentare è necessario non sottovalutare i piccoli debiti, e focalizzare l'attenzione sul requisito della "regolarità" e "sostenibilità" del proprio business, con l'ausilio di consulenti specializzati. Legale Oggi - Impresa a cura dello Studio Legale Angelini Lucarelli. #fallimento #società #srl #impresa #imprenditore #procedura

  • Appalti: esclusione dalla gara, cosa posso fare?

    Oggi trattiamo di un argomento molto "caldo", l'esclusione dalle comparazioni delle offerte nelle procedure avviate sotto soglia previste dall'art. 36 del codice degli appalti ed il caso delle procedure negoziate oggi particolarmente di successo, ma non prive di insidie. La normativa post Covid ha reso assai appetibili dette procedure negoziate, che sebbene abbiano la struttura di un invito a negoziare, sembrano maggiormente vicine ad una semplice comparazione delle offerte, lato tecnico e lato economico, con punteggi che variano in base alle strutture, il tutto sempre senza bando ma sulla base di una lettera di invito (art. 63) In particolare il decreto semplificazioni ha prorogato sino al 30 giugno 2023 la deroga all'art. 36 c.a. e quindi ha fissato la soglia di € 139.000 (soglia comunitaria) per l'affidamento diretto di servizi e forniture, e la procedura negoziata senza bando con invito di 5 operatori al di sopra di detta soglia. Invece è previsto il tetto di € 150.000 per l'affidamento diretto di lavori, e la procedura negoziata al di sopra dei 150 e sino a 1 mln, e poi idem, ma con invito di 10 operatori per i lavori oltre la soglia del 1 mln. Quello che qui interessa è l'applicazione ai contratti sotto soglia dei criteri di aggiudicazione e degli sbarramenti immessi nella procedura negoziata prevista dall'art. 63 senza bando ma con delibera della stazione a contrarre - ove sono indicate le motivazioni della scelta di tale procedura - e successiva lettera di invito ove è individuato il criterio di aggiudicazione, i requisiti, le regole, il servizio. E' solo il caso di evidenziare che le stazioni appaltanti, nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, procedono all’aggiudicazione degli appalti e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita. Quindi, con una lettera nella quale sono indicati gli elementi essenziali della prestazione richiesta, la stazione appaltante invita gli operatori economici selezionati a presentare offerte che saranno oggetto della negoziazione. Oggi a seguito del decreto Sblocca Cantieri le due modalità Minor Prezzo/Offerta Economicamente piu' vantaggiosa sono state equiparate. La modalità "minor prezzo" tuttavia presuppone l'individuazione del prezzo "anormalmente basso", con la presenza di una soglia chiamata denominata di anomalia. Mentre l'offerta economicamente piu' vantaggiosa tiene conto non solo del valore economico, (prezzo) ma di altri elementi e confronta prezzi e costi delle offerte con riguardo al miglior rapporto costo/efficacia in relazione al ciclo di vita del prodotto, servizio o lavoro. I costi del ciclo di vita comprendono tutti i costi legati al ciclo di vita di un prodotto, di un servizio o di un lavoro, sostenuti dall'amministrazione, dagli utenti, oppure dovuti a fattori esterni. E' il caso dell'usura dei mezzi nel caso di un servizio di scuola bus, o del servizio sostitutivo caso neve, o altre vicende legate al servizio. Quindi la stazione appaltante dovrà fornire i dati ed il metodo di calcolo che utilizzerà nella attribuzione di un determinato punteggio. L’offerta che presenterà il prezzo o il costo più vantaggioso in rapporto al criterio di comparazione costo/efficacia quale costo del ciclo di vita si aggiudica la gara. Il punto è, ma l'offerta economicamente piu' vantaggiosa puo' essere esclusa se non è sufficiente la parte tecnica? Immaginiamo che la gara preveda il criterio dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa in relazione alla fornitura di un servizio come lo Scuola Bus per una stazione appaltante come un Comune. La manutenzione degli Autobus, gli oneri per la sicurezza, i protocolli anti covid costituiranno elementi esterni, che andranno ad incidere sull'offerta economicamente piu' vantaggiosa prima che venga valutata la parte economica. Ecco quindi che il criterio dell'offerta "economicamente piu' vantaggiosa" comprende delle insidie non sempre facilmente individuabili a primo impatto. Vince chi offre il minor costo? No, vincerà chi offrirà il miglior rapporto tra minor costo/adeguatezza del servizio, secondo i criteri determinati dalla stazione appaltate. Ecco quindi che bisogna verificare - prima di avviare la partecipazione ad un procedura negoziata - che il criterio utilizzato, ovvero il metro della offerta piu' vantaggiosa, abbia la clausola di sbarramento che non consente di valutare complessivamente l'offerta in sé ma sia suddivisa a fasi, in modo che una offerta tecnica ritenuta insufficiente non consenta nemmeno di valutare l'offerta economica. Solo quindi previa analisi della soglia di sbarramento si potrà valutare l'offerta economica, e quindi il punteggio nel suo complesso, altrimenti l'esclusione "preliminare" non renderà possibile la valutazione complessiva della proposta. Prima di chiudere quindi consigliamo di - valutare la presenza di soglie di sbarramento tecniche presenti nella procedura negoziata; - valutare con un esperto la delibera a contrarre e la lettera di invito, e verificare quali siano i criteri applicati. - procedere sempre ad effettuare l'accesso agli atti di gara post gara, con la richiesta dei verbali di valutazione affinché si possa avere la contro-prova dell'offerta tecnica e dell'offerta economica, e/o sia necessario individuare la soglia di anomalia del minor prezzo. Home Avv. Aldo Lucarelli #appalti #procedura #appalto normativa di riferimento: articoli 36-63-95 D.Lgs 50/2016.

  • Super Società ed Holding, non sono due facce di uno stesso fenomeno.

    Affrontiamo un tema caldo, quello della Super Società e quello della Holding per ciò che attiene al profilo fallimentare ed in particolare all'estensione del fallimento. Anticipiamo subito la conclusione a cui siamo pervenuti, l'estensione del fallimento è ipotizzabile per la super società ma non per la holding. Infatti il fallimento in estensione è quel meccanismo attraverso cui su istanza del creditore e/o del curatore puo' essere dichiarato il fallimento di altri soggetti collegati alla società fallita, di cui però è necessario provare lo stato di insolvenza. Il fallimento della società produce anche il fallimento dei soci pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili facenti parte della compagine, e se uscita dalla società, comunque entro l'anno dall'eventuale scioglimento del rapporto societario. Particolarmente importante è la previsione di legge secondo cui se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi, ed allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile. In tali casi quindi si parla di estensione del fallimento, anche in ipotesi in cui non vi è una chiaro collegamento formale, ma è sufficiente che "risulti" che l'impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile. L’assenza di atti giuridici che palesino in maniera concreta l’esistenza della super-società ha imposto la creazione di indici di esteriorizzazione della società occulta, che sono a titolo esemplificativo: a. Sostegno finanziario; b. Spendita del nome; c. Comunanza di mezzi, poteri amministrativi e rischio d’impresa; d. Detenzione delle quote societarie o delle partecipazioni; e. Coincidenza delle attività svolte dalle società; f. Svolgimento dell’attività in locali anche solo parzialmente coincidenti; g. Esistenza di operazioni tra le società da cui derivi un ricavo. Nella sostanza ciò vuoi dire che la norma citata trova applicazione non solo quando, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulti che l'impresa è, in realtà, riferibile a una società di fatto tra il fallito e uno o più soci occulti, ma anche, in virtù di sua interpretazione estensiva, quando il socio già fallito sia una società, anche di capitali, che partecipi, con altre società o persone fisiche, a una società di persone (cd. supersocietà di fatto). Ma attenzione. E' pacifico nella giurisprudenza della corte di Cassazione che la sussistenza di un tale fenomeno della "super società di fatto" postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che deve essere conforme, e non contrario, all'interesse dei soci, dovendosi ritenere invece che la circostanza che le singole società facenti teoricamente parte della super società di fatto, perseguano, l'interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all'esistenza della super società di fatto. Simile circostanza - si dice - può semmai costituire indice di esistenza di una "holding" di fatto nei cui confronti il curatore può agire in responsabilità (art. 2497 cod. civ.); la quale "holding" di fatto può essere dichiarata autonomamente fallita, ove ne sia accertata l'insolvenza a richiesta di uno dei soggetti legittimati. Ecco quindi che per trarre le fila del discorso, si potrà utilizzare la modalità in estensione del fallimento nella super società di fatto ove venga fornita la prova della esistenza anche occulta di tale società e dell'insolvenza, mentre invece si tratterà come una holding di fatto, con la propria disciplina ove invece le singole società facenti parte della holding rispondano a principi interni senza un comune interesse dei soci. Il problema della holding postula non la prova dei rapporti di colleganza tra società, bensì il rispetto dei principi di corretta gestione societaria dell'art. 2497 c.c. e di un autonoma eventuale procedura fallimentare. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Appalti: la gara telematica non viola il principio di trasparenza.

    Dopo l'arrivo del Covid tutto é cambiato, dagli appuntamenti alle lezioni on line fino alla gara telematica, Ma l'uso della tecnologia a distanza viola il principio di trasparenza per l'apertura delle offerte tecniche in una gara pubblica per un appalto? Sussiste l'assenza di pubblicità e trasparenza? Secondo la recente giurisprudenza in tema di Codice degli Appalti, art 58, la risposta é negativa. Infatti la modalità telematica di svolgimento della gara, con caricamento della documentazione su piattaforma informatica messa a disposizione dei concorrenti, consente di tracciare in maniera incontrovertibile i flussi di dati tra i singoli operatori partecipanti, garantendo un’immediata e diretta verifica della data di confezionamento dei documenti trasmessi, della loro acquisizione e di ogni eventuale tentativo di modifica. Siffatta modalità di espletamento della procedura di gara è stata ritenuta dalla stessa giurisprudenza idonea a garantire la trasparenza, anche in assenza di seduta pubblica, anche per l’apertura delle offerte tecniche (e di quelle offerte economiche), per la maggiore sicurezza quanto alla conservazione dell’integrità degli atti che offre” home Se la risposta sembra chiara, ad avviso di chi scrive il punto debole del ragionamento sta nella previsione della gara telematica nel senso che detta modalità dovrà avere adeguata pubblicità preventiva in modo che il partecipante sia messo in condizione di sapere sin dall'inizio sia le modalità di apertura delle offerte che le effettiva modalità di controllo dei propri diritti di verifica e di partecipazione. Per concludere se sembra logico oggi concedere spazio alla tecnologia é necessario che la lettera di invito o il bando di gara esplichino in quale modo é possibile per l'utente verificare a posteriori la regolarità delle aperture e dello svolgimento, mediante l'accesso agli atti anche dei registri delle gara telematica. Hai un quesito sul tema? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli

  • L'impresa familiare, una impresa autonoma che fa risaltare il valore della famiglia e del convivente

    L'impresa familiare è una ditta individuale in cui i familiari dell’imprenditore collaborano nello svolgimento dell’attività aziendale. Non si instaura un rapporto di lavoro subordinato con i propri familiari né nasce una società di fatto ma è una categoria a sé, sempre nell'alveo dell'impresa individuale, disciplinata dal codice civile e dal testo unico sulle imposte dirette, al fine di dare valore all'impresa sviluppatasi in seno alla famiglia ed evitare che si dia luogo a lavoro gratuito ed in nero da parte dei componenti della stessa. Vediamone quindi le caratteristiche Attività lavorativa prestata in modo continuativo dal familiare e conseguente diritto al mantenimento ed agli utili. Salvo che sia configurabile un diverso rapporto il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato. Assunzione decisioni secondo principio maggioritario. Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli incrementi nonché quelle inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari che partecipano all'impresa stessa. I familiari partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacità di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la potestà su di essi. Parificazione del lavoro di tutti i lavoratori. Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo. Chi sono i componenti dell'impresa familiare? Si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado; gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Trasferibilità della partecipazione dell'impresa familiare. Il diritto di partecipazione intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore di familiari indicati nel comma precedente col consenso di tutti i partecipi. Esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice. La quota di partecipazione agli utili e agli incrementi del familiare va determinata, sulla base della quantità e qualità del lavoro svolto dal predetto, e non della sua effettiva incidenza causale sul loro conseguimento, in relazione al valore complessivo dell'impresa che si connota come entità dinamica soggetta a variazioni in funzione dell'andamento del mercato; Ed in caso di liquidazione di una quota? Al momento della cessazione dell'impresa, nella liquidazione della quota va inclusa anche la rivalutazione di un fattore della produzione riferibile a cause estranee all'attività svolta dal partecipante, che si sia tradotto in un aumento di redditività dell'impresa medesima, ed analogamente i fattori di decremento dei beni che abbiano riflessi sulla produttività stante il suo rapporto con le condizioni di mercato. In caso di divisione ereditaria o di trasferimento dell'azienda i partecipi dell'impresa familiare hanno diritto di prelazione sull'azienda. Studio Legale Angelini Lucarelli - Impresa Familiare - Hai un quesito? Contattaci Quale è il regime fiscale? Ai fini fiscali l'impresa familiare ricade nelle previsioni dell'art. 5 del TUIR come le società semplici, ed ha una specifica disciplina secondo cui I redditi delle imprese familiari di cui all'articolo 230 bis del codice civile, limitatamente al 49 per cento dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione: a) che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo di imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti; b) che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa, in modo continuativo e prevalente, nel periodo di imposta; c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi, di aver prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente. Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado. E quali profili vi sono per le responsabilità aziendali? Per ciò che attiene alla responsabilità si tratta pur sempre di una impresa individuale e pertanto l'imprenditore fondatore sarà ritenuto il titolare dell’impresa, ed eserciterà l’attività di gestione a proprio rischio. Da quanto sopra deriva quindi una responsabilità illimitata per le obbligazioni dell'impresa da parte del singolo imprenditore e l'assoggettamento al fallimento che però non si estenderà al semplice partecipante dell'impresa. I creditori sociali potranno invece aggredire gli utili e gli incrementi, mentre appare difficile l'individuazione delle quote, stante la natura di impresa individuale, e la valutazione in relazione alla qualità e quantità del lavoro prestato. Quali diritti ha il convivente di fatto nell'impresa familiare? Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell'impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato. Torna alla Home Studio Legale Angelini Lucarelli

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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