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  • I Farmaci Biologici contro i Farmaci Chimici, differenze e conseguenze.

    Life Sciences e diritto farmaceutico, gestione rapporti con AIFA, autorizzazioni rilascio, mantenimento e tutela del commercio del farmaco, rapporti con enti e SSN. Quale è la differenza tra un farmaco biologico ed un farmaco chimico? E' possibile avere un equivalente generico di un farmaco biologico? Per rispondere a tale quesito riprendiamo la ricostruzione operata dalla Giurisprudenza. I “farmaci biologici”, ivi inclusi i farmaci biotecnologici, cioè ottenuti con biotecnologie, sono farmaci il cui principio attivo è rappresentato da una sostanza prodotta o estratta da un sistema biologico, oppure derivata da una sorgente biologica attraverso procedimenti di biotecnologia. La produzione di farmaci biologici è sicuramente più complessa di un farmaco di derivazione chimica, essendo svariati i fattori che incidono sul processo stesso di produzione. Come ha rilevato il Consiglio di Stato, i farmaci biotecnologici, proprio per la complessità e la natura dei processi di produzione, non sono mai pienamente identici, ancorché si basino su un medesimo principio attivo ed abbiano le stesse indicazioni terapeutiche. Infatti nel loro caso non si usa il termine “equivalente” (o “generico”), bensì “similare” o “biosimilare”. Si distinguono dai farmaci chimici dove “ogni prodotto è pienamente equivalente all’altro (“originator” o meno) sempreché sia accertata l’identità del composto chimico (molecola). In effetti in questi casi si parla correntemente di farmaci “equivalenti” o “generici”; e com’è noto il servizio sanitario pubblico si rivolge naturalmente al prodotto di minor prezzo, lasciando ai pazienti (e per essi ai medici curanti) la libertà di sceglierne altri, purché assumano a proprio carico la differenza di prezzo”. (Cons. Stato, sez. III, 13 giugno 2011, n. 3572). Per farmaco biosimilare si intende, invece, “un medicinale simile ad un prodotto biologico/biotecnologico c.d. di riferimento, la cui messa in commercio sia già stata autorizzata. Secondo una definizione fornita dall’EMA nel 2012, in particolare, “per farmaco biosimilare si intende un medicinale sviluppato in modo da risultare simile ad un prodotto biologico che sia già stato autorizzato – appunto, il c.d. medicinale di riferimento o originator” (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. II, 9 giugno 2016, n. 818). Tuttavia “i vari prodotti biotecnologici (originator e similari) basati sullo stesso principio attivo, benché in qualche misura differenti tra loro, per la complessità dei processi produttivi (e dunque non “equivalenti” in senso stretto), possono tuttavia essere usati come se fossero equivalenti nella generalità dei casi e salvo eccezioni, sempreché si osservi la cautela, una volta iniziato il trattamento con un prodotto di proseguirlo (salvo eccezioni) con lo stesso prodotto…”. Il riconoscimento delle peculiari “specialità” dei farmaci biologici, cui si correla il principio della non automatica sostituibilità tra gli stessi, neppure tra l’originator (farmaco biologico già autorizzato e immesso sul mercato) e i suoi biosimilari, farmaci biologici similari a quello di riferimento, ha comportato, sul piano normativo, la definizione di un regime differenziato da quello dei farmaci a sintesi chimica. E, infatti, il legislatore: - mentre in via generale prevede la sostituibilità automatica da parte del farmacista, sulla scorta di un criterio di economicità, tra farmaci equivalenti (art. 7 del decreto-legge n. 347 del 2001, convertito in legge n. 405 del 2001), al contrario per i farmaci biologici stabilisce che “non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari” (art. 15, comma 11-quater, del decreto-legge n. 95 del 2012, comma introdotto dalla legge n. 232 del 2016); - prescrive per l’acquisto dei farmaci biologici lo strumento ordinario dell’accordo quadro, stabilendo che “i pazienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell'accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell'offerta economicamente più vantaggiosa”, ma aggiungendo altresì che “il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura di cui alla lettera a), ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti” (art. 15, comma 11-quater cit.). Conclusione, la risposta al quesito appare negativa per le ragioni su esposte. Leggi anche: "campioni gratuiti di farmaci". CdS 8158/2021. Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico e Life Sciences

  • Farmacie, il parere dell'ordine

    #farmacia #sede #farmacisti Segui il canale dedicato alla Farmacia Per rispondere al quesito facciamo un passo indietro. Stiamo parlando della istituzione di nuove sedi di farmacia, “anche” a seguito del concorso straordinario. Dalché l'iter procedimentale prevede l'acquisizione di un parere dell'ordine dei farmacisti del territorio da parte dell'ente Comunale coinvolto. Ma quale è il valore del parere? Questo è il quesito giunto, ed in particolare ci si chiede se sia possibile per l'ente comunale discostarsi dal parere ricevuto. La pagina degli Articoli dedicati alla Farmacia Una volta acquisito il parere da parte del Comune, unico reale responsabile della allocazione della nuova sede per mezzo della propria Giunta Comunale viene in rilievo che l'acquisizione del parere sia obbligatoria, ma non vincolante, lo stesso quindi avrà un valore consultivo indicativo ma non rappresenterà un parametro su cui poter criticare l'operato dell'amministrazione, a meno che – traendo le fila da altri campi del diritto amministrativo – non si arrivi a paradossali conclusioni che concedano al Giudice di entrare nel percorso logico giuridico ma discrezionale operato dall'amministrazione, trattasi in tal caso forse solo di un caso ipotetico. Hai un quesito? Contattaci Depone in senso a codesta ricostruzione l’esatta formulazione della norma di riferimento atteso che questa non prevede l’acquisizione di un parere vincolante da parte dell’Ordine dei #Farmacisti e dell’A.s.l. Segui il blog Invero l’art. 2 della l. n. 475 del 1968, modificata dal d.l. n. 1 del 2012, prevede che “al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l’azienda #sanitaria e l’Ordine provinciale dei Farmacisti competente per territorio identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l’accessibilità del servizio #farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”. La norma, così, impone che l’Ordine dei farmacisti sia soltanto sentito, senza pertanto essere chiamato a rendere un formale contributo consultivo. Tale valore è stato piu' volte ribadito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che non ha mancato modo di sottolineare la portata discrezionale dell'attività di individuazione delle zone di ubicazione da parte del #Comune, nel rispetto del parametro demografico dei 3.300 abitanti, o addirittura in deroga ove si applichi il criterio topografico. Canale Diritto della Farmacia In tal senso in alcuni casi è stato sufficiente per il Comune aver assolto tale onere informativo anche solo nel aver messo in condizione l'Ordine dei #Farmacisti di poter emanare il parere, anche se poi detto parere non sia arrivato nei termini utili previsti dalla legge n. 27/2012, purché tale circostanza sia documentabile da parte dell'Ente comunale al fine di escludere la violazione di legge che aprirebbe la strada ad un sindacato giudiziale, quindi ad un ricorso. Home il parere dell'ordine avrà un contenuto importante, quale atto di indirizzo si utile ma non vincolante. Secondo la normativa sopra richiamata il numero delle farmacie di ogni Comune è strettamente proporzionale al numero degli abitanti, fatte salve le maggiori esigenze della popolazione fluttuante o residente in aree scarsamente abitate; la conseguente identificazione delle “zone” (strumento pianificatorio ben diverso dalle precedenti circoscrizioni territoriali riferite a ciascuna farmacia) postula, invece, una valutazione del Comune ampiamente discrezionale, riferita esclusivamente alla “equa” accessibilità di tutti gli abitanti (anche di aree scarsamente abitate) al servizio farmaceutico –e quindi riferita esclusivamente alla tutela del diritto alla salute dei cittadini sancito dall’art. 32 della Costituzione mediante “un’equa distribuzione sul territorio” delle farmacie, farmacie che solo per tale superiore interesse pubblico possono essere sottratte alla normale dinamica concorrenziale sancita dal diritto nazionale ed euro unitario, che altrimenti imporrebbe l’integrale liberalizzazione del loro numero e della loro ubicazione. Al riguardo, il Consiglio di Stato in una recente pronuncia sulle sedi della Regione Campania, ha rilevato che la disciplina di legge sopra citata prevede che il Comune eserciti la descritta ampia discrezionalità nella individuazione delle “zone nelle quali collocare le nuove farmacie” (ferma restando, quindi, la presupposta individuazione delle nuove farmacie) “sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio”. Hai un quesito? Consulta gli articoli nel motore di ricerca E’ nota la differenziazione degli atti consultivi fra pareri vincolanti, pareri obbligatori ma non vincolanti e pareri meramente facoltativi, e la scelta del legislatore di prevedere espressamente che l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti siano solo “sentiti” colloca l’attività consultiva indicata al confine fra i due ultimi istituti citati, imponendo al Comune di sottoporre la zonizzazione proposta all’azienda sanitaria e all’Ordine provinciale dei farmacisti (prescrizione, questa, puntualmente adempiuta dal Comune) e di “sentirli” qualora questi ritengano di fornire un proprio parere non vincolante, evenienza, questa, che invece non si è verificatati nella fattispecie in esame, risultando pertanto evidente il pieno rispetto della previsione normativa invocata. Torna alla Home Studio Legale Angelini Lucarelli a cura dell'Avvocato Aldo Lucarelli

  • Farmacia di nuova istituzione, quale valore ha il parere dell'ordine dei farmacisti e della ASL?

    #farmacia #sede #farmacisti Segui il canale dedicato alla Farmacia Per rispondere al quesito facciamo un passo indietro. Stiamo parlando della istituzione di nuove sedi di farmacia, “anche” a seguito del concorso straordinario. Dalché l'iter procedimentale prevede l'acquisizione di un parere dell'ordine dei farmacisti del territorio da parte dell'ente Comunale coinvolto. Ma quale è il valore del parere? Questo è il quesito giunto, ed in particolare ci si chiede se sia possibile per l'ente comunale discostarsi dal parere ricevuto. La pagina degli Articoli dedicati alla Farmacia Una volta acquisito il parere da parte del Comune, unico reale responsabile della allocazione della nuova sede per mezzo della propria Giunta Comunale viene in rilievo che l'acquisizione del parere sia obbligatoria, ma non vincolante, lo stesso quindi avrà un valore consultivo indicativo ma non rappresenterà un parametro su cui poter criticare l'operato dell'amministrazione, a meno che – traendo le fila da altri campi del diritto amministrativo – non si arrivi a paradossali conclusioni che concedano al Giudice di entrare nel percorso logico giuridico ma discrezionale operato dall'amministrazione, trattasi in tal caso forse solo di un caso ipotetico. Hai un quesito? Contattaci Depone in senso a codesta ricostruzione l’esatta formulazione della norma di riferimento atteso che questa non prevede l’acquisizione di un parere vincolante da parte dell’Ordine dei #Farmacisti e dell’A.s.l. Segui il blog Invero l’art. 2 della l. n. 475 del 1968, modificata dal d.l. n. 1 del 2012, prevede che “al fine di assicurare una maggiore accessibilità al servizio farmaceutico, il comune, sentiti l’azienda #sanitaria e l’Ordine provinciale dei Farmacisti competente per territorio identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie, al fine di assicurare un'equa distribuzione sul territorio, tenendo altresì conto dell'esigenza di garantire l’accessibilità del servizio #farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”. La norma, così, impone che l’Ordine dei farmacisti sia soltanto sentito, senza pertanto essere chiamato a rendere un formale contributo consultivo. Tale valore è stato piu' volte ribadito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che non ha mancato modo di sottolineare la portata discrezionale dell'attività di individuazione delle zone di ubicazione da parte del #Comune, nel rispetto del parametro demografico dei 3.300 abitanti, o addirittura in deroga ove si applichi il criterio topografico. Canale Diritto della Farmacia In tal senso in alcuni casi è stato sufficiente per il Comune aver assolto tale onere informativo anche solo nel aver messo in condizione l'Ordine dei #Farmacisti di poter emanare il parere, anche se poi detto parere non sia arrivato nei termini utili previsti dalla legge n. 27/2012, purché tale circostanza sia documentabile da parte dell'Ente comunale al fine di escludere la violazione di legge che aprirebbe la strada ad un sindacato giudiziale, quindi ad un ricorso. Home il parere dell'ordine avrà un contenuto importante, quale atto di indirizzo si utile ma non vincolante. Secondo la normativa sopra richiamata il numero delle farmacie di ogni Comune è strettamente proporzionale al numero degli abitanti, fatte salve le maggiori esigenze della popolazione fluttuante o residente in aree scarsamente abitate; la conseguente identificazione delle “zone” (strumento pianificatorio ben diverso dalle precedenti circoscrizioni territoriali riferite a ciascuna farmacia) postula, invece, una valutazione del Comune ampiamente discrezionale, riferita esclusivamente alla “equa” accessibilità di tutti gli abitanti (anche di aree scarsamente abitate) al servizio farmaceutico –e quindi riferita esclusivamente alla tutela del diritto alla salute dei cittadini sancito dall’art. 32 della Costituzione mediante “un’equa distribuzione sul territorio” delle farmacie, farmacie che solo per tale superiore interesse pubblico possono essere sottratte alla normale dinamica concorrenziale sancita dal diritto nazionale ed euro unitario, che altrimenti imporrebbe l’integrale liberalizzazione del loro numero e della loro ubicazione. Al riguardo, il Consiglio di Stato in una recente pronuncia sulle sedi della Regione Campania, ha rilevato che la disciplina di legge sopra citata prevede che il Comune eserciti la descritta ampia discrezionalità nella individuazione delle “zone nelle quali collocare le nuove farmacie” (ferma restando, quindi, la presupposta individuazione delle nuove farmacie) “sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio”. Hai un quesito? Consulta gli articoli nel motore di ricerca E’ nota la differenziazione degli atti consultivi fra pareri vincolanti, pareri obbligatori ma non vincolanti e pareri meramente facoltativi, e la scelta del legislatore di prevedere espressamente che l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti siano solo “sentiti” colloca l’attività consultiva indicata al confine fra i due ultimi istituti citati, imponendo al Comune di sottoporre la zonizzazione proposta all’azienda sanitaria e all’Ordine provinciale dei farmacisti (prescrizione, questa, puntualmente adempiuta dal Comune) e di “sentirli” qualora questi ritengano di fornire un proprio parere non vincolante, evenienza, questa, che invece non si è verificatati nella fattispecie in esame, risultando pertanto evidente il pieno rispetto della previsione normativa invocata. Torna alla Home Studio Legale Angelini Lucarelli a cura dell'Avvocato Aldo Lucarelli

  • Concorso Ordinario Farmacie insidie del bando.

    Segui il canale Farmacia o Contattaci Abbiamo assistito tuttavia ad episodiche divergenze tra quanto previsto e quanto attuato nei singoli Comuni, è il caso di quelle sedi ritenute poco appetibili perché lontane dal centro urbano, oppure da istituire in zone scarsamente abitate, o in zone prive di manufatti idonei. Una vasta platea di episodiche divergenze rispetto a quanto i Comuni si erano prefissati nel le revisioni del 2010, con prospettive ben diverse da quelle che effettivamente sono state realizzate. Sono iniziate altresì le dismissioni - decorsi il triennio - di quelle sedi aperte da i neo titolari, sempre piu' spesso in forma associata, ma che hanno offerto un ritorno economico non all'altezza delle aspettative, e dei sacrifici imposti dai trasferimenti in zone differenti da quelle ove si esercitava - in modo subordinato - la professione di farmacista. Poi l'esperienza tamponi Covid, da un lato un vero e proprio boost (spinta) alle attività della farmacia, dall'altro una incombenza difficile da gestire per mansioni e compiti non sempre pari allo status della farmacia. Ecco quindi che il Concorso Straordinario con le sue peculiarità ha aperto ad un vasto repertorio di innovazioni volute o capitate, che prima d'ora non esistevano. Ed ora che siamo alle prese con un concorso ordinario farmacie in procinto di essere bandito cosa accadrà? Abbiamo focalizzato una serie di argomentazioni da tenere a mente alle porte delle nuova selezione. Infatti il farmacista, iscritto all’albo professionale, può ottenere la titolarità di una farmacia: A) Concorso (ordinario o Straordinario) B) Trasferimento (acquisto/donazione/cessione/conferimento/trasformazione) Nel primo caso, una volta ottenuta l'abilitazione professionale e l'iscrizione all'Albo, il candidato deve superare uno dei concorsi. I vincitori del concorso, in base alla graduatoria finale, ottengono il conferimento di una sede farmaceutica di nuova istituzione o vacante (per decadenza o rinuncia del titolare). Ecco quindi il primo punto: il punteggio: sarà attribuito con le medesime modalità attivate per il Concorso Straordinario? Ricordiamo infatti che per rendere trasparenti ed uniformi le procedure concorsuali è stata avviata anche una piattaforma tecnologica unica nel suo genere e che il concorso straordinario, ha riconosciuto legittimità nella procedura di assegnazione delle sedi farmaceutiche anche per l'attività svolta dai ricercatori universitari nei corsi di laurea in farmacia e in chimica e tecnologia farmaceutiche. Tali innovazioni saranno traghettate nel Concorso Farmacie Ordinario? Il Concorso Ordinario poi a seguito della notissima legge 362/91, nello stabilire i principi in materia di procedure concorsuali a sedi farmaceutiche, ha rinviato al DPCM 298/94, il disciplinare delle prove di esame ed ha introdotto una prova attitudinale articolata in cento domande riguardanti la farmacologia, la tecnica farmaceutica, anche con riferimento alla chimica farmaceutica, e la legislazione farmaceutica; ha inoltre stabilito che le domande debbano essere estratte a sorte tra le tremila domande predisposte dal Ministero della Salute, su proposta di una commissione nominata dal Ministro. Con il DPCM 18 aprile 2011, sono state introdotte ulteriori le materie tra quelle oggetto della prova, quali: Farmacognosia; Tossicologia; Farmacoeconomia, con specifico riferimento alla gestione della Farmacia; Diritto sanitario, ivi inclusa la legislazione dei prodotti di interesse sanitario. Tali aspetti non sono stati presenti nel concorso straordinario indetto con il D.L. 1/12, concorso per soli titoli che ha anche ammesso la partecipazioni di associazioni di farmacisti, consentendo la somma dei titoli per periodo temporale. Lo stesso concorso inoltre ha stabilito che ciascun candidato poteva partecipare al concorso straordinario in non più di due regioni, che gli interessati possano partecipare al concorso straordinario in gestione associata, sommando i titoli posseduti e che, in deroga a quanto stabilito dal DPCM 298/94, l’attività svolta dal farmacista titolare di farmacia rurale sussidiata, dal farmacista titolare di farmacia soprannumeraria e dal farmacista titolare di “parafarmacia” siano equiparate, ivi comprese le maggiorazioni e che l’attività svolta da farmacisti collaboratori di farmacia e da farmacisti collaboratori di “parafarmacia” è stata equiparata, ivi comprese le maggiorazioni. Tali aspetti hanno portato a numerose vicende ed in particolare: - Criterio di calcolo dei punteggi - sommatoria del punteggio per le associazioni Tale questione oggi al vaglio della Cassazione, attiene alle modalità di calcolo dei punteggi ed alla possibilità offerta nel concorso straordinario di sommare i titoli per gli stessi periodi temporali da parte dei candidati che hanno fatto domanda in forma associata. Oggi siamo in attesa di conoscere cosa ne pensa la Cassazione. Leggi Qui. - Punteggio con tetto a 35 punti e farmacie rurali. (Leggi qui) Ricordiamo infatti che “Ai farmacisti che abbiano esercitato in farmacie rurali per almeno 5 anni come titolari o come direttori o come collaboratori verrà riconosciuta una maggiorazione del 40 per cento sul punteggio in base ai titoli relativi all’esercizio professionale, fino ad un massimo di punti 6,50” (art. 9 della legge 8 marzo 1968, n. 221) ma il Consiglio di Stato è piu' volte intervenuto sul punto, prima affermando una deroga anche per il concorso ordinario (CdS 5667/15) e poi ritrattando in chiave di rispetto del diritto Comunitario. (cfr., in un caso analogo, Corte UE 1° giugno 2010 in cause C 570/07 e 571/07). Nel bando di concorso tra i poteri della Commissione tali deroghe saranno recepite oppure si dovrà tornare nelle aule dei Tar a discutere dell'applicabilità della maggiorazione per le farmacie rurali e del relativo tetto applicabile? - Diritti di accesso alle informazioni da parte dei candidati. Dell'argomento ci siamo occupati in tema di accesso alle informazioni, alla piattaforma ed alle problematiche inerenti la conoscibilità degli interpelli. Spesso è accaduto infatti che l'associato referente non abbia controllato la PEC fornita al sistema ed abbia irrimediabilmente perso la propria chance di partecipare all'assegnazione. Sul punto abbiamo offerto un contributo, qui di seguito consultabile. Ma quali diritti vanta un candidato al concorso? - Partecipazione in piu' Regioni. Come ben noto il concorso straordinario farmacie ha permesso ai candidati singoli o in forma associata, di partecipare agli interpelli in due regioni contemporaneamente, con ciò aumentando le possibilità di ottenere una sede. Sarà una mossa replicabile? Molte sono state le problematiche vista l'elevata differenza tra le Regioni, le sedi disponibili, le modalità di svolgimento degli interpelli ed il numero degli aspiranti. - Vincita di una precedente selezione e/o di un precedente concorso, a cui non è seguita l'aperta della sede per causa imputabile al candidato. Il punto di maggiore perplessità è dato dalla possibilità di uno sbarramento all'accesso e/o assegnazione delle nuove sedi a concorso ordinario, ove venga disposta ex lege, una nuova preclusione per coloro che non abbiano accettato la sede offerta in fase di interpello di un precedente concorso, o che non abbiano aperto nei tempi imposti dalla propria Regione la sede di riferimento e quindi abbiano dato luogo ad una decadenza. E' ipotizzabile che venga creato uno sbarramento, sulla cui legittimità si potrà poi disquisire, ma che vada a precludere l'accesso a coloro i quali non abbiano "onorato" precedenti impegni come ad esempio l'apertura della sede assegnata. Ecco quindi che nel prossimo concorso ordinario finiranno le sedi di nuova istituzione, quelle ancora disponibili dai precedenti concorsi, quelle la cui autorizzazione sia decaduta o ritirata al precedente titolare e quelle straordinarie richieste dai Comuni. I Comuni, e la geografia farmaceutica, La revisione delle piante organiche sarà il punto di maggiore incentivo per la individuazione delle nuove sedi, visto che sono trascorsi oltre 10 anni dalla individuazione delle sedi confluite nel concorso straordinario. Sul punto abbiamo avuto modo di focalizzare l'attenzione sulla "organizzazione territoriale" e sulla adeguata istruttoria comunale, (Leggi Qui) Associazioni di Farmacisti a concorso - un caso unico Il concorso straordinario farmacie ha avuto un ruolo predominante nella esplosione del fenomeno associativo in farmacia, che si è tradotto dal 2017, nelle SRL tra soci ex associati, individuati a livello concorsuale da una unica idea, quella di aprire una nuova sede sommando i titoli. Della modalità di accesso agli interpelli abbiamo argomentato molto, così come anche della possibile differenziazione di ruoli all'interno dell'associazione. In piu' di un caso abbiamo dovuto analizzare i rapporti contrattuali tra gli associati, visto che il Bando del Concorso Straordinario ha previsto la figura del referente. La chiamata dell'associazione tramite PEC e la responsabilità dell'associato referente nei confronti degli altri candidati ha dato vista ad un dibattito sulle possibile responsabilità del referente in caso di omessa risposta all'interpello, contributo consultabile. L'esperienza associativa sarà riproposta ancora? Procediamo ora con la disamina e parliamo del Bando. Il bando di concorso deve indicare (art. 3 D.P.R.1275/1971): a) la qualifica urbana o rurale delle farmacie messe a concorso; b) il comune o la località in cui la farmacia ha o avrà sede e, quando si applichi il criterio della distanza, l'ubicazione delle farmacie rispetto alle quali deve osservarsi la distanza ; c) l'ammontare della tassa di concessione governativa; d) l'ammontare dell'indennità di avviamento, prevista dall'art. 110 del T.U.L.S. 1265/1934, e dall'art. 17 della L. 475/1968; e) le disposizioni degli articoli 108, 110 e 112 del testo unico citato, degli articoli 3, ultimo comma, 12, quarto comma, della legge citata, anche mediante semplice richiamo, nonché ogni altra prescrizione utile; f) i titoli e documenti richiesti, per il concorso; g) il termine, non minore di sessanta giorni, decorrente dalla pubblicazione nel Foglio annunzi legali della provincia (ora Bollettino Ufficiale della Regione), entro il quale devono essere presentati la domanda ed i titoli. Pubblicità del bando di concorso Il bando di concorso deve essere pubblicato nel Bollettino ufficiale della regione o della provincia autonoma e per estratto, entro i successivi dieci giorni, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Esso deve essere trasmesso in copia all'ordine provinciale dei farmacisti e alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani; dello stesso deve essere data comunicazione anche al Ministero della sanità. Il termine di presentazione delle domande di partecipazione al concorso scade il trentesimo giorno successivo a quello della data della pubblicazione del bando nel Bollettino ufficiale della regione o della provincia autonoma. (art. 2 D.P.C.M. 30-3-1994 n. 298). Dalla Pubblicazione del bando decorrono i termini di impugnazione. Il bando e la sua struttura nonché i richiami a Decreti secondari, sono elementi da valutare immediatamente per tutte quelle censure che possono essere elevate davanti ai TAR nei termini di decadenza ordinari, ecco quindi che i 60 giorni successivi alla pubblicazione rivestono un ruolo essenziale per chi, come molti dei candidati nei passati concorsi, hanno individuato censure che si sono rivelate tardive quando proposte in occasione dei propri ricorsi. Incompatibilità Capitolo ostico e pieno di insidie, dalle incompatibilità proprie del farmacista in relazione alla propria attività (artt. 7 e 8 Legge 362/1991) così come chiarite dalle Sentenza della Corte Costituzionale e dall'Adunanza Plenaria CdS nel 2018 e nel 2022, fino alle decadenze ed alle incompatibilità proprio relative al concorso. - Associazioni di Farmacisti e Soci di Società, quale incompatibilità? - Titolarità e Gestione della Farmacia - Società Partecipata da Medico e Farmacista - Concorso Farmacie il limite dei 10 anni e le società. - Le incompatibilità nelle Società di capitali titolari di Farmacia. Valutazione dei titoli di studio e di carriera. Ai fini della valutazione dei titoli di studio e di carriera, sono assegnati i seguenti punteggi: a) voto di laurea in farmacia o in chimica e tecnologia farmaceutica fino a un massimo di punti 1; b) possesso di seconda laurea in una delle seguenti discipline: medicina, scienze biologiche, veterinaria e chimica: punti 0,7; c) specializzazioni universitarie o conseguimento di borse di studio o di ricerca relative alla facoltà di farmacia o chimica e tecnologia farmaceutiche, erogate ai sensi o dell'art. 80 del D:P:R: 11.07.1980, n. 382 o dell'art. 8 della L. 30.11.1989, n. 389 fino ad un massimo di punti 0,4; d) possesso di seconda laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche o in farmacia: punti 0,3; e) pubblicazioni scientifiche inerenti alle materie d'esame: fino a un massimo di punti 0,2; f) idoneità in un precedente concorso, da valutarsi una sola volta: punti 0,2; g) idoneità nazionale a farmacista dirigente: punti 0,2; h) voto con cui si è conseguita l'abilitazione e altri titoli conseguenti in materia di aggiornamento professionale: fino a un massimo di punti 0,1(art. 6 D.P.C.M. 30.03.1994 n. 298) Prova attitudinale. La prova attitudinale si articola in cento domande, riguardanti le seguenti materie: farmacologia; farmacognosia; tossicologia; tecnica farmaceutica, anche con riferimenti alla chimica farmaceutica; farmacoeconomia, con specifico riferimento alla gestione della farmacia; legislazione farmaceutica; diritto sanitario, ivi inclusa la legislazione dei prodotti di interesse sanitario. Il candidato deve indicare la risposta esatta fra le cinque già predisposte (testo introdotto dal c.1, lettera a, art. 1 D.P.C.M. 18.04.2011, n. 81). Le domande, con le relative risposte, sono estratte a sorte dalla commissione esaminatrice fra le tremila predisposte ogni due anni dal Ministero della sanità, su proposta di una commissione nominata dal Ministro e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, unitamente alle relative risposte (testo introdotto dall'art.1, D.P.C.M 13.02.1998, n. 54). La commissione esaminatrice adotta le misure necessarie ad impedire che i candidati possano risalire al numero d'ordine con il quale le domande sorteggiate sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale (testo introdotto dall'art.1, D.P.C.M 13.02.1998, n. 54). Finché il Ministero della sanità non provveda all'adempimento di cui al comma 2, le domande della prova attitudinale sono predisposte dalla commissione esaminatrice con modalità che assicurino la segretezza e la casualità della scelta. Per la prova è concesso un tempo non superiore a un'ora e trenta minuti. A ciascuna risposta esatta sono attribuiti 0,1 punti per commissario. Sono considerate sufficienti, ai fini della idoneità, le prove, dei candidati che conseguono almeno 37,5 punti (art. 7 D.P.C.M. 30.03.1994 n. 298). Graduatoria. La commissione giudicatrice formula la graduatoria dei concorrenti dichiarati idonei, secondo l'ordine risultante dalla somma dei punti conseguiti nella valutazione dei titoli e di quelli conseguiti nella prova attitudinale. È escluso dalla graduatoria il candidato che non abbia conseguito la sufficienza nella prova attitudinale (art. 8 D.P.C.M. 30.03.1994 n. 298). La graduatoria, mille profili di contestazione sui punteggi. Il punteggio in graduatoria finisce davanti alla Corte di Cassazione. E le graduatorie rettificate saranno impugnabili autonomamente? Assegnazione delle sedi. I candidati che risultano vincitori del concorso indicano, secondo l'ordine di graduatoria, la sede farmaceutica prescelta ai fini dell'assegnazione. L'indicazione non può essere modificata. (art. 8 D.P.C.M. 30.03.1994 n. 298). E cosa accade alle graduatorie del Concorso, scadranno dopo 6 anni? Sedi Farmacie disponibili e Sedi soppresse. Sulla vicenda abbiamo avuto modo di approfondire la questione e possiamo dire che se i Comuni mantengono una certa autonomia nella rivalutazione del loro interesse ad una sede, non si puo' affermare l'esistenza di un automatismo tra calo demografico e soppressione sede. E' possibile sopprimere una sede di farmacia per calo demografico? Sedi soppresse, manca l'automatismo. Presidi Ausiliari, Dispensario, Farmacia Succursale, Proiezioni di Farmacia. I concorsi farmacie hanno un immediato impatto sulle sorti delle sedi ausiliarie, ovvero dei presidi temporanei per turismo. I dispensari farmaceutici, così come le farmacie succursali non sono al riparo dai Concorsi, ma a volte possono sopravvivere ove se ne dimostri la necessità - in accordo con l'amministrazione Comunale - stante una motivazione aggravata. La coesistenza tra farmacia attiva e dispensario ordinario deve, infatti, ritenersi tendenzialmente esclusa in quanto essa, per un verso, viene a contraddire la natura essenzialmente suppletiva ed emergenziale del dispensario; Ne deriva che l’istituzione e la conseguente attivazione della farmacia, fa in via ordinaria, e salve motivate eccezioni, venir meno “le condizioni per il mantenimento del dispensario farmaceutico a suo tempo istituito” ( in tal senso vedi Consiglio di Stato, sez. III, 21/01/2013, n. 309, “(…) il dispensario farmaceutico, legittimamente soppresso per far luogo alla nuova farmacia, in quanto soluzione di breve periodo destinata, nel sistema normativo vigente, ad essere sostituita con una farmacia in piena titolarità (…); ciò che determina la cessazione del dispensario è data dal fatto che la nuova farmacia venga effettivamente aperta e messa in esercizio dal nuovo titolare (…)”. Ce ne siamo occupati in numerosi casi: - il dispensario di farmacia chiude se arriva la nuova sede; - il dispensario farmaceutico e la farmacia succursale sopravvivono se arriva la nuova sede. - dispensario a chi tocca gestirlo? Ecco quindi la fase conclusiva dell'iter, entro 30 giorni l'assegnatario della farmacia deve indicare gli estremi del locale dove sarà aperto l'esercizio, trasmettere la bolletta comprovante il versamento della tassa di concessione e dimostrare di aver provveduto al pagamento dell'indennità di avviamento, di cui agli articoli 110 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265 e 17 della L. 475/1968, o di aver concluso opportuni accordi con gli aventi diritto ai fini del suddetto adempimento. In caso di dimostrata impossibilità di eseguire il versamento agli aventi diritto il medico provinciale, cui ne venga fatta richiesta dall'assegnatario, può autorizzare il deposito della somma, presso la Cassa depositi e prestiti. In tal caso il termine di trenta giorni per la dichiarazione di accettazione rimane sospesa per un numero di giorni pari a quelli intercorrenti fra la spedizione della richiesta di autorizzazione al medico provinciale e la ricezione della risposta di questi in ordine a tale richiesta. Il mancato adempimento delle prescrizioni che precedono, nei termini stabiliti, equivale a rinunzia alla assegnazione. Intervenuta l'accettazione ed esauriti gli adempimenti di cui sopra, il medico provinciale (ora il Servizio Farmaceutico dell'ASL) provvede entro due mesi alla ispezione dei locali prescelti per la sede, dandone preavviso all'interessato non meno di trenta giorni prima (art.9 D.P.R. 21.08.1971 n. 1275). Adempiute da parte del vincitore le formalità di cui agli articoli 9 e 10, il medico provinciale (ora l'Autorità sanitaria locale) emette il decreto di autorizzazione. Questo deve indicare: a) cognome e nome, data e luogo di nascita del farmacista autorizzato, data e università o scuola nella quale conseguì il certificato di abilitazione all'esercizio professionale; b) ammontare della tassa di concessione governativa, data e numero della relativa quietanza ed ufficio che l'ha rilasciata; c) comune in cui è situata la farmacia; circoscrizione della zona ed estremi del locale in cui sarà ubicato l'esercizio; d) eventuale indennità di residenza. Copia del provvedimento è trasmessa all'intendenza di finanza e all'ordine provinciale dei farmacisti. (art. 11 D.P.R. 21.08.1971 n. 1275). L' Art. 12 D.P.R 21.08.1971 n. 1275 ha poi modificato l'art. 32 del R.D. 30.09.1938 n. 1706 stabilendo che : Il titolare di un esercizio farmaceutico deve comunicare al medico provinciale (ora al Servizio Farmaceutico dell'ASL, salvo diverse disposizioni regionali) il nome e cognome e la data di assunzione degli addetti all'esercizio stesso ed esibire tanti certificati medici quanti sono i dipendenti medesimi per comprovare che essi siano esenti da difetti ed imperfezioni che impediscano l'esercizio professionale della farmacia e da malattie contagiose in atto che rendano pericoloso l'esercizio stesso. Ugualmente deve comunicare la data di cessazione degli stessi dal servizio. Le suddette comunicazioni devono essere trascritte in apposito registro tenuto dall'ufficio del medico provinciale (ora dal Servizio Farmaceutico dell'ASL, salvo diverse disposizioni regionali). Ai fini della pratica professionale il titolare di farmacia deve comunicare all'autorità sanitaria competente le generalità del farmacista praticante, la data di effettivo inizio nonché di effettiva cessazione della stessa. Le suddette comunicazioni devono essere trascritte in apposito registro tenuto dall'autorità sanitaria competente che è tenuta ad effettuare periodiche verifiche sull'effettivo svolgimento della pratica professionale (art. 12 L. 475/1968, come modificato dall'art. 6 della L. 892/1984). Sui poteri di controllo leggi il nostro articolo. Seguici sui Social e rimai aggiornato Al vincitore di pubblico concorso di farmacia precedentemente gestita in via provvisoria fanno carico, nei confronti del cessante, tutte le obbligazioni previste dall'articolo 110 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con R.D. 1265/1934 (art. 17 L. 475/1968). La Corte costituzionale, con sentenza 11-24 marzo 1988, n. 333, ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 17, nella parte in cui non prevede anche per i gestori provvisori di farmacie non di nuova istituzione la regolamentazione dell'indennità di avviamento prevista dall'art. 110 del T.U.L.S. (Leggi). Cosa accade se il vincitore di una sede di farmacia collocata in graduatoria si ritrova la dizione "Sede Sub Giudice" o assegnata "con riserva" ? Infine, quale è la sorte delle sedi sub Giudice, per intenderci quelle su cui verte una controversia. Ne parliamo in questo contributo. I temi da analizzare sono molteplici, Contattaci senza Impegno per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Abuso edilizio, né il tempo, né il vicino ci salvano dalla sanzione..

    Ho una abitazione che è stata ritenuta abusiva, ma sono vent'anni che la situazione è ferma, posso ritenere la questione chiusa visto che un mio vicino di casa si trova nella stessa situazione? Per rispondere alla domanda dobbiamo evidenziare che secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, a fronte di immobili sforniti di titolo abilitativo, l’ordine di demolizione è infatti atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione aggiuntiva rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi. Devono essere richiamate le statuizioni dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 9 del 2017, secondo cui la mera inerzia da parte dell’amministrazione nell’esercizio di un potere-dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l’edificazione sine titulo) è sin dall’origine illegittimo e, allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere ‘legittimo’ in capo al proprietario dell’abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un’aspettativa giuridicamente qualificata. Ecco quindi che il semplice passaggio del tempo, anche vent'anni, non sana la questione immobiliare, che lo ricordiamo per potersi dire conclusa necessita di un procedimento di sanatoria, ovvero il c.d. "doppio conforme" ovvero quel meccanismo previsto dall'art. 36 del DPR 380/01 secondo cui .. "il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda". Tale fattispecie si affianca all'altro istituto previsto nella nostra legislazione ovvero la sanzione al posto della demolizione, ove vi sia un collegamento con una parte di immobile/costruzione regolare e la demolizione non possa avvenire senza pregiudizio per la parte regolare. Tale meccanismo disciplinato dall'art. 34 del DPR 380 prevede che Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale". Come sancito dalla norma tale valutazione è demandata alla pubblica amministrazione. A questo punto si pone la domanda, ma cosa accade in caso di inerzia - anche di lungo periodo da parte dell'amministrazione? "Il lungo tempo trascorso dalla realizzazione dell’opera abusiva non è idoneo a radicare in capo al privato interessato alcun legittimo affidamento in ordine alla conservazione di una situazione di fatto illecita, per cui anche in tal caso l’ordine di demolizione assume carattere doveroso e vincolato e la sua emanazione non richiede alcuna motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse che impongono la rimozione dell’abuso" Ma se il mio vicino ha commesso lo stesso abuso, è giusto che venga applicata la sanzione della demolizione solo alla mia costruzione? Per rispondere a tale ulteriore quesito riportiamo un interessante sentenza del Consiglio di Stato secondo cui considerata la natura vincolata degli atti repressori nel settore dell’edilizia, la mancata adozione di ulteriori misure repressive nei confronti di vicini non comporta la legittimazione dell’analogo abuso edilizio da parte di chi ha ricevuto la sanzione. (CdS 4722/22) Anzi.. può generare l’insorgere di responsabilità in capo ai dirigenti, qualora abbiano omesso l’adozione dei provvedimenti ripristinatori e sanzionatori a carico di altri soggetti. Seguici e Contattaci sui Social e rimani aggiornato Infatti un diverso trattamento giuridico di una fattispecie analoga non può comunque essere invocato per estendere in proprio favore posizioni illegittime precedentemente riconosciute dall’Amministrazione, tenuto conto che, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell'operato dell'amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione (Cons. Stato, sez. VI, n. 8893/ 2019). Il tempo avrà valore solo ove venga data la prova davanti ad un TAR che l'immobile o la costruzione sia ante 1967, il tutto anche utilizzando documenti e/o prove testimoniali. Ecco quindi che in caso di abuso edilizio solo una sanatoria effettiva con doppia conforme, o una sanatoria giurisprudenziale, con pagamento del doppio dovuto, renderanno il manufatto idoneo, e quindi per rispondere al quesito, non ci sarà di aiuto, né il tempo trascorso, né il fatto - che accade assai di frequente - ovvero che un vicino di casa o una persona della stessa situazione, non abbia ricevuto la medesima sanzione demolitoria. Ed in caso di in erzia del Comune può procedere il prefetto alla demolizione. Leggi l'articolo. Se hai un quesito contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Cartella ed Intimazione da Agenzia delle Entrate Riscossione cosa fare?

    La cartella di pagamento da parte dell'Agenzia delle Entrate e l'intimazione di pagamento da parte di Agenzia delle Entrate Riscossione, due aspetti della stessa procedura. cosa fare? Home La cartella contiene la descrizione delle somme dovute all’ente creditore, l’invito a provvedere al pagamento entro i termini definiti dalla data di notifica, le informazioni sulle modalità di pagamento (dove, come) e le istruzioni per richiedere la rateizzazione, la sospensione o proporre ricorso. La procedura di riscossione è, in sintesi, la seguente: le somme che risultano dovute a seguito dei controlli effettuati dagli enti creditori, vengono iscritte a ruolo (il ruolo è un elenco che contiene i nominativi dei debitori, la tipologia del credito e le relative somme dovute). Il ruolo formato dall’ente creditore viene trasmesso all’Agenzia delle entrate-Riscossione che provvede a predisporre e notificare le cartelle, nonché a riscuotere le somme indicate. L’Agente della riscossione può, a seguito di istanza del contribuente, concedere la rateizzazione della cartella ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 602/73, salvo diverse indicazioni dell’ente creditore. Oggi la rateizzazione è estesa alla somma di € 120.000 anche senza particolari formalità, ed in 72 rate. Una volta ricevuto il pagamento dell’importo indicato nella cartella, l’Agenzia delle entrate–Riscossione effettua il riversamento di quanto riscosso alle casse dello Stato o degli altri enti creditori. In caso di mancato pagamento, o non tempestiva presentazione dell’istanza di rateizzazione o sospensione, avvia le procedure cautelari o esecutive per il recupero delle somme dovute. Ecco quindi che Agenzia delle Entrate Riscossione procede ad espropriazione forzata quando e' inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento. Seguici sui Social Sospendere la cartella di Agenzia delle Entrate: Se si ritiene che la richiesta di pagamento presente nella cartella non sia dovuta, è possibile chiedere all’Agenzia delle entrate-Riscossione, entro 60 giorni dalla notifica della cartella, di sospendere le procedure di riscossione per far verificare all’ente creditore la situazione. La Legge n. 228/2012, infatti, stabilisce che è possibile chiedere la sospensione legale della riscossione degli importi indicati in una cartella in caso di: pagamento effettuato prima della formazione del ruolo; provvedimento di sgravio emesso dall’ente creditore; prescrizione o decadenza intervenute prima della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo; sospensione amministrativa (dell’ente creditore) o giudiziale; sentenza che abbia annullato in tutto o in parte la pretesa dell’ente creditore, emessa in un giudizio al quale l’Agenzia delle entrate-Riscossione non ha preso parte. La richiesta di sospensione può essere presentata: Se invece non si sospende e l'espropriazione non e' iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. L'avviso, ovvero l'intimazione, redatto in conformita' al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorso un anno dalla data della notifica. L'intimazione di pagamento ex art. 50 dpr 602/1973 costituisce una intimazione riassuntiva dei debiti verso la Pubblica Amministrazione, contenente somme a titolo di imposte, tasse e sanzioni che possono essere di diversa natura, IVA, IRPEF, IRAP, Addizionali Regionali, sino a Bolli e multe del codice della strada o di carattere amministrativo. Seguici on line L'intimazione però include spesso diversi tributi, per cartelle da mettere in esecuzione, quindi "mischia" le diverse tipologie delle somme dovute che possono variare da imposte personali, IRPEF o aziendali, IRAP, sino a somme dovute per infrazioni del codice della strada. Ecco quindi che sorge il problema del "mix" di tributi imposte e sanzioni che sono collegate solo dal codice fiscale o dalla partita iva del debitore intimato. Leggi gli altri contributi o proponi il tuo caso Sorte quindi la necessità di intervento proprio per suddividere le somme, capire quale siano dovute e quali ad esempio possano risultare prescritte, o ancora quale siano da rateizzare. Torna alla Home Le strade sono diverse, da quella del ricorso alla Commissione Tributaria ove si contestino questioni inerenti le norme fiscali applicate, a quella della causa civile, ove venga contestata la forma della possibile ingiunzione, sino alla strada meno conflittuale della mediazione e/o rateizzazione. Un ultima precisazione, oggi la mediazione conciliativa è automatica anche in caso di ricorso per tutte le posizioni fiscali fino a 50.000 euro, infatti una volta proposto il ricorso questo varrà come proposta di mediazione per un lasso di tempo di 90 giorni entro i quali l'Ente potrà far pervenire le proprie proposte per definire ed evitare il conflitto. Blog Fiscale Infatti ai sensi dell'art. 17 del D.Lgs 546 del 1992 "Per le controversie di valore non superiore a cinquantamila euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione con rideterminazione dell'ammontare della pretesa..." La questione è molto articolata, ed andrà valutata caso per caso, oggi a seguito della ripresa delle attività di riscossione assistiamo ad una vasta attività di produzione giurisprudenziale. Hai un quesito? Contattaci Leggi i nostri articoli "Tributari" gratuitamente qui di seguito. Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Criptovalute, per il fisco, si tasserebbe l'uso e non la moneta.

    #token #cripto #fisco Home Le #criptovalute sono soggette alla normativa italiana ed alla dichiarazione dei redditi.. ma attenzione esse non sono una "moneta merce" ovvero non hanno anche una funzione d'uso, come ad esempio l'oro. Potrebbero invece assolvere sempre di più, in un futuro prossimo, ad una funzione di scambio. Con l’Interpello nr. 956-39 del 2018 l'Agenzia delle Entrate aveva (già) espresso l’orientamento secondo il quale le valute virtuali devono essere oggetto di comunicazione attraverso il citato quadro RW il codice 14 quali altre attività estere di natura finanziaria. Seguici Sui Social Dal 2017 infatti l’utilizzo delle “monete virtuali é inserito tra le operazioni relative ai trasferimenti da e per l’estero, rilevanti ai fini del relativo monitoraggio che opera sotto un duplice profilo, oggettivo e soggettivo; Sotto il profilo oggettivo, assoggetta espressamente al monitoraggio sia l’utilizzo delle valute virtuali, che l’utilizzo di “mezzi di pagamento” , in genere; sotto il profilo soggettivo, ai suddetti obblighi di monitoraggio sono tenuti, inoltre, sia gli operatori finanziari che gli operatori non finanziari. Leggi gli altri articoli o proponi il Tuo caso La nozione di investimenti esteri, valevole ai fini del monitoraggio, è definita all’art. 1 del medesimo d.l. 2017 che concorre a definire la nozione degli “investimenti all’estero” e di “attività estere di natura finanziaria”, includendo in esse anche investimenti ed attività mediante impiego di valute virtuali; Contattaci per ogni esigenza Gli obblighi di monitoraggio si estendono sia gli operatori finanziari che quelli non finanziari; La compilazione del quadro nella dichiarazione dei redditi denominato RW dipenderà pertanto dalla sussistenza degli obblighi di monitoraggio in capo ai soggetti a tali obblighi vincolati per effetto della normativa primaria e nei relativi limiti. Le #critptovalute come mezzi di pagamento sono collegabili ad un territorio ai fini fiscali? Il fondamento dell’imposizione andrebbe rinvenuto nell’art. 67 del TUIR, ciò in forza di un orientamento dell’Agenzia delle Entrate, sostanzialmente rivolto a ricondurre la tassazione dell’utilizzo delle monete elettroniche entro i limiti delle categorie giuridiche-fiscali già esistenti. Ma cosa sono le criptovalute? Oggi potremmo definire le criptovalute quali “rappresentazioni digitali di valore”. Oggi l'uso di tali cripto currency (criptovalute) é alla portata di tutti tramite sistemi facili come ad esempio skrill, da qui quindi la necessità di comprenderne la natura. Quindi esclusa generalmente la loro natura di “moneta”, un primo orientamento riconduce le monete elettroniche al novero dei “beni immateriali” ex art. 810 cod.civ. (più precisamente beni mobili, la cui cessione sarebbe da assoggettarsi ad IVA ed IRPEF, a seconda della natura professionale o meno dell’attività del “miner” - produttore di moneta), suscettibili di formare oggetto di diritti reali ed obbligatori (in tal senso, si richiama la sentenza n. 18 del 21 gennaio 2019 della Sezione fallimentare del Tribunale di Firenze). Il riconoscimento della moneta elettronica come “bene giuridico” corrisponderebbe a quanto risulterebbe essere stato riconosciuto in altri ordinamenti (vengono portati ad esempio il sistema vigente negli USA, ove l’IRS considera la moneta virtuale tassabile come “proprietà”; quello canadese, dove lo scambio di moneta virtuale è trattato come una permuta; il sistema anglosassone nel quale la valuta virtuale è considerata rappresentativa di un credito). Un secondo ordine di pensiero li inquadra nella categoria degli strumenti finanziari. Tale qualificazione punta a valorizzare la componente di “riserva di valore”, che almeno in parte, può caratterizzare le criptomonete e che consente di attribuire a queste ultime una finalità d'investimento; Tale impostazione che si porrebbe anche a protezione dei consumatori e dell'integrità dei mercati é stata valorizzata dal Tribunale Civile di Verona con la sentenza del 24 gennaio 2017, che ha ritenuto applicabile alle fattispecie delle criptovalute il Codice del Consumo ed il regolamento CONSOB n. 18592 del giugno 2013.. La tesi secondo cui la moneta virtuale non sarebbe in alcun modo riconducibile ad investimenti di tipo finanziario in quanto avente mera natura di mezzo di scambio, presta il fianco a più di una obiezione. Sul piano normativo sono poi intervenuti il d.lgs. n. 90 del 2017 e la dir. 2018/843/UE del 30 maggio 2018, che accolgono, invero, una formale definizione della moneta elettronica come “mezzo di scambio. Nel teso risultante dalle modifiche apportate in corso di causa all’art. 1 del d.lgs. 231/2007 dal D.Lgs. 4 ottobre 2019, n. 125 viene definita “valuta virtuale: "La rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”. Alla lettera (s) vengono definiti, quali “mezzi di pagamento”: “il denaro contante, gli assegni bancari e postali, gli assegni circolari e gli altri assegni a essi assimilabili o equiparabili, i vaglia postali, gli ordini di accreditamento o di pagamento, le carte di credito e le altre carte di pagamento, le polizze assicurative trasferibili, le polizze di pegno e ogni altro strumento a disposizione che permetta di trasferire, movimentare o acquisire, anche per via telematica, fondi, valori o disponibilità finanziarie”; infine sono qualificati "prestatori di servizi relativi all'utilizzo di valuta virtuale: ogni persona fisica o giuridica che fornisce a terzi, a titolo professionale, servizi funzionali all'utilizzo, allo scambio, alla conservazione di valuta virtuale e alla loro conversione da ovvero in valute aventi corso legale”. Infatti, la nozione sopra riportata non si limita a qualificare la moneta elettronica quale “mezzo di scambio”, ma contempla espressamente la possibilità che tramite il suo impiego si compiano operazioni di “acquisto beni e servizi” oppure “finalità di investimento”, recependo quella caratteristica duttile delle “rappresentazioni digitali di valori”. Ne deriva una qualificazione fondata su una definizione “funzionale” che impone di ricondurre a tassazione non già il mero possesso di valute virtuali in quanto tali, bensì il loro impiego e la loro utilizzazione entro il novero delle diverse operazioni possibili, coerentemente con la loro natura effettiva, che è – per l’appunto - “rappresentativa di valori” che, a loro volta, sono costituiti da utilità economiche e giuridiche come tali valutabili e pertinenti al patrimonio del soggetto titolare, quindi espressivi di capacità contributiva. Invero, l’accoglimento di una nozione “funzionale” della moneta virtuale, comporta che è soggetta a tassazione non la moneta virtuale come mezzo finanziario in sé, ma l’utilizzo della moneta virtuale ai diversi fini che essa rende possibili (finanziari o di acquisto di beni e servizi, a seconda dei casi); Quindi la criptovaluta non costituisce “titolo” per la formazione di una particolare categoria di redditi, bensì questi ultimi derivano dall’impiego di moneta elettronica per finalità di investimento o di scambio di beni e servizi, con conseguenza possibilità di realizzazione di plusvalenze o altri redditi tassabili in base alla loro natura. A questo proposito, non si rinvengono elementi per escludere che in Italia il trattamento fiscale dell’uso della moneta elettronica ricade – per quanto concerne la dichiarazione dei redditi delle persone fisiche – entro il novero dell’art. 67 del DPR 22/12/1986 n. 917, come variamente indicato dal 2018 dalla Risoluzioni dall’Agenzia delle Entrate e sono da indicarsi nel quadro RT del relativo Modello dal 2019. Ecco quindi che il trattamento fiscale dell’utilizzo delle criptovalute opera in forza della natura delle operazioni poste in essere ove detto utilizzo generi materia imponibile. Torna alla home Altro tema caldo riguarda la pignorabilitá delle criptovalute nell'alveo del recupero crediti. Pignorabilitá ammessa ove sia noto il titolare del wallet su indicazione "ma" dello stesso debitore. Di Token, smart contract, e tokenizzazione del mondo dello sport e dell'arte parleremo in un prossimo contributo. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli #Criptovalute, nelle istruzioni per la compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi persone fisiche, l'Agenzia delle Entrate annovera le valute virtuali nella «tabella codici investimenti all'estero e attività estere di natura finanziaria» fra le «altre attività estere di natura finanziaria. A cryptocurrency is an encrypted data string that denotes a unit of currency. It is monitored and organized by a peer-to-peer network called a blockchain, which also serves as a secure ledger of transactions, e.g., buying, selling, and transferring. In italy they are binding to be declared in the fiscal annual declaration if they produce a gain pursuant to article 67 of the tax law.

  • Agenzia delle Entrate, l'autotutela ed il saldo e stralcio.

    Vediamo cosa è il "saldo e stralcio", e cosa è l' "autotutela", due modi per rispondere anche senza litigare all'Agenzia delle Entrate Riscossione. Home Il "Saldo e stralcio" riguarda esclusivamente le persone fisiche che versano in una grave e comprovata situazione di difficoltà economica: quando il valore ISEE riferito al proprio nucleo familiare non supera 20 mila euro; quando alla data di presentazione della dichiarazione di adesione, risulta già presentata la procedura di liquidazione di cui all'art. 14-ter della legge del 27/1/2012, n. 3. Il Saldo e Stralcio è previsto dalla legge 145/2018 art. 1 co. 184 e 185. Si tratta esclusivamente dei carichi derivanti dagli omessi versamenti dovuti in autoliquidazione, in base alle dichiarazioni annuali, e quelli derivanti dai contributi previdenziali dovuti dagli iscritti alle casse professionali o alle gestioni previdenziali dei lavoratori autonomi Inps. Leggi gli altri articoli o proponi il tuo caso Per i carichi derivanti dall'omesso versamento dei contributi dovuti dagli iscritti alle casse previdenziali professionali, l'applicabilità al “Saldo e stralcio” è stata subordinata all'approvazione di un'apposita delibera che ciascuna Cassa ha pubblicato, sul proprio sito internet istituzionale, entro il 16 settembre 2019, dandone altresì comunicazione, all'Agente della riscossione mediante posta elettronica certificata. Seguici sui social Per usufruire del "Saldo e stralcio", la Legge n. 145/2018 ha previsto la scadenza del 30 aprile 2019 come termine ultimo per presentare la dichiarazione di adesione. Il Decreto Legge n. 34/2019 ("Decreto Crescita"), convertito con modificazioni dalla Legge n. 58/2019, ha riaperto i termini per aderire al "Saldo e stralcio", fissando la nuova scadenza per presentare la domanda di adesione al 31 luglio 2019. L'agevolazione ha interessato solo i debiti non ricompresi nelle dichiarazioni di adesione alla "Rottamazione- ter" o al "Saldo e stralcio" già presentate entro il 30 aprile 2019. Nell’ambito dei provvedimenti legislativi emanati per fronteggiare i disagi economici e sociali connessi alla diffusione della pandemia da COVID-19, il Decreto Fiscale, convertito con modificazioni dalla Legge n. 215/2021 ha previsto la possibilità di effettuare il versamento delle rate scadute nel 2020 e nel 2021 entro il 14 dicembre 2021. Per verificare la propria situazione al di là di queste date è necessario recarsi presso gli uffici dell'agenzia delle entrate e richiedere un estratto dettagliato della propria posizione comprensivo delle date di notifica dei provvedimenti. Se il pagamento è avvenuto oltre i termini previsti o per importi parziali, la misura agevolativa non si è perfezionata e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto sulle somme dovute. I soggetti decaduti dal “Saldo e stralcio” per mancato, insufficiente o tardivo versamento delle somme scadute nel 2019, grazie alle novità introdotte dal “Decreto Rilancio” (DL n. 34/2020), possono comunque richiedere la rateizzazione delle somme ancora dovute ai sensi dell’art. 19 DPR 602/1973. E' possibile procedere anche autonomamente ad una verifica tramite il sito di agenzia delle entrate QUI La sospensione in auto tutela invece riguarda la possibilità che il privato cittadino scriva di proprio pugno all'Agenzia delle Entrate Riscossione al fine di chiedere la sospensione della riscossione, ove vi sia il sospetto di una intervenuta prescrizione del credito o vi sia un provvedimento deflattivo come una sentenza. (art. 1 co. 538 Legge 228/2012). In base alla nuova formulazione, ora sarà possibile richiedere la sospensione legale della riscossione esclusivamente nei casi seguenti e non più in base la vecchia clausola aperta, che prevedeva qualsiasi altra causa di inesigibilità de credito. Prescrizione o decadenza, intervenuta in data antecedente a quella in cui il ruolo è reso esecutivo. Pagamenti effettuati in date antecedenti il ruolo riconducibili al ruolo in oggetto. Sospensione amministrativa disposta dall'ente creditore Sospensione giudiziale o sentenza di annullamento, al quale il concessionario non ha preso atto. L'Agenzia delle Entrate invierà comunicazione all'ente creditore ed avrà 220 giorni per rispondere. Tale autotutela deve essere avviata entro 60 giorni dalla ricezione dell'atto/cartella che si intende contestare. Torna alla Home I rimedi su descritti, unitamente alle diverse "rottamazioni" avviate annualmente, costituiscono modi non litigiosi di definire con il fisco, accanto ai tradizionali ricorsi presso la commissione tributaria, mediazione tributaria, e ricorsi dinanzi all'autorità giudiziaria per vizi sostanziali o formali. Contattaci per ogni informazione Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Fisco: Le ritenute 10 bis non versate non son più reato se non certificate.

    Home Se non hai tempo vai alla Conclusione La Corte Costituzionale con la sentenza 175 del 14 luglio 2022, ha dichiarato, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 158 del 2015, e dell’art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole «dovute o» contenute nella rubrica della disposizione. Per effetto della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale – si legge nella sentenza – «viene ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché da una parte l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate; dall’altra il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amministrativo tributario». Leggi gli altri articoli o proponi il tuo caso. Si ricorda, infatti, che il D.Lgs. 158/2015 aveva definitivamente eliminato ogni dubbio ermeneutico circa la problematica della condotta, e quindi del reato qualificandosi come reato il nuovo testo dell’art. 10-bis, infatti, punisce «chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti» In definitiva, il legislatore delegato ha introdotto nell’art. 10-bis una nuova fattispecie penale (omesso versamento di ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione del sostituto), affiancandola a quella già esistente (omesso versamento di ritenute risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti), senza essere autorizzato a farlo dalla legge di delega, mentre sarebbe stato necessario un criterio preciso e definito per poter essere rispettoso anche del principio di stretta legalità in materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.) Per effetto della presente dichiarazione di illegittimità costituzionale viene ripristinato il regime vigente prima del d.lgs. n. 158 del 2015, che ha introdotto la disposizione censurata, sicché da una parte l’integrazione della fattispecie penale dell’art. 10-bis richiede che il mancato versamento da parte del sostituto, per un importo superiore alla soglia di punibilità, riguardi le ritenute certificate; dall’altra il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amministrativo tributario. Seguici sui Social Su questo assetto del regime sanzionatorio non è privo di rilevanza il recente sviluppo della giurisprudenza civile (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 12 aprile 2019, n. 10378), secondo cui, nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha operato le ritenute, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 del d.P.R. n. 602 del 1973 è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute. in conclusione per l'art. 10 bis, D.Lgs 74/2000, dal 14 Luglio 2022 viene ripristinato il vecchio regime dell'art. 10 bis e si prosegue nella linea tracciata dalla Corte Costituzionale a Sez. Unite sentenza 22 marzo-1° giugno 2018, n. 24782 secondo cui «con riferimento all’art. 10-bis nella formulazione anteriore alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015, la dichiarazione modello 770 proveniente dal sostituto di imposta non può essere ritenuta di per sé sola sufficiente ad integrare la prova della avvenuta consegna al sostituito della certificazione fiscale e il mancato versamento delle ritenute risultanti dalla dichiarazione, ma delle quali non c’è prova del rilascio delle relative certificazioni ai sostituiti, costituisce illecito amministrativo tributario». Hai un quesito? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Agenzia delle Entrate, intimazione di pagamento e cartelle, come procedere.

    L'esecuzione forzata da parte del concessionario - Agenzia delle Entrate Riscossione, Soget, Enti preposti o ex Equitalia, inizia una volta ricevuta la "cartella di pagamento". Home Il concessionario procede ad espropriazione forzata quando e' inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, salve le disposizioni relative alla dilazione ed alla sospensione del pagamento. Seguici sui Social Se l'espropriazione non e' iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalita' previste dall'articolo 26. di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. L'avviso, ovvero l'intimazione, redatto in conformita' al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia trascorso un anno dalla data della notifica. Ecco quindi che l'intimazione di pagamento ex art. 50 dpr 602/1973 costituisce una intimazione riassuntiva dei debiti verso la Pubblica Amministrazione, contenente somme a titolo di imposte, tasse e sanzioni che possono essere di diversa natura, IVA, IRPEF, IRAP, Addizionali Regionali, sino a Bolli e multe del codice della strada o di carattere amministrativo. Seguici on line Il punto dibattuto è quale sia il mezzo per rispondere ad una simile pretesa, che spesso risulta di difficile inquadramento proprio perché al suo interno contiene una moltitudine di "richieste erariali" anche molto differenti tra loro. Sul punto si registrano due importanti sentenze della Corte di Cassazione a sezioni unite, oltre che una serie di pronunce dei Tribunali Italiani e Commissioni Tributarie. E' stato quindi da ultimo precisato che quando si contesta il profilo del tributo in relazione ad una norma, la competenza sarà quella Commissione Tributaria Provinciale, quando invece il punto di critica attiene a profili formali, la competenza sarà del Tribunale Ordinario. Leggi gli altri contributi o proponi il tuo caso Quanto invece è in contestazione la prescrizione del diritto, la competenza sarà della Commissione Tributaria Provinciale, in relazione al quel singolo Tributo, essendo la Commissione chiamata a discernere delle diverse prescrizioni ove vi sia una moltitudine di imposte. Si segnalano diversi casi di ricorsi in appello alle commissioni Tributarie Regionali ove le Provinciali non abbiano differenziato la tipologia di prescrizione. (in sintesi il pensiero della Corte di Cassazione Sez. Un. 8465 del 15 Marzo 2022 e della Cassazione Civile ordinanza n. 2541 del 01 febbraio 2018, in senso difforme Cassazione 14648 del 2017). Torna alla Home Infine il problema della rottamazioni (bis/ter) decadute e delle rateizzazioni. Ove infatti tali contestazioni vadano a "colpire" la somma richiesta dall'amministrazione di pagamento nella intimazione, allora si potrà procedere una opposizione in Tribunale, vertendosi di fatti successivi al sorgere dell'imposta. Trattasi quindi di fatti sopravvenuti non deducibili nell’ambito del processo tributario esempio fattispecie estintive del credito come l’intervenuto pagamento o lo sgravio cd. “rottamazione” delle cartelle di pagamento), che possono certamente essere fatte valere dell’agente della riscossione a procedere all’esecuzione forzata. trovato piena conferma anche nella sentenza della Suprema Corte n. 11900/2019 e Corte di App. Catania ordinanza rg. 5000/19. Salvo che il Tribunale neghi la propria competenza! Insomma, la questione è molto articolata, ed andrà valutata caso per caso, oggi a seguito della ripresa delle attività di riscossione assistiamo ad una vasta attività di produzione giurisprudenziale. Hai un quesito? Contattaci Leggi i nostri articoli "Tributari" gratuitamente qui di seguito. Studio Legale Angelini Lucarelli

  • E' regolare il DURC in caso di plurime rateizzazioni saldate in unica soluzione

    Il ritardo nel pagamento di una rata alla Cassa Edile non costituisce circostanza significativa incidente sulla regolarità della posizione contributiva della società ausiliaria, al punto da determinarne l’esclusione. Seguici sui Social Anche i pagamenti (in ritardo) effettuati in un’unica soluzione, sebbene in ritardo rispetto alla scadenza dovuta, non possono riflettersi negativamente sulla regolarità del DURC richiesto dall'impresa. Contattaci se hai un quesito Regola di buona amministrazione è infatti il principio secondo cui per il requisito di partecipazione alle gare pubbliche della regolarità contributiva deve persistere per tutta la procedura di gara e anche nella fase esecutiva: Home infatti l’accoglimento di un’istanza di rateizzazione del debito pone nuovamente l’impresa in condizione di regolarità e, quindi, con possibilità di partecipare alla procedura (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 5 giugno 2013, n. 15). Ai fini del possesso del requisito di regolarità la previa istanza di rateizzazione e la conseguente approvazione della rateizzazione dei pagamenti da parte degli enti previdenziali è sufficiente in assenza di atti successivi di questi ultimi idonei ad incidere in senso contrario sulla regolarizzazione accordata; Tanto è in linea con la disciplina di settore di cui all’art. 3 D.M. 31 gennaio 2015 sul documento di regolarità contributiva a mente del quale “La regolarità sussiste comunque in caso di: a) rateizzazioni concesse dall’INPS, dall’INAIL o dalle Casse Edili ovvero dagli Agenti della Riscossione sulla base delle disposizioni di legge e dei rispettivi regolamenti”. Inoltre, per quanto di interesse, l’art. 3, comma 2, lett. b) dello stesso decreto aggiunge che la regolarità contributiva sussiste comunque in caso di sospensione di pagamenti in forza di disposizioni legislative. La correttezza del ragionamento non è scalfita neppure dalla normativa sopravvenuta di cui all’art. 8 del d.l. n. 76 del 16.7.2020, incidente sulle modalità di verifica della regolarità contributiva, ci si riferisce alla nota INPS "Messaggio n. 2998" del 30.7.2020 laddove si precisa, con rifermento alla portata della norma che: "il quadro normativo così delineato riconduce in capo alla stazione appaltante/amministrazione procedente la valutazione in ordine alla possibilità di utilizzare o meno il Durc On Line con scadenza tra il 31 gennaio 2020 e il 31 luglio 2020 e con validità prorogata ope legis ai sensi dell’articolo 103, comma 2, del decreto-legge n. 18/2020, in relazione alle specifiche finalità per le quali è richiesta la verifica della regolarità contributiva."). Torna alla Home Legale Oggi

  • Operazioni oggettivamente inesistenti, a chi spetta provare che l'operazione non è stata realizzata?

    Contattaci per ogni esigenza Per rispondere alla domanda, molto in voga in questo periodo riprendiamo i passi delle pronunce della Corte di Cassazione degli ultimi mesi. Secondo la giurisprudenza che si è andata consolidando sulla problematica relativa alla detraibilità dell'I.V.A. ed alla deducibilità dei costi nel caso di fatture relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, la fattura, di regola, costituisce titolo per il contribuente ai fini del diritto alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto e alla deducibilità dei costi in essa annotati, per cui: spetterà all'Ufficio dimostrare il difetto delle condizioni per l'insorgenza di tale diritto. Home Fiscale Tale prova può essere fornita anche mediante elementi indiziari e presuntivi, poiché la prova presuntiva non è collocata su un piano gerarchicamente subordinato rispetto alle altre fonti di prova e costituisce una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza anche in via esclusiva ai fini della formazione del proprio convincimento (orientamento predominate dell'ultimo decennio). Pertanto, nel caso in cui l'Ufficio Finanziario ritenga che la fattura concerna operazioni oggettivamente inesistenti, ossia sia mera espressione cartolare di operazioni commerciali mai poste in essere, e quindi, contesti anche l'indebita detrazione dell'I.V.A. e la deduzione dei costi, ha l'onere di provare che l'operazione fatturata non è mai stata effettuata, indicando, a tal fine, elementi anche indiziari. Quindi solo a quel punto, dopo cioè che il primo passo sia stato compiuto dall'ufficio finanziario, passerà sul contribuente l'onere di dimostrare l'effettiva esistenza delle operazioni contestate. Seguici sui Social Ma attenzione, tale prova non può tuttavia consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poiché questi sono facilmente falsificabili o vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un'operazione fittizia. E per l'iva è la stessa cosa? No, infatti con specifico riferimento all'I.V.A., inoltre, in caso di operazioni oggettivamente inesistenti, il diritto alla detrazione dell'imposta non può in alcun modo farsi discendere - anche sul piano probatorio - dal solo fatto dell'avvenuta corresponsione dell'imposta formalmente indicata in fattura, richiedendosi, altresì, l'inerenza dell'operazione all'impresa, che è certamente mancante in relazione al pagamento dell'I.V.A. corrisposta per operazioni (anche parzialmente) inesistenti, in quanto di per sé inidoneo a configurare un pagamento a titolo di rivalsa, trattandosi di costo non inerente all'attività dell'impresa, ed anzi potenziale espressione di detrazione verso finalità ulteriori e diverse, tali da rompere il detto nesso di inerenza. Ecco quindi che in tema di Iva, sarà necessario seguire il principio dell'inerenza dei costi. Prima di chiudere questa la disamina precisiamo che ai fini IVA, l’inerenza debba essere valutata secondo un giudizio di tipo qualitativo e non quantitativo, correlato all’attività d’impresa; con la conseguenza che la detrazione non possa essere esclusa solo in virtù di un mero giudizio fondato sulla congruità del costo. Contattaci per un quesito Unica eccezione al predetto principio è la possibilità per l’amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica anti-economicità dell’operazione, la quale costituisce elemento sintomatico dell’assenza di correlazione dell’operazione Iva, con lo svolgimento dell’attività imprenditoriale. Legale Oggi a cura dello Studio Legale Angelini Lucarelli

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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