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- Farmacia: Società partecipata da società di capitale di professionisti sanitari, Incompatibilità.
Società di capitali, farmacia e incompatibilità nello svolgimento della professione medica. #farmacia #incompatibilità Proponiamo la risposta fornita dal Consiglio di Stato nel tema delicato della sussistenza della incompatibilità in tema di Società, Farmacia e professione medica. La nozione di “esercizio della professione medica”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, l. n. 362 del 1991, deve ricevere un’interpretazione funzionale ad assicurare il fine di prevenire qualunque potenziale conflitto di interessi derivante dalla commistione tra questa attività e quella di dispensazione dei farmaci, in primo luogo a tutela della salute; in tal senso deve ritenersi applicabile la situazione di incompatibilità in questione anche ad una casa di cura, società di capitali e quindi persona giuridica, che abbia una partecipazione in una società, sempre di capitali, titolare di farmacia; una società concorre nella “gestione della farmacia”, per il tramite della società titolare cui partecipa come socio, qualora, per le caratteristiche quantitative e qualitative di detta partecipazione sociale, siano riscontrabili i presupposti di un controllo societario ai sensi dell’art. 2359 c.c., sul quale poter fondare la presunzione di direzione e coordinamento ai sensi dell’art. 2497 c.c. Home L’insieme di queste considerazioni debbono quindi condurre a ritenere che anche una persona giuridica, in particolare una clinica privata, possa considerarsi esercitare, nei confronti dei propri assistiti, la professione medica ai fini della previsione di cui all’art. 7, comma 2, secondo periodo, della l. 362/1991. Va precisato ancora come non si tratta di dare corso ad interpretazioni estensive o analogiche di cause o regole escludenti tassative, quanto, piuttosto, di privilegiare un’interpretazione funzionale e sistematica, coerente con la ratio ispiratrice della veduta regola di incompatibilità che mira ad evitare commistioni di interessi “tra medici che prescrivono medicine e farmacisti interessati alla vendita, in un'ottica di tutela del diritto alla salute di rango costituzionale” Contattaci Differentemente, in assenza di una società unipersonale e quindi di una partecipazione totalitaria, (ma sempre ragionando in relazione ad un diverso tipo di incompatibilità) dovrebbe assumere rilevanza una partecipazione che comunque permetta di concorrere nella gestione della farmacia, nel senso di influenzarne le scelte aziendali. Non rileverebbe quindi qualunque partecipazione sociale ma quella che possa dare al socio il controllo della società, nei modi gradatamente indicati dal citato art. 2359 e in presenza dei quali, come si è già osservato, opera la presunzione di direzione e coordinamento Soccorrono evidentemente le regole e gli istituti propri del diritto societario, nell’elaborazione offertane in primo luogo dalla giurisprudenza civile. Quindi: Non è possibile offrire in questa sede soluzioni all’insegna dell’automatismo, apparendo imprescindibile la valutazione del singolo caso rimessa al prudente apprezzamento dell’amministrazione cui non a caso va comunicato, a norma dell’art. 8, comma 2, della l. 362/1991, lo statuto della società titolare della farmacia e “ogni successiva variazione, ivi incluse quelle relative alla compagine sociale”. CdS 5/2022. Seguici Avv Aldo Lucarelli
- Concorso Farmacie, il limite dei dieci anni e le quote minoritarie in una Srl.
Il Consiglio di Stato con una spinta pronuncia elabora una teoria innovativa sul limite decennale per concorrere al concorso farmacie e cio' facendo compara la normativa in tema di appalto alla procedura concorsuale del concorso straordinario farmacie, Andiamo con ordine... il caso #farmacia #concorso #Puglia L’art. 12, comma 4, della legge n. 475/1968 stabilisce che il farmacista che abbia ceduto la propria farmacia non può concorrere all’assegnazione di un’altra farmacia se non sono trascorsi almeno 10 anni dall’avvenuto trasferimento: il divieto di concorrere all’assegnazione di una farmacia comporterebbe l’impossibilità di assegnare una nuova farmacia al farmacista che abbia alienato la propria nell’arco dei dieci anni precedenti. Teorema pacifico e da un ventennio, in senso conforme addirittura C.d.S. n. 7467 dal 2004. Tuttavia tale limite oggi si scontra con l'innovativa posizione societaria di molte farmacie, a seguito della riforma 124 del 2017 e con la scissione farmacista persona fisica /farmacia. Ecco quindi che si potrebbero avere delle quote minoritarie, ininfluenti ai fini della titolarità della farmacia, dapprima inimmaginabili quando, in assenza della previsione societaria, non era possibile scindere la gestione dalla proprietà e suddividere in quote sociali la proprietà, quello che oggi è possibile con una società a responsabilità limitata, il modello societario preferito dalla stessa Adunanza n. 69 del Consiglio di Stato! Cosa accade quindi se il farmacista sia titolare di una quota minoritaria della sede farmaceutica, quota non rappresentante la titolarità? Nella fattispecie in esame non si verte nel caso della cessione della titolarità da parte di società titolare dell’autorizzazione, ma della cessione di quote minoritarie, rimanendo inalterata la titolarità della farmacia. Ed ecco lo slancio innovativo: Ne consegue che l’ipotesi concreta si pone ben lontana da quella che il legislatore del 1968 ha voluto prevenire: ossia evitare che il farmacista, il quale abbia ceduto la propria farmacia, si appropri attraverso l’assegnazione concorsuale di un nuovo esercizio farmaceutico, ottenendo un doppio vantaggio economicamente valutabile”. La medesima ratio ricorre anche laddove la cessione sia stata effettuata da una società di persone dovendo ritenersi che anche il quel caso il socio abbia acquisito i relativi vantaggi ma è quanto meno dubbio possa altresì rinvenirsi in una semplice cessione di quote di una società di capitale, dotata di personalità giuridica e di autonomia patrimoniale “perfetta”. E' pur vero che nel caso esaminato in sentenza, le quote erano state cedute medio tempore a causa di un provvedimento giudiziario, ma si è comunque aperta la breccia per differenziare il valore della quota societaria, ed attribuire quindi il peso e la responsabilità a quella quota societaria che possa rappresentare “titolarità della farmacia”, escludendo, per un principio di proporzionalità, la quota minoritaria ceduta, dai rigidi schemi del divieto decennale previsto dall'art. 12 della legge 475 del 1968. Home Un altro passo verso un nuovo diritto societario della farmacia, sempre meno vincolato agli schemi creati per rispondere ad una logica diversa, quella del farmacista persona fisica. Se ti è piaciuto l'argomento seguici o contattaci per ogni esigenza. segui il sito dedicato Farma&Diritto Avv. Aldo Lucarelli
- FederFarma e le vicende regionali.
La Federfarma Regionale non puo' agire in giudizio a difesa di interessi di carattere nazionale, anche se hanno un riflesso locale. Questo è il pensiero del Tar Marche che in una recente ed importante vicenda atti nente al tema caldo delle incompatibilità della legge 362 art. 7 co. 2 ha statuito in favore di FederFarma Nazionale, unica titolare ad agire in giudizio per la difesa di interessi di di carattere nazionale. In sintesi ove sebbene la vicenda per cui è causa riguardi uno specifico ambito territoriale, con la presente iniziativa giudiziaria Federfarma Regionale, per sua stessa ammissione, fa valere in giudizio un interesse istituzionalizzato riferibile all’intera categoria dei farmacisti titolari di farmacie private (oltre 18.000 su tutto il territorio nazionale), consistente appunto nella difesa dell’interpretazione più rigida della disciplina delle incompatibilità di cui all’art. 7, comma 2, della legge n. 362 del 1991, come modificato dall’articolo unico, commi 157 e ss. della legge n. 124 del 2017. Nè la questione puo' essere superata dall'intervento in giudizio ad adiuvandum di Federfarma, Peraltro, ad avvalorare quanto appena sostenuto, vi è la circostanza che, avverso i medesimi atti oggetto della presente impugnativa, sia Federfarma Nazionale, sia la Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (FOFI) hanno proposto autonomi ricorsi, iscritti, rispettivamente, al n. 452/2019 RG e al n. 447/2019 RG e passati in decisione alla medesima pubblica udienza. Torna alla Home La legittimazione al ricorso sarebbe dunque sicuramente spettata a Federfarma Nazionale, che, nella sua qualità di associazione maggiormente rappresentativa dei farmacisti titolari, è chiamata a far valere in giudizio gli interessi della categoria unitariamente considerata; non a caso la stessa espressamente annovera, tra i suoi scopi statutari, quello “di tutelare in ogni sede, anche giurisdizionale, e anche in una con le Organizzazioni aderenti, gli interessi sindacali e professionali dei Titolari di Farmacia” e “di rappresentare le Organizzazioni aderenti avanti gli organi tecnici, giurisdizionali ed amministrativi…” #farmacia #federfarma #Tar Inoltre, come più volte ribadito dalla giurisprudenza amministrativa, è inammissibile l’intervento ad adiuvandum nel processo amministrativo da parte di un soggetto portatore di una propria legittimazione a proporre il ricorso giurisdizionale in via principale (quali appunto Federfarma Nazionale e l’Ordine dei farmacisti), potendo esso essere spiegato solo da parte di soggetti titolari di una posizione meramente accessoria o dipendente rispetto a quella dei ricorrenti (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 22 luglio 2019, n. 5124; T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 562). Hai un quesito sul Tema? Contattaci visita anche Farma&Diritto a cura di Aldo Lucarelli
- Farmacia, Famiglia ed impresa, se l'impresa Familiare si trasforma in SRL, che succede?
La #famiglia è il nucleo essenziale della vita, ma spesso è un concentrato di affari, problematiche e vicende societarie da organizzare. Vediamo il caso dell'#impresa familiare che, una volta avviata dal padre/madre imprenditore, necessita di essere riorganizzata, e quindi trasformarsi in Società per l'ingresso di nuovi soci, per organizzare la vita #familiare dei figli cresciuti o per vendere le proprie quote al mercato in caso in cui i parenti non siano tutti concordi. Cosa fare quindi dell'impresa familiare? Se non hai tempo di leggere, vai alle conclusioni E' possibile quindi che un'impresa familiare diventi una Società, ma prima è necessario affrontare vicende collegate come il mutamento del regime familiare dei coniugi, e la successiva creazione di una #SRL ove conferire il denaro e/o l'azienda. Ci è stato chiesto se una impresa familiare, avviata da un imprenditore sposato ed in regime di comunione dei beni possa essere #trasformata in una #Società commerciale, previa #liquidazione/scioglimento dell'impresa individuale e se tale operazione possa configurare un abuso del diritto ai fini fiscali. Stiamo parlando della necessità per attività come la farmacia, l'officina meccanica, l'impresa alimentare o agricola, e simili, che già avviate da un singolo imprenditore si trovino per diversi motivi a voler trasformare l'attività familiare in Società a Responsabilità Limitata, previo mutamento del regime familiare. Le motivazioni possono essere le piu' varie, dalla riduzione del rischio di impresa, ai rapporti con i fornitori, alla apertura a nuovi soci, (è il caso oggi ammesso per le farmacie ai sensi della legge 124/2017) o ancora per facilitare il trapasso generazionale, in caso in cui il titolare sia avanti con l'età. Ed è quindi il caso è assai frequente di tutte quelle imprese familiari che vengono sciolte e poi trasformate in Srl per motivi imprenditoriali o gestionali. Gestionali: magari con la previsione di un #amministratore esterno o addirittura di una consiglio di amministrazione se le scelte gestionali siano particolarmente complesse. Esiste però l'ulteriore scoglio del regime della famiglia sottostante, ove ad esempio i coniugi siano in comunione legale tra loro e quindi prima di liquidare l'impresa sarà anche necessario procedere ad un mutamento del regime della famiglia, da comunione legale a separazione dei beni. Il mutamento del regime patrimoniale della famiglia sarà necessario ad esempio, per poi rendere neutra l'operazione di conferimento della somma risultante dallo scioglimento della impresa familiare nella neo costituita società, o per evitare che questioni di comunione legale inficino i rapporti societari da costituire. Tale operazione, da impresa familiare ad SRL è legittima, ha vantaggi, oppure costituisce un abuso del diritto? Per rispondere a questa domanda facciamo un passo indietro. L'impresa familiare è in realtà una attività imprenditoriale individuale svolta per il 51% in proprio dal titolare e per la restante parte divisa con i propri familiari. (art. 230 bis codice civile) I familiari quindi non saranno né soci, né dipendenti, bensì associati, e come tali percepiranno una quota di utili, non diventando per ciò stesso imprenditori. (art. 5 co. 4 TUIR) La Famiglia come impresa, l'impresa come la famiglia, fenomeni da gestire. Nel caso in cui detta impresa venga anche svolta con il coniuge, ma in regime di comunione legale, si pone l'ulteriore problema di dover mutare anche il regime della famiglia, da comunione legale a separazione, e quindi all'uso delle somme cadute in separazione legale per il successivo conferimento nella neo nata SRL. Scopo infatti del nostro imprenditore era quello di trasformare la propria posizione in una società a responsabilità limitata. E quindi veniamo alla risposta. Sarà possibile per il l'imprenditore sciogliere l'impresa familiare, e mutare il regime familiare da comunione a separazione, tramite una liquidazione della quota familiare, liquidazione che non costituirà costo deducibile bensì liquidazione di una parte dell'utile in favore del coniuge associato. La somma residua della liquidazione potrà quindi essere conferita nella neo nata SRL per la quale, secondo l'agenzia delle entrate, costituirà operazione neutra in quanto le somme conferite sono state precedentemente tassate nella impresa individuale sciolta. Tralasciando gli aspetti fiscali, che esulano dal presente articolo, quello che possiamo affermare è che non si tratterà di una attività in frode alla legge né in violazione dell'art. 10 bis (legge 212/02) in quanto né il fine raggiunto, ovvero la trasformazione da impresa individuale ad SRL, né l'architettura legale utilizzata, costituiscono abuso del diritto. Conclusione Trasformare l'impresa familiare in SRL potrà dare la possibilità di gestire sia la società che i rapporti familiari in un contesto - quello della società - in cui ognuno avrà i suoi ruoli. La neo costituita SRL potrà quindi operare sul mercato libera dai rapporti familiari e con tutti i vantaggi della possibilità di monetizzazione del capitale anche in caso di cessione pure parziale delle quote. Hai un caso specifico? Sottoponici il quesito Avv. Aldo Lucarelli #farmacia cit. risoluzione agenzia delle entrate n. 195/21
- Farmacia: Quali sono le competenze del Comune?
Oggi i Comuni a seguito del potenziamento del servizio di distribuzione farmaceutica, ed accesso alla titolarità delle farmacie, introdotto dall'art. 11 del D.L. 1/12, detengono l'esercizio delle competenze connesse alla pianificazione sul territorio delle sedi, mentre le Regioni, tramite gli uffici della ASL mantengono le funzioni di impulso e controllo, oltre che di sostituzione di detto potere, volto a garantire l'approvazione biennale delle piante organiche ed i conseguenti concorsi, ordinario e straordinario per l'assegnazione delle sedi di farmacia resesi vacanti oppure di nuova istituzione a seguito della ripartizione popolazione/territorio. Come abbiamo visto in altri contributi, i Comuni hanno un ruolo preponderante nella istituzione delle farmacie e nell'organizzazione della dislocazione sul territorio, grazie alla vicinanza ed al collegamento con il territorio. La revisione della pianta organica delle farmacie costituisce il momento centrale dell'organizzazione del servizio farmaceutico sul territorio, essendo un atto di generale funzione programmatoria con il quale le previsioni della legge vengono calate concretamente nella vita di ogni singolo comune. Ecco quindi che la revisione, sulla base della popolazione residente e di eventuali esigenze topografiche e di viabilità del territorio determina sia il numero degli esercizi farmaceutici di cui la comunità locale potrà disporre, che la tendenziale ubicazione di ciascuna di essere, mediante la suddivisione del territorio comunale in differenti zone limitate da precisi confini, e l'assegnazione di ciascuna zona ad un corrispondente farmacista. La pianta organica redatta dal Comune dovrà tener conto della popolazione residente secondo gli indici ISTAT disponibili, le sedi farmaceutiche già esistenti, le sedi farmaceutiche assegnate, e la circoscrizione di ciascuna farmacia. Ecco quindi che la revisione coinvolgerà: l'istituzione di nuove sedi, la ridefinizione di quelle esistenti, il decentramento delle farmacie in caso vi sia stata la necessità di dislocare una precedente sede, o a seguito di domanda di trasferimento del titolare, alla conferma della precedente pianta organica, ed al riassorbimento delle sedi istituite e non ancora in esercizio per effetto dell'intervenuto decremento della popolazione. Fatta eccezione per i Comuni con sede farmaceutica unica, la pianta organica è corredata dalla rappresentazione cartografica delle sedi. La rappresentazione cartografica e la descrizione letterale devono individuare l’identica porzione di territorio comunale. La pianta organica è inoltre corredata da appendice indicante, ove presenti: - le farmacie aggiuntive istituite dalla Regione nei luoghi ad alto transito - i dispensari farmaceutici permanenti; - i dispensari farmaceutici stagionali; - le farmacie succursali. La Regione, all’inizio di ciascun anno pari, invia comunicazione ai Comuni per invitarli a procedere alla revisione della pianta organica delle farmacie. La comunicazione è inviata anche alle Aziende USL,le quali, nell'ambito di un rapporto collaborativo volto ad assicurare la migliore distribuzione delle farmacie sul territorio, assumono un duplice ruolo: da un lato offrono supporto tecnico ai Comuni che lo richiedano e suggeriscono eventuali modifiche volte, a loro avviso, a migliorare la distribuzione delle farmacie; dall'altro verificano il rispetto degli adempimenti obbligatori propri dei Comuni così consentendo l'eventuale esercizio del potere sostitutivo da parte della Regione. Entro il mese di febbraio dello stesso anno pari, il Comune avvia il procedimento di revisione della propria pianta organica e valutata l'adeguatezza della distribuzione delle farmacie sul proprio territorio, elabora un progetto che può essere di revisione o di conferma della pianta organica esistente. Il progetto è un documento che indica se la pianta organica preesistente è confermata o se, invece, è oggetto di revisione, Il progetto è di conferma quando restano invariati il numero di sedi farmaceutiche e le circoscrizioni perimetrate (descrizione delle sedi territoriali). In tal caso la pianta organica è semplicemente aggiornata con il dato della popolazione residente ed eventualmente rettificata per variazioni ed errori (ad esempio variazioni di titolarità, di indirizzo, di classificazione in urbana/rurale). Il progetto è, invece, di revisione quando varia il numero di sedi farmaceutiche e, di conseguenza, variano le circoscrizioni perimetrate, oppure quando, pur restando invariato il numero di sedi farmaceutiche, variano le circoscrizioni. Nel progetto di revisione il Comune indica anche le nuove sedi farmaceutiche sulle quali intende esercitare il diritto di prelazione, nel limite della metà delle sedi vacanti e di nuova istituzione, ai sensi dell’articolo 9 della legge 2 aprile 1968, n. 475. Nel caso di unica farmacia vacante o di nuova istituzione, la prelazione si esercita alternativamente al concorso, nel senso che l'opzione da parte del Comune è possibile solo se l'ultima assegnazione di sede effettuata nel comune sia avvenuta per concorso pubblico (cd. criterio dell’alternanza); qualora il numero delle sedi vacanti o di nuova istituzione risulti dispari, la preferenza spetta per l'unità eccedente al Comune. Una volta elaborato il progetto, il Comune lo trasmette all’Ordine Provinciale dei Farmacisti competente per territorio per acquisirne, entro il termine di trenta giorni, il parere previsto dalla legislazione statale (art. 11 del D.L. 1/2012, convertito in L. 27/2012). Prima di chiudere due aspetti da precisare. La giustizia amministrativa ha piu' volte ribadito che l'Ordine dei Farmacisti territorialmente competente, così come la ASL di zona DEVONO essere preventivamente sentiti ai fini della riformulazione della pianta organica, ma il mancato allineamento alle loro indicazioni non costituisce irregolarità tant'è che i Comuni in assenza di risposta possono comunque procedere decorsi 90 giorni dalla richiesta del parere. Quello che invece rileva maggiore importanza è la prova che l'Ente Comunale abbia effettivamente dato vita ad una compiuta istruttoria atta a sostenere le motivazioni della conferma e/o della riforma della pianta organica comunale, e cio' in quanto la delibera di Giunta sarà sufficiente motivata, nei limiti della ragionevolezza e della discrezionalità amministrativa. Ultimo punto, a quale organo Comunale compete la revisione? La maggiore giurisprudenza conferisce tale compito alla Giunta, anche se vi sono arresti a favore dei Consigli Comunali soprattutto anche in relazione ad alcune raccomandazioni Ministeriali sul tema, e cio' in ragione del fondamento delle scelte di revisione che trattando momenti fondamentali della vita sociale, incidono sulla programmazione del servizio, e quindi rientrerebbero nella competenza del Consiglio Comunale. Avv. Aldo Lucarelli Diritto Farmaceutico
- Farmacia, riorganizzazione territoriale e istruttoria.
Cerchiamo di capire quale sia il ruolo del Comune nella pianificazione del territorio, nella delimitazione dei confini e quale sia l'organo deputato alla riorganizzazione della pianta organica comunale. Giunta o Consiglio Comunale? Quale atto di programmazione dovrebbe essere del Consiglio, ma attenzione che se è vero, infatti, che la Giunta comunale gode di ampia discrezionalità nella perimetrazione dei bacini di utenza delle sedi farmaceutiche e che le pertinenti decisioni possono essere sindacate solo se manifestamente irragionevoli (cfr. ex multis Cons. St., Sez. III, 12 febbraio 2015, n.749), è anche vero che le relative scelte localizzative devono, in ogni caso, fondarsi sulle più complete ed aggiornate acquisizioni istruttorie in ordine alla consistenza demografica del territorio comunale. La garanzia della capillare presenza sul territorio come parametro. La garanzia di “una più capillare presenza sul territorio del servizio farmaceutico”, per come prevista dall’art.11, comma 1, d. l. 24 gennaio 2012, n.1 (convertito dalla legge 24 marzo 2012, n.27), esige, invero, che le piante organiche delle farmacie siano deliberate, in ossequio ai nuovi parametri stabiliti dalla suddetta disposizione, sulla base di informazioni esaurienti ed attuali circa la distribuzione in tutto il territorio comunale del fabbisogno inerente il servizio in questione. Ma quale istruttoria? Necessaria la raccolta di dati statistici. In difetto dell’acquisizione istruttoria di tutti i dati statistici necessari a deliberare una zonizzazione informata e coerente con l’interesse generale alla più capillare distribuzione del servizio farmaceutico sul territorio, le scelte localizzative delle nuove sedi farmaceutiche, ancorchè connotate dall’ampia discrezionalità sopra ricordata, devono intendersi, in ogni caso, inficiate da una grave ed insanabile carenza informativa sulla situazione demografica e territoriale su cui è destinata incidere la perimetrazione dei bacini d’utenza delle sedi di nuova istituzione. In coerenza con i parametri di giudizio appena tracciati, si deve, allora, rilevare l’illegittimità della citata delibera di Giunta, siccome adottata in assenza di acquisizioni istruttorie complete ed aggiornate sulla realtà demografica del Comune. E quindi quale ruolo hanno i pareri dell'Ordine dei Farmacisti, e della ASL? Ove la delibera di Giunta sia assunta in difetto della formale acquisizione, prescritta dall’art.1, comma 2, legge 2 aprile 1968, n.475, appare concretizzarsi il vizio di difetto di istruttoria, che, peraltro, si configura, nella specie, anche come violazione di legge, nella misura in cui l’adempimento istruttorio pretermesso è imposto dalla disposizione legislativa che regola il procedimento in esame. ù L’omessa e tempestiva acquisizione degli avvisi obbligatori imposti dalla legge inficia, infatti, insanabilmente la deliberazione formalizzata dall’organo competente in mancanza del perfezionamento del relativo ed indefettibile segmento endoprocedimentale. Sulla competenza della Giunta Comunale si cita la sentenza Cons. St., sez. III, 15 aprile 2014, n. 1828 secondo cui la competenza alla revisione delle piante organiche delle farmacie spetta alla Giunta (e non al Consiglio comunale), con l’evidente corollario che la successiva deliberazione di un organo incompetente non può in alcun modo valere a sanare i vizi che hanno inficiato la validità di quella adottata da quello competente. Avv. Aldo Lucarelli.
- Farmacia: tra il Direttore ed il Titolare, quale confine? Il Codice Etico.
Il direttore di farmacia può essere part time? Il direttore può esercitare contestualmente in più farmacie? In caso di contrasto tra Direttore e Titolare cosa accade? Il Codice Etico. Gli interrogativi nascono dal nuovo contesto avviato dalla legge 124/2017 che prevede la possibilità che una farmacia gestita da una società commerciale sia anche di soggetti non farmacisti, per quel che attiene alla proprietà delle quote però e non alla gestione. Infatti i casi di sostituzione del direttore di farmacia sono tassativi ex lege e devono essere comunicati alla ASL competente con preavviso di almeno 3 giorni. Ma allora sarebbe possibile un direttore part time, o un direttore che completi l'orario di un altro direttore? La risposta é negativa e ciò alla luce della interpretazione fornita dal Ministero della Salute con una propria nota del 2019, il tutto per fugare i dubbi emersi nella prassi quotidiana. Secondo il Ministero, “l’attuale quadro normativo non è compatibile con forme contrattuali di affidamento dell’incarico di direttore che non ne garantiscano una presenza piena e ininterrotta o con la possibilità che una stessa persona ricopra tale assorbente ruolo in più farmacie, tanto più se si considera che, per effetto del recente intervento del legislatore, la compagine sociale di una società titolare di farmacia può essere costituita per intero da non farmacisti e che pertanto la figura del direttore di farmacia, responsabile del regolare svolgimento del servizio farmaceutico, rappresenta, in tali casi, garanzia di professionalità e competenza nell’esercizio di farmacia”. Inoltre, prosegue la nota, “la legge 127/2017 (secondo noi si riferiva alla 124 e non alla 127 del 2017) se da un lato ha introdotto […] la significativa innovazione con riguardo alla possibilità che la direzione della farmacia di cui è titolare una società sia affidata anche ad un farmacista non socio, in possesso del requisito dell’idoneità […] dall’altro non ha apportato modifiche sostanziali al ruolo del direttore di farmacia ed al rilievo che questi riveste nella conduzione professionale della farmacia; tanto che nel sopracitato articolo 7, comma 4, conferma l’estremo rigore con riferimento alle cause che consentono una sostituzione temporanea del direttore, equiparando, in tale ambito, quest’ultimo al titolare individuale. D’altro canto, anche l’art. 14 del DPR n. 1275 del 1991 […] nel prevedere i casi di sostituzione temporanea, dispone che il direttore della farmacia deve personalmente attendere alla direzione della farmacia ed alla conduzione economica della stessa. Previsione, questa, da leggere parallelamente con quella contenuta nel comma 1 dell’art. 11 della legge 362 del 1991 sulla base del quale il titolare della farmacia ha la responsabilità del regolare esercizio e della gestione dei beni patrimoniali della farmacia e nel primo comma dell’art. 119 del TULLSS che enunci l’inscindibilità tra il farmacista imprenditore e il farmacista-professionista”. É poi il caso di evidenziare che la figura del Direttore: è responsabile dell’organizzazione complessiva della farmacia e deve curare, in particolare, che l’esercizio sia organizzato in modo adeguato al ruolo che la farmacia svolge in quanto presidio sociosanitario e centro di servizi sanitari. è garante e personalmente responsabile, nell’ambito della farmacia da lui diretta, del rispetto delle disposizioni di legge e di tutte le regole deontologiche vigenti che saranno applicate in maniera uniforme, omogenea e senza distinzioni. eventuali inosservanze alle previsioni che precedono saranno valutate in sede disciplinare, secondo criteri di omogeneità, par condicio ed uniformità e senza distinzioni in ordine alla proprietà della farmacia. Ed infine: Qualora la proprietà della farmacia non faccia osservare le prescrizioni del Codice Deontologico il farmacista direttore ha il dovere di segnalare l’inosservanza all’Ordine. Il direttore può esercitare contestualmente in più farmacie? Gli interrogativi nascono dal nuovo contesto avviato dalla legge 124/2017 che prevede la possibilità che una farmacia gestita da una società commerciale sia anche di soggetti non farmacisti, per quel che attiene alla proprietà delle quote però e non alla gestione. Infatti i 'casi di sostituzione del direttore di farmacia sono tassativi ex lege e devono essere comunicati alla ASL competente con preavviso di almeno 3 giorni.. al titolare diremmo noi. Ecco quindi una nuova ipotesi di contrasto tra due figure oggi apicali ma di difficile convivenza, il Titolare della Farmacia ed il Direttore. In entrambi i casi parliamo di figure di vertice, ma mentre la prima, il titolare, ad esempio proprietario delle quote della società, avrà un compito manageriale amministrativo, il secondo, il Direttore avrà invece la responsabilità della gestione del servizio farmaceutico sanitario reso dal presidio farmacia. Da qui uno scomodo quesito, cosa accade in caso di contrasto tra il Direttore ed il Titolare? Tra i due chi prevale? Il proprietario o il Direttore? Chiaro che il Direttore pur avendo una funzione di grande responsabilità sarà sempre tenuto al rispetto del vincolo lavorativo per ciò che attiene ad esempio agli orari ed alle ferie, ma attenzione che secondo normative vigenti, il Direttore è responsabile dell’organizzazione complessiva della farmacia ed inoltre dovrà personalmente attendere alla direzione della farmacia ed alla conduzione economica della stessa Come rappresentato in un altro articolo, è ipotizzabile che nelle realtà in cui sia facile un contrasto operativo tra il Titolare della Farmacia ed il Direttore, o piu' direttori ove la società detenga piu' sedi, sia applicabile un Codice Etico, ovvero un codice comportamentale accettato dalle parti (Titolare, Direttore, Lavoratori) in cui regolamentare quei comportamenti border line che attengono sia alla gestione della vita della farmacia come impresa che alle gestione della farmacia come presidio farmaco-sanitario. Un codice in cui vengano stabiliti i ruoli ed i confini e si stabilisca anche la modalità di risoluzione della controversia, e cio' al fine di evitare contrasti duri e puri all'interno della compagine aziendale. Si immagini infatti della necessità di regolamentare i comportamenti in quelle situazioni in cui il Titolare, anche nella forma di Consiglio di Amministrazione, e/o Amministratore abbia divergenza di vedute con il direttore di farmacia, che sarà sempre un lavoratore subordinato, ma con profili decisionali e di responsabilità che non possono essere sottodimensionati, soprattutto alla luce delle norme di cui abbiamo già parlato. Oggi in caso di contrasto tra le due figure sembra ancora prevalere la tesi che il Direttore, quale garante dell'organizzazione complessiva della Farmacia, avrà un ruolo preponderante nella gestione, seppure negli stretti spazi della proprietà altrui. #direttore #farmacia #concorso #socio #srl #pianta #organica #cda #codice #etico Legale Oggi Farmacia a cura di Aldo Lucarelli.
- Il dispensario farmaceutico sopravvive alla nuova farmacia? Ipotesi tutt'altro che remota.
a cura dell'Aldo Lucarelli #farmacia #dispensario #concorso #farmacie L’istituzione del dispensario attiene all’assetto pianificatorio dei presidi operanti in ambito comunale e impegnati, a diverso titolo, nella distribuzione dei farmaci. Sul piano normativo, vale ricordare che, per quanto qui rileva, laddove in un Comune con popolazione non superiore a 5.000 abitanti non risulti aperta “la farmacia privata o pubblica prevista dalla pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici” (art. 1, comma 2 L. n. 221/1968). Il seguente art. 1, comma 3 della L. n. 221/1968 prevede che “la gestione dei dispensari, disciplinata mediante provvedimento delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, è affidata alla responsabilità del titolare di una farmacia privata o pubblica della zona con preferenza per il titolare della farmacia più vicina. Nel caso di rinunzia il dispensario è gestito dal comune” Ciò posto, se è vero – come meglio si chiarirà nel prosieguo – che per effetto della istituzione del dispensario non si determina alcuna automatica violazione dei principi del numero chiuso e della esclusiva territoriale delle singole sedi farmaceutiche, non può negarsi, per contro, un generale interesse dei titolari degli esercizi farmaceutici alla corretta applicazione delle regole che disciplinano l’apertura e la dislocazione, sul territorio comunale, di tutte le tipologie di strutture in vario modo impegnate nell’attività di distribuzione di prodotti farmaceutici. Va tuttavia inserita nell'analisi la normativa Regionale, che qui a titolo esemplificativo trattiamo per la Regione Campania e la Regione Sardegna. L’art. 1 comma 54 della L.R. Campania n. 5/2013 – il quale «per garantire e migliorare il servizio farmaceutico territoriale nelle zone rurali e turistiche» consente che le amministrazioni locali rilascino «le necessarie autorizzazioni ai dispensari farmaceutici». nella medesima direzione, l’art. 5 della L.R. Sardegna n. 12/1984 dispone che “i dispensari farmaceutici di cui alla legge 8 marzo 1968, n. 221, sono istituiti dall’Assessorato regionale all’igiene e sanità. La relativa gestione è affidata ad un titolare o gestore provvisorio di farmacia della zona, con esclusione del farmacista gestore di altro dispensario farmaceutico”. È sul punto dirimente la considerazione che il dispensario non può essere assimilato alla farmacia. Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante. Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l’acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione. Ciò è infatti chiarito dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha rilevato che l’affidamento della gestione del dispensario farmaceutico (non stagionale) non è l’esito di una procedura ad evidenza pubblica, dovendo essere esclusa l'applicazione del metodo concorsuale, essendo i principi di imparzialità e non discriminazione rispettati a monte, posto che il dispensario costituisce un servizio aggiuntivo, estensivo dell'attività di altra farmacia posta in prossimità, e quindi non assimilabile all'ordinario servizio farmaceutico, in quanto privo di circoscrizione e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, Sez. III, 27 giugno 2018, n. 3958). Come è stato altresì chiarito che l'istituzione del dispensario non segue le logiche del concorso, di cui all'art. 4 della legge 362/1991 né quelle del concorso straordinario del 2012, bensì attiene ad un iter vincolato per la regione volta a sopperire la carenza all'accesso al servizio farmaceutico. Abbiamo già visto che il Dispensario Farmaceutico quindi sarà gestito dal Farmacista piu' vicino, nel senso atecnico del termine, quello che quindi rende piu' agevole l'esercizio dell'attività di farmacista il quale oltre all'attività per così dire ordinaria, si sobbarcherà anche l'onere straordinario della gestione del dispensario. Ma cosa accade se arriva una farmacia di nuova istituzione? La risposta impulsiva sarebbe quella di dover ritenere necessaria la chiusura del dispensario farmaceutico, così come abbiamo sottolineato in altri contributi. Esiste però ancora un margine di discrezionalità in capo alla Regione ove sussistano motivazioni sufficienti. Infatti E’ quindi assodato, in giurisprudenza, che, nell’organizzazione generale del servizio farmaceutico, il dispensario costituisce un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che – diversamente da quest’ultimo – risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale (Cons. Stato, sez. III, n. 521/2015 e 749/2015). Per quanto esposto, dalla segnalata divaricazione di caratteri strutturali e funzionali dei due servizi, consegue l’inconferenza di un’argomentazione che pretenda di attribuire all’istituzione dei dispensari una diretta capacità lesiva dei criteri del “numero chiuso” e del “diritto di esclusiva”, posti a presidio, quali principi fondamentali della legislazione statale in materia, delle prerogative del farmacista titolare di sede (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2296/2011, n. 4170/2011 e n. 1714/2012). Sin qui, dunque, gli argomenti di supporto ad una interpretazione “letterale” e “restrittiva” dell’art. 1 L. 221/1968. Si tratta, tuttavia, di una lettura non pienamente persuasiva, per le seguenti ragioni. Una differente interpretazione non può mancare di considerare, innanzitutto, l’apporto introdotto dalla recente normativa di c.d. “liberalizzazione delle farmacie” (art. 11, del d.l. 1/2012) e l’intento di coniugare, con essa, due importanti finalità: - da un lato, la razionalizzazione della rete distributiva dei farmaci, con l'aumento delle farmacie; - dall’altro, la salvaguardia dei principi costituzionali e comunitari di libertà dell’iniziativa economica contemperati con il principio in grado di assicurare condizioni di redditività (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 2990/2013; n. 3681/2014). In un’ottica di equilibrato componimento di interessi, si delineano due distinte sotto-ipotesi: a) la prima ipotesi è quella in cui, ricorrendo entrambi i presupposti previsti dalla norma (sede prevista in pianta organica e farmacia non ancora aperta), le Regioni sono vincolate (dall’uso dell’indicativo: “istituiscono”) ad aprire dispensari, al fine di garantire l’effettiva copertura dell’intero territorio comunale: b) una seconda e più restrittiva ipotesi è quella in cui, al di fuori del caso predetto, le Regioni avrebbero la semplice facoltà di aprire dispensari (non essendovi una preclusione espressa in tal senso nel testo della norma) – a fronte di una effettiva e comprovata mancanza di assistenza farmaceutica in loco e di un’oggettiva difficoltà per gli abitanti di raggiungere la sede farmaceutica viciniore ubicata in altra località. Nel primo caso il dispensario assumerebbe una funzione, “suppletiva” o “succedanea”, di presidio temporaneo cui fare ricorso nelle more dell’apertura della farmacia prevista in pianta organica; nel secondo, una funzione “accessoria” o “ancillare” a quella del servizio farmaceutico ordinario. Una soluzione che non precluda in senso assoluto la possibilità di aprire dispensari anche in zone presidiate da farmacie attive, appare giustificata dalla necessità di dotare il sistema della capacità di fronteggiare anche situazioni del tutto peculiari in cui, pur a fronte di una razionale programmazione del servizio sul territorio, permangano, a causa della sfavorevole configurazione dei luoghi, aree scoperte o non adeguatamente servite del presidio di zona. Home Per tale essenziale ragione deve escludersi – in sede interpretativa – una lettura dell’art. 1 che ne ricavi un rigido e meccanico automatismo tra apertura della sede farmaceutica nella zona e impossibilità di apertura, nella stessa zona, del dispensario. Così come, a contrario, va escluso analogo automatismo tra nuova istituzione di sede farmaceutica nella zona e soppressione del dispensario. (CdS 2305/18). La questione va piuttosto risolta in considerazione della persistenza dell’interesse pubblico alla distribuzione del farmaco il tutto evitando comportamenti elusivi della normativa nazionale. Possiamo concludere affermando che oggi, dopo quasi un decennio di espansionismo delle sedi ordinarie, il dispensario farmaceutico mantiene ancora un suo valore per la presenza capillare sul territorio, dalché ne deriva la possibile sopravvivenza ove ricorrano alcuni peculiari ed eccezionali elementi, anche in presenza di farmacie presenti nella pianta organica. Conosciamo molto bene le argomentazioni contrarie, qui sotto sono riportati contributi che hanno evidenziato tesi opposte da parte della Giurisprudenza. Avv. Aldo Lucarelli Legale Oggi.
- Concorso Farmacie: assegnazione con riserva ed assegnazione sub iudice, cosa vuol dire?
Cosa accade se il vincitore di una sede di farmacia collocata in graduatoria si ritrova la dizione "Sede Sub iudice" o assegnata "con riserva" ? Per rispondere a questa domanda facciamo un esempio: La sede sub iudice è la sede sulla cui sorte pende un evento futuro ed incerto, ovvero un ricorso di altro partecipante al concorso collocato in posizione piu' utile in graduatoria, da cui potrebbe discendere una conseguenza sulla accettazione successiva. Trattasi quindi di "condizione" apposta sulla accettazione della sede che per l'appunto appare condizionata dall'esito del procedimento giudiziario avviato da altro partecipante. Ma ogni ricorso di una #candidato puo' inficiare la scelta delle sedi sub iudice? La risposta è no, infatti è necessario che quel determinato ricorso, da cui discende per l'appunto la definizione dell'accettazione "#sub #iudice" sia in grado di condizionarne la scelta del vincitore all'avveramento della condizione. E' necessario quindi che l'esito positivo di quel determinato procedimento possa incidere sulla accettazione compiuta dal candidato che abbia accettato la sede sub iudice. Da qui quindi la presenza di detta condizione. Su tale argomento abbiamo già scritto in altro articolo in relazione alle verifiche da compiere prima dell' #accettazione di una nuova #sede. Le sedi gravate da ricorso sono oggetto di apposito elenco regionale nel quale vengono classificate "con riserva" o "sub iudice" a secondo che si tratti di sedi che la Regione è in procinto di assegnare appunto "con #riserva" e che l'assegnatario potenziale accetta a condizione di essere "sub iudice". La questione espone il Candidato all’obbligo di accettare la sede sotto condizione sospensiva, con il rischio di vedersela revocare in via astratta, a fronte di una lunga procedura concorsuale di incerta durata. Si puo' poi discutere se la dizione "sub iudice" rivesta la figura di "condizione sospensiva" o di "condizione risolutiva". Per chi scrive si tratta di una chiara ipotesi di condizione sospensiva. E' solo il caso di evidenziare che detta qualifica non è secondaria in quanto ove la qualifica si di condizione sospensiva gli effetti della accettazione non si producono immediatamente, ma solo qualora la condizione espressa si avveri, ovvero non vi sia la vittoria del candidato che ha proposto il ricorso collegato all'accettazione. Dalla condizione sospensiva si distingue la condizione risolutiva, che invece si ha quando la produzione degli effetti che l'accettazione ha già prodotto cessano con il verificarsi dell'evento dedotto nella condizione. In tale caso quindi l'accettazione sarà fin da subito effettiva ma l'eventuale vittoria del candidato ricorrente produrrà l'effetto di farne cessare gli effetti. Sul punto ritorneremo con un approfondimento. In ogni caso possiamo qualificare la clausola "accettazione con riserva" o sede "sub iudice" quali clausole di riserva condizionata che sono autonomamente impugnabili. Cosa accade quindi alla sede a cui è apposta una clausola di riserva non effettiva? In sostanza il perdurante stato di indeterminatezza dettato dalla situazione regionale considerato l’eccezionale protrarsi temporale della procedura concorsuale dal 2012 e l’assenza di un contenzioso pendente in merito alla sede farmaceutica assegnata appalesano come del tutto ingiustificata l’apposizione della clausola di riserva condizionata all’esito del contenzioso sub iudice; Quindi ogni clausola per essere apposta dalla regione deve essere vera ed effettiva e non meramente potenziale. E ciò è misurabile ove l'accoglimento del contenzioso, citato nella riserva regionale, proposto da altra candidata non potrebbe mettere in discussione l’assegnazione della sede. Sicché, se in generale può ritenersi ammissibile l’assegnazione regionale con riserva, è necessario però valutare caso per caso se ne ricorrono i presupposti. Cosa accade se viene apposta una clausola di riserva ad una sede che effettivamente non è soggetta ad alcun reale pericolo di riserva? Una clausola di riserva non effettiva - perché non collegata ad un reale pericolo giudiziario - andrà quindi in contrasto con i principi di "buon andamento" previsti dall'art. 97 della Costituzione e si potrà considererà quindi come non apposta. Occorre infatti considerare che l’apposizione della condizione ancorata ad un evento inesistente e destinata a rendere incerto l’ottenimento del bene della vita senza una effettiva data di scadenza, oltre a dover essere ritenuta come “non apposta” ai sensi dell’art. 1354 del codice civile, contrasta con il principio di buon andamento, di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa. #farmacia #farmacista #concorso #farmacie a cura dell'Avv. Aldo Lucarelli
- Farmacia, nuova sede, quali verifiche fare prima dell'apertura?
Una delle fasi piu' delicate e complesse nell'apertura di una farmacia è sicuramente quella che attiene al periodo pre-autorizzazione, e che per intenderci decorre dopo che sia stata accettata la sede messa a concorso dalla Regione, nei famosi 180 giorni. Nel caso del concorso straordinario farmacie, abbiamo visto come la fase dell'accettazione delle sedi duri poco piu' di una settimana al termine della quale gli aspiranti titolari dopo aver effettuato a mezzo del servizio web/piattaforma, l'accettazione, dovranno preoccuparsi delle varie fasi per l'apertura. Come sapere se la sede prescelta è soggetta ad una controversia legale? Per rispondere a questa domanda vi sono due strade. Per prima cosa, ove la sede prescelta sia oggetto di una controversia davanti al Giudice Amministrativo ed il Neo Titolare non sia stato preventivamente informato da una generica notifica pre-ricorso, sarà onere della Regione informare il farmacista, mediante l'avvertimento che detta sede è "sub iudice" e che sussiste un determinato ricorso. Ove invece la sede sia stata oggetto di uno specifico ricorso indirizzato ad uno specifico soggetto - immaginiamo che sia una sede di NON nuova istituzione - allora sussisterà un ricorso pendente, all'interno del quale il dottore uscente è parte in causa. Ma anche in tale ipotesi la Regione dovrebbe essere informata della questione, rivestendo nella peggiore delle ipotesi la figura di resistente e/o di contro-interessato. Ove infine né la Regione, né il precedente titolare siano individuati quali contro interessati, allora sarà il Comune di riferimento a rivestire la carica di contro interessato e quindi a dover essere informato della sussistenza di un ricorso, che nel peggiore dei casi si troverà ancora in fase inziale e richiederà quindi del tempo per essere completato. Sussiste poi la verifica da parte del Giudice Amministrativo che alla prima udienza dovrà verificare la regolarità del contraddittorio ed eventualmente ordinare l'integrazione del contraddittorio, anche ai soli fini informativi o di proposizione di un ricorso incidentale. Non deve essere infine dimenticata l'ipotesi di accedere agli atti con le note procedure dettate in via generale dalla legge 241/1990 e dalla normativa sull'accesso civico generalizzato D.Lgs 33/2013, per chiedere quindi all'Ente Regionale ed al Comune di riferimento la sussistenza di questioni inerenti la sede, come ad esempio un ricorso pendente, o una revisione della pianta organica in corso. Sussiste in tutte le ipotesi che abbiamo cercato di delineare - senza presunzione di completezza - un evidente posizione di contro - interessato da parte del NEO assegnatario che intenda aprire la sede e capire se la propria scelta sia oggetto di una vicenda giudiziale. Prima di concludere una notazione, abbiamo parlato di contro-interessato dando per assodato che l'utente sappia cosa sia, e bene si puo' sintetizzare affermando che contro-interessanto è da un punto di vista "formale" colui che sia “obiettivamente”, “facilmente” o “agevolmente” identificabili sulla base del medesimo atto impugnato, è il caso della graduatoria del concorso. Home Oppure secondo un orientamento piu' sostanziale, controinteressato è colui che appare titolare di una concreta posizione, giuridicamente qualificata, di segno contrario a quella fatta valere dal ricorrente, finalizzata alla conservazione del provvedimento impugnato o alla posizione fatta valere, da non confondere però con il resistente, che nel processo amministrativo è quasi sempre una amministrazione, Regione, Comune, etc.. Se ti è piaciuto l'argomento, contattaci o seguici. Legale Oggi, a cura dell'avv. Aldo Lucarelli.
- Società di Capitali e Farmacie, possibile una fusione Medico/Farmacista?
Società di capitali e farmacie, potrà una Società, Gestire sia una farmacia sia una clinica e quindi esercitare anche la professione medica? Tale quesito é sorto dopo che al Tar é giunta una vicenda che vede coinvolta la possibilità che una medesima società detenga sia l'attività di farmacia sia l'attività medica, nella forma di clinica. Si tratta quindi di comprendere se le incompatibilità applicate ai farmacisti come persone fisiche, per intenderci quelle degli articoli 7 ed 8 della legge 362/1991 siano applicabili anche alle società, quali persone giuridiche che detengano contemporaneamente una Farmacia ed una clinica o similari. É il caso delle strutture sanitarie, cliniche, Rsa o case di cura che pur esercitando attività medica vogliano acquisire una farmacia. La società, immaginiamo una Srl, potrà contemporaneamente avere la titolarità di una Clinica e di una Farmacia pure se gestite in forma autonoma? É questo il quesito a cui i Tar nel 2021 hanno dato risposta negativa, ma che ora è al vaglio dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, dopo che la Corte Costituzionale ha dato uno spiraglio di apertura in tale direzione. Abbiamo già trattato di altre vicende sul filo di lana ove "atti legali" rischiano di sconfinare in "atti in frode alla legge", la legge farmaceutica intendo, in quanto tali atti seppure ammessi da un punto di vista Formale, non sono invece ammissibili da un punto di vista Sostanziale. Vuol dire in sintesi che oggi tecnicamente é possibile per una società di capitali acquisire entrambe le attività da un un punto di vista societario/commerciale, ma tale prassi sebbene formalmente corretta si scontra con lo scopo delle leggi sulle incompatibilità della disciplina farmaceutica, e sulle quali quindi occorre la parola definitiva del Consiglio di Stato. Attendiamo quindi la pronuncia della adunanza Plenaria chiamata nel corso del 2022 a chiarire quale interpretazione debba trovare l’art. 7 comma 2 della l. n. 362 del 1991 nel caso di farmacia detenuta da società, ove quest’ultima sia partecipata da altra società attiva in ambito sanitario ed, in particolare, come debbano intendersi in relazione a tale fattispecie, o quali adattamenti interpretativi possano trovare, gli elementi normativi concernenti la “gestione” della farmacia e l’”esercizio della professione medica”. Una soluzione alla vicenda, ad avviso di chi scrive potrebbe essere quella di consentire ad una società la contemporanea titolarità di una attività clinica/medica e di una farmacia, a condizione di imporre un “revisore” garante di legalità interno delle compagine sociale per lo svolgimento di attività in potenziale conflitto di interessi.. o prevedere altri meccanismi di controllo e di coerenza come ad esempio una minoritaria riserva di quota pubblica per le società in potenziale conflitto di interesse, o ancor di più la possibilità di una estensione di controlli da parte di una Autorità appositamente costituita, come una Consob o una ANAC apposita per il sistema farmaceutico societario. Ratio della normativa sulle incompatibilità risalente al 1991 era quello di evitare la coesistenza di attività in conflitto di interesse su un unico soggetto (medico prescrittore e farmacista venditore), elemento questo che andrà però reso compatibile all'interno dello schema societario e nel regime del libero mercato MA con il bilanciamento dell'interesse pubblico proprio del sistema farmaceutico. Della vicenda se ne é occupata anche la stampa specializzata di FarmaciaVirtuale. Home Avv Aldo Lucarelli
- Farmacia, bando pubblico e fabbricazione di medicinali.
La fabbricazione di medicinali ed altri #preparati #farmaceutici può rientrare nel comparto delle #Biotecnologie, ai fini dell'ottenimento di fondi pubblici ad imprese nella veste di farmacie? Le biotecnologie come settore strategico svolta da Farmacie,.. per intenderci quelle con codice Ateco 47.73.1? Tale attività, puo' essere creata ad hoc o deve pre-esistere alla domanda di ammissione ai fondi pubblici? Per rispondere a tale domanda si deve fare riferimento ad alcune norme di base. I fondi pubblici, ove erogati anche da imprese in house, o imprese formalmente private ma con capitale pubblico, o ancora incaricate da Enti e/o Regioni, dovranno essere erogati sulla base del rispetto della normativa nazionale e comunitaria, secondo un principio di trasparenza, meritocrazia e nell'ottica di accrescere la competitività in determinati settori, quali ad esempio quelli ritenuti strategici. In recenti casi è stata ammessa la possibilità di erogazione pubblica, tramite società ad hoc, anche per imprese di nuova istituzione, che non siano già attive ed operanti, sebbene chiaramente esistenti, e ciò alla luce di una lettura orientata del Regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014 in materia di aiuti compatibili con il mercato interno, che costituisce il dato normativo euro – unitario di riferimento per l’erogazione dei finanziamenti pubblici, il quale espressamente prevede aiuti a PMI e società per "investimenti iniziali", ovvero per attività da avviare quindi, e ciò con la chiara finalità di crescita economica di un territorio che si perse (anche) favorendo l’ingresso di nuovi operatori in un dato settore, secondo i principi propri del mercato (pienamente) concorrenziale. Chiaro che la regolamentazione dell'intera vicenda deve essere rintracciata nell'avviso pubblico o bando di gara utilizzato dall'Ente titolare il quale regolerà a priori i requisiti. Va quindi precisato che l’avviso con il quale è dato avvio alla procedura è l’unico atto cui occorre far riferimento per stabilire i requisiti di ammissione delle imprese a finanziamento; non gli altri atti che l’avviso abbiano preceduto e in seguito ai quali sia stato adottato. L’avviso, infatti, al pari del bando di gara di una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di un contratto, è l’atto amministrativo generale con il quale sono fissate le regole al cui rispetto l’amministrazione procedente si vincola nella selezione del privato cui assegnare il finanziamento (come nella scelte del contraente in caso di procedura di gara); in tal senso, come noto, si dice che è lex specialis della procedura, che va ad integrare le disposizioni generali contenute in atti normativi (ex multis, cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 novembre 2022, n. 200; III, 31 marzo 2021, n. 2707). Gli atti che precedono l’avviso, se provengono da organi politici o che esprimono l’indirizzo politico – amministrativo dell’ente – come ad esempio le delibere della Giunta regionale – possono fornire indicazioni di massima circa i criteri e il metodo da seguire per la selezione dei progetti finanziabili (o, comunque, degli operatori meritevoli di essere supportati con finanziamenti pubblici), non dettano però essi stessi le regole della procedura, né, in definitiva, potrebbero farlo per il principio di separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa, tra la quale ultima rientra l’adozione degli atti di una procedura amministrativa per l’erogazione di contributi pubblici. Va aggiunto, poi, che secondo consolidato orientamento della giurisprudenza, le regole contenute nel bando di gara – ma stesso discorso vale per gli avvisi con cui è indetta una procedura per l’erogazione di contributi pubblici per l’identica natura giuridica – vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione procedente! Ed infine il ruolo delle FAQ... Quel che non prescrive l’avviso, non possono imporre le FAQ (Frequently Asked Questions) ovvero i chiarimenti resi dall’amministrazione procedente su richieste formulate dai soggetti interessati a partecipare alla procedura, poiché esse possono solo precisare e meglio esprimere le previsioni della lex specialis, alla stregua di una sorta di interpretazione autentica, non di certo modificarne il contenuto. Concludiamo quindi nel ritenere ammissibile per una Farmacia, richiedere fondi pubblici, per lo sviluppo di attività come la produzione di farmaci e preparati, nel settore delle biotecnologie, pure ove tale attività sia da avviare e quindi non sia tecnicamente già operante. Sei interessato all'argomento? Leggi gratuitamente i nostri articoli nella sezione dedicata. Puo' anche interessarti: Farmaci Chimici e Farmaci Biosimilari Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli