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  • Edilizia ed Appalti il Contratto-Concessione le sanzioni e le penali

    In caso di contratto-concessione, il Comune o l'Ente pubblico puo' applicare sanzioni e penali di fonte pubblica al contratto col privato? Per rispondere a tale domanda, dobbiamo fare un passo indietro ed inquadrare la vicenda. Se alcuni di voi non hanno tempo di leggere, anticipiamo la conclusione, La conclusione è affermativa, si, il Comune o l'Ente puo' obbligare il privato a pagare la penale, perché vi è una commistione di rapporti pubblici e privatisti. Stiamo infatti parlando di contratti tra il Privato ed Comune/Ente volti alla realizzazione di opere che prevedono autorizzazioni e concessioni da qui quindi la base pubblicistica del rapporto, che definiremo “concessione-contratto” La “Concessione-contratto” è un rapporto che porta con sé aspetti pubblici ed aspetti privati e che viene spesso utilizzato per la realizzazione di opere che sebbene gestite nell'ambito di una contrattazione privata, richiedono un intervento autorizzativo o concessorio da parte di un ente ad esempio di un comune. Si pensi alla installazione di Tubi, Opere Edili che richiedono interventi urbanistici etc.. Consulta gratuitamente gli articoli del canale "amministrativo ed appalti" La “concessione-contratto” è infatti una convenzione ove convergono un atto autoritativo della Pubblica Amministrazione, ed un contratto, capitolato o disciplinare privato, ed è quindi un rapporto contrattuale bilaterale fonte di obblighi e diritti reciproci. Ove dalla concessione-contratto derivino sanzioni e/o penali, queste saranno attratte nella disciplina pubblicistica perché connesse all'operazione principale, che anche se retta da contratto avrà comunque una base pubblicistica. Si è, infatti, precisato che la figura della concessione-contratto “è caratterizzata dalla contemporanea presenza di elementi pubblicistici e privatistici, per effetto della quale … un soggetto privato può divenire titolare di prerogative pubblicistiche, mentre l’Amministrazione viene a trovarsi in una posizione particolare e privilegiata rispetto all’altra parte, in quanto dispone, oltre che dei pubblici poteri che derivano direttamente dalla necessità di assicurare il pubblico interesse in quel particolare settore al quale inerisce la concessione, anche dei diritti e delle facoltà che nascono comunemente dal contratto …, tra i quali può essere previsto anche quello di esigere dalla controparte il pagamento di una penale in caso l’inadempimento degli obblighi posti a suo carico”. Ecco quindi che nella concessione/contratto l'ente pubblico avrà un duplice potere in una unica veste. Da quanto sopra deriva la legittimità di “clausole penali” nell’ambito di tale complesso rapporto pur rimarcandosi le “peculiarità dell’esercizio di pubblici poteri” rispetto ai quali il contratto pubblico/privato si presenta come strumento ausiliario, idoneo alla regolazione di aspetti patrimoniali. Da ultimo richiamo il caso in cui vengano irrogate sanzioni per collegamento ad atti implicitamente accettati dal privato. A nostro avviso per il principio della prova è sempre necessaria la fonte scritta sulla applicabilità di tali atti, infatti la normativa di settore prevede la forma scritta sotto pena di nullità, tuttavia l’esigenza della forma scritta per i contratti con gli enti pubblici “non esclude che il complesso obbligatorio che astringe la pubblica amministrazione al privato possa risultare da un insieme di dichiarazioni scritte oggetto di scambio tra i contraenti, dichiarazioni che nella fase normativa del contratto si atteggiano come proposta e come accettazione tra assenti, così come avviene nella sfera della negoziazione comune. (Cass. Civ. 1167 del 1969). A nostro avviso l'argomento andrà valutato caso per caso. Sei interessato all'argomento? Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Quale è il valore delle "FAQ"? Possono integrare un avviso di gara?

    Per rispondere alla domanda bisogna fare qualche premessa iniziale. La domanda sorge ove l'avviso o il bando di gara rimandasse a chiarimenti o integrazioni documentali previste dalle o nelle "Frequently Asked Question", ovvero l'elenco delle "domande frequenti" a cui sempre piu' spesso Enti ed Operatori pubblici e Privati, rimandano per fornire informazioni ulteriori o dare chiarimenti pratici ed operativi. Ma mentre in ambito di contrattazione privata, e quindi rivolta tra società e soggetti privati tali FAQ potranno considerarsi integrative del contenuto del contratto, ove espressamente richiamate, aventi quindi una valore suppletivo ed integrativo, il problema sorge, in modo preponderante ove le FAQ, o domande frequenti, siano ri-chiamate in ambito pubblicistico o nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. E' il caso delle FAQ a cui un avviso pubblico per l'erogazione di un finanziamento rimandi per la produzione di documenti e/o integrazioni. Ma tutto cio' è legittimo? Quale è il valore delle FAQ? In premessa va precisato che l’avviso con il quale è dato avvio alla procedura è l’unico atto cui occorre far riferimento per stabilire i requisiti di ammissione delle imprese a finanziamento; non gli altri atti che l’avviso abbiano preceduto e in seguito ai quali sia stato adottato, quali ad esempio atti pubblicitari o post di altro genere. Attenzione quindi ad individuare quale sia l'atto principe della gara/concorso a cui si sta partecipando, L’avviso, infatti, al pari del bando di gara di una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento di un contratto, è l’atto amministrativo generale con il quale sono fissate le regole al cui rispetto l’amministrazione procedente si vincola nella selezione del privato cui assegnare il finanziamento (come nella scelte del contraente in caso di procedura di gara); in tal senso, come noto, si dice che è lex specialis della procedura, che va ad integrare le disposizioni generali contenute in atti normativi, per l'appunto le regole istituzionali della gara o dell'avviso che sono per l'appunto le Leggi Nazionali, Regionali, o molto piu' di frequente i DPR. Gli atti che precedono l’avviso, se provengono da organi politici o che esprimono l’indirizzo politico – amministrativo dell’ente – come nel caso di delibere della Giunta regionale – possono fornire indicazioni di massima circa i criteri e il metodo da seguire per la selezione dei progetti finanziabili (o, comunque, degli operatori meritevoli di essere supportati ad esempio con finanziamenti pubblici), non dettano però essi stessi le regole della procedura, né, in definitiva, potrebbero farlo per il principio di separazione tra attività di indirizzo politico e attività di gestione amministrativa, tra la quale ultima rientra l’adozione degli atti di una procedura amministrativa per l’erogazione di contributi pubblici. Va aggiunto, poi, che secondo consolidato orientamento della giurisprudenza, le regole contenute nel bando di gara – ma stesso discorso vale per gli avvisi con cui è indetta una procedura per l’erogazione di contributi pubblici per l’identica natura giuridica – vincolano rigidamente l’operato dell’amministrazione procedente, la quale è obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità per preservare i principi di affidamento e di parità di trattamento tra i concorrenti che sarebbero pregiudicati ove si consentisse di modificare le regole (o anche disapplicarle) a seconda delle varie condizioni dei partecipanti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 7 giugno 2021, n. 4295); per questa ragione si afferma anche che il bando deve essere interpretato in termini strettamente letterali stante la presenza di previsioni intangibiii (cfr. Cons. Stato, sez. III, 8 luglio 2021, n. 5203 e 3769/2020); Da quanto sopra ecco quindi la risposta alla domanda inziale.. NO.. Quel che non prescrive l’avviso, non possono imporre le FAQ (Frequently Asked Questions) ovvero i chiarimenti resi dall’amministrazione procedente su richieste formulate dai soggetti interessati a partecipare alla procedura, poiché esse possono solo precisare e meglio esprimere le previsioni della lex specialis, alla stregua di una sorta di interpretazione autentica, non di certo modificarne il contenuto. CdS 1486/22 Hai un quesito specifico? Consultaci senza impegno Leggi l'archivio dei nostri articoli Studio Legale Angelini Lucarelli Avezzano.

  • Colonnine elettriche, Ascensori, e le spese superflue del Condominio.

    Ci è stato chiesto quale sia il regime delle spese non necessarie in un condominio, Ovvero per tutte quelle migliorie di cui si potrebbero avvantaggiare tutti, ma che almeno inizialmente, sono di interesse solo di alcuni. E' un tema molto caldo, perché riguarda spese ingenti come per l'istallazione di un ascensore, di una piscina, di una colonnina di ricarica per auto elettriche, ma che spesso non sono di interesse comune... Prendiamo l'esempio di un immobile non dotato di ascensore, ove uno o una parte dei condomini ne decidano l'istallazione. Trattasi sicuramente di spesa ingente e probabilmente non accettata all'unanimità. Infatti ove vi fosse il consenso di tutti, non si creerebbe alcun caso giuridico da affrontare, ma quasi sempre così non è. Si è infatti più volte affermato che l'installazione "ex novo" di un ascensore in un edificio in condominio costituisce innovazione, che può essere deliberata dall'assemblea condominiale a maggioranza, secondo il canone dell'art. 1136 maggioranza degli intervenuti a seconda poi se in prima o seconda convocazione) Oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, così divenendo l'impianto di proprietà comune. Solo con il consenso unanime quindi l'impianto diventa di proprietà comune. Ma... trattandosi, tuttavia, di impianto suscettibile di utilizzazione separata, quindi anche da parte di un solo condomino, proprio quando l'innovazione e cioè la realizzazione ad esempio dell'ascensore, non sia stata approvata in assemblea, essa può essere attuata anche a cura e spese di uno o di taluni condomini, salvo peró, il diritto degli altri di partecipare in qualunque tempo ai vantaggi dell'innovazione, con la precisazione che é necessario contribuire nelle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera. Infatti in tema condominiale, per le spese ingenti o non necessarie, denominate “voluttuarie” dal codice, che siano utilizzabili in maniera “separata” da uno dei condomini o una parte di essi, ad esempio un ascensore, non obbligano gli altri condomini che non saranno tenuti a versare alcunché, e chiaramente saranno esclusi dall'uso della cosa, ecco il senso della possibilità prevista dalla legge di “utilizzo separato”. La legge parla infatti di “trarre vantaggio”. Attenzione, il limite alle installazioni deriva dal regime dell'uso, infatti se l'utilizzazione separata della miglioria non è possibile, l'innovazione non è consentita, salvo che la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata intenda sopportarne integralmente la spesa. Ove invece l'istallazione sia realizzata inizialmente a carico di uno o parte dei condomini, gli altri condomini successivamente possono in qualunque tempo, partecipare ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo nelle spese di esecuzione e di dell'opera. Ecco quindi che in tema di ascensore se questo è stato realizzato con uso separato, gli altri condomini anche dopo l'installazione potranno partecipare all'uso, fermo l'obbligo di partecipare anche alle spese. Dunque, "l'ascensore, installato nell'edificio dopo la costruzione di quest'ultimo per iniziativa di parte dei condomini, non rientra nella proprietà comune di tutti i condomini, ma appartiene in proprietà a quelli di loro che l'abbiano impiantato a loro spese. Ciò dà luogo nel condominio ad una particolare comunione parziale dei proprietari dell'ascensore comunione che è distinta dal condominio stesso, fino a quando tutti i condomini non abbiano deciso di parteciparvi. Consulta l'archivio dei nostri post Contattaci per ogni esigenza senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Dall'appalto diretto alla società in house non è possibile passare al contraente singolo senza gara.

    Riportiamo l'estratto di una pronuncia della Corte di Giustizia Europea chiamata a dirimere una vicenda in cui la Pubblica Amministrazione aveva appaltato un servizio ad Società interna, per l'appunto una società in house (società sui cui l'amministrazione svolge un controllo analogo a quello che svolge sui propri servizi) senza indire una gara di appalto. Una sorta di affidamento diretto, nell'assunto che si trattasse per l'appunto di società in house. E' solo il caso di ricordare che si parla di società in house o di in house providing, o affidamento diretto, qualora si tratti di auto produzione da parte dell'ente. Ci troviamo nell'ambito dell'autoproduzione di beni, servizi e lavori da parte della pubblica amministrazione: essa, cioè, acquisisce un bene o servizio attingendo direttamente da una società formalmente privata di cui ha il controllo, senza ricorrere al mercato. E quindi secondo la Corte di Giustizia Europea ove vi sia mutamento di titolarità e di compagine societaria, non è compatibile con il diritto europeo una disposizione nazionale in forza della quale il servizio a suo tempo affidato senza gara ad una società in house pluripartecipata, sulla quale l’amministrazione aggiudicatrice esercitava originariamente un controllo analogo, possa proseguire automaticamente con il nuovo soggetto che abbia acquisito la società, quantunque detta acquisizione sia avvenuta all’esito di una procedura di gara, in assenza del controllo analogo della p.a. Questa la sintesi della Corte di giustizia dell’Unione Europea, sez. IV, sentenza 12 maggio 2022, C-719/20. Ed infatti nell’ipotesi in cui un appalto pubblico sia stato attribuito, come nella fattispecie in esame, senza indizione di una gara, ad una società a capitale pubblico, l’acquisizione di detta società da parte di altro operatore economico, durante il periodo di validità dell’appalto in parola, è tale da costituire un cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto che necessiterebbe di indire una gara. Infatti una siffatta modifica può difatti comportare che l’ente affidatario non possa più essere in pratica assimilato ai servizi interni dell’amministrazione aggiudicatrice, e, pertanto, a che l’esecuzione dell’appalto pubblico di cui trattasi non possa più essere proseguita senza una gara d’appalto, non potendosi più ritenere che tale amministrazione aggiudicatrice ricorra alle proprie risorse; #società #impresa #commercio #contratto #appalto E' il caso di precisare che l’art. 72, par. 1, lett. d), della direttiva n. 2014/24/UE prevede che un appalto pubblico possa essere modificato, senza nuova procedura d’appalto se l’aggiudicatario iniziale è sostituito da un nuovo contraente, in seguito, segnatamente, all’acquisizione del primo da parte del secondo, purché quest’ultimo soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente e purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l’applicazione della direttiva in parola; Sei interessato, scopri la sezione dedicata alle imprese pertanto, una modifica del contraente, , non può rientrare nell’ambito di applicazione poiché l’appalto pubblico di cui trattasi nel procedimento principale è stato inizialmente affidato ad un ente “in house”, senza gara Seguici oppure Contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Interesse economico in Farmacia, quale è il punto di equilibrio?

    Gli interessi economici del farmacista titolare di sede, così come quello di associati titolari di sede, non possono andare a nuocere sul servizio pubblico, il quale ha come scopo primario quello della distribuzione capillare dei farmaci, in ossequio al principio ispiratore del Concorso Straordinario Farmacie, su cui è stato già scritto molto. Ed infatti abbiamo già rinvenuto pronunce del Consiglio di Stato in cui si evidenziava che l'interesse della distribuzione dei farmaci, unito al secondario interesse di dare una spinta ai giovani e meno titolati farmacisti, ha permesso l'istituzione di un maggior numero di farmacie in rapporto alla popolazione, anche a scapito della tutela delle esperienze sul campo da parte di farmaci direttori con molti anni di servizio. (Da cui è nato la disputa sulla sommatoria algebrica delle esperienze professionali in ambito concorsuale). Ora rimane da comprendere SE l'interesse economico anche delle nuove farmacie istituite su base demografica/concorsuale possa scontrarsi con la richiesta dell'amministrazione pubblica (Comune) che ritiene doveroso un supplemento in tema di distribuzione di farmaci; Si tratta di quei comuni di piccole dimensioni che però hanno una morfologia territoriale discontinua e con problematiche di viabilità. Si pensi a Comuni poco abitati ma molto estesi, oppure a Comuni suddivisi in centro storico e zona nuova a valle, o ancora Comuni attraversati da importanti arterie stradali che dividono il territorio. In tali casi stiamo assistendo a richieste delle amministrazioni, che sebbene siano ben consapevoli dei limiti normativi in tema di rapporto farmacie/abitanti (3.300/1), e ben consapevoli delle limitazioni legali in tema di servizi supplementari come dispensari, o farmacie succursali, richiedono alle Regioni l'istituzioni di sedi aggiuntive su base topografica, quindi in deroga, e sul presupposto della difficoltà di raggiungimento delle sedi "ordinarie" da parte della popolazione. Ove venga concessa o ammessa l'istituzione di una sede di farmacia in deroga, o disposta l'apertura e/o il mantenimento di un presidio ancillare (armadietto/dispensario/farmacia succursale/proiezione di farmacia etc), è possibile per i titolari farmacia ordinarie reagire? E' quindi tutelabile l'interesse del farmacista titolare già insediato? Sul punto, peraltro lo stesso Consiglio di Stato ha affermato che l’interesse commerciale dei farmacisti già insediati è destinato ad essere sacrificato quando si persegue un interesse pubblico e si persegue una chiara finalità di stimolo della concorrenza, promuovendo l’incremento degli esercizi farmaceutici mediante un meno stringente parametro demografico o un maggior servizio territoriale con il criterio topografico; L’interesse patrimoniale del privato è destinato a recedere ove è incompatibile con il prevalente perseguimento dell’interesse pubblico. (Cons. St., sez. III, 11 giugno 2019, n. 3901, Cons. St., sez. III, 24 gennaio 2018, n. 475). Anche se in riferimento alle problematiche connesse con il numero di abitanti della “zona” delle farmacie istituite si afferma che in tale materia lo scopo della norma non è quello di garantire ai titolari di una sede farmaceutica una rendita di posizione, ma quella di garantire l’efficacia del servizio farmaceutico nei confronti della popolazione, la cui valutazione non può che essere riservata al potere discrezionale della competente autorità: il rapporto numerico farmacie/abitanti previsto dall'art. 1 L. n. 475 del 1968 è indicato per individuare il numero di autorizzazioni che l’Amministrazione può assentire e non per garantire al titolare di ciascuna sede profitti di un determinato livello» Ecco quindi che numerose pronunce della giustizia amministrativa giungano alla conclusione di voler sacrificare l'interesse economico del singolo ed il profilo concorrenziale in favore di una capillare distribuzione dei farmaci e della proliferazione di quella nuova tipologia di Farmacia dei servizi sempre piu' vicina al cittadino. Non mancano però pronunce di senso opposto, come quella che abbiamo analizzato in altro articolo, in cui il TAR abbia tutelato le scelte "restrittive" della Commissione farmacie, in tema di garanzia sulla distanza tra esercizi, tramite l'apposizione di regole ferree volte a limitare il trasferimento nel rispetto della pianta organica, in favore stavolta, della capacità economica degli esercizi. Sono forze opposte che si scontrano... ognuna portatrice di legittimi interessi o di interessi soggettivi.. come quelli patrimoniali. Attendiamo gli sviluppi. Sei interessato all'argomento? Seguici o contattaci senza impegno. Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli (Cons. St., sez. III, 19 settembre 2019, n. 6237, Cons. St., sez. III, 2 maggio 2016, n. 1659).

  • Farmacie: Il dispensario per sopravvivere deve avere una motivazione "aggravata"

    Questo nel sunto il pensiero del TAR Salerno che con la sentenza di Giugno 2022 è tornato sul tema caldo della sussistenza dei dispensari farmaceutici dopo l'apertura della farmacia titolare del territorio. Sul tema abbiamo già scritto numerose volte (articoli a fondo pagina) stante l'importanza dell'argomento che rimane un tema molto discusso soprattutto ove permangano profili di discrezionalità in capo all'amministrazione locale, come nel caso che si tratta. La Regione Campania ha poi una legislazione articolata sul tema, che è opportuno richiamare. Infatti l’art.1, co. 54- 54 ter della legge regionale Campania n.5 del 2013, così come modificata dalla legge regionale n.35/2020, dispone: “54. Per garantire e migliorare il servizio farmaceutico territoriale nelle zone rurali e turistiche, le amministrazioni locali rilasciano le necessarie autorizzazioni ai dispensari farmaceutici. Le disposizioni in contrasto si intendono abrogate. 54 bis. La disposizione di cui al comma 54 si interpreta nel senso che l'istituzione di dispensari farmaceutici può essere disposta unicamente qualora ricorra una delle ipotesi espressamente previste all'articolo 1 della legge 8 marzo 1968, n. 221 (Provvidenze a favore dei farmacisti rurali). Ma, fatta salva l'applicazione delle sanzioni normativamente previste, i Comuni predispongono i provvedimenti di chiusura dei dispensari farmaceutici che, anche se istituiti prima dell'entrata in vigore della presente disposizione, risultano operare senza che ricorra alcuna delle ipotesi indicate al comma 54bis. A sua volta, il richiamato art. 1 della legge 8 marzo 1968, n.221 così dispone: “Le farmacie sono classificate in due categorie: a) farmacie urbane, situate in comuni o centri abitati con popolazione superiore a 5.000 abitanti; b) farmacie rurali ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti. Non sono classificate farmacie rurali quelle che si trovano nei quartieri periferici delle città, congiunti a queste senza discontinuità di abitati. Nei comuni, frazioni, o centri abitati di cui alla lettera b) del primo comma, ove non sia aperta la farmacia privata o pubblica prevista nella pianta organica, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono dispensari farmaceutici. Sulla nozione di dispensario farmaceutico si è pronunciato il Consiglio di Stato, con sentenza del 27/02/2018, affermando che “Il dispensario farmaceutico non può essere assimilato alla farmacia, trattandosi di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non è soggetto economico in grado di competere con le farmacie, né come struttura autonoma essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante; in effetti anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l'acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione; nell'organizzazione generale del servizio farmaceutico il dispensario costituisce quindi un rimedio suppletivo rispetto a quello primario della farmacie, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale”. #farmacia #dispensario Quindi l'istituzione del Dispensario risulta giustificata e condizionata ex lege dalla mancata attivazione della farmacia prevista in Pianta Organica, costituendo un presidio suppletivo rispetto a quello primario delle farmacie, con il solo fine di garantire l’assistenza farmaceutica minima alla popolazione. La loro coeva sussistenza Farmacia/dispensario viene, quindi, a confliggere con tale natura ancillare del dispensario e con l’attuale pianificazione territoriale del servizio farmaceutico, rispondente a criteri di capillarità e adeguata distribuzione dell’assistenza sul territorio. Ecco però l'apertura del sistema ad una ipotesi di coesistenza: "L’eccezionale coesistenza, al più, andrebbe valutata dall’Amministrazione nell’esercizio del suo potere discrezionale, con onere motivazionale aggravato dalla considerazione che la presenza di una farmacia attiva può non ostare all’istituzione del dispensario in casi del tutto marginali, caratterizzati da una residua particolare difficoltà nella distribuzione del farmaco. Il dispensario quindi sebbene svincolato dalla pianta organica, quale presidio ancillare della farmacia potrà permanere, a discrezione dell'amministrazione locale (Comune) il quale tuttavia è chiamato ad effettuare una approfondita disamina e ricognizione del territorio al fine di giustificarne l'esistenza. Elemento questo sorto di recente in un caso simile, e giustificato dalla morfologia e dalla viabilità del territorio, articolo consultabile a fondo pagina. Sei interessato all'argomento? Consulta l'archivio gratuito oppure contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli.

  • Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte.

    Trattasi di reato di pericolo punito con la reclusione da uno a sei anni, e riguarda il profilo fiscale del contribuente sia esso persona fisica o ente. In altro post abbiamo affrontato la questione delle Criptovalute e del Fisco, qui invece ci soffermiamo sul tema delle conseguenze penali. Hai un dubbio? Contattaci E' prevista quindi sia per le persone fisiche, che per gli enti, per i quali consiste in una sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote qualora il reato sia stato commesso da un soggetto appartenente alla sua struttura organizzativa al fine di conseguire un interesse o vantaggio per l’ente stesso (art. 25-quinquiesdecies, comma 1, lettera g, D.Lgs. n. 231/2001). Seguici sui Social La condotta del soggetto responsabile deve essere volta alla sottrazione al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. La sottrazione avviene per alienazione simulata o tramite il compimento di altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, atti idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. La sottrazione fraudolenta é quindi un reato riferito non alla alienazione in sé considerata, ma alla sottrazione fiscale che si verifica per causa dell'atto simulato o di altri atti fraudolenti. Da quanto sopra deriva che si potrà parlare di sottrazione fraudolenta ove tali condotte rechino danno al fisco, quindi non ad ogni debitore, infatti il bene giuridico tutelato è identificato nella garanzia del pagamento dei debiti tributari Da quanto sopra deriva che il debito tributario debba essere antecedente la condotta incriminata e sia anche maturo ed esigibile. Se l'ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni. Sussiste poi la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Avremo quindi la penale responsabilità quindi anche in azioni volte all'alterazione "attiva" o passiva tale che conduca ad una sottrazione fiscale, infatti come ha avuto modo di precisare la Cassazione "è richiesto soltanto che l’atto simulato di alienazione o gli altri atti fraudolenti sui beni siano idonei ad impedire il soddisfacimento, totale o parziale del fisco" C'è anche chi ha addirittura configurato l'ipotesi di reato per atti simulatori endo familiari, come la separazione coniugale fittizia volta quindi alla sottrazione del pagamento dei debiti fiscali preesistenti, ipotesi astrattamente configurabile ma difficile da dimostrare. Torna alla Home Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Smart Contract tra intelligenza artificiale ed algoritmo..

    Gli smart contract stanno avendo una repentina evoluzione e divulgazione nel nostro sistema legale. Apparati semi automatizzati offrono contratti pre compilati al rispetto di determinati requisiti che una volta impostati diventano vincolanti tra le parti. Il futuro dei contratti con le grandi società di servizi é sempre più legato agli smart contract ove la presenza umana é relegata alla pre impostazione del format e dove il Computer avrà un ruolo pre dominante. Si pensi alle tariffe aeree, agli hotel, alle formule assicurative, alle auto in affitto tramite app, ed alle conseguenti tariffe applicate in automatico al verificarsi di certi eventi quali ad esempio una data, un evento, un requisito soggettivo come la detenzione di un codice sconto. Ma prima dello smart contract occorre capire quale sia le differenza tra Intelligenza Artificiale ed Algoritmo. Il quesito sembra di carattere tecnologico invece il tema è stato affrontato dal Consiglio di Stato, quindi da un "giudice" chiamato verificare la differenza tra l'intelligenza, così chiamata perché capace di apprendere nozioni, dall'algoritmo, visto come serie pre imposta di regole da applicare in automazione. Ha chiarito il Consiglio di Stato che la nozione comune e generale di algoritmo riporti alla mente “semplicemente una sequenza finita di istruzioni, ben definite e non ambigue, così da poter essere eseguite meccanicamente e tali da produrre un determinato risultato” Nondimeno si osserva che la nozione, quando è applicata a sistemi tecnologici, è ineludibilmente collegata al concetto di automazione ossia a sistemi di azione e controllo idonei a ridurre l’intervento umano. Il grado e la frequenza dell’intervento umano dipendono dalla complessità e dall’accuratezza dell’algoritmo che la macchina è chiamata a processare. Cosa diversa è l’intelligenza artificiale. In questo caso l’algoritmo contempla meccanismi di machine learning e crea un sistema che non si limita solo ad applicare le regole sofware e i parametri preimpostati (come fa invece l’algoritmo “tradizionale”) ma, al contrario, elabora costantemente nuovi criteri di inferenza tra dati e assume decisioni efficienti sulla base di tali elaborazioni, secondo un processo di apprendimento automatico. Dalla intelligenza artificiale all'algoritmo quindi si passa in chiave legale agli smart contract. Gli smart contracts vengono definiti dal nostro regolamento – nel D.L. 14 dicembre 2018, n. 135, convertito in legge con L. 11 febbraio 2019, n. 12, all’art. 8-ter – come “un programma per elaboratore che opera su tecnologie blockchain e la cui esecuzione vincola automaticamente due o più parti sulla base di effetti predefiniti dalle stesse”. È necessario inoltre che “soddisfino il requisito della forma scritta previa identificazione informatica delle parti interessate”. Con questo concetto si intende l'elaborazione in un contratto di condizioni auto applicative, a cascata ove vengano rispettati requisiti pre indoviduati. Il metodo è quello del “if-this-then-that”, ovvero “se questo accade allora succede”. Una volta scritti tali contratti procedono in maniera automatica al rispetto di determinate condizioni si pensi ai contratti Assicurativi, ove una volta impostati i parametri vengono individuate le tariffe applicative. Ma sono impugnabili? Ci si può ribellare ad un inadempimento creatosi a seguito di uno smart contract? La risposta é affermativa a patto però di non aver indotto in errore il sistema tramite la comunicazione di pre requisiti errati. Si potrà quindi contestare una tariffa, o un servizio, solo ove tale tariffa sia effettivamente errata alla luce dei requisiti impostati o il servizio non sia stato conforme alle caratteristiche pre comunicate. La difficoltà della tutela legale sarà nell'individuare la "prova" dell'inadempimento da imputare al responsabile dello smart contract. Ti é piaciuto l'argomento? Seguici o contattaci per ogni esigenza. Torna alla Home Studio Legale Angelini Lucarelli Può anche interessare CryptoValute e Fisco. CdS 7891/2021

  • Società Occulta quali requisiti?

    La Società Occulta, requisiti e particolarità. Ci é stato chiesto di focalizzare l'attenzione sulla Società Occulta, al fine di comprendere quando le azioni del singolo possono essere ricondotte non a lui soltanto bensì ad una Società non dichiarata, quindi Occulta... E bene va precisato peró che la mancata esteriorizzazione del rapporto societario, (Società Occulta) costituisce il presupposto indispensabile perché possa legittimamente predicarsi, da parte del giudice, l'esistenza di una società occulta, ma ciò non toglie che si richieda pur sempre l'esistenza e la coesistenza di altri requisiti ovvero 1) partecipazione di tutti i soci all'esercizio dell'attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell'ordinamento interno societario. Ordinamento interno che dovrà quindi avere un modello di comportamento sulla falsa riga di uno statuto societario di fatto. 2) i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio "comune", sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi secondo le regole geneali dettate dall'art. 2256 c.c. 3) esclusione delle azioni esecutive dei creditori dei singoli soci dalle azioni esecutive dei loro creditori personali sul presupposto degli articoli 2270 e 2305 c.c. l'unica effettiva particolarità quindi della peculiare struttura collettiva della Societa Occulta rispetto al modello legale si Socita dichiarata consisterá nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio per poi quindi far riferimento ad una Società interna denominata per l'appunto Occulta. Hai un quesito? Consulta il sito o Contattaci senza impegno. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Farmacia e Società mista, è dovuta l'indennità al gestore provvisorio uscente?

    Si e vediamo il perché! Come noto, l’art. 110, comma 1, del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, prevede che “L’autorizzazione all’esercizio di una farmacia, che non sia di nuova istituzione, importa l’obbligo nel concessionario di rilevare dal precedente titolare o dagli eredi di esso gli arredi, le provviste e le dotazioni attinenti all’esercizio farmaceutico, contenuti nella farmacia e nei locali annessi, nonché di corrispondere allo stesso titolare o ai suoi eredi un’indennità di avviamento in misura corrispondente a tre annate del reddito medio imponibile della farmacia, accertato agli effetti dell'applicazione dell'imposta di ricchezza mobile nell'ultimo quinquennio” (assegnando - al successivo comma 2 - alla commissione indicata nel precedente art. 105 il compito di “accertare la somma a tale titolo dovuta”); al riguardo, la giurisprudenza dei TAR ha avuto modo in più occasioni di affermare che la disciplina de qua, definibile “speciale”, trova la propria ragione d’essere nella constatazione che l’avviamento di una farmacia costituisce un bene inerente ad un’azienda in cui, accanto ai profili privatistici concernenti l’attività di gestione svolta dal farmacista, convergono spiccati caratteri pubblicistici, connessi ai superiori interessi dell’assistenza sanitaria e della cura della salute pubblica, quali – appunto – quelli dell’art. 110 in argomento – cfr. Cass. Civ., Sez. II, 22 ottobre 2015, n. 21523; Stante quindi il disposto dell’art. 17 dela legge n. 475 del 1968, comportante l’estensione dell’operatività dell’art. 110 in argomento anche “ai gestori provvisori di farmacie di nuova istituzione”, “come corrispettivo dell’incremento di attività dell’esercizio”, il quesito non può che ricevere risposta affermativa. Va tuttavia spesa qualche ulteriore considerazione sulla posizione della Società mista pubblico/privato chiamata ad ottemperare al versamento in base al bando. Per la giurisprudenza amministrativa la previsione di un bando pubblico con società mista pubblico privato con l'obbligo di corrispondere al gestore precario “le somme relative al pagamento dei farmaci presenti in farmacia”, di versare a favore di quest’ultimo le spese già sostenute per “stigliature, arredi, attrezzature ed impianti e merci rilevati dal precedente titolare” e ancora, di corrispondere l’indennità di avviamento, appare più che coerente e ciò anche ove tale indennità sia rivolta ad indennizzare il precedente gestore ancorché provvisorio che ha gestito la farmacia in veste di gestore “precario”, in virtù di un’ordinanza urgente adottata dal sindaco ex art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000. La gestione provvisoria ed in via di urgenza infatti va intesa come una semplice “parentesi” nella gestione della farmacia tantoppiu che in caso di eventuale rivendita della sede si applicheranno in favore della neo nata società mista, il diritto a ricevere le indennità di legge.(Tar Lazio 3778/16). Hai un quesito? contattaci o consulta la nostra lista di articoli gratuitamente. Studio Legale Angel ini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Famiglia, cosa è la Comunione de residuo? E quali sono le sorti dell'azienda dopo la separazione?

    #separazione #divorzio #azienda Il termine “comunione de residuo“ è volto ad indicare una residualità dei beni dopo la separazione. Allo scioglimento consegue quindi l'effetto dell'ingresso nel patrimonio comune dei beni oggetto d comunione residuale o de residuo. Ai fini della individuazione del momento di formazione di detta comunione l'attuale legge sul divorzio ha previsto che l'ordinanza con la quale il presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, nell'ambito di un procedimento di separazione giudiziale, determina lo scioglimento della comunione; analogamente è previsto che detto scioglimento avvenga alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato. Per cio che attiene alla pubblicità verso i terzi, ai fini della conoscibilitàdella modifica dei rapporti patrimoniali dei coniugi, l'articolo 191 cc dispone che l'ordinanza di cui sopra debba essere comunicata all'ufficiale di stato civile, ai fini dell'annotazione a margine dell'atto di matrimonio. Ecco quindi che a seguito della novella di cui alla legge n. 151/1975, la comunione legale è divenuto il regime patrimoniale legale dei coniugi (applicabile altresì alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, per effetto dell’art. 1, comma 13, della legge n. 76/2016, ed è accessibile anche ai conviventi di fatto, a determinate condizioni). La prevalente dottrina ha reputato che la scelta di tale regime risponda alla considerazione della famiglia come consortium omnis vitae, nonché ad una specifica esigenza di tutela del coniuge economicamente e socialmente più “debole”, e ciò in funzione complementare rispetto al sistema degli obblighi nascenti dal matrimonio stesso ed incidenti, direttamente o indirettamente, sul patrimonio dei coniugi. Se la finalità dell’istituto è quella di garantire l’uguaglianza delle sorti economiche dei coniugi in relazione agli eventi verificatisi dopo il matrimonio, il legislatore ha avuto anche ben presente l’esigenza di assicurare al singolo coniuge un adeguato spazio di autonomia nell’esercizio delle proprie attività professionali o imprenditoriali, ed in generale nella gestione dei propri redditi da lavoro come pure dei frutti ricavati dai beni personali. L’obiettivo era quello di fornire una disciplina che operasse un necessario ed equilibrato bilanciamento fra alcuni principi, tutti di rango costituzionale e, come tali, meritevoli in ugual modo di tutela, quali la tutela della famiglia (art. 29 Cost.), il principio di pari uguaglianza dei cittadini (art. 3 Cost.), la libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.), la remunerazione del lavoro (art. 35). La risposta è stata quindi quella di prevedere accanto ai beni che ricadono in comunione immediata, e che entrano cioè nel patrimonio comune al momento del loro acquisto, una serie di beni che ricadono in comunione de residuo, restando quindi personali durante la vigenza del regime patrimoniale legale, ma che sono attratti alla disciplina della comunione legale nella misura in cui gli stessi siano sussistenti al momento dello scioglimento della comunione (essendovi poi una serie di beni che nascono come personali e restano tali anche una volta cessata la comunione legale). Affinché possa insorgere il diritto dell'altro coniuge su detti beni è però necessario che gli stessi siano effettivamente e concretamente esistenti nel patrimonio dei coniugi al momento dello scioglimento, di guisa che l’instaurazione di una situazione di comunione de residuo è configurata nel sistema della riforma come evento incerto nell’an, in quanto subordinato alla circostanza della sussistenza del residuum al momento dello scioglimento della comunione legale, ed incerto altresì nel quantum, poiché la contitolarità riguarderebbe esclusivamente quella parte di beni che residuino alla cessazione del regime patrimoniale legale. L’individuazione dei beni oggetto della cd. comunione de residuo si trae dagli articoli 177 lett. b) e c) e 178 c.c., che però differiscono nella loro formulazione letterale, in quanto mentre l’art. 177 prevede che i beni ivi contemplati «costituiscono oggetto» della comunione, se ed in quanto esistenti all’atto dello scioglimento, nell’art. 178 c.c. i beni destinati all’esercizio dell’impresa costituita da uno dei coniugi dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa, anche costituita precedentemente, «si considerano oggetto». La disciplina dei beni personali e quella specificamente dettata per i beni oggetto della cd. comunione de residuo testimoniano l’evidente emersione, pur all’interno di un regime ispirato alla tutela di esigenze solidaristiche tra i coniugi, della necessità di attribuire rilevanza anche a legittime aspirazioni individuali, che non potrebbero essere del tutto mortificate, e ciò in quanto il matrimonio presuppone comunque il riconoscimento della persona e della sua sfera di autonomia come valore primario che gli istituti giuridici sono chiamati ad attuare, soprattutto ove l’attività individuale si rivolga all’esercizio dell’attività di impresa o professionale. Seguici per rimanere aggiornato Ed ecco quindi la conclusione a cui giunge la Suprema Corte a Sezioni Unite 2022, “Nel caso di impresa riconducibile ad uno solo dei coniugi costituita dopo il matrimonio, e ricadente nella cd. comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, all’altro coniuge spetta un diritto di credito pari al 50% del valore dell’azienda, quale complesso organizzato, determinato al momento della cessazione del regime patrimoniale legale, ed al netto delle eventuali passività esistenti alla medesima data”. Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Avezzano

  • Srl contrasti tra soci come risolverli?

    Il quesito che ci è stato posto riguarda l'ipotesi di l'impossibilità di funzionamento dovuta a contrasti insanabili tra soci nella SRL paritaria titolare di azienda come risolvere i contrasti? Quindi cosa accade ad una SRL con contrasti di gestione ove vi sia una base paritaria, ad esempio un CDA con numero pari di componenti o amministrazione congiunta? Diamo la risposta, e successivamente vediamo i risvolti operativi: 1) la società si scioglie per impossibilità di funzionamento; oppure 2) lo statuto della società prevede modi di risoluzione delle controversie tra soci paritari, come ad esempio la nomina di un arbitro esterno. Adesso cerchiamo di comprendere come si giunge a tale conclusioni. La società a responsabilità limitata si sciolgono ai sensi dell'art. 2484 cc in alcuni casi, tra i quali troviamo, i tipici esempi di “impossibilità di funzionamento” ed “impossibilità di raggiungere l'oggetto sociale”. E quindi come si risolve un contrasto insanabile in caso di gestione paritaria della SRL? Chiaro che ove tale assunto sia stato sottoposto ad un esperto di diritto societario prima della costituzione della SRL lo stesso statuto avrebbe potuto prevedere alcune garanzie. Vi sono però rimedi del diritto societario applicabili ove espressamente previsti nello statuto e quindi parleremo delle varie ipotesi di “patti parasociali”, clausole di “cooling off”, “casting vote” “roulette russa”, oltre al caso qui prospettato di "arbitrato". parleremo di roulette russa, quale rimedio atipico ammissibile ai sensi dell'art. 1322 del codice civile, secondo cui “ad uno dei soci è conferita la facoltà di rivolgere un’offerta di acquisto all’altro socio, comunicando il valore che attribuisce alle partecipazioni rappresentative dell’intero capitale sociale e, quindi, percentualmente, il prezzo a cui è disponibile ad acquistare. Il socio oblato è posto dinnanzi all’alternativa tra accettare l’offerta e vendere al prezzo così determinato al socio che ha intrapreso l’iniziativa ovvero acquistare la partecipazione dell’altro assumendo come base di determinazione del prezzo il valore del capitale sociale comunicato dalla controparte e quindi ad un prezzo ancora una volta rapportato percentualmente all’intera partecipazione da acquistare” patti parasociali: Gli accordi parasociali possono sono gli accordi tra soci, non inseriti nell’atto costitutivo e dello statuto, finalizzati a regolamentare alcuni rapporti e ed obblighi che nascono dal contratto sociale. I patti parasociali possono essere sottoscritti tra tutti o solo tra alcuni soci. I patti parasociali , a volte vengono stipulati contestualmente alla costituzione della società; altre volte, vengono sottoscritti successivamente. I patti parasociali sono contratti plurilaterali, ad efficacia obbligatoria, con la finalità di stabilizzare dell'assetto proprietario Spesso per rendere più efficaci questi patti, viene sottoscritta anche una I principali tipi di patti parasociali sono: a) Sindacati di voto mediante i quali i sottoscrittori si impegnano a votare in un certo modo in assemblea. B) Sindacati di blocco attraverso i quali quali ci si impegna a non alienare a terzi la propria partecipazione (a meno di aver concesso il diritto di prelazione agli soci sottoscriventi il patto parasociale). L’articolo 2341 bis del codice civile stabilisce che vengono disciplinati solo i patti stipulati che "al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società: hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano; pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano; hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società" clausola cooling off o di raffreddamento. La decisione dei soci viene rinviata ad un determinato tempo, al fine di permettere un raffreddamento delle tensioni di gestione createsi in relazione ad un determinato affare. Tali patti, detti anche sindacati di voto o di blocco, possono avere una durata massima di cinque anni, con possibilità di rinnovo. E’ possibile, altresì, sottoscrivere patti parasociali con durata indeterminata, salva la facoltà di recesso con preavviso di sei mesi. I patti parasociali rientrano nella categoria dei contratti atipici. L’unico limite alla legittimità dei patti parasociali è il perseguimento di un fine antisociale, o l’eventuale violazione di norme inderogabili. casting vote: la decisione è rimessa ad esempio al Presidente, o ad uno dei soci. Ecco quindi che le ipotesi rimangono due, ovvero abbandonare l'impresa, con lo scioglimento per impossibilità di funzionamento, o di raggiungimento dell'oggetto sociale, oppure prevedere nello statuto della SRL la remissione della decisione ed il superamento del contrasto ad un arbitro nominato dal Tribunale del luogo per la risoluzione delle controversie societarie, oppure alle applicazione di clausole come quelle citate a titolo esemplificativo. Doveroso quindi rammentare che le clausole statutarie sono delle condizioni contrattuali che i soci inseriscono nel contratto sociale, in sede di costituzione o in un momento successivo, per regolare il funzionamento della società sotto i diversi profili che la caratterizzano. Possono dunque essere inserite nell’atto costitutivo oppure nello statuto. Conclusione: Attraverso l’inserimento in statuto delle clausole sopra richiamate, il meccanismo è destinato a produrre effetti nei confronti di qualsiasi soggetto che subentrerà nel contratto sociale, con la conseguenza che la clausola in argomento dispiegherà tali effetti nei confronti di qualunque socio subentrante. Diversamente, la previsione della clausola all’interno di un patto parasociale - contratto - determinerà la produzione di tali effetti soltanto verso soci i contraenti. Ne consegue la fondamentale distinzione, già da tempo avanzata tra i cd. effetti “sociali” e quelli “parasociali”, ove i primi avranno quindi portata generale, maggiormente garantista ai fini di una ipotesi "anti stallo" ovvero anti blocco della gestione societaria, mentre la seconda avrà una portata limitata ai soli contraenti e quindi seppure con idonea garanzia di funzionamento come l'ipotesi di roulette russa, ma con meno incidenza ai fini gestionali per ovviare alle previsioni di "impossibilità di funzionamento", ricordiamo infatti che lo scopo è quello di prevenire, oppure ovviare a causa di impossibilità di funzionamento della Società. Ecco quindi che per poter far combaciare i profili societari gestionali della SRL con i principi delineati dal Consiglio di Stato, la gestione associata sotto forma di Società dovrà essere configurata nell'ambito di una SRL preferibilmente con un Consiglio di Amministrazione composto in numero dispari, e con previsione statutaria di risoluzione delle controversie rimesse ad un arbitro esterno, per ovviare a quella paralisi gestionale che porterebbe inevitabilmente ad una ipotesi di scioglimento per impossibilità di funzionamento ove si ravvisassero contrasti ineludibili tra soci, o contrasti dovuti alla vendita delle quote una volta scaduto il triennio, con correlativo diritto di prelazione... ma questa è un'altra storia.. Hai un caso particolare o sei un appassionato? Consulta i nostri articoli, o contattaci senza impegno Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli.

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gli articoli del blog non costituiscono consulenza sono casi di scuola ad uso studio di carattere generale e non prescindono dalla necessità di un parere specifico su caso concreto.

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