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  • Farmacie la Revisione sedi in pendenza di concorso?

    la revisione dei confini delle farmacie in pendenza di nuove aperture da concorso é possibile? Tale domanda appare affetta da una dualità di teorie e di orientamenti che oggi sono avvalorati da una ulteriore sentenza che depone a favore della discutibile tesi che ammette la modifica del perimetro almeno fintanto che la sede non sia stata autorizzata. Riteniamo che la questione avrà sviluppi concreti in un verso o in un altro in quanto l'attuale ambivalenza delle tesi non depone a favore della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento per i Farmacisti vincitori di concorso in procinto di aprire la sede assegnata. Tesi uno: Quindi nelle more della procedura per l’assegnazione concorsuale delle sedi farmaceutiche non sono possibili autonome modificazioni da parte del Comune del perimetro delle stesse come individuato dal bando, citando l’orientamento per cui “in pendenza della procedura selettiva di cui al concorso straordinario le scelte operate dai partecipanti, sulla scorta della delimitazione delle sedi predeterminata a monte non possono essere falsate da successive modificazioni dei confini delle medesime sedi, autonomamente disposte dai Comuni, inverando ciò una lesione del principio della par condicio competitorum, che informa ogni procedura selettiva (TAR Lombardia sez. III, N. 01462/2021 REG.RIC. 08.06.2020 n. 1004; Cons. di Stato sez. III, 18.11.2019 n. 7877; Cons. di Stato sez. III, 04.10.2016 n. 4085; TAR Sicilia, sez. Catania 17.05.2019 n. 1162)”; Può anche interessarti La sovrapposizione della sede della Farmacia esistente Farmacie la Revisione sedi in pendenza di concorso? Mentre quanto alla violazione del principio della par condicio concorsuale, si richiama la sentenza del Consiglio di Stato, n. 6237 del 2019, secondo la quale il secondo orientamento prevede che “da sempre al momento dell’assegnazione della sede oggetto di concorso accade che se interviene una nuova revisione della pianta organica tutte le sedi messe a concorso e quelle esistenti possono subire una modificazione, diversamente finché una sede farmaceutica non viene aperta al pubblico non potrebbe aversi una revisione della pianta organica, il che costituirebbe una paralisi con danno al servizio dell’interesse pubblico”; Leggi pure: Le caratteristiche del concorso ordinario Soggiunge da ultimo il Tar che la validità di tale secondo orientamento deriva dal fatto che al fine di accreditare tale conclusione, la ricorrente richiama l’orientamento per cui “in pendenza della procedura selettiva di cui al concorso straordinario le scelte operate dai partecipanti, sulla scorta della delimitazione delle sedi predeterminata a monte non possono essere falsate da successive modificazioni dei confini delle medesime sedi, autonomamente disposte dai Comuni, inverando ciò una lesione del principio della par condicio competitorum, che informa ogni procedura selettiva (TAR Lombardia sez. III, 08.06.2020 n. 1004) Per contro, il Collegio Siciliano del 2024 rileva che l’orientamento appena citato è stato oggetto di ripensamento e di fatto superato dalla più recente giurisprudenza amministrativa, a mente della quale: “l’indizione della procedura selettiva paralizzerebbe le riperimetrazioni delle sedi farmaceutiche messe a concorso fino alla conclusione della procedura di assegnazione – condurrebbe ad esiti contrastanti con il disposto di cui all’art. 2, comma 2, della l. n. 475/1968, che impone comunque la revisione biennale del numero di farmacie spettanti a ciascun comune in base alle rilevazioni della popolazione residente pubblicate dall’ISTAT, oltre che palesemente aberranti, rischiando di dar luogo a notevoli ritardi nell’espletamento delle procedure” (Cons. Stato Sez. III 28/6/2023, n. 6343). ammessa la legittimità di tale orientamento quindi sarebbe possibile variare l'ampiezza delle sedi da parte del Comune apparirebbe possibile modificare lestensione della sede durante il lasso di tempo tra l'assegnazione e l'apertura.. ed infatti afferma il Tar In ogni caso, anche a voler seguire l’orientamento richiamato la soluzione del caso non cambierebbe, in quanto la gravata delibera consiliare, modificativa dei confini della sede farmaceutica nella fattispecie è intervenuta nelle more del procedimento di autorizzazione all’apertura della farmacia e non nelle more della procedura concorsuale, che si era da tempo conclusa con l’assegnazione della sede.. Quindi verrebbe da pensare che l'iter di autorizzazione della sede deve ritenersi una fase esclusa dal concorso.. tesi valida ove si valuti solo il provvedimento autorizzativo senza riflessi sulla eventuale mandava autorizzazione che comporterebbe la vacanza della sede e la ti edizione della nuova procedura concorsuale. Farmacie la Revisione sedi in pendenza di concorso? A ritenere diversamente, ne conseguirebbe che il Comune non possa avviare l’iter di revisione della pianta organica (che a norma dell’art. 2, L. 475/1968 deve essere disposta ogni due anni, mentre l’ultima revisione della pianta organica nella fattispecie risale al 2012) neppure dopo conclusa la procedura concorsuale con l’assegnazione della sede farmaceutica (quale atto ultimativo della procedura concorsuale ex art. 11 del bando). L’illogicità di un tale approdo è stata, del resto, messa in risaltodalla citata giurisprudenza del Cons. di Stato Sez. III , Sent. 6237/2019. Nessuna violazione del principio della par condicio competitorum può essere quindi addebitata al Comune per avere adottato, in ossequio a un preciso obbligo di legge, la revisione della pianta organica delle farmacie (Tar Sicilia 918/2024) Tale ricognizione é utile per comprendere che si tratta di materia in evoluzione e che i confini delle farmacie ed i confini del concorso sono ancora in fase di definizione... Hai un quesito in diritto farmaceutico? Contattaci o leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • Assegno divorzile? Bisogna considerare tutti i sacrifici fatti dalla ex moglie per la famiglia

    A cura dell'avvocato Ilaria Paletti. L'assegno divorzile può avere natura risarcitoria per ripagare i sacrifici della moglie che ha rinunciato alla propria carriera per prendersi cura della famiglia? Secondo la Cassazione assolutamente si. La Suprema Corte, infatti, con l'ordinanza n. 13724/2021 del 20.05.2021 si è nuovamente occupata dell'assegno divorzile in relazione ad un caso in cui la moglie aveva rinunciato totalmente alle proprie aspettative di vita per consentire al marito di dedicarsi interamente alla carriera. Finalmente, dunque, il sacrificio personale della donna per condurre il menage familiare trova pieno riconoscimento. I Giudici hanno infatti riconosciuto la natura risarcitoria dell'assegno divorzile della moglie che durante il matrimonio, rinunciando alla cariera per seguire la famiglia, aveva consentito al marito di accumulare significativi risparmi e di rivestire importanti cariche sociali. Assegno divorzile? Bisogna considerare tutti i sacrifici fatti dalla ex moglie per la famiglia La Cassazione infatti, nel riconoscimento dell'assegno divorzile ha tenuto conto degli enormi sacrifici fatti dalla donna per aver svolto pressocchè da sola tutti i lavori domestici ed essersi occupata dell'accudimento totale della prole a discapito del proprio successo personale, permettendo al marito di realizzarsi completamente sotto la spera professionale. L'assegno divorzile, dunque, può avere natura assistenziale ma anche compensativa di tutte le rinunce fatte durante il matrimonio dal coniuge più debole econimicamente. La decisione della Corte trae origine da una vicenda molto dolorosa: una madre che per occuparsi dei figli, uno dei quali gravemente malato e poi purtroppo deceduto, si era annullata totalmente dimenticandosi ogni aspirazione personale e consentendo all'altro coniuge di avere tutto il tempo a disposizione per realizzarsi e seguire i propri sogni. leggi il blog in diritto di Famiglia I Giudici sostanzialmente, nonostante la donna non fosse del tutto priva di mezzi propri, hanno rinconosciuto in capo alla stessa il diritto alla percezione dell'assegno divorzile quale risarcimento per i sacrifici fatti per la famiglia durante tutto il matrominio. Finalmente trova pieno riconoscimento il lavoro svolto dalla donna che si è dedicata in piena solitudine alla famiglia. Avv Ilaria Paletti

  • La gara per la concessione della farmacia

    La gara per la nuova concessione della farmacia impone un rigido assetto di termini e prescrizioni in capo al concessionario, il quale non è sullo stesso piano dell'amministrazione sanitaria nella contrattazione dei tempi. Il concessionario quindi sarà vincolato anche dopo l'aggiudicazione alle scadenze per dire “a cascata” imposte dall'amministrazione sanitaria, e cio' in quanto sussiste il principio del rispetto dei “requisiti di esecuzione” della gara pubblica che non consentono una posizione paritaria e pattizia tra amministrazione sanitaria a privato aggiudicatario, il quale quindi rimarrà vincolato alle tempistiche imposte. E' quanto si ricava dalla recente giurisprudenza in tema di gare pubbliche per concessioni di farmacie. Ed infatti dalla evidenziata natura di requisito di esecuzione del termine di apertura discende, piuttosto, che la dimensione temporale dell’adempimento dovesse necessariamente coincidere con l’intervallo corrente tra l’aggiudicazione e il perfezionamento del contratto, in linea con la consolidata giurisprudenza per cui i requisiti di esecuzione costituiscono, di norma, condizioni per la stipulazione del contratto; con la conseguenza che, se richiesti a tal fine, “la loro mancanza rileva al momento dell’aggiudicazione o al momento fissato dalla legge di gara per la relativa verifica e comporta la decadenza dall’aggiudicazione, per l’impossibilità di stipulare il contratto addebitabile all’aggiudicatario (Cons. Stato, sez. V, 7 marzo 2022, n.1617)” (Cons. Stato sez. III, 26/10/2023 n. 9255 cit. nonché, tra le molte altre, Cons. Stato sez. III, 16/12/2022, n. 11029; Id. 12/12/2022 n. 10840; Cons. Stato sez. V, 04/10/2022, n. 8481; T.A.R. Piemonte sez. I, 17/07/2020, n. 475). La gara per la concessione della farmacia in ospedale Il silenzio della lex specialis (bando) e delle fonti primarie riguardo al termine di avvio del servizio non osta quindi all’individuazione del limite temporale di approntamento della sede giacché, pure nel difetto di una previsione esplicita, l’interesse pubblico a che l’aggiudicataria disponesse di tutti i mezzi e le dotazioni per l’utile esercizio della farmacia non poteva che attualizzarsi proprio al momento della stipulazione del contratto (cfr., in tema di centri di cottura nei servizi di ristorazione, Cons. Stato, sez. V, 18/12/2017, n. 5929). Diversamente, sarebbe stata sottratta alla ordinaria fase di valutazione dell’offerta la verifica di uno dei suoi elementi costitutivi, con ingiustificata compressione della par condicio tra i concorrenti (cfr. Cons. Stato, sez. V 18/12/2020, n. 8159 e Tar Piemonte n. 105/2024). Ed infatti nella fase dell'esecuzione il rapporto intercorrente tra l'Amministrazione Concedente ed concessionario vincitore della gara pubblica per la nuova farmacia, non è paritario né pattizio. Sicché la prescrizione del del capitolato -per cui la disponibilità della sede deve includere l’impegno ad espletare “tutti gli interventi, […] eventualmente necessari, […] per ottenere l’autorizzazione igienico-sanitaria e l’agibilità per l’apertura al pubblico”- e il tenore del capitolato in base al quale la disponibilità così descritta deve essere attuata entro la data dell’aggiudicazione- indicano nell’aggiudicazione il titolo fondativo dell’obbligo di dotarsi dei mezzi necessari all’erogazione del servizio e, insieme, il suo termine iniziale di adempimento. Leggi il blog in diritto farmaceutico Inoltre, l'eventuale precisazione presente negli atti di gara che tutti gli interventi devono essere adempiuti “a richiesta del Concedente” esclude ogni assetto pattizio o paritetico, rimettendo modalità e tempi della prestazione all’iniziativa unilaterale dell’amministrazione sanitaria. Conforme Tar Piemonte 105/24. Hai un quesito su appalti concessioni e servizi farmaceutici? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • L'annullamento d'ufficio dell'autorizzazione della farmacia

    La falsa rappresentazione dei fatti oggetto di dichiarazione in sede di apertura della farmacia comporta l'annullamento d'ufficio del provvedimento di autorizzazione, (art. 21 novies Legge 241/1990) a prescindere dal fatto se vi sia stata o meno una sentenza penale di condanna che abbia accertato il fatto contestato. Stiamo evidentemente parlando del caso in cui a seguito di controlli l'Azienda Sanitaria proceda ad un annullamento d'ufficio per il mancato riscontro dei requisiti necessari dichiarati ma assenti in sede di autorizzazione, come quelli inerenti l'assenza di incompatibilità di cui alle legge 362 del 1991. E ciò in particolare in quanto “le cause di incompatibilità vanno rimosse nel momento in cui si verificano e non nel momento in cui vengono scoperte dall’Amministrazione" Ed in particolare nel lasso di tempo, non breve, che intercorre tra la comunicazione della Regione della disponibilità della sede farmaceutica e la presentazione della domanda di autorizzazione all’apertura della farmacia CdS 6137/23 Attenzione tuttavia a non confondere i requisiti di partecipazione al concorso con i requisiti per l'autorizzazione all'apertura, si tratta di requisiti distinti che attengono a "fasi differenti" e che hanno contenuto differente. I primi (requisiti di partecipazione) attengono infatti alla platea di coloro che possono partecipare al concorso, i secondi invece, dopo i primi, attengono all'ottenimento dell'autorizzazione per coloro che hanno potuto partecipare... Ecco quindi che tornado a parlare dei requisiti per l'apertura della farmacia una volta acclarata l’illegittimità del provvedimento di riconoscimento della titolarità della farmacia, siccome inficiato dalla sussistenza (alla data della sua adozione) di una (non previamente rimossa) causa di incompatibilità, non sarebbe stato possibile per l'Ente amministrativo sanare “ora per allora” la situazione di conflitto contestata. In tale contesto interpretativo, dalla necessità, normativamente prevista, che la fattispecie decettiva abbia costituito oggetto di una sentenza di condanna del giudice penale passata in cosa giudicata non potrebbe derivare un vantaggio per il privato.. Deve piuttosto ritenersi che la pronuncia di una sentenza penale di condanna passata in giudicato abbia la funzione di ampliare, piuttosto che restringere, lo “spatium temporis” concesso all’Amministrazione ai fini del ripristino della legalità violata mediante l’adozione del provvedimento ampliativo, con la conseguenza che essa sarà legittimata all’esercizio del suo potere di autotutela anche oltre il termine suindicato (12 mesi) non solo ogniqualvolta abbia accertato che il provvedimento suindicato è stato emesso sulla scorta di una “falsa rappresentazione dei fatti”, indipendentemente dalla forma (dichiarazione sostitutiva o meno) in cui essa sia stata versata, ma anche quando la falsità della dichiarazione sostitutiva sia stata acclarata con una sentenza definitiva di condanna. L'annullamento d'ufficio dell'autorizzazione della farmacia A tal proposito, ha rilevato il giudice amministrativo citato, che “l’annullamento in autotutela è intervenuto non perché le ricorrenti al momento della presentazione della domanda di partecipazione al concorso non fossero in possesso dei necessari requisiti, né perché questi requisiti siano venuti meno, ma perché, quando hanno chiesto il riconoscimento della titolarità della sede in Comune e l’autorizzazione all’apertura e all’esercizio della farmacia, si sono venute a trovare in una condizione di incompatibilità”. Leggi il Blog Ha aggiunto il T.A.R. Brescia che “nel caso di specie vi è in effetti una certa corrispondenza fra i requisiti di partecipazione (non essere, salvo deroghe precise, titolari di farmacia) e la causa di incompatibilità (socio di società titolare di farmacia), ma si tratta di un mero accidente, che non sposta l’essenza della questione. Hai un quesiti? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli

  • Nella successione ereditaria aziendale a chi vanno gli incrementi di esercizio?

    Nel presente post affrontiamo il tema della divisione aziendale per volontà o per motivi di successione ereditaria. Si tratta dell'azienda di famiglia, sia essa una Farmacia, un'Assicurazione, o una industria tessile o chimica. Accade infatti che vi possa essere una divisione aziendale provocata dalla richiesta di uno dei familiari oppure dovuta all'evento morte del titolare. Ecco quindi che si possono verificare situazioni in cui l'azienda viene continuata solo da uno degli eredi mentre l'altro rimane inerte in attesa della propria liquidazione. Ma quale è il valore da attribuire? Rispondiamo con punti di giurisprudenza, per una caso specifico contattateci senza impegno Nell’apprezzare il valore dell’azienda al momento della divisione la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della relativa domanda Tuttavia tale criterio, che si desume dall’art. 726 c.c., comma 1, è stato affermato con riferimento a beni ereditari anche aziendali ma oggetto di “mero godimento” e non di esercizio economico-produttivo. Per i primi, (quelli di mero godimento) il valore venale dipende da fattori terzi come il decorso del tempo, o la variazioni del prezzo di mercato ecc. o da attività di amministrazione per i secondi detto valore è, invece, la risultante dell’esercizio di un’impresa. In entrambi i casi vi può essere un incremento di valore dell’azienda rispetto alla data di apertura della successione, ma l’origine di tale maggiorazione è sostanzialmente diversa, sicchè solo nel primo caso quindi in quelli di mero godimento questa permane acquisita alla comunione mentre il dubbio si pone per qui beni derivanti dall'esercizio di impresa che con l'esercizio appunto, possono incrementare di valore. Tale differenza è la stessa che si apprezza tra “società di persone” e “comunione di godimento”, come alcune risalenti pronunce della Corte hanno chiarito proprio con riferimento alla comunione ereditaria d’azienda. Nella successione ereditaria aziendale a chi vanno gli incrementi di esercizio? E’ stato infatti osservato che la distinzione tra società di persone e comunione di godimento, trova applicazione anche riguardo ad un’azienda compresa in un’eredità. Conseguentemente, l’azienda ereditaria forma oggetto di (semplice) “comunione” fin tanto che rimangano presenti gli elementi caratteristici della comunione, e cioè fino a quando i coeredi si limitino a godere in comune l’azienda relitta dal de cuius, negli elementi e con la consistenza in cui essa è caduta nel patrimonio comune, come può avvenire nel caso di affitto dell’azienda stessa. Allorchè, invece, quest’ultima viene ad essere esercitata con fine speculativo, con nuovi incrementi e con nuovi utili derivanti dal nuovo esercizio, possono verificarsi due ipotesi: o l’impresa è esercitata, d’accordo, da tutti i coeredi, i quali convengono di continuarne l’esercizio, apportando nuovi incrementi o sviluppando i precedenti, a fine speculativo, e, in tal caso, sussistono tutti gli elementi della società, ovvero la continuazione dell’esercizio dell’impresa è effettuata da uno o da alcuni dei coeredi soltanto, e quindi il successivo esercizio, con gli utili e le perdite conseguenti, non può essere imputato che al coerede o ai coeredi predetti Ne deriva che, applicato il principio di diritto sopra richiamato, (i) le consistenze, l’avviamento e dunque il complessivo valore aziendale devono essere fissati, ai fini divisionali, alla data di apertura della successione (salvo ovviamente la rivalutazione per il periodo successivo; e (ii) le spese, gli incrementi o i decrementi aziendali successivi a tale data, essendo ascrivibili all’attività imprenditoriale del solo erede e non possono essere considerati comuni. Quindi per concludere se l'azienda è sviluppata e portata avanti da uno solo degli eredi a questo soltanto spetteranno gli incrementi di valore mentre all'altro andrà il valore “statico” dovuto e concretizzato al momento della divisione o della successione. Hai un quesiti? Consulta il blog gratuito o contattaci per un tuo caso specifico Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli Cass. 10188/19

  • I pagamenti del SSN alle Cliniche ed alle Farmacie

    Sussiste una macroscopica differenza tra i pagamenti disposti dal Sistema sanitario Nazionale in favore delle Cliniche e delle strutture accreditate rispetto ai pagamenti erogati in favore delle Farmacie. A tale conclusione è giunta, dopo una articolata ricostruzione, la cassazione che sviscerando la normativa in tema di transazioni commerciali ed interessi moratori ha stabilito il principio secondo cui gli interessi moratori ex D.lgs 231 2002 sono applicabili alle strutture accreditate mentre in nessun caso sono riconducibili in favore della Farmacie, almeno per i farmaci salvavita. Ed infatti con la sentenza n. 9991 del 2019, della Corte di Cassazione relativa alle farmacie, evidenziava piuttosto l'eterogeneità del profilo soggettivo, ritenendo che le farmacie, per l'attività di erogazione di assistenza farmaceutica in favore degli assistiti del SSN, non potessero rientrare nella nozione pur lata di imprenditore presa in considerazione dal D.Lgs. n. 231 del 2002 perchè erano piuttosto da considerare un segmento del Servizio sanitario nazionale, per la prevalenza della funzione pubblicistica svolta. Questo ultimo profilo è particolarmente valorizzato dalla successiva pronuncia a Sezioni unite, n. 26496 del 2020, che, previa un'accurata disamina della giurisprudenza precedente, nell'affermare la peculiarità funzionale delle farmacie, che le inserisce come segmento di diretta articolazione del Servizio sanitario nazionale, e giustifica la sottrazione dell'attività di erogazione dei farmaci svolta alla nozione di transazione commerciale, ha a sua volta circoscritto questa peculiarità, che ne fa prevalere il profilo pubblicistico su quello imprenditoriale, all'attività salvavita svolta dalle farmacie, e cioè alla sola somministrazione dei farmaci essenziali, di fascia A, per i quali l'assistito è dispensato dal versamento del corrispettivo, essendo titolare del diritto a riceverli quale concretizzazione del fondamentale diritto alla salute ed il soggetto che eroga I farmaci si inserisce in toto nell'espletamento del Servizio sanitario nazionale e si colloca in rapporto stretto e diretto con il pubblico interesse sotteso a tale servizio, spogliando, in parte, l'attività del farmacista dalla sua natura imprenditoriale. Detta sentenza segnala che l' inserimento della farmacia nel servizio sanitario nazionale quale suo segmento non trova ostacolo nei principi Eurounitari. La stessa pronuncia afferma poi che proprio dalla ricostruzione del rapporto tra strutture sanitarie private che operano in regime di accreditamento e SSN si posso inferirne alcune chiare differenze rispetto ai crediti nascenti dalla erogazione dei farmaci, che giustificano trattamenti differenziati, come è espressamente affermato anche in un breve quanto incisivo passaggio della decisione, là dove si dice che "Nessun sostegno ad una qualche apertura" - in favore del riconoscimento degli interessi ex D.Lgs. n. 231 del 2002 per i crediti derivanti dalle erogazioni dei farmaci - "appare poi rinvenibile nell'applicazione - pur chiamata a raffronto, come si è visto, anche dalla ordinanza interlocutoria - del D.Lgs. n. 231 del 2002 ai crediti delle strutture private accreditate, riconosciuta ormai in modo stabile e, d'altronde del tutto condivisibile per quanto rilevato nel pertinente orientamento della Suprema Corte del 2020. "Le prestazioni sanitarie erogate ai fruitori del Servizio sanitario nazionale dalle strutture private con esso accreditate, sulla base di un contratto scritto, accessivo alla concessione che ne regola il rapporto di accreditamento, concluso dalle stesse con la pubblica amministrazione dopo l'8 agosto 2002, rientrano nella nozione di transazione commerciale di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 2 avendo le caratteristiche di un contratto a favore di terzo, ad esecuzione continuata, per il quale alla erogazione della prestazione in favore del privato da parte della struttura accreditata corrisponde la previsione dell'erogazione di un corrispettivo da parte dell'amministrazione pubblica. Ne consegue che, in caso di ritardo nella erogazione del corrispettivo dovuto da parte dellaamministrazione obbligata, spettano alle strutture private accreditate gli interessi legali di mora ex D.Lgs. n. 231 del 2002, art. 5". Cass. 35092/23 I pagamenti del SSN alle Cliniche ed alle Farmacie Tutte le considerazioni che precedono conducono univocamente a ricondurre il rapporto tra la struttura privata accreditata (svolgente in questo caso attività di riabilitazione fisioterapica) che ha svolto le sue prestazioni in favore dei fruitori del Servizio sanitario nazionale e chiede quanto dovuto per il ritardo nel pagamento delle prestazioni erogate e l'ente pubblico che, all' interno della Regione, è obbligato a corrispondere i corrispettivi per tali prestazioni, nell'ambito della nozione di transazione commerciale intercorsa tra un imprenditore e il SSN e quindi nell'ambito di applicabilità della particolare disciplina dettata dal D.Lgs. n. 231 del 2002 per sanzionare i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali. Non vi sono elementi per assimilare le società private che svolgono in favore degli assistiti del SSN prestazione di servizi alle farmacie (là dove dispensano farmaci salvavita: è questa la circoscritta affermazione contenuta in Cass. S.U. n. 26496 del 2020) e di considerarle pertanto, sotto il profilo soggettivo, un segmento del Servizio Sanitario nazionale, nè per ritenere che debbano anch'esse essere sottratte, in caso di ritardi nei pagamenti da parte dell'Amministrazione pubblica, all'ambito di applicabilità della disciplina, di ispirazione comunitaria, che compensa con interessi particolarmente elevati (e con altri profili derogatori alla disciplina generale, anch'essi ispirati al favor creditoris che sono fuori dall'oggetto della presente analisi, quali la mora ex re e il luogo di adempimento dell'obbligazione) il ritardo nel pagamento. I pagamenti del SSN alle Cliniche ed alle Farmacie Sia la fonte dell'attività svolta sia le caratteristiche di tale attività (come sottolineato anche dal Procuratore generale nelle sue conclusioni) rendono le prestazioni di servizio ai fruitori del SSN erogate dalle strutture private accreditate pienamente riconducibili nell'ambito di applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2002, in quanto transazioni commerciali svolte da un imprenditore con la pubblica amministrazione. Quanto alla fonte dell'attività svolta essa è, sulla base della ricostruzione che precede, duplice, provvedimentale e contrattuale. Mediante l'accreditamento le strutture autorizzate acquisiscono lo status di soggetto idoneo a erogare prestazioni e servizi sanitari per conto del SSN, ma poi l'abilitazione a fornire, in concreto, prestazioni a carico del SSN deriva loro dalla stipula di accordi contrattuali che, ai sensi del D.Lgs. n. 502 del 1992, art. 8-quinquies definiscono i programmi di attività, con indicazione dei volumi e delle tipologie di prestazioni erogabili. Per le strutture accreditate, dunque, gli accordi contrattuali sono l'ultimo e decisivo passaggio per dar vita al rapporto tra le parti e all'attività di assistenza svolta appunto dalle strutture accreditate. E, in tale contesto, anche i pagamenti vengono eseguiti sulla base di tali contratti. Per le farmacie, invece, la fonte del rapporto, è normativa, essendo fondata su accordi che vengono recepiti e quindi normativizzati in un decreto del Presidente della repubblica. Segui il Blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Citate fonti: Cass. 9991/2019 Cass. 26496/2020 e Cass. 35092/2023

  • Il trasferimento del dispensario farmaceutico

    Dispensario.. .. abbiamo affrontato diverse volte l‘argomento, il dispensario è diventato il punto di scontro dei neo titolari di farmacia che abbiano scelto una nuova sede, lì dove invece per anni imperava la sede comunale o principale con un dispensario, soprattutto nelle zone di circa 1000 utenti e nelle zone con affluenze stagionali a causa del turismo. ... altro punto riguarda la liquidazione della sede pre esistente, ma su questo se ne parlerà in altro approfondimento, senza tralasciare il ruolo della determina regionale nella quantificazione.. … quindi che fine fa il vecchio dispensario farmaceutico? chiude! Questa la sintesi a cui giunge il Consiglio di Stato nella pronuncia 2240/2021 approfondiamo l’argomento.. se invece hai fretta ed hai un quesito contattaci. °°° Dispensario “il dispensario costituisce una presidio suppletivo rispetto a quello primario delle farmacia, al quale pertanto non è assimilabile, tanto è vero che - diversamente da quest'ultimo - risulta privo di circoscrizione territoriale e di autonomia tecnico-funzionale, finalizzato esclusivamente a rendere più agevole l'acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione (Cons. Stato, sez. III, 27 giugno 2018, n. 3958; n. 521/2015 e 749/2015)”. E’, dunque, dirimente la considerazione che il dispensario non può essere assimilato alla farmacia. (CdS 2240/21) Precisa il Consiglio di Stato: Si tratta, infatti, di un mero presidio sul territorio al servizio dei cittadini, che tuttavia non viene riconosciuto dalla costante interpretazione giurisprudenziale né come soggetto economico in grado di competere con le farmacie; né come struttura autonoma, essendo gestito, di norma, dalla sede farmaceutica più vicina, di cui è parte integrante. e quanto all’istituzione del dispensario? Anche la sua istituzione risponde ad una logica del tutto diversa da quella delle farmacie, in quanto è finalizzata esclusivamente a rendere più agevole l'acquisto di farmaci di uso comune e di pronto soccorso in zone territoriali sprovviste di presidi farmaceutici, sopperendo alle esigenze primarie ed immediate della popolazione (Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2018 n. 1205). Presupposti per l'istituzione del dispensario sono: a) la previsione in pianta organica della farmacia privata o pubblica; b) la mancata apertura della farmacia prevista in pianta. Il trasferimento del dispensario farmaceutico ed in relazione alle nuove sedi cosa accade al perimetro del dispensario? Risulta fisiologica e del tutto rispondente alla ratio della riforma l'eventualità che le nuove zone istituite dai Comuni o dalle Regioni incidano sul bacino d'utenza di una o più sedi preesistenti; Quindi: Ed, invero, deve ritenersi che l'istituzione del dispensario sia giustificata e condizionata ex lege, almeno in via tendenziale, dalla inesistenza o dalla mancata attivazione della farmacia prevista in pianta organica e mira, dunque, a garantire “l'assistenza farmaceutica minima” alla popolazione di una determinata zona. Il trasferimento del dispensario farmaceutico Farmacia e Dispensario: La coesistenza tra farmacia attiva e dispensario ordinario deve, infatti, ritenersi tendenzialmente esclusa in quanto essa, per un verso, viene a contraddire la natura essenzialmente suppletiva ed emergenziale del dispensario; Ne deriva che l’istituzione e la conseguente attivazione della farmacia, fa in via ordinaria, e salve motivate eccezioni, venir meno “le condizioni per il mantenimento del dispensario farmaceutico a suo tempo istituito” ( in tal senso vedi Consiglio di Stato, sez. III, 21/01/2013, n. 309, “(…) il dispensario farmaceutico, legittimamente soppresso per far luogo alla nuova farmacia, in quanto soluzione di breve periodo destinata, nel sistema normativo vigente, ad essere sostituita con una farmacia in piena titolarità (…); ciò che determina la cessazione del dispensario è data dal fatto che la nuova farmacia venga effettivamente aperta e messa in esercizio dal nuovo titolare (…)”. L’interesse alla coesistenza di farmacia e dispensario deve, viceversa, ritenersi atipico ed eccezionale (cfr. Cons. St., sez. III, 27 febbraio 2018 n. 1205). I Cosa accade in caso di cessione della farmacia? E' possibile trasferire unitamente alla farmacia anche il dispensario gestito stagionalmente? Per rispondere a tale ultimo quesito sul dispensario stagionale e l'azienda farmacia ci viene chiesto se è legittima quindi la tesi per cui il dispensario stagionale costituisca un vero e proprio cespite afferente al compendio dei beni aziendali e suscettibile di circolare inter privatos come un qualsiasi bene. Addurrebbe nello specifico il nostro lettore che con l'atto di compravendita della farmacia il neo titolare subentrerebbe nella titolarità del dispensario farmaceutico stagionale con la precisazione che l’ordinanza amministrativa di concessione avrebbe avuto validità sempre che fossero continuate a sussistere tutte le condizioni indicate nell’ordinanza stessa. Non si può condividere tale impostazione, ed infatti la tesi è fallace e non può trovare adesione: vanno tenute distinte le cessioni dei beni aziendali dai titoli pubblicistici, suscettibili di cessione e circolazione inter privatos nei termini fissati dal titolo e nei suoi limiti di validità. Ed infatti in un’ottica eminentemente civilistica, le autorizzazioni amministrative all’esercizio di un’attività di impresa, tanto più nel settore sanitario, avendo carattere personale, non sono riconducibili al novero dei beni aziendali e dunque non sono trasferibili con il relativo contratto di cessione o di affitto (cfr. Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 2006, n. 22112; id., 6 febbraio 2004, n. 2240). Trattandosi di dispensario stagionale, come già osservato, l’affidamento ha valenza temporanea e va incontro ad autonomo rinnovo anno per anno, sicché la cessione inter vivos dispiega limitato rilievo entro i limiti di efficacia degli affidamenti dell’epoca. Non può, di contro, vincolare in alcun modo l’operato dell’amministrazione per le successive stagioni, per le quali si attivano nuovi titoli concessori. CdS 558.24 Il trasferimento del dispensario farmaceutico Conclusioni Nel nuovo assetto normativo, tanto a livello di disciplina nazionale che a livello di disciplina regionale, i principi sopra enunciati non patiscono eccezione dovendo i vecchi dispensari rimanere assorbiti nell’implementazione della pianificazione comunale e nei relativi sviluppi attuativi nel caso di dispensari ordinari immessi in zone successivamente coperte dalle nuove sedi a concorso, mentre per quel che concerne i dispensari stagionali, saranno i requisiti "temporanei" nei territori con meno di 12.500 abitanti a dettare i criteri per la sopravvivenza degli stessi, non potendo agganciare la sussistenza di un dispensario farmaceutico nemmeno all'ipotesi di diritto acqusito dal titolare della sede in caso di cessione della farmacia per atto di compravendita. per ogni esigenza non esitare a Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli

  • Recupero Crediti Esteri in Italia: Cosa fare se il debitore nega i rapporti con il creditore?

    Crediti da recuperare in Italia dall'estero, quale strada percorrere. Ove l'imprenditore abbia un credito che risulti dalle proprie scritture contabili, ad esempio, fatture, partitari, registri iva, e questo credito risulta contestato dal debitore, solo per ritardare il pagamento, sarà possibile ricorrere al giudice ed utilizzare le proprie scritture contabili, anche solo quali elementi indiziari. Recupero crediti? Chiedi a noi E' questo il succo della ricostruzione operata dalla Cassazione secondo cui le disposizioni degli artt. 2709 e 2710 c.c., (in tema di scritture contabili) le quali regolano l’efficacia probatoria delle scritture contabili contro l’imprenditore e nei rapporti tra imprenditori, non precludono al giudice la possibilità di trarre dai libri contabili di una delle parti, regolarmente tenuti, elementi indiziari atti a concretare, in concorso con altre risultanze, una valida prova per presunzione anche a favore dell’imprenditore che i libri stessi ha prodotto in giudizio. (Cass. 9968/2016). Il recupero crediti a costi prefissati Con queste argomentazioni è possibile avviare una controversia di recupero crediti anche nei casi più difficili, ove i rapporti tra le parti non sono stati perfettamente provati. Da qui la necessità di avere una contabilità coerente ed ordinata, che potrà essere utilizzata come prova unilaterale contro il debitore. Questa la nostra esperienza già utilizzata per recuperare difficili crediti di società estera anche extra UE in Italia contro debitore Italiano, che abusando di una posizione di vantaggio sul territorio tentava di sottrarsi ai pagamenti dovuti alla società straniera. Se anche tu hai una vicenda da raccontare o affrontare, non esitare a contattarci. Assistenza all’imprenditore ed all’impresa senza sorprese Per il tuo caso specifico contattaci senza impegno valuteremo la situazione e la strada migliore da intraprendere bilanciando costi e benefici. Studio Legale Angelini Lucarelli Società Estera Recupero Crediti Crediti extra UE Avv. Aldo Lucarelli

  • La sostituzione del progettista nell’appalto integrato

    Varie norme nel tempo hanno disciplinato l’appalto integrato. In particolare: a) l’art. 59 bis d. lgs. n. 50/16 stabiliva che “le stazioni appaltanti possono ricorrere all’affidamento della progettazione esecutiva e dell’esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo dell’amministrazione aggiudicatrice nei casi in cui l'elemento tecnologico o innovativo delle opere oggetto dell'appalto sia nettamente prevalente rispetto all'importo complessivo dei lavori. I requisiti minimi per lo svolgimento della progettazione oggetto del contratto sono previsti nei documenti di gara nel rispetto del presente codice e del regolamento di cui all’articolo 216, comma 27-octies; detti requisiti sono posseduti dalle imprese attestate per prestazioni di sola costruzione attraverso un progettista raggruppato o indicato in sede di offerta, in grado di dimostrarli, scelto tra i soggetti di cui all’articolo 46, comma 1”; b) l’art. 53 comma 3 d. lgs. n. 163/06 prevedeva che “quando il contratto ha per oggetto anche la progettazione, ai sensi del comma 2, gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell'offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”; c) nello stesso senso l’art. 92 comma 6 d.p.r. n. 207/10 prescriveva che “i requisiti per i progettisti previsti dal bando ai sensi dell’articolo 53, comma 3, del codice devono essere posseduti dalle imprese attestate per prestazioni di sola esecuzione, attraverso un progettista associato o indicato in sede di offerta in grado di dimostrarli, scelto tra i soggetti di cui all’articolo 90, comma 1, lettere d), e), f), f-bis, g) e h), del codice, e sono costituiti in rapporto all’ammontare delle spese di progettazione”. Ne deriva che la giurisprudenza formatasi in riferimento al testo delle disposizioni abrogate può essere utilmente richiamata anche in relazione al disposto del vigente art. 44 comma 3 d. lgs. n. 50/16. La sostituzione del progettista nell’appalto integrato In proposito, secondo l’Adunanza Plenaria, “il progettista indicato, nell'accezione e nella terminologia dell'articolo 53, comma, del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo. Pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico, nel significato attribuito dalla normativa interna e da quella dell'Unione europea” (A.P. n. 13/2020); L’Adunanza Plenaria ha enunciato il principio in esame per trarne la conseguenza per cui il progettista “indicato” “non può utilizzare l'istituto dell'avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all'operatore economico in senso tecnico e che l'avvalimento cosiddetto "a cascata" era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta” (così sempre A.P. n. 13/2020). La conclusione raggiunta dal Supremo Consesso, in punto di qualificazione del progettista “indicato” come professionista esterno che non assume la veste di concorrente, ha, poi, costituito il presupposto da cui ha mosso la giurisprudenza per ammettere la sostituzione del progettista stesso nell’ipotesi di carenza dei requisiti in capo a quest’ultimo, in tutti i casi (in questo senso, tra le altre, CGA n. 276/21, TAR Calabria – Catanzaro n. 1004/23, TAR Lombardia – Milano n. 252/21) o, secondo altro più restrittivo orientamento, nelle sole ipotesi in cui ciò non comporti una modifica sostanziale dell’offerta (Cons. Stato n. 9923/22, TAR Lombardia – Milano n. 703/23). Il Tar Lazio 2024 pur condividendo l’opzione ermeneutica che ammette l’astratta sostituibilità del progettista indicato in ragione della qualificazione di tale figura come professionista esterno, ritiene, tuttavia, in adesione all’orientamento più rigoroso, che tale sostituzione sia possibile nelle sole ipotesi in cui ciò non comporti una modifica sostanziale dell’offerta, potendosi, in caso contrario, configurare una violazione dei principi generali di par condicio e d’imparzialità i quali precludono la modifica sostanziale dell’offerta anche nel nuovo codice degli appalti (si vedano, tra gli altri, gli artt. 97 comma 2 in tema di sostituzione del componente del raggruppamento, 101 commi 3 e 4, in riferimento ai chiarimenti e correzioni di errori materiali del contenuto dell’offerta, e 104 comma 5 in relazione alla sostituzione dell’ausiliaria). Tar Lazio 134/24 Si può concludere quindi che oggi la sostituzione del progettista “indicato” in sede di aggiudicazione comporterebbe un’inammissibile modifica sostanziale dell’offerta presentata. Leggi il blog Studio Legale Angelini Lucarelli

  • ricorso contro l'esclusione dal concorso

    Ci viene spesso chiesto quando è possibile ricorrere contro l'esclusione da una prova concorsuale, prova preselettiva o graduatoria posta su quiz e risposte. In quali casi quindi è ammissibile il ricorso ove si voglia contestare il risultato ottenuto in virtù di un errore commesso dalla commissione di concorso. Ecco quindi che il ricorso contro l'esclusione dal concorso è ammissibile ove si vada a contestare anche la correttezza di una determinata risposta. Ma quando è possibile contestare una risposta? Il ricorso contro l'esclusione dal concorso è ammissibile quando l'errore è evidente tale da permettere al Giudice amministrativo di sindacare la scelta operata dall'amministrazione. Non quindi una mera interpretazione di una domanda bensì un vero e proprio vizio che infici la correzione. Concorso SNA - Concorso Medicina e Chirurgia - Concorso Farmacie quando è possibile il ricorso? Possiamo quindi rispondere al quesito precisando che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione la corretta formulazione dei quesiti con conseguente impossibilità per il giudice amministrativo di compiere un sindacato sulla esattezza delle risposte ritenute corrette dalla commissione di esperti che li ha elaborati, come più volte ribadito dalla Giurisprudenza (Cons. St., sez. VI, sentenze 29 marzo 2022, n. 2296 e 2302, 26 gennaio 2022, n. 531), la quale in particolare ha avuto modo di affermare che: Leggi pure: "Concorsi, il rischio del ricorso collettivo" “…sindacare la correttezza delle risposte significa sconfinare nel merito amministrativo, ambito precluso al giudice amministrativo, il quale non può sostituirsi ad una valutazione rientrante nelle competenze valutative specifiche degli organi dell'Amministrazione a ciò preposti, e titolari della discrezionalità di decidere quale sia la risposta esatta ad un quiz formulato; ciò secondo la propria visione culturale, scientifica e professionale che ben può essere espressa in determinazioni legittime nei limiti, complessivi, della attendibilità obiettiva, nonché (...) della sua non manifesta incongruenza/travisamento rispetto ai presupposti fattuali assunti" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 marzo 2022, n. 2302). Ti puo' anche interessare: "Concorsi, come recuperare punteggi" Ne discende che, in relazione alla elaborazione dei quesiti oggetto di prova concorsuale, sono rilevabili vizi di legittimità solo in presenza di veri e propri errori, che possano ritenersi accertati in modo inequivocabile in base alle conoscenze proprie del settore di riferimento e ferma restando la non erroneità di scelte discrezionalmente compiute, in rapporto alle peculiari finalità delle prove da espletare. Ti puo' interessare anche "Concorso SNA guida al ricorso" "Farmacie e se a concorrere fosse una società?" Hai un quesito? Cerca nel Blog con il motore di ricerca o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli avvocato specializzato in concorsi ricorso contro l'esclusione dal concorso

  • Il socio accomandante farmacista

    Mettiamo a fuoco le problematiche del socio accomandante nella farmacia, al riparo da molte responsabilità ma non immune a tutto e per lo meno con attenzione ai rapporti con clienti e banche per cui che attiene alle incompatibilità ed alle responsabilità. Il socio accomandante infatti avrà un sicuro futuro nella vita delle farmacie gestite in modo tradizionale in quanto sebbene sia socio di società di persone si avvantaggia di limiti di responsabilità al riparo dalla gestione e da posizioni tipiche delle società di capitali. Quando si espande la responsabilità illimitata al socio farmacista accomandante? Il socio farmacista accomandante può essere destinatario degli accertamenti fiscali? La responsabilità limitata del socio farmacista accomandante si estende anche ai rapporti bancari ed ai fornitori? Il socio accomandante non farmacista é soggetto alle incompatibilità della legge 362 del 1991? In questo breve post cerchiamo di focalizzare i casi pratici in cui la Corte di Cassazione si é concentrata sulla estensibilità della responsabilità illimitata ai soci accomandati nelle SaS normalmente al riparo da fonti di responsabilità oltre la propria quota. L'uso del nome del socio accomandante nella ragione sociale della società. Ai fini dell’estensione della responsabilità illimitata del socio accomandante di società in accomandita semplice che consenta che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, ai sensi dell’art. 2314, comma 2, cod. civ., rileva il solo contenuto oggettivo della ragione sociale stessa, dal quale risulti che l’accomandante sia presentato alla stessa stregua di un socio accomandatario, in modo da ingenerare oggettiva confusione sul ruolo da lui svolto nella società”. Cass 30882/18 Il socio accomandante ha legittimazione passiva ed é quindi legittimato a ricevere gli accertamenti fiscali della società? No. Ed infatti secondo la Cass 26264/2022 il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cuiall’art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell’accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale. Socio accomandante ed Iva E solo il caso di evidenziare che ai sensi degli articoli 2313 e 2318 c.c., i soci accomandanti non possono essere chiamati a rispondere dell’IVA evasa e delle sanzioni applicate, dovute dalla società in accomandita semplice. Il socio accomandante farmacista A tal proposito é sufficiente ricordare che secondo l’orientamento della Corte di Cassazione 26262/22 nella società in accomandita, il socio accomandante è privo di legittimazione – sia attiva che passiva - rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all'art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell'accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale (Cass. n. 13565 del 2021; conformi Cass. n. 9429 del 2020 e Cass. n. 1671 del 2013, entrambe non massimate). Né può affermarsi che l’IVA indebitamente detratta costituisca un maggior reddito della società e, quindi, di tutti i soci della società personale, per la decisiva considerazione che l’avviso di accertamento si riferisce esclusivamente alla detta imposta evasa e non contiene alcun accertamento di maggiori redditi tratti dalla società che sono normalmente imputati per trasparenza ai soci ex art. 5 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917. Il socio accomandante farmacista La posizione del socio accomandante quindi si pone al riparo sia dalle notifiche degli accertamenti che della responsabilità sociale a patto di non invadere né la gestione sociale né il nome sociale, elementi propri del socio accomandatario, ed in quanto tale illimitatamente responsabile. Socio accomandante Banche e fornitori Prima di chiudere però é opportuno evidenziare che il quesito del nostro lettore si concentrava su un aspetto non secondario ovvero i rapporti con la banca ed i fornitori. In tal caso il socio accomandante ove abbia sottoscritto delle garanzie come una fideiussione risponderà con il proprio patrimonio non per la propria figura di socio accomandante ma quale garante ed in forza della garanzia prestata alla Banca. Discorso diverso per i fornitori generici i quali potranno invece aggredire solo il patrimonio sociale o alternativamente e sussidiariamente il patrimonio del socio accomandatario. Sul tema delle incompatibilità di cui agli articoli 7 ed 8 della legge 362 del 1991 é stato precisato che le stesse non si applicano sempre al socio non farmacista e non lavoratore. Essendo, dunque, consentita, nell'attuale nuovo assetto normativo, la titolarità di farmacie (private) in capo anche a società di capitali, di cui possono far parte anche soci non farmacisti, né in alcun modo coinvolti nella gestione della farmacia o della società, è conseguente che a tali soggetti, unicamente titolari di quote del capitale sociale (e non altrimenti vincolati alla gestione diretta da normative speciali), non sia pertanto più riferibile l'incompatibilità «con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico privato», di cui alla lettera c) del comma 1 dell'art. 8 della legge n. 362 del 1991.”. Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso oggetto del presente articolo, deve addivenirsi alla conclusione che la causa di incompatibilità di cui all’articolo 8, comma 1, lett. c), della legge n. 362 del 1991 non sia applicabile nei confronti del socio accomandante non essendo egli un farmacista iscritto all’albo e non essendo in alcun modo coinvolto nella gestione della società in accomandita semplice in questione, all’interno della quale egli riveste la posizione di accomandante. (Tar Toscana 233/20) Hai un quesito? Consulta il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

  • SAS la responsabilità limitata del socio accomandante

    Quando si espande la responsabilità illimitata al socio accomandante? Il socio accomandante può essere destinatario degli accertamenti fiscali? La responsabilità limitata del socio accomandante si estende anche ai rapporti bancari ed ai fornitori? In questo breve post cerchiamo di focalizzare i casi pratici in cui la Corte di Cassazione si é concentrata sulla estensibilità della responsabilità illimitata ai soci accomandati nelle SaS normalmente al riparo da fonti di responsabilità oltre la propria quota. L'uso del nome del socio accomandante nella ragione sociale della società. Ai fini dell’estensione della responsabilità illimitata del socio accomandante di società in accomandita semplice che consenta che il suo nome sia compreso nella ragione sociale, ai sensi dell’art. 2314, comma 2, cod. civ., rileva il solo contenuto oggettivo della ragione sociale stessa, dal quale risulti che l’accomandante sia presentato alla stessa stregua di un socio accomandatario, in modo da ingenerare oggettiva confusione sul ruolo da lui svolto nella società”. Cass 30882/18 Il socio accomandante ha legittimazione passiva ed é quindi legittimato a ricevere gli accertamenti fiscali della società? No. Ed infatti secondo la Cass 26264/22 Il socio accomandante è privo di legittimazione – attiva e passiva – rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cuiall’art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell’accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale. Socio accomandante ed Iva E solo il caso di evidenziare che ai sensi degli articoli 2313 e 2318 c.c., i soci accomandanti non possono essere chiamati a rispondere dell’IVA evasa e delle sanzioni applicate, dovute dalla società in accomandita semplice. SAS la responsabilità limitata del socio accomandante A tal proposito é sufficiente ricordare che secondo l’orientamento della Corte di Cassazione 26262/22 nella società in accomandita, il socio accomandante è privo di legittimazione – sia attiva che passiva - rispetto alle obbligazioni tributarie riferibili alla società, salvo le deroghe alla regola di cui all'art. 2313 c.c., il quale, nel limitare la responsabilità dell'accomandante per le obbligazioni sociali alla quota conferita, non autorizza i creditori sociali, incluso l’erario, ad agire direttamente nei suoi confronti, limitandosi tale disposizione a disciplinare i rapporti interni alla compagine sociale (Cass. n. 13565 del 2021; conformi Cass. n. 9429 del 2020 e Cass. n. 1671 del 2013, entrambe non massimate). Né può affermarsi che l’IVA indebitamente detratta costituisca un maggior reddito della società e, quindi, di tutti i soci della società personale, per la decisiva considerazione che l’avviso di accertamento si riferisce esclusivamente alla detta imposta evasa e non contiene alcun accertamento di maggiori redditi tratti dalla società che sono normalmente imputati per trasparenza ai soci ex art. 5 del d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917. La posizione del socio accomandante quindi si pone al riparo sia dalle notifiche degli accertamenti che della responsabilità sociale a patto di non invadere né la gestione sociale né il nome sociale, elementi propri del socio accomandatario, ed in quanto tale illimitatamente responsabile. Socio accomandante Banche e fornitori Prima di chiudere però é opportuno evidenziare che il quesito del nostro lettore si concentrava su un aspetto non secondario ovvero i rapporti con la banca ed i fornitori. In tal caso il socio accomandante ove abbia sottoscritto delle garanzie come una fideiussione risponderà con il proprio patrimonio non per la propria figura di socio accomandante ma quale garante ed in forza della garanzia prestata alla Banca. Discorso diverso per i fornitori generici i quali potranno invece aggredire solo il patrimonio sociale o alternativamente e sussidiariamente il patrimonio del socio accomandatario. Hai un quesito? Consulta il blog o contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli

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