Risultati di ricerca nel sito
701 risultati trovati con una ricerca vuota
- Arbitrato si scioglie se non si pagano gli arbitri?
Arbitrato: il pagamento fondo spese fuori termine determina lo scioglimento. Mancato versamento del fonto spese in Arbitrato, cosa accade? È possibile prorogare il termine di versamento? Per rispondere analizziamo il punto di vista offerto dalla recente giurisprudenza. La proroga del termine del versamento sarebbe logica tuttavia risulta errata in diritto secondo un recente orientamento. Infatti l’articolo 816 septies c.p.c. stabilisce al primo comma che: «Gli arbitri possono subordinare la prosecuzione del procedimento al versamento anticipato delle spese prevedibili. Salvo diverso accordo delle parti, gli arbitri determinano la misura dell’anticipazione a carico di ciascuna parte». Dispone poi il secondo comma che: «Se una delle parti non presta l’anticipazione richiestale, l’altra può anticipare la totalità delle spese. Se le parti non provvedono all’anticipazione nel termine fissato dagli arbitri, non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale». previsione, quest’ultima, dettata a tutela degli arbitri stessi e fondata sui doveri di collaborazione incombenti sulle parti: tale facoltà, come la Cassazione ha già avuto modo di osservare, non si concretizza peraltro per la mera richiesta, da parte degli arbitri, del versamento anticipato, occorrendo per contro, come si desume dall’impiego del termine «subordinare», usato dal legislatore, una specifica manifestazione di volontà diretta a condizionare la prosecuzione del procedimento al versamento in discorso (Cass. 11 settembre 2015, n. 17956). Gli effetti dell’omesso versamento sono poi contemplati dal secondo comma dellarticolo citato: essi ricadono sulle parti, le quali non sono più vincolate alla convenzione di arbitrato con riguardo alla controversia che ha dato origine al procedimento arbitrale. In conclusione secondo la recente giurisprudenza della Cassazione 3259, La disposizione codicistica non prevede che siano gli arbitri a dichiarare le parti sciolte dalla convenzione di arbitrato, ma fa discendere lo scioglimento, ipso iure, dal mancato versamento del fondo spese: se le parti non effettuano il versamento nel termine fissato dagli arbitri, non sono più, perciò stesso, vincolate alla convenzione di arbitrato. Ecco quindi che fissato il termine questo dovrà ritenersi essenziale e pertanto non prorogabile in caso di omesso versamento di entrambi le parti. Dubbi in Diritto Societario ed Arbitrato? Contattaci Segui il blog Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Società, amministratore di fatto e fallimento.
La Corte di Cassazione in effetti, ha ritenuto che, ai fini della corretta individuazione della sussistenza della figura dell'amministratore di fatto, è sufficiente l'accertamento dell'avvenuto inserimento dello stesso nella gestione dell'impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società, anche in assenza di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita, da parte della società stessa (Cass. n. 2586 del 2014), purché le funzioni gestorie svolte in via di fatto abbiano carattere sistematico e non si esauriscano, quindi, nel compimento di alcuni atti di natura eterogenea e ed occasionale (Cass. n. 4028 del 2009, in motiv.; Cass. n. 4045 del 2016). Non è sufficiente, quindi, il compimento episodico e frammentario di singoli atti gestori essendo, piuttosto, necessario che le funzioni gestori effettivamente svolte dall'estraneo si traducano in un'attività, vale a dire nel compimento stabile e sistematico, continuo e protratto per un periodo di tempo rilevante di una pluralità di atti tipici dell'amministratore (Cass. n. 21730 del 2020). La responsabilità degli amministratori di società, infatti, pur se si tratti di chi abbia partecipato in via di mero fatto alla gestione amministrativa e contabile della stessa, ha carattere solidale (art. 2392 e 2476 c.c.) ed, in quanto tale, consente al curatore del fallimento di agire in giudizio nei confronti di ciascuno dei responsabili per l'intero danno arrecato alla società ed ai suoi creditori (art. 146,comma 2°, I.fall.) avendo il diverso apporto causale di quanti vi abbiano concorso rilievo giuridico solo nei soli rapporti interni tra coobbligati,ai fini dell'eventuale esercizio dell'azione di regresso, e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell'illecito al danneggiato (società, creditori sociali), giusto il principio generale di solidarietà tra coobbligati di cui all'art. 2055, comma 1°, c.c., sancito espressamente in materia di responsabilità extracontrattuale, ma applicabile, altresì, in tema di responsabilità contrattuale, che esclude, quindi, la legittimità di una commisurazione percentuale della responsabilità di ciascuno dei concorrenti all'entità del loro contributo nella causazione dell'evento dannoso. ( Cass. Civ.1516.2022). Diritto Societario e d'Impresa Secondo la giurisprudenza della Corte,infatti il curatore fallimentare è legittimato, in sede civile, all'esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti, come nel caso in esame, in violazione della par condicio creditorum (Cass. SU n. 1641 del 2017): invero, integra il reato di bancarotta preferenziale la restituzione ai soci, effettuata in periodo di insolvenza, dei finanziamenti concessi dai medesimi alla società a titolo di mutuo (Cass. pen. n. 13318 del 2013). Ecco quindi che la Cassazione Civile da ultimo ha delineato sia l'amministrazione di fatto che le conseguenze in caso di fallimento, che prevedono quindi l'estensione della responsabilità con l'amministratore di diritto in via solidale, ma attenzione non in proporzione, non essendo possibile una valutazione in tale senso. Puo' anche interessarti "super società ed holding" Da ultimo tale responsabilità è stata ritenuta esistente anche in caso di fallimento, e quindi del reato di bancarotta preferenziale in caso di restituzioni di finanziamenti a favore solo di alcuno dei creditori. Hai un quesito in diritto Societario? Contattaci per ogni esigenza Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Nonni, diritto di visita al nipote minore
Come si determina il diritto di vista dei Nonni verso il nipotino minorenne? Lo ha precisato la Cassazione 34556 secondo cui: Il diritto degli ascendenti a frequentare i nipoti non presenta un carattere incondizionato ma deve essere valutato concretamente dal giudice caso per caso mirando esclusivamente a garantire l’interesse del minore. Pertanto, qualora la presenza dei nonni sia positiva e concorra unitamente ai genitori alla formazione ed educazione del minore, va riconosciuto il diritto in questione (Corte di Cassazione, sez. VI, 12 giugno 2018, n. 15238). Rimani Aggiornato Studio Legale Angelini Lucarelli
- Danno biologico, il risarcimento del danno permanente e la rendita vitalizia.
In tema di danno grave alla persona, la liquidazione sotto forma di rendita vitalizia ex art. 2057 c.c. costituisce la forma privilegiata di risarcimento, poiché consente di considerare adeguatamente l'evoluzione diacronica di tutte le componenti del danno nei casi di macroinvalidità (specie se comportino la perdita della capacità di intendere e di volere), in quelli di lesioni subite da un minore (per i quali una prognosi di sopravvivenza risulti estremamente difficoltosa se non impossibile), in quelli di lesioni inferte a persone socialmente deboli o descolarizzate ovvero, ancora, nei casi in cui sussista il serio rischio che ingenti capitali erogati in favore del danneggiato possano andare dispersi in tutto o in parte, per mala fede o per semplice inesperienza dei familiari del soggetto leso; viceversa, la liquidazione in forma di rendita non è affatto opportuna in caso di lesioni di lieve o media entità, perché il relativo gettito sarebbe così esiguo da non arrecare alcuna sostanziale utilità al danneggiato. (Cass. 2022) Infatti ai sensi dell'art. 2057 cc, quando il danno alle persone ha carattere permanente la liquidazione puo' essere fatta dal giudice, tenuto conto delle condizioni delle parti e della natura del danno, sotto forma di una rendita vitalizia. Hai un quesito? Consulta il nostro motore di ricerca o il blog Seguici sui Social Studio Legale Angelini Lucarelli
- Farmacie, Comune, Zone, e viabilità.
E' censurabile la scelta del Comune di revisionare la pianta organica in base a particolari situazioni topografiche e di viabilità? Prima di rispondere a tale quesito, vediamo cosa ha stabilito la recente giurisprudenza sul punto. Va immediatamente chiarito che il parametro dell'intervenuto mutamento nella distribuzione della popolazione non è prescritto come presupposto tassativo ed esclusivo per la modifica della delimitazione delle zone farmaceutiche in cui collocare le nuove farmacie (articolo 2 della legge n. 475 del 1968, così come modificato dall'articolo 11 del decreto legge n. 1 del 2012) e per l'individuazione di zone di decentramento (nuova determinazione, in sede di revisione della pianta organica, della circoscrizione delle zone farmaceutiche di cui all'articolo 5 della legge n. 362 del 1991). La giurisprudenza ha, al riguardo, da tempo condivisibilmente precisato che: gli incrementi demografici o gli spostamenti di popolazione non costituiscono gli unici presupposti sulla base dei quali può essere disposta la modifica della pianta organica delle farmacie ai sensi dell'art. 5 della legge n. 362 del 1991 e che tale norma opera in presenza di qualsiasi situazione che appaia oggettivamente riconducibile al tipo di interesse pubblico sotteso alla norma attributiva del potere, trovando pertanto applicazione ogni qualvolta la pianta organica non consenta più di mantenere i livelli del servizio pubblico già assicurati alla popolazione, con il rischio di pregiudicare gli standard dell'assistenza farmaceutica (in termini, T.A.R. Veneto, Sez. III, 11 luglio 2012, n. 974 e precedenti ivi richiamati); Può anche interessare "Farmacia Comunale ed accesso agli atti" Hai un quesito? Seguici sui Social oppure Contattaci Ed infatti i criteri di cui all'articolo 11 del decreto legge n. 1 del 2012, che sul punto ha riscritto la norma di cui alla legge n. 475 del 1968, hanno valore indicativo (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, 6 marzo 2015). Nell'organizzazione della dislocazione territoriale del servizio farmaceutico, il Comune gode di ampia discrezionalità in quanto la scelta conclusiva si basa sul bilanciamento di interessi diversi attinenti alla popolazione, attuale e potenzialmente insediabile, alle vie e ai mezzi di comunicazione, per cui la scelta conclusiva è sindacabile solo sotto il profilo della manifesta illogicità ovvero dell'inesatta acquisizione al procedimento degli elementi di fatto presupposto della decisione. E invero la scelta del legislatore statale di attribuire ai Comuni il compito d'individuare le zone in cui collocare le farmacie risponde all'esigenza di assicurare un ordinato assetto del territorio, corrispondente agli effettivi bisogni della collettività, alla quale concorrono plurimi fattori diversi dal numero dei residenti, quali in primo luogo l'individuazione delle maggiori necessità di fruizione del servizio che si avvertono nelle diverse zone del territorio, il correlato esame delle situazioni ambientali, topografiche e di viabilità, le distanze tra le diverse farmacie. Scopri gli articoli in Diritto della Farmacia La valutazione di tali elementi e la determinazione finale che ne costituisce la sintesi - come si è detto - sono frutto di valutazioni ampiamente discrezionali, come tali inerenti all'area del merito amministrativo, rilevanti ai fini della legittimità soltanto in presenza di chiare e univoche figure sintomatiche di eccesso di potere, in particolare sotto il profilo dell'illogicità manifesta e della contraddittorietà (in termini, Consiglio di Stato, Sez. III, 19 giugno 2018). Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv. Aldo Lucarelli
- Accesso agli atti del Concorso Farmacie
accedere agli atti concorsuali propri è un diritto sacrosanto, soprattutto per verificare l'iter seguito dalla Pubblica Amministrazione, vediamo cosa è possibile e cosa prevede il diritto di accesso ed i limiti in tema di privacy. Come si fa ad accedere agli atti è ben noto, quello che è meno noto sono i rimedi in caso di diniego, e quali sono i diritti di accesso per quegli atti e documenti che non riguardano un diritto diretto bensì come conseguenza delle altre pozioni. Abbiamo già parlato in altre occasioni dell'importanza dell'accesso agli atti concorsuali per i candidati che non abbiano superato le prove, in questa sede ci occupiamo di un discorso differente, ovvero l'accesso agli atti degli altri candidati, ove ad esempio siamo interessati a conoscere se la procedura del concorrente, ad esempio candidato al concorso farmacie e domani prossimo vicino di casa, che aprirà una nuova sede di farmacia, sia rispettosa dei parametri di legge. accesso agli atti del nuovo farmacista vincitore di concorso, privacy, quando è possibile? Ecco quindi che viene in soccorso la normativa in particolare, l'accesso agli atti, ma attenzione a non cadere nel tranello dell'accesso agli atti “indistinto” quindi un accesso non qualificato o che non individui gli atti che si richiedono. La Pubblica Amministrazione diligentemente risponderà anche ad “accessi agli atti” non qualificati ma sarà molto semplice per l'eventuale avversario opporsi alla richiesta, e quindi negare l'accesso. L'accesso gli atti potrà quindi essere operato nella forma della legge 241 del 1990 al fine di ottenere atti e documenti che riguardano l'interessato direttamente, stiamo quindi parlando degli atti propri del concorso e degli atti direttamente afferenti la propria posizione, oppure accesso agli atti civico, quello avanzato ai sensi del d.lgs 33 del 2013 riguardante tutti gli atti della pubblica amministrazione soggetti a pubblicazione o altri atti nella propria veste “civica” quindi con funzione di controllo e apprendimento del corretto iter procedurale. E' solo il caso di precisare che «L’accesso civico generalizzato si delinea come […] autonomo ed indipendente da presupposti obblighi di pubblicazione e come espressione, invece, di una libertà che incontra, quali unici limiti, da una parte, il rispetto della tutela degli interessi pubblici e/o privati indicati all’art. 5 bis, commi 1 e 2, e dall’altra, il rispetto delle norme che prevedono specifiche esclusioni (art. 5 bis, comma 3)». La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, infatti, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2). Ecco quindi che si potrà avere un accesso civico, e non piu' semplicemente agli atti, per conoscere gli atti delle procedure concorsuali, o gli atti degli iter amministrativi, ove cioì tuttavia non sia motivatamente denegato dopo istruttoria dell'Ente, che attenzione, dovrà sentire il contro-interessato- avversario. In caso di diniego infatti sarà possibile rivolgersi al TAR o piu' semplicemente al difensore civico al fine di chiedere un riesame del diniego o della mancata risposta. La conoscenza degli atti amministrativi è infatti il primo passo per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, nonché l'unico modo per poter valutare l'avvio di una pratica legale. Hai un quesito? Contattaci o Leggi i nostri articoli nel blog Studio Legale Angelini Lucarelli Diritto Farmaceutico Avv Aldo Lucarelli
- Offerta Anomala, quali sono i poteri della stazione appaltante e quelli del Giudice Amministrativo.
Cerchiamo di trovare lo spartiacque fra la definizione di anomalia dell'offerta ed i compiti poteri della stazione appaltante e soprattutto, per rispondere ad un quesito giunto al sito, quale sia quindi il potere del Giudice Amministrativo in caso di ricorso per violazione dell'art. 97 stante una presunta “offerta anomala”. Farmacia in concessione, quando si configura l'anomalia dell'offerta? Quali sono i poteri della stazione appaltante? #offerta #anomala Per rispondere a tale quesito è necessario tener presente che che come noto, il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa nel suo insieme e dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte (Cons. di Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 690); la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (ex multis, Cons. Stato, V, 17 maggio 2018 n. 2953; 24 agosto 2018 n. 5047; III, 18 settembre 2018 n. 5444; V, 23 gennaio 2018, n. 230). Ma attenzione il procedimento di verifica dell’anomalia non ha carattere sanzionatorio né ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando invece ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto, di talché l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere. Invero, acclarato l’offerta non è in sé anomala ai sensi dell’art. 97, comma 3, D.Lgs. 50/2016, tale anomalia è dovuta a seguito di un giudizio di congruità che tenga conto anche di un pur esiguo margine. Infatti, poiché, come chiarito dalla giurisprudenza, anche un esiguo margine positivo impedisce di considerare antieconomica e dunque anomala l’offerta. Occorre poi anche rammentare che la giurisprudenza unanime del Consiglio di Stato ha ripetutamente osservato e fissato alcuni parametri nel giudizio di anomalia e precisamente: - che il giudizio di anomalia non può dar luogo a una “caccia all’errore” (Cons. Stato, V, 24 gennaio 2020 n. 607), in quanto esso tende ad accertare in concreto che l’offerta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto; - che in un corretto contesto valutativo, che deve involgere complessivamente l’offerta esaminata, non possono rilevare, ove singolarmente considerate, eventuali inesattezze, come discostamenti di voci dell’offerta da prezzi correnti di mercato né singole o minime incongruenze delle singole voci di cui l’offerta si compone (tra le tante, Cons, Stato, V 29 luglio 2019 n. 5353) - che nell’ambito del contraddittorio che va assicurato nel sub-procedimento in questione, a fronte dell’immodificabilità dell’offerta sono tuttavia modificabili le relative giustificazioni, ed in particolare sono consentite giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l’offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell’aggiudicazione e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto (Cons. di Stato, V, 8 giugno 2018, 3480; che è legittimo e non dà luogo a un’alterazione del contenuto dell’offerta, con rimodulazione in pejus dell’organizzazione del personale, risolvendosi piuttosto in una diversa imputazione dei costi, l’allocazione dei costi per “oneri di sicurezza aziendale”nella voce “spese generali”, a condizione che l’offerta economica, nel complesso, sia sufficiente a coprire tutti i costi della manodopera che dovessero risultare necessari per l’espletamento delle prestazioni oggetto della procedura di gara (CdS 30 gennaio 2020, n. 788). Quindi in conclusione chiarito il concetto di “anomalia” dell'offerta possiamo concludere che che il giudice amministrativo può sindacare le valutazioni della P.A. sotto il profilo della logicità, ragionevolezza ed adeguatezza dell’istruttoria, ma non procedere ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che costituirebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica Amministrazione (CdS n. 3935/15); che, per quanto qui soprattutto rileva, un sindacato nel dettaglio sui singoli aspetti è dunque precluso al giudice amministrativo, cui non è consentito procedere ad una autonoma valutazione della congruità o meno di singole voci, non potendosi esso sostituire ad una attività valutativa rimessa, quanto alla sua intrinseca manifestazione, unicamente all'Amministrazione procedente (Cons. Stato, VI, 14 agosto 2015, n. 3935). Hai quesito? Contattaci o cerca tra i gli argomenti nel motore di ricerca nel sito. Studio Legale Angelini Lucarelli Avv. Aldo Lucarelli
- Danno alla salute, quando l'assicurazione deve pagare anche quello dinamico-relazionale?
Il danno dinamico-relazionale è compreso nel danno biologico o puo' assumere un suo autonomo capitolo di liquidazione da parte dell'assicurazione o della ASL? Il quesito nasce dalla concezione di danno biologico e di anno dinamico-relazionale, cerchiamo di focalizzare l'argomento, come ci è stato richiesto, se non hai tempo, vai alle Conclusioni (Qui). E' autorevole e condiviso in medicina legale l'insegnamento secondo cui "non ha più ragion d'essere l'idea che il danno biologico abbia natura meramente statica"; che "per danno biologico deve intendersi non la semplice lesione all'integrità psicofisicain sé e per sé, ma piuttosto la conseguenza del pregiudizio stesso sul modo di essere della persona (...). Il danno biologico misurato percentualmente è pertanto la menomazione all'integrità psicofisica della persona la quale esplica una incidenza negativa sulle attività ordinarie intese come aspetti dinamico-relazionali comuni a tutti". In questo senso si espresse già quasi vent'anni fa (ma inascoltata) la Società Italiana di Medicina Legale, la quale in esito al Congresso nazionale tenuto nel 2001 definì il danno biologico espresso nella percentuale di invalidità permanente, come "la menomazione (...) all'integrità psico-fisica della persona, comprensiva degli aspetti personali dinamico-relazionali (...), espressa in termini di percentuale della menomazione dell'integrità psicofisica, comprensiva della incidenza sulle attività quotidiane comuni a tutti". La prima conclusione è che, quando un parere medico legale suggerisce per una certa menomazione un grado di invalidità - poniamo - del 50%, questa percentuale indica che l'invalido, a causa della menomazione, sarà teoricamente in grado di svolgere la metà delle ordinarie attività che una persona sana, dello stesso sesso e della stessa età, sarebbe stata in grado di svolgere, come già ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 20630 del 13/10/2016; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014). Da quanto esposto derivano tre conseguenze. La prima è che deve essere rettamente inteso il senso del discorrere di "danni dinamico-relazionali" (ovvero, con formula più arcaica ma più nobile, "danni alla vita di relazione"), in presenza d'una lesione della salute. La lesione della salute risarcibile in null'altro consiste, su quel medesimo piano, che nella compromissione delle abilità della vittima nello svolgimento delle attività quotidiane tutte, nessuna esclusa: dal fare, all'essere, all'apparire. Non, dunque, che il danno alla salute "comprenda" pregiudizi dinamico-relazionali dovrà dirsi; ma piuttosto che il danno alla salute è un danno "dinamico-relazionale". Se non avesse conseguenze "dinamico-relazionali", la lesione della salute non sarebbe nemmeno un danno medico-legalmente apprezzabile e giuridicamente risarcibile. La seconda conseguenza è che l'incidenza d'una menomazione permanente sulle quotidiane attività "dinamico relazionali" della vittima non è affatto un danno diverso dal danno biologico. Una lesione della salute può avere le conseguenze dannose più diverse, ma tutte inquadrabili teoricamente in due gruppi: - conseguenze necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare tipo di invalidità: - conseguenze peculiari del caso concreto, che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili. Tanto le prime che le seconde conseguenze costituiscono un danno non patrimoniale; la liquidazione delle prime tuttavia presuppone la mera dimostrazione dell'esistenza dell'invalidità; la liquidazione delle seconde esige la prova concreta dell'effettivo (e maggior) pregiudizio sofferto. Pertanto la perduta possibilità di continuare a svolgere una qualsiasi attività, in conseguenza d'una lesione della salute, non esce dall'alternativa: o è una conseguenza "normale" del danno (cioè indefettibile per tutti i soggetti che abbiano patito una menomazione identica), ed allora si terrà per pagata con la liquidazione del danno biologico; ovvero è una conseguenza peculiare, ed allora dovrà essere risarcita, adeguatamente aumentando la stima del danno biologico (c.d. "personalizzazione": così già Sez. 3, Sentenza n. 17219 del 29.7.2014). Dunque le conseguenze della menomazione, sul piano della loro incidenza sulla vita quotidiana e sugli aspetti "dinamico-relazionali", che sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito il medesimo tipo di lesione, non giustificano alcun aumento del risarcimento di base previsto per il danno non patrimoniale. Al contrario, le conseguenze della menomazione che non sono generali ed inevitabili per tutti coloro che abbiano patito quel tipo di lesione, ma sono state patite solo dal singolo danneggiato nel caso specifico, a causa delle peculiarità del caso concreto, giustificano un aumento del risarcimento di base del danno biologico. Ma lo giustificano, si badi, non perché abbiano inciso, sic et simpliciter, su "aspetti dinamico-relazionali": non rileva infatti quale aspetto della vita della vittima sia stato compromesso, ai fini della personalizzazione del risarcimento; rileva, invece, che quella/quelle conseguenza/e sia straordinaria e non ordinaria, perché solo in tal caso essa non sarà ricompresa nel pregiudizio espresso dal grado percentuale di invalidità permanente, consentendo al giudice di procedere alla relativa personalizzazione in sede di liquidazione (così già, ex multis, Sez. 3, Sentenza n. 21939 del 21/09/2017; Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014). Trova il Tuo caso nell'archivio articoli Conclusione: in applicazione di tali princìpi, la Corte di Cassazione ha stabilito nel 2018 che soltanto in presenza di circostanze "specifiche ed eccezionali", tempestivamente allegate dal danneggiato, le quali rendano il danno concreto più grave, sotto gli aspetti indicati, rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione (Sez. 3, Sentenza n. 23778 del 07/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 24471 del 18/11/2014). Hai un quesito o un caso specifico? Contattaci Studio Legale Angelini Lucarelli
- Quando la trasformazione dell'azienda può considerarsi in frode alla legge.
Sovente ci è stato chiesto se è possibile utilizzare gli schermi societari, oppure i meccanismi societari per arginare o meglio eludere i divieti imposti dalla normativa nazionale o meglio dal bando del #concorso #farmacie. Si tratta di quei meccanismi astrattamente leciti, che però nelle propria configurazione complessiva raggiungono scopi che sarebbero #vietati dalla normativa. Hai un quesito? Contattaci Ci riferiamo a quelle prescrizioni imposte a tutela di particolari settori come quello della concorrenza o quello farmaceutico, ove ad esempio viene imposto il rispetto di un decennio dalla cessione della propria farmacia per poter partecipare al concorso farmacie, e cio' al fine di evitare quello che si chiama divieto del doppio vantaggio. Consulta il motore di ricerca trova il tuo caso Esistono anche altri campi, come quello della concorrenza o ambiti soggetti a prescrizioni specifiche, come l'accordo tra debitore e creditore per arginare il divieto del patto commissorio mediante la vendita con patto di riscatto, oppure il mandato irrevocabile per mascherare ipotesi di cessione e via dicendo, come nel caso della trasformazione dell'azienda individuale in società e successiva donazione di quote al fine di arginare il divieto di cessione infrannuale della farmacia. La figura giuridica che emerge nella fattispecie è quella del negozio in frode alla legge. Si tratta del fenomeno caratterizzato da un comportamento astrattamente lecito diretto a conseguire un risultato analogo a quello vietato da una disposizione di legge inderogabile, la quale viene aggirata attraverso l'appropriata utilizzazione di schemi normativi tipici. Nel codice civile l'articolo 1344 prevede testualmente che la causa “si reputa altresì illecita” quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa, con conseguente sanzione di invalidità nella forma più grave (la nullità). In buona sostanza si assiste alla trasformazione di un modello legale tipico in uno strumento a fini illeciti, poiché il primo trascende la funzione che l'ordinamento espressamente gli assegna inserendosi in una fattispecie più vasta, secondo un'oculata combinazione di elementi: la funzione tipica del negozio subisce un'alterazione sostanziale grazie alla concreta articolazione del programma concordato dalle parti, e il risultato finale dell'operazione è proprio la predisposizione di uno schema causale allargato idoneo a realizzare lo scopo vietato (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I – 7/7/2010 n. 2454; si veda anche Corte di Cassazione, sez. I civile – 7/3/2014 n. 5407). E così nel rapporto debitore / creditore il divieto di patto commissorio sancito dall'art. 2744 c.c. si estende a qualsiasi negozio, ancorché lecito e quale ne sia il contenuto, che venga impiegato per conseguire il risultato concreto, vietato dall'ordinamento, dell'illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento di proprietà di un suo bene come conseguenza della mancata estinzione del debito; ove, pertanto, venga a mancare la funzione di scambio a parità di condizioni, tipica di ogni contratto di compravendita, costituente elemento indispensabile per la liceità del negozio, si ricade nella causa illecita, quindi sotto la sanzione della nullità, in quanto il negozio concluso costituisce il mezzo che permette di raggiungere il risultato vietato dalla legge. Cass. Civ. 1233/1997. Ecco quindi che nell'analisi dell'operazione che viene posta in essere bisognerà valutare oltre alla liceità immediata dell'atto che si pone, anche il fine che si raggiunge, al fine di evitare di incorrere nella figura dell'atto in frode alla legge. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Farmacia, quando la cessione di quote nasconde la cessione dell'intera farmacia.
Quando la cessione di quote può nascondere la cessione dell'intera farmacia? Il quesito nasce dal fatto che oggi è prassi che vengano cedute le quote della SRL, tutte, per il 100% al fine di trasferire la titolarità della farmacia. Si preferisce tale procedura in quanto la struttura esterna della società, ed i rapporti in essere rimangono cristallizzati, con risparmio di tempi, costi, e mantenimento dell'avviamento concretizzato negli anni dalla Farmacista uscente. Le quote infatti spesso sono al minimo di legge e con imposta fissa, cosa ben diversa dall'azienda Farmacia. Tale procedura non è tuttavia scevra da molteplici criticità. Infatti come è stato di recente osservato il prezzo della cessione delle quote rischia di riversarsi sull'intero atto con l'applicazione dell'imposta di registro proporzionale sul valore e non quella fissa riservata alle quote. Ma cosa vuol dire? E' possibile che sebbene si tratti di cessione di quote in realtà l'atto per come venuto ad esistenza sconti al suo interno l'intero valore dell'azienda farmacia, quindi anche le risultanze di bilancio tra attivo e passivo alla data di cessione ed il complesso di tutti i beni aziendali, quindi di fatto una cessione dell'intera azienda. In tal caso quindi sebbene a livello di forma si sia nell'alveo della cessione delle singole quote, seppure nel 100% del valore, a livello di sostanza si è dinanzi– mantenendo la stessa società – ad una vera e propria Cessione di Azienda, azienda Farmacia e pertanto la cessione di quote viene ritenuta elusiva poiché nasconderebbe un fine ulteriore rispetto alla vendita delle quote, ovvero la cessione della Farmacia. Atto quindi lecito ma elusivo dell'imposta. Sulla problematica degli atti elusivi e degli atti in frode alla legge in ambito farmaceutico abbiamo già parlato in altri articoli che si trovano nell'archivio di diritto farmaceutico del sito. (Qui). Tornado all'argomento di oggi, Come si individua tale “elusività”, quando sono in sintesi presenti i sintomi o per meglio dire “presunzioni” della elusività dell'atto? Possiamo fornire alcune ipotesi e quindi nel caso di Farmacia, sintomatico sarà il trasferimento e l'individuazione del cessionario-acquirente quale Farmacista. Ed infatti mentre nella cessione di quote non sarebbe necessario individuare il cessionario nella veste si imprenditore farmacista, nella cessione di azienda farmacia è richiesto un farmacista ove egli ne diventi il direttore responsabile, ecco quindi che si potrà trattare di cessione di azienda e non di quote, ove la cessione sia “titolata” ad un farmacista. Altro sintomo è la previsione di “rettifiche” in aumento o in diminuzione rispetto al bilancio ad una certa data, elemento sintomatico per dare il valore all'azienda. Elemento caratterizzante un'azienda e non la quota in sé. (trattasi di esempi).. Ecco quindi che la cessione della quota totalitaria di una partecipazione societaria è assimilabile, ai fini delle imposte indirette, alla cessione d'azienda e, pertanto, da riqualificare come tale, secondo la giurisprudenza. Sulla coincidenza tra Cessione totalitaria di quote quale cessione di azienda vi sono diverse pronunce delle commissioni tributarie, non da ultimo la Cassazione secondo cui l'art. 20 del DPR 131/1986 attribuisce preminente rilievo all’intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell'atto, rispetto al suo titolo ed alla sua forma apparente, sicché l’Amministrazione finanziaria può riqualificare come cessione di azienda la cessione totalitaria delle quote di una società, senza essere tenuta a provare l’intento elusivo delle parti, attesa l'identità della funzione economica dei due contratti, consistente nel trasferimento del potere di godimento e disposizione dell'azienda da un gruppo di soggetti ad un altro gruppo o individuo (Cass. 24594/2015)”. L'articolo 20 del DPR 131 è stato riformulato poi soggetto a revisione nel 2017, la Cassazione con la pronuncia n. 20641 del 2021 ne ha delineato la portata della norma precisando che: «In tema di imposta di registro.. è legittima l'attività di riqualificazione dell'atto da registrare da parte dell'Amministrazione soltanto se operata "ab intriseco", cioè senza alcun riferimento agli atti ad esso collegati e agli elementi extra-testuali, non potendosi essa fondare sull'individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dall'atto» (Cass. n. 10688 del 22/04/2021 Rv. 661130 - 01). Quindi: per effetto dell’art. 20 cit. resta ferma la legittimità dell'attività di riqualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare da parte dell’Amministrazione soltanto se operata "ab intrinseco", senza l'utilizzazione di elementi ad esso estranei, essendo viceversa la finalità antielusiva profilo affatto estraneo alla disposizione in esame. Diversamente, a diversi limiti, soggiace la potestà dell'Amministrazione finanziaria quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi dell'art. 10-bis, I. n. 212 del 2000, trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell'atto da registrare. L'azione accertatrice, in tali casi, si deve attuare mediante apposito e motivato atto impositivo, preceduto - a pena di nullità - da una richiesta di chiarimenti, che il contribuente può fornire entro un certo termine, il tutto da svolgersi all'interno di uno specifico procedimento di garanzia; procedimento che non è stato seguito nella fattispecie in esame. Hai un quesito? Contattaci o Proponi il Tuo caso In conclusione, la cessione totalitaria di quote è riqualificabile - ai sensi dell'art. 20 dpr 131/86- come cessione di azienda e quindi atto elusivo, quando dagli elementi contenuti nell'atto stesso e quindi senza ricorrere ad indagini esterne al contenuto dell'atto, è ricavabile, grazie a tali indizi contenuti nell'atto, che si tratti in realtà di trasferimento di azienda, con cio' che ne consegue in termini di imposte. Ove invece l'amministrazione finanziaria dovesse ricorrere ad indagini esterne, o al collegamento di piu' atti non sarà possibile ricorrere al meccanismo descritto. Sulla possibilità di ricondurre piu' atti ad uno schema “vietato” dalla legge abbiamo già parlato in tema di concorso straordinario farmacie e vendita della precedente farmacia nel decennio antecedente. (qui) Leggi pure “Farmacia, attenzione agli atti Elusivi” Scopri l'archivio gratuiti degli articoli in Diritto Farmaceutico Studio Legale Angelini Lucarelli Avv Aldo Lucarelli
- Separazione e Divorzio e Diritti ereditari.
Famiglia, separazione, divorzio ed Eredità Il coniuge separato, in linea generale, mantiene i diritti sia in caso di separazione giudiziale che consensuale. Al coniuge superstite spettano la quota di riserva prevista dalla legge ed i diritti di abitazione e di uso. Hai un quesito, una separazione in corso, o una preoccupazione sull'eredità? contattaci o leggi i nostri articoli nell'archivio. In caso di testamento che leda la propria quota di legittima, il coniuge superstite separato può far valere i propri diritti ereditari al fine di ottenere la quota di legittima spettante tramite l'azione di riduzione quindi con azione tesa a ridurre la quota attribuita ad altri legittimari in danno della propria. Al coniuge separato può essere attribuito anche un solo o specifico bene tramite Legato. Tale legato potrà essere in conto di legittima quindi come parte del maggior valore che comunque sarà ricevuta in relazione alla parte indisponibile dell'asse ereditario, sia con legato in sostituzione della legittima ovvero con la privazione della eventuale quota di riservata dalla legge. Tale soluzione appare comprensibile quanto si vuole assegnare uno specifico bene ad esempio un oggetto di particolare valore o un immobile Invece Il coniuge superstite al quale sia stata imputata la separazione con azione giudiziale, perde ogni diritto di partecipare alla successione, salvo diritto ad un assegno vitalizio se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. Trattasi di alimenti e non di mantenimento. Archivio Articoli Diritto di Famiglia Successione del coniuge divorziato. La successione in caso di morte del coniuge divorziato, non prevede diritti ereditari stante la cessazione del vincolo matrimoniale. Quindi non sono previsti diritti ereditari all'ex coniuge superstite, salvo godere dell'assegno divorzile che sarà posto a carico degli eredi dell'ex coniuge. Hai un quesito? Contattaci senza impegno In caso di separazione, ove non sia stabilito un addebito a carico del coniuge superstite, quest’ultimo mantiene i diritti ereditari conseguenti al matrimonio, pertanto la separazione con o senza addebito giocherà un ruolo fondamentale per i diritti di successione così come per un eventuale risarcimento In sede di divorzio, al coniuge superstite non spetta alcun diritto ereditario, in quanto il vincolo matrimoniale era stato sciolto prima della morte del de cuius,nulla esclude che lo stesso possa essere comunque beneficiario di un lascito testamentario. La legge stabilisce però alcune attenuazioni nel caso di "stato di bisogno" del coniuge superstite. Studio Legale Angelini Lucarelli
- Divorzio, quando l'assegno di mantenimento non è dovuto.
Per riconoscere l’erogazione dell’assegno divorzile a carico dell’ex marito non è sufficiente che l’ex moglie si sia dedicata ai figli e alla gestione della vita domestica essendo necessario che tutto ciò abbia comportato il sacrificio di specifiche aspettative professionali e alla rinuncia di concrete occasioni lavorative produttive di reddito. Condizione per attribuire l’assegno divorzile in funzione compensativa quindi NON è il fatto in sé che uno dei coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure domestiche e dei figli, né di per sé il divario o lo squilibrio reddituale tra gli ex coniugi o l’elevata capacità economica dell’uomo o della donna. Infatti, ai fini della funzione compensativa dell’assegno divorzile la scelta di dedicarsi esclusivamente alla famiglia assume rilievo soltanto quando sia all’origine di aspettative professionali sacrificate e della rinuncia a realistiche occasioni professionali e reddituali, e solo in tal caso il divario reddituale tra gli ex coniugi assume rilievo quale elemento causalmente riconducibile a quella scelta e, per questa ragione, meritevole di riequilibrio. Con quali redditi viene individuato il valore dell'assegno? Quesiti che si sentono spesso e che non hanno una risposta univoca. Per rispondere al primo quesito va precisato che accade che l'assegno di mantenimento venga concesso durante la separazione e che permanga rivalutato per un lungo periodo o anche dopo il divorzio. Ecco quindi che il coniuge onerato di tale gravosa incombenza può avere interesse affinché venga rimodulato oppure annullato a seguito della maggiore età, del nuovo lavoro, del titolo di studio, nel mentre ottenuto dal figlio divenuto adulto. Hai un quesito? Seguici Studio Legale Angelini Lucarelli























